PREGHIERA GIOVANI

 

“MISERERE”

 

RIFLESSIONI DI S. E. MONS. ARTURO AIELLO

 

Vescovo della Diocesi di Teano-Calvi

 

Cattedrale di Teano

 

Venerdì, 14 Marzo 2008

 

 

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Amen

Ecco l'Uomo

 

Nella memoria di questa passione,

noi ti chiediamo perdono, Signore,

per ogni volta che abbiamo lasciato

il tuo fratello soffrire da solo.

 

Noi ti preghiamo, uomo della Croce,

figlio e fratello, noi speriamo in te.

Noi ti preghiamo, uomo della Croce,

figlio e fratello, noi speriamo in te.

 

Nella memoria di questa tua morte

Noi ti chiediamo coraggio, Signore,

per ogni volta che il dono d’amore

ci chiederà di soffrire da soli.

 

Nella memoria dell’ultima cena

Noi spezzeremo di nuovo il tuo pane,

ed ogni volta il tuo corpo donato

sarà la nostra speranza di vita.

 

È il nostro ultimo incontro prima di Pasqua e quindi non può, questa nostra Preghiera-Giovani, non avere una connotazione intorno alla Croce, a guardare questo nostro meraviglioso Crocifisso della Cattedrale che viene dal Medioevo e quindi è una traccia di fede antichissima nella nostra zona. Ed è alla Croce che vogliamo alzare lo sguardo, anche se apparentemente il percorso che avete sul foglietto sembra andare in altra direzione. "Noi ti preghiamo, uomo della Croce, figlio e fratello, noi speriamo in te". Finché abbiamo la possibilità di alzare lo sguardo alla Croce è possibile che siamo salvati, c'è ancora speranza. È  quello che vogliamo celebrare insieme questa sera. Ci fermiamo un attimo in silenzio, alzando lo sguardo al Crocifisso e poi ripetiamo il ritornello.

 

Noi ti preghiamo, uomo della Croce,

figlio e fratello, noi speriamo in te.

Noi ti preghiamo, uomo della Croce,

figlio e fratello, noi speriamo in te.

Ci sediamo.

Se qualcuno vuole ancora muoversi c'è qualche posto qui nel presbiterio. Se poi volete fare penitenza per l'ultimo venerdì di Quaresima, liberi. Bene, creiamo, come sempre, un clima di ascolto, è la Parola da cui partiamo questa sera. Ascoltiamo.

 

Dal Vangelo di Luca        12,13-21

Uno della folla gli disse: "Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità". Ma egli rispose: "O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?". E disse loro: "Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell'abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni". Disse poi una parabola: "La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti? E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte ti sarà richiesta la tua vita. e quello che hai preparato di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio".

Parola del Signore. Lode a te, o Cristo.

 

Partiamo, questa sera, da una richiesta strana che viene fatta a Gesù di farsi intermediario, di fare il giudice, l'avvocato, l'avvocato di pace oggi si direbbe, il giudice di pace tra due fratelli che si contendono una eredità. "Di' a mio fratello che io ho diritto alla mia parte". Gesù sembra non ascoltare questa domanda, ma dietro questa domanda scava una domanda che è importante, che è "Ma alla fin fine cosa conta nella vita?". Ed è quello che ci chiediamo davanti alla Croce questa sera.

Io mi trovo in questo momento davanti a una platea per lo più di giovani, ricchissimi, e voi dite: "No, noi non abbiamo lo stipendio, abbiamo solo la paghetta". Ma ricchissimi di tempo, ricchissimi di possibilità, ricchissimi di vita, e quindi voi siete tutti capitalisti, tranne quelli fra noi che siamo un po' più avanti negli anni, e quindi siamo più poveri. Voi siete ricchi e noi siamo poveri. E se ci fosse qui nella nostra assemblea una persona anziana è la più povera tra tutte.

Premetto che sono venuto stasera con un patema d'animo, e ho detto: "Devo vedere se ci sono pantaloni in cattedrale", perché temevo, dopo quello che ci siamo detti quindici giorni fa, che i maschi potessero disertare la nostra preghiera. Grazie per avermi fatto credito, il Vescovo forse era un po' fuori di sé, gli avevano pagato una tangente le donne, e quindi ha messo su questa preghiera contro gli uomini e a favore delle donne. Chiudo parentesi. Alla fine Gesù dice a questo signore, a questo fratello che gli chiede: "Insomma, metti un po' di pace con l'altro che vuole fare asso piglia tutto".

La vostra vita , dice Gesù, non dipende dai vostri beni, e per convincere quest'uomo, che poi alla fin fine, sì, è un motivo di giustizia quello che chiede, ma non è la fine del mondo, ci sono cose più importanti, racconta questa parabola.

C'è un signore che ha fatto un grande affare, traduciamo da noi , che ha trovato una fonte Ferrarelle, Santagata, ecc., e tutto quello che scorre da Rocchetta a Riardo, e ha pensato di utilizzar bene queste fonti per diffondere l'acqua Ferrarelle in tutto il mondo, e visto che quest'acqua tira, perché non è né liscia, né gassata, ma appunto Ferrarelle e quindi tutti i corrieri tornano e dicono: "Dobbiamo fare il carico, non basta, non basta" e lui: "Facciamo miliardi di bottiglie e distribuiamole per il mondo intero, magari anche in Africa". Quando tira i conti, il proprietario della Ferrarelle dice: “Ma qui ho fatto un affare meraviglioso, non mi aspettavo che la gente fosse così assetata, e allora che farò? Adesso metterò su una campagna pubblicitaria, che sconfigga tutte le altre acque, in modo tale che l'acqua Ferrarelle sia al primo posto in assoluto tra le acque minerali consumate nel mondo, poi dirò: Datti alla gioia, adesso hai tanti soldi che puoi vivere di rendita tu, i tuoi figli, i tuoi nipoti per tanto tempo."

Ho fatto una traduzione della parabola made in Riardo. Gesù dice: "Va bene, questa persona ha fatto un'opera di marketing meravigliosa, ma se stanotte stessa gli fosse chiesto conto della sua vita, tutto quello che ha accumulato di chi sarà?". E vedete che questa domanda fa crollare tutto l'impero Ferrarelle, Fiera del Mobile e quant'altro di ricchezza, pochissima per la verità, rispetto, purtroppo per noi, rispetto ad altre realtà, quant'altro rimane in piedi, come una sorta di multinazionale, che sconfigge sul mercato tutte le altre. Quello che hai guadagnato, quello che hai messo su di chi sarà?

Partiamo da questo interrogativo, perchè anche a voi giovani che avete questo conto, questo carnet enorme di assegni da firmare, noi invece un piccolo carnet di dieci assegni, venti assegni, un giovane ha un carnet di mille assegni. Pensate, se andate in banca, vi danno un carnet di mille assegni, dovete portarlo con la carriola o metterlo sul motorino, perché non è trasportabile. Avete un carnet di mille assegni. Voi dite: "Ma noi i soldi non ce li abbiamo". Sì, ma avete assegni di tempo da firmare, sono tutti i giorni che