GIORNATA PRO ORANTIBUS 2009
Adorazione Eucaristica
Primi Vespri della Solennità di Cristo Re
dell’universo
presieduti da
S.E. Rev.ma Mons. Arturo Aiello
Monastero “Roseto S.
Maria della Vigna e degli Angeli”
Pietravairano,
21 novembre 2009
Viviamo questo vespro in
comunione con i tre monasteri di contemplative che insistono sul territorio
della nostra Diocesi, quindi con le Clarisse dell’Immacolata che ci ospitano e
che sono qui da un anno, con le Clarisse del Monastero “Santa Croce” di Pignataro
e con le monache Benedettine di Teano.
Nella memoria di oggi della Presentazione
di Maria al Tempio, Maria bambina viene presentata al
tempio e vi dimora. Al di là del fondamento storico, c’è la percezione chiara,
nella fede della Chiesa, che Maria ha avvertito da sempre il desiderio d’essere
totalmente di Dio, percezione che, dopo anni, diventerà certezza nell’evento
dell’annuncio dell’angelo. Proprio in questa memoria, la Chiesa guarda ai grandi
“produttori di ossigeno della Chiesa”. I monasteri sono per la Chiesa - e per il mondo -
la foresta amazzonica, quello che la foresta amazzonica produce per il globo,
cioè una grande condensazione di alberi che assumono anidride carbonica e liberano
ossigeno per il benessere del creato nell’ordine vegetale, animale e umano.
Purtroppo la sensibilità dei credenti circa la presenza nella Chiesa di questi
polmoni è piuttosto scarsa, forse particolarmente oggi che l’attenzione va al
“fare”. Anche l’impegno della Chiesa è sottolineato, probabilmente in una
maniera eccessiva, nell’attenzione alla carità concreta, ma è possibile
esercitare la carità concreta senza alimentare la Carità con la C maiuscola che è Cristo stesso?
L’azione dinamica della Chiesa parte da un cuore, come per il corpo. Lo dice
bene la piccola Teresa nell’esperienza del Carmelo quando
s’interroga sulla sua vocazione nella Chiesa: cosa voglio essere?, cosa voglio
fare della mia vita? La piccola Teresa, in “Storia di un’anima”, dice che
sentiva in lei grandi desideri e anche desideri oggettivamente contrastanti
(essere un missionario, poi sacerdote…). Insomma, Teresa sente un condensato di
tutte le vocazioni e poi s’imbatte nel capitolo 13
della Prima Lettera ai Corinzi dove Paolo parla della carità e scopre qual è la
sua vocazione: l’amore. E poiché l’amore è propulsivo di ogni attività, è
principio fondamentale di ogni attività, ciò che produce l’amore è forza, anche
per tutte le altre membra del corpo. Quindi, la piccola Teresa scopre che la
sua vocazione è essere nel cuore della Chiesa. Ora, dove si pongono queste nostre sorelle? Si pongono nel cuore della Chiesa. Si può
essere nel cuore e si può essere in periferia: noi siamo in periferia - e
questo vale per il Vescovo, per le suore di vita mista, per i laici - cioè
siamo impegnati in questo o in quell’aspetto della vita della Chiesa o della
vita sociale, ma lo facciamo grazie ad una forza che ci viene da ciò che non si
vede. Noi vediamo un atleta che corre, un architetto che dirige i lavori di una
casa, vediamo sbracciarsi i nostri uomini politici, ahimé invano
– ma non è un riferimento al sindaco che ringrazio della sensibilità
d’essere qui - cioè vediamo delle persone - anche noi stessi - che si danno da
fare, che pensano d’essere importanti, ma pensate se in questo momento venisse
meno il mio cuore: il Vescovo scompare per un infarto fulminante. Ma non era
ancora in età! L’importante è l’età del cuore, la salute del cuore. Se è chiara
l’importanza di ciò che non si vede ma che è decisivo per ciò che si vede,
allora comprendiamo cosa sia la
Comunione dei Santi, che non è solo la comunione di noi con
coloro che sono già santi in Dio, ma anche la comunione tra i credenti: i
credenti, i cristiani, si offrono vicendevolmente un aiuto. Poco fa ho chiesto
a don Geppino di prestarmi il suo cappotto perché avevo freddo (non pensavo che
