Diocesi di Teano-Calvi

Parrocchia Santi Cosma e Damiano

Vairano Scalo, 21 marzo 2011

 

Incontro di preghiera

in preparazione al Congresso Eucaristico di Ancona

 “L’Eucarestia per l’affettività”

Meditazioni di

S. E. Rev.ma Mons. Arturo Aiello

~

Gv 6, 41-51

 

L’Ufficio Catechistico e l’Ufficio Liturgico della nostra Diocesi hanno pensato a quattro appuntamenti verso il Congresso Eucaristico Nazionale, che viene celebrato, come ogni congresso, per ravvivare la fede dei credenti in Gesù Eucarestia. Quindi siamo qui per questo: innanzi tutto per emettere un corale atto di fede.

Ciascuno di noi dica: Gesù, io credo che Tu sei qui. La tradizione ci parla di presenza reale, cioè Gesù è realmente presente, non in una forma poetico-simbolica: è qui, adesso solennemente esposto, e noi siamo in adorazione davanti a Lui; è nelle nostre chiese, anche in quelle meno frequentate. Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, gloria della nostra terra campana, ha diffuso nel Settecento la devozione a Gesù Eucaristia anche nelle preghiere - quelli un po’ più avanti negli anni tra voi le ricorderanno - intitolate “Visite”: come si visita un amico, come si visita una persona cara, si visita anche Gesù Eucarestia presente nelle nostre chiese.

L’inno del Congresso Eucaristico, nella terza strofa, ci ha fatto cantare:

Egli disse con grande coraggio:

“Ascoltate! Il pane non basta!”

Non basta il pane per essere felici, non basta il sostentamento per il corpo per essere felici: c’è bisogno di un senso. E il senso ce lo dà Colui che ci ha creati, perché chi ha ideato una cosa ne conosce anche il meccanismo e la finalità. Allora chiediamo a Dio, rivelato in Gesù, chi siamo, come siamo, cosa dobbiamo fare, come essere felici oltre il male, oltre le esigenze familiari.

Vorrei iniziare questa riflessione sottolineando uno degli ultimi versetti del Vangelo scelto per questa sera: Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna  nel deserto e sono morti (…). Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno.

Innanzi tutto la Chiesa e noi nella Chiesa crediamo fermamente che Gesù è la manna che era stata data come anticipo e come simbolo eucaristico agli ebrei in cammino verso la Terra Promessa. Appena ieri la Liturgia della Parola ci ricordava la dimensione del cammino: Abramo è chiamato ed è posto in cammino. La fede è un cammino, la vita è un cammino, e non solo nelle stagioni della vita, dall’infanzia all’età anziana, ma è un cammino ogni giorno; anche questo giorno, che si conclude e che felicemente concludiamo davanti a Gesù Eucarestia, è stato un cammino: lo hai percorso? hai fatto il tratto di strada che ti eri indicato per oggi?

Ovviamente un cammino, soprattutto difficoltoso come quello del deserto, chiede una forza che non può venire da noi, che non può essere opera delle nostre mani. La manna veniva dal cielo nel deserto, luogo dove non è possibile coltivare alcunché, e quindi è Dio che provvede a un popolo per la sua sussistenza, e provvede dall’alto, perché questo popolo non è nelle condizioni di darsi un pane. È la nostra condizione oggi, è la condizione dell’uomo sempre e in ogni luogo: non possiamo salvarci da noi, non possiamo essere felici con i nostri sforzi; abbiamo bisogno che ci venga un pane dall’alto. Quindi la manna, che inizia subito dopo i primi passi nel deserto e si conclude alle porte della Terra Promessa, è simbolo dell’Eucarestia, il pane dei camminatori. Noi celebriamo l’Eucarestia per camminare, l’Eucarestia è celebrata per camminare durante la settimana. Io spero che almeno voi catechisti, voi operatori pastorali sentiate forte questa attrazione per la Celebrazione Eucaristica, altrimenti non andiamo avanti, altrimenti ci fermiamo, altrimenti deviamo. Siamo tutti in continuo pericolo di deviazione, di deviamento. Allora l’Eucarestia è il pane di quelli che camminano, pane dei pellegrini - dice la sequenza nella Solennità del Corpus Domini - non dev’essere gettato. Dobbiamo riconoscere che invece questo Pane è gettato e si può gettare in tanti modi: nella maniera brutale, nel sacrilegio di chi getta a terra un’Ostia, ma può anche essere gettato nella disattenzione. Noi forse, oggi, lo stiamo gettando, lo stiamo sprecando, lo stiamo profanando, non avendo attenzione, non riconoscendo in questo Pane la fonte del nostro cammino. 

