DIOCESI DI TEANO-CALVI

XXXII Giornata per la Vita

 

Incontro sul tema

“Vita, prima radicale ricchezza”

Salone dell’Episcopio

Teano, 6 Febbraio 2010

Intervento

di

S. E. Rev.ma Mons. Arturo Aiello

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Innanzi tutto, rinnovo il mio grazie al Prof. Lucio Romano. Esporrò, molto brevemente, qualche sottolineatura, a conclusione. La prima è che c’è bisogno di una cultura della vita. Noi ci allarmiamo, entriamo in trans, o peggio, in allarme, quando ci sono dei progetti-legge. È chiaro che il progetto-legge ha il suo valore di civiltà, di regolamentazione, ma chiediamoci: come si giunge a formulare un progetto?, da che cosa nasce? Gli interrogativi non nascono perché un gruppetto, un “gruppuscolo”, alcuni firmatari, “mettono su” un progetto. Se si giunge ad un progetto, ci dobbiamo chiedere: da dove nasce? Nasce da una cultura di morte. Allora, cari figli (il Vescovo deve dir così, anche se molti di voi potrebbero essermi padri, ma poi nello Spirito, in questo momento, è il Vescovo che è padre), chiediamoci: se mio figlio ha fatto questa marachella, è solo un incidente di percorso?, o con i suoi amici, a scuola con il docente di filosofia, il gruppo che frequenta, i film che vede… Io immagino che ogni educatore si ponga questi interrogativi, cioè vada, oltre il fenomeno, alla radice. Noi, questo passaggio, non lo facciamo quasi mai, cioè mai ci chiediamo cosa c’è dietro, non per una sorta di furia indagativa, ma perché è vero che le leggi fanno la cultura (è lo stesso discorso dei film, della filmografia), ma è anche vero che le leggi esprimono una cultura. Ora, se queste sono le leggi di cui si discute, c’è da aver molti interrogativi sulla qualità della nostra cultura della vita. È solo una sottolineatura, perché magari ci armiamo o ci indigniamo all’atto in cui qualcuno fa un’interpellanza parlamentare o raggruppa dei parlamentari per firmare un progetto, ma noi come viviamo? Cosa pensiamo? Le nostre famiglie cosa pensano della vita? Come ci si pone nei confronti della vita? Come accogliamo la vita all’atto in cui viene a sorprenderci? Nello slogan di questa “Giornata per la Vita” c’è il termine “sfida”, cioè la vita ci sfida nel senso bello: ci mette lo sgambetto rispetto ai nostri progetti, rispetto alle nostre impalcature, a quello che noi abbiamo in mente come bene. Ma poiché la vita è il bene sommo, allora la vita ha bisogno di una cultura dell’accoglienza. Ecco, questo, in una maniera molto più semplice di quanto, in una maniera altissima, il Prof. Lucio Romano vi ha affidato, sento di consegnarvi. Alla fine, la cultura la facciamo noi, la fa la signora che va a fare la spesa, che sceglie questo o quel prodotto; dipende da quello che discutiamo con i figli, dalle diatribe con gli adolescenti, se mettere o non mettere un top. Sembrano delle banalità, ma non esistono banalità. Allora, cerchiamo d’essere più sensibili su questo. Certamente, dobbiamo anche affilare le armi, come il Prof. Lucio Romano testimonia, le armi razionali, perché dobbiamo rendere ragione della speranza che è in noi. Non possiamo dire: “Bisogna fare così!”, perché il figlio dice: “Ma perché?”. Noi dobbiamo dare ragioni, dobbiamo poterci relazionare con chi credente non è (o lo è a modo suo), attraverso delle categorie accessibili, anche possibilmente abbassando il discorso, anche - non vi scandalizzate, ve lo dice il vostro Vescovo – come diceva un filosofo, facendo epoché della fede: siamo due uomini e adesso parliamo sul piano dei valori. C’è bisogno di un discorso che vada sminuzzato, perché se non facciamo questo, va avanti un’altra cultura: quella della morte.