la chiesa di Santa Maria della Vigna fosse così fredda) e don Geppino mi ha
dato il suo cappotto che in qualche maniera mi ripaga: questa è una forma di
cooperazione, perché don Geppino è venuto in aiuto al Vescovo, che è freddoloso,
con il suo cappotto. Sembra un gesto materiale, ma è segno di una comunione più
profonda che intercorre tra un sacerdote e il suo Vescovo. Così ci sono, senza
che voi ve ne accorgiate, una serie di collegamenti tra di
noi, di cui ci renderemo conto pienamente nell’eternità. In altre parole, chi
ha dato al martire, ancora oggi in alcune regioni del mondo, la forza d’essere
testimone fino al dono del sangue? Chi ha dato a quel giovane, a quella
ragazza, la forza di dire ai suoi genitori: mamma, papà, il Signore mi chiama
ad altro? Chi dà ai nostri giovani la grinta per andare controcorrente tra
tanti loro coetanei che vivono una vita all’insegna del godimento e di un
carnevale sine die? Chi dà
la forza ai sacerdoti d’essere fedeli? E la risposta è: c’è un conto corrente
comune (forse lo scoprite stasera) a cui tutti
possiamo attingere. Scopro che posso staccare degli assegni anch’io che non ho
un conto corrente personale, perché c’è un conto corrente segreto al quale
posso attingere con la grazia del Battesimo e che si chiama Comunione dei
Santi. Ecco, su questo conto corrente ci sono dei capitalisti della vita
spirituale e della preghiera che continuamente immettono capitali nuovi
(“denaro fresco”, si dice in termini tecnici) e questi capitalisti della
Comunione dei Santi sono i monasteri contemplativi. Quindi, se la tua coppia
continua ad andare avanti nonostante le difficoltà, se c’è tanto eroismo nella
Chiesa, è grazie a chi, senza sapere a chi vada il frutto della propria
preghiera, offre e si offre continuamente. Questo sono i monasteri di clausura
nell’economia della vita della Chiesa. Adesso capite che la difficoltà sta nel
non sapere chi si sta beneficiando, perché don Geppino che mi ha prestato il cappotto,
ha anche una sua soddisfazione (Il
Vescovo si è messo il mio cappotto!). Voglio dire che quando fai un’opera
di bene e vai concretamente in aiuto ad una persona bisognosa, fai un’opera di
carità, ma ricevi anche una sorta di gratificazione, perché quando fai il bene,
stai bene. Ecco, le monache di clausura non hanno questa grazia, cioè non
sapranno mai qui, in terra, chi hanno beneficiato, proprio perché il loro
accesso, la loro password su questo conto corrente generale, che riguarda non
solo la Chiesa ma il mondo intero, le porta, per vocazione, ad immettere
questi capitali senza sapere chi ne usufruisce. Capite che
questo chiede un che di eroico che la
carità spicciola non ha, non deve avere, perché io vedo il povero e allora
concretamente - dico questo materialmente ma anche spiritualmente - vado in suo
aiuto ed egli, magari anche dopo una Confessione, dice: “Padre, grazie: me ne
torno in pace” e questo, per un sacerdote, è motivo di grande forza e di grande
conferma. Per le monache di clausura non si sa chi stasera utilizzerà il
loro patrimonio. È bello, cari fratelli e sorelle, sentire questi vincoli,
avvertire che non siamo soli, che anche quando ci sentiamo soli o in uno stato
spirituale di grande aridità, noi possiamo aiutare tanti attraverso quel mezzo
che si chiama preghiera. All’interno delle comunità contemplative, la preghiera
corrisponde ad un invito che l’apostolo Paolo fa alle sue comunità: “Pregate
incessantemente”. Anche noi preghiamo - il Vescovo prega e spero che voi laici
abbiate il tempo per l’Adorazione Eucaristica e per la Celebrazione
Eucaristica - ma, ovviamente, lo possiamo fare in tempi
speciali, perché urgono molte altre incombenze, perché ci sono altre cose da
fare, perché c’è da cucinare, bisogna andare a lavoro, c’è da rispondere a
tante esigenze ed emergenze. Non che le monache di clausura vivano nell’ozio,
attenti: c’è un lavoro anche dietro le grate, ma è tutto intriso di preghiera e
