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UNO SPETTACOLO TEATRALE DI CLAUDIO DI PALMA E ANGELO
MAIELLO
MUSICHE ORIGINALI ESEGUITE DA GIOVANNI PANOZZO
Intervento di
S. E. Rev. ma Mons. Arturo Aiello
in occasione della prima nazionale
Auditorium Diocesano
Teano, 21 marzo 2010
Buonasera
e buona primavera. Questa sera, in prima nazionale, assistiamo a “
Solo
qualche parola per introdurre chi fosse del tutto a digiuno del romanzo, che è
alla base della riduzione teatrale a cui stiamo per assistere. È un romanzo che
viene dalla cultura, dal cattolicesimo francese ed è scritto da Bernanos, un
laico che è riuscito ad entrare nelle pieghe del cuore di un prete, come
neanche noi preti siamo mai riusciti a fare. Un laico, da credente e da
artista, guardando i preti agire, pensare, progettare, pregare, o anche non
vedendoli, perché un prete vale anche quando non lo si vede (forse, soprattutto
quando non siamo in relazione visiva con lui), è riuscito a scrivere questo
“Diario di un Curato” che è un vero trattato di vita spirituale. Claudio Di
Palma, che si è avvicinato a questo testo per la prima volta, se n’è
innamorato, e mi dice che si potrebbero, dal materiale contenuto nel Diario,
tirare fuori tanti lavori teatrali, a dire che le parole sono limate fino
all’inverosimile e costituiscono, ciascuna, un trattato
(ovviamente, questo è importante per la visione e poi, spero, per la lettura,
per quelli tra voi che non si sono ancora avventurati nella lettura del romanzo).
Quello che avviene, avviene nel paesaggio dell’anima e, quindi, è tutto sul
filo del racconto di una interiorità. Dentro di noi ci
sono delle tempeste, dei terremoti, degli eserciti che si affrontano in maniera
drammatica più di quanto non avvenga fuori di noi, e Bernanos, come avviene nei
grandi romanzieri francesi come Mauriac e altri, ha portato alla ribalta, sul
piano letterario, il mondo dell’interiorità, dove si combattono grazia e male,
grazia e peccato. Il curato parla della sua parrocchia, ma forse questa piccola
parrocchia di nessuna importanza (La mia
parrocchia è uguale a mille altre parrocchie è l’incipit del romanzo) è una
parrocchia interiore e, in questo scontro di forze, questo grande protagonista,
che è un piccolo, esile, giovane curato di campagna, avverte d’essere ìmpari. Allora, secondo lo schema dei vinti, è un vinto,
non è un vincente, e ha sempre la percezione di non essere all’altezza, che
quello che gli viene chiesto è oltre le sue possibilità (sono sensazioni che
abbiamo anche noi). Ebbene, in questo racconto – permettetemi il termine più
tecnico – di “inanità”, che è forse la parola che meglio di tutte esprime,
dalla prima all’ultima sillaba, quello che è nel romanzo e quello che sarà nel
lavoro teatrale a cui stiamo per assistere, in questa
inanità, cioè percezione d’essere ìmpari, scende la
grazia e fiorisce un santo. Dietro il Diario di Bernanos e nel background
spirituale dell’autore, ci sono due santi francesi (quindi suoi connazionali):
mi riferisco al Curato d’Ars, di cui ricorre l’anniversario della morte e che
il Papa Benedetto ha posto come esempio per i preti di tutto il mondo, di tutta
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Il testo, tratto direttamente dalla
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