Vi affido, a conclusione, per alleggerire un tantino la tensione che ho visto molto forte – ed è bello – una parabola che, quand’ero ragazzo, il mio Padre Spirituale mi ha raccontato. Una mattina di primavera, un ragno scese da un albero altissimo col suo filo: era un mattino meraviglioso, dopo il 21 marzo, c’era un fermento nella natura e cominciò a filare la sua tela e la fece meravigliosa. Spero che qualche volta abbiate guardato la tela del ragno in controluce: è una delle tante meraviglie di una vita che ci sorprende e che ci dice che è tutto perfetto, anche nei piccoli particolari. Venne l’estate, tanti insetti incapparono in questa tela meravigliosa e, quindi, il giovane ragno ebbe di che sostentarsi: diventò un ragno col pancione, corpulento, anche un po’ arrogante. Venne l’autunno, cominciarono a scarseggiare gli alimenti e - come dice il messaggio per questa “Giornata per la Vita” - a volte, quando c’è un’emergenza economica, sembra che bisogna tagliare su qualcosa e certamente si è di cattivo umore (oggi c’è un cattivo umore in giro dovuto all’emergenza economica che dobbiamo combattere con la speranza, che dobbiamo combattere lasciandoci sfidare dalla vita: anche queste azalee stanno qui a cantare la vita, come dovremmo cantarla noi uomini).

Un mattino d’autunno - dice l’autore – il ragno si svegliò di pessimo umore, perché aveva lo stomaco vuoto. Fece una perlustrazione per la sua tenuta, non trovò nulla da mettere sotto i denti e, innervosito, disse: “Di questa tela è tutto bellissimo, tutto meraviglioso, tranne questo filo che scende e che mi sembra del tutto inutile”. E tagliò il filo. Immediatamente, la tela lo avvolse e morì. Una tragedia, questa fiaba. Questa cosa l’ho sentita dal mio Padre Spirituale quando avevo 14 anni (quindi 41 anni fa) e perché mi è rimasta impressa? Il mio Padre Spirituale diceva: il filo che scende dall’albero, quello da cui veniva, da cui era sceso in primavera, ad un certo punto se l’è dimenticato come l’elemento che tiene tutta l’impalcatura e, all’atto in cui l’ha tagliato, è morto. Ecco, cari amici, forse c’è bisogno di riprendere il filo dall’alto che, su un piano umano, è la gioia d’essere viventi. Sant’Ireneo diceva: Gloria Dei vivens homo, cioè la gloria di Dio è l’uomo che vive, quindi il sangue che scorre, i pensieri sul telaio della mente, le argomentazioni, gli affetti, le immagini, i suoni, i profumi, i sapori… La vita è gloria di Dio. Ma il filo che scende dall’alto sembra, oggi, non fare testo, sembra non raccogliere tanta attenzione, sia che vogliamo vedervi il simbolo della vita, sia che vogliamo leggervi, come il mio Padre Spirituale mi invitava a fare, il rapporto con il cielo, con Dio, con l’Assoluto che tiene tutta l’impalcatura. Adesso siamo diventati così presuntuosi e forse anche di cattivo umore, come il ragno della parabola, che vogliamo tagliare: ma questo è un suicidio! Attenti: stiamo andando incontro a un grande suicidio. Ovviamente, dico questo senza allarmismo. Credo, fondamentalmente, che le cose andranno bene, che la vita vincerà sulla morte - noi siamo gli annunciatori della Pasqua - ma ho l’impressione che questo drappello dei sostenitori della vita, per la vita, della vita in sé, della vita comunque, sia un drappello, oggi, piuttosto sguarnito. Allora, è bello che, stasera, la nostra Chiesa sia riunita nel salone dell’Episcopio, che aveva bisogno d’essere allargato per accogliere tutti, a dire di una sensibilità. Ringrazio anche il sindaco per la sua presenza, a dire che questi sono problemi di tutti e che dobbiamo convergere da varie parti, da varie sezioni della vita, intorno al tema della vita. Vi affido un verso che mi viene in mente in questo momento: un autore del Novecento dice che va a fare le vacanze a piazza Duomo (pensate: a Milano non è proprio il luogo dove riposarsi). Poi conclude: “Nulla riposa dalla vita come la vita”.

Padre nostro…

Benedizione del Vescovo

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Il testo, tratto dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.