l’aspetto della distrazione da Dio è minima, per quanto ciò possa accadere
nello spazio e nel tempo. Allora siamo qui nel nostro pellegrinaggio che da
quest’anno si allarga nel triangolo Pignataro-Teano-Pietravairano,
a dire grazie alle monache che ci ospitano, grazie alle Clarisse del Monastero
Santa Croce, grazie alle Benedettine di Teano per questa opera di carità
silenziosa e nascosta perché, tra l’altro, quest’azione di intercessione
avviene anche dietro le grate che sono un segno, un simbolo, e non vanno
assolutizzate: la grata che vedete qui alla mia destra dice che c’è un limite,
che c’è una porta che chiude un orto. Uso questo termine perché è caro al
Cantico dei Cantici: hortus conclusus -
per chi ancora ricordi il latino - cioè orto chiuso. Dice lo sposo alla sposa:
“Tu sei un giardino chiuso” e quindi non è un giardino pubblico dove ciascuno
può andare col suo cagnolino per i bisogni mattutini o a passeggiare. È invece
l’orto dove entra Dio solo: è orto chiuso. “Fontana sigillata” è un altro
termine sempre della letteratura del Cantico dei Cantici rivolto alla sposa e
quindi alla Chiesa e, nella Chiesa, alle claustrali. “Fontana sigillata” non è
la fontana del paese dove tutti vanno ad attingere, ma è una fontana dove c’è
bisogno di una “cifra” per bere e che consoce Dio solo: Dio viene a bere a
Pietravairano, a Teano e a Pignataro un’acqua prodotta dalle monache. “Ho sete”
– Gesù dice sulla croce e la sete di quel momento è la sete di Cristo in tutti
i tempi. Allora, mentre beneficiano noi, noi corpo, beneficiano anche il capo
della Chiesa che è Cristo, che gode nel passeggiare in questo orto chiuso dove
ci sono dei gigli, delle rose, dove c’è un verde curato e gode nel poter bere
alla vita di queste donne “sciupate” - chiudo con questo termine un po’
provocatorio - sciupate rispetto al mondo, perché noi diciamo: “Ma che fanno? È
uno sciupìo la vita claustrale!”. Sì, hai capito
proprio bene: è uno sciupìo. Proprio a noi che siamo
così oculati nel fare i programmi, i progetti, che possiamo spendere tanto, a
noi che abbiamo il senso dell’economia, la vita claustrale viene a dire che è
vero ed è esigito, esigente, anche lo sciupìo per
amore. Questo è il senso di “vite sciupate”, perché sembra che non servano a
nulla, sembra che non producano nulla, sembra che non siano d’aiuto a nessuno,
ma in queste giovinezze sciupate c’è la vita più vera.
Noi celebriamo questo momento di
Adorazione con i Primi Vespri della Solennità di Cristo Re. Mi sembra che la
regalità di Cristo sia affermata, in questi luoghi (Teano con le Benedettine,
Pignataro con le Clarisse, Pietravairano con le Clarisse dell’Immacolata), in
una maniera meravigliosa, perché “Cristo Re” significa che Cristo deve regnare,
e se è il Re, allora avrà anche il suo harem, la sua corte, avrà anche chi
decide di servirlo notte e giorno. Nella Compieta di stasera, di ogni sabato
sera, noi diciamo: “…Voi che state nella casa del Signore durante le notti, alzate
le mani verso il tempio e benedite il Signore”. È ciò che il salmista, alla
fine del pellegrinaggio a Gerusalemme, prima di andar via, dice ai sacerdoti
che stanno nel tempio: “Voi continuate a pregare per noi durante le notti”,
cioè notte e giorno. Queste “notti” non sono solo le notti atmosferiche, ma
sono anche le notti dello spirito, i tempi difficili, i tempi duri, i tempi in
cui gli altri perdono l’orientamento. Nel tempio,
nell’hortus conclusus che
è il monastero di clausura, delle persone alzano le mani nella notte
intercedendo per il mondo. Che Cristo Re rallegri il cuore di queste donne che,
nella nostra diocesi, svolgono meravigliosamente questo compito: doni loro
perseveranza e a noi la percezione d’essere segretamente supportati e
sostenuti. È la Comunione
dei Santi.
***
Il testo, tratto dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.