In questo pellegrinaggio, stasera, ci è offerta un’oasi intorno a Gesù per portare la stanchezza del cammino percorso, ma anche per prendere forza, propositi, per il cammino che ancora abbiamo da compiere fino a quando andremo a letto e poi nel prosieguo dei nostri giorni. Come fa la gente a camminare senza Gesù Eucarestia?

Il pane non basta! - dice l’inno. Non basta avere il conto in banca, non bastano le sicurezze della vita. Lo sappiamo bene davanti alle tragedie, davanti al dolore, davanti ad uno sconvolgimento della natura. Non basta il pane, abbiamo bisogno di altro, abbiamo bisogno di senso, abbiamo bisogno di guardare oltre quello che accade, abbiamo bisogno di quello che viene dalla bocca di Dio, come dice Gesù stesso, recitando l’Antico Testamento nel vangelo delle tentazioni.

 

Questa prima serata sottolinea il collegamento tra l’Eucarestia e la vita affettiva: che significa? la nostra vita affettiva come converge e parte dall’Eucarestia? Innanzi tutto scoprendo in Gesù Eucarestia un modello di amore.

Non c’è amore più grande di questo: dare la vita. Gesù è in stato permanente di chi dà la vita nel mistero eucaristico, nella celebrazione eucaristica. La nostra vita affettiva, cari figli e figlie, cari fratelli e sorelle, è continuamente segnata e osteggiata dai nostri e dagli egoismi degli altri. Abbiamo superato la fase poetico-adolescenziale dell’amore (basta volersi bene e tutto si risolve), perché anche un grande amore, un amore di cui io sono certo, è sotto pericolo di contagio, può perdere il suo vigore. Allora abbiamo bisogno di Gesù Eucarestia come scuola di amore, perché si fa presto a dire “amore”, ma com’è difficile amare!, com’è difficile voler bene!, com’è difficile lasciarsi voler bene!

L’Eucarestia diventa il luogo dove convergono i nostri affetti, in ogni forma, dove i nostri affetti si confrontano con l’Amore che perdona, con l’Amore che si dà, con l’Amore che diventa Pane, perché l’amore che non diventa pane non è amore. Tu ed io stiamo diventando pane per le persone che amiamo? Ci sono dei diritti nell’amore?

L’amore ha solo doveri. Ha un solo diritto: quello di rinunciare ad ogni diritto volontariamente. Se sei il Figlio di Dio, scendi dalla croce! Gesù avrebbe avuto il diritto di farlo, ma resta crocifisso; Gesù resta imprigionato nel pane, nelle parole che noi sacerdoti pronunciamo, resta imprigionato nei nostri tabernacoli, resta imprigionato nella storia dell’umanità, perché l’amore ha solo doveri, non ha diritti. L’amore non ha sindacati a cui iscriversi.

Quanto amore di Dio in Gesù va perduto! Questo è un dramma. Secondo alcuni commentatori spirituali della pia pratica della Via Crucis, una delle cadute del Signore (non sono riportate nell’itinerario biblico, ma dobbiamo aderire a quelle scene radicate nella tradizione della fede, anche popolare), nasce dalla percezione che Gesù sta facendo tutto questo, ma per molti inutilmente.

 

L’ispido monte guarda

il Redentor piangente

e sa che inutilmente

per molti ha da salir.

Quest’orribile pensiero

così forte il cuor gli tocca

che languido trabocca

e sentesi morir.

 

È il Metastasio, che commenta una di queste cadute e sa che inutilmente, per molti, ha da salir, a dire che anche l’amore di Gesù è come una ferita che non si sana, nel senso che non è ricambiato. L’Amore non è amato – dicevano i santi e piangevano con questa espressione sulla bocca e nel loro cuore, a dire che Gesù si dà e non chiede nulla in cambio. L’amore è così.

I nostri affetti, dove facciamo tira e molla, con bilanci, uscite e entrate (tu mi hai dato tanto, tu mi hai dato di più…), vengono sfilacciati nel rapporto con Gesù Eucarestia, con il Pane che noi stiamo guardando, attraverso cui Gesù ci guarda, e che chiede una conformazione. Allora dico a Gesù-Pane: Rendimi pane nei miei affetti, di me come mamma e come sposa, come marito, come amico, come fidanzato, come figlio, come prete, come Vescovo. Rendimi pane: fa’ che io non chieda nulla, ma mi dia senza misura.

C’è un altro motivo, che tengo a consegnarvi, nel rapporto tra vita affettiva ed Eucarestia: la possibilità che i nostri affetti siano eternizzati in Gesù Eucarestia, non solo quello che è sacramento. È sacramentale non solo l’amore coniugale ma, in maniera analogica, è sacramentale anche il rapporto con i figli, dei figli con i genitori. Allargando l’orizzonte, ogni affetto che prescinda dall’Eucarestia è destinato a perire. Se le persone che si amano - e non solo il 14 febbraio - sapessero questa verità, apprendessero questo annuncio, le chiese sarebbero piene di fidanzati, piene di amici, piene di innamorati, piene di genitori, piene di sposi, piene di figli. Ma queste persone non ci sono, perché forse questa percezione che il mio affetto possa essere vero, possa essere forte, soprattutto possa essere fedele solo passando attraverso la forza del’Eucarestia, è poco sentito, poco avvertito, e dunque poco celebrato. Se tu vuoi che un affetto abbia futuro, rendilo eucaristico, fallo passare attraverso il circuito eucaristico che è l’altare, il fare la Comunione, altrimenti anche il grande amore sfiorisce e anche la grande amicizia: anche il grande affetto, ad un certo punto, manifesta le sue crepe, non resiste davanti ai terremoti e alle alluvioni, agli tsunami che sono le crisi dell’amore. Come resisterà questa coppia? Come resisterà questa famiglia che non celebra l’Eucarestia? Gabriel Marcel, un filosofo esistenzialista francese, dice con un’espressione che ci ha entusiasmato quando eravamo giovani: “Dire a una persona ‘Ti voglio bene’ significa dirle ‘Tu non morirai’”. Magari anche Don Paolo, Don Luigi e anche gli altri sacerdoti che hanno incontrato questo filosofo nel percorso filosofico-teologico, si saranno entusiasmati come me. Questa espressione è bella, poetica, romantica, ma è vera solo nell’Eucarestia. Gesù ce l’ha appena detto: Se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno. Quindi se uno non mangia di questo pane, non vivrà in eterno. Vita è amore e amore è vita e dunque una vita e un’amore che non passino di qui, non hanno futuro, non partecipano dell’eternità. Anche nelle celebrazioni esequiali, quando da parroco ricordavo ai parenti affranti: Ricordate questa persona per cui stiamo pregando, il cui corpo è qui, le cui spoglie sono qui deposte nella bara? ricordate quando veniva a farsi la Comunione? ricordate quando insieme con voi ha celebrato l’Eucarestia? Questo ricordo deve riempirvi il cuore di gioia! Mia madre non morirà perché ha celebrato l’Eucarestia.

Se è vero che l’amore eternizza, lo è solo perché l’Amore fatto carne e fatto pane ci eternizza perché ci attira nella sua infinità, noi che siamo morituri, noi che siamo destinati a perire, noi che siamo di un attimo, noi che cambiamo umore da un momento all’altro… Lo vedete nelle relazioni così fragili che intercorrono tra noi, e se accade questo per noi, che siamo a contatto con la Fonte dell’Amore, che accadrà per quelli che ne sono lontani? C’è un ghiaccio che pervade il mondo, una glacializzazione che può essere vinta dal roveto ardente che è Gesù Eucarestia.

Vi consegno queste semplici riflessioni per farvi riaffezionare all’Eucarestia soprattutto come luogo di verifica, come luogo di eternizzazione dei nostri affetti. Non rimarrà nulla di me, di te, di noi come comunità, di noi come amici, di noi come coniugi, di noi come famiglia, di noi come fidanzati, se Gesù Eucarestia non diventa il Pane, Colui che ci insegna cos’è l’amore, che ci porta lontano da noi, lontano dai nostri egoismi, che ci insegna come si ama veramente - pronti alla morte per l’altro - che ci lancia in un mondo nuovo, in un tempo nuovo, dove a volte non ha più cittadinanza. Grazie, Gesù, perché prendi i nostri fragili affetti e nel Tuo amore li rendi eterni.

      

  

***

 

Il testo, tratto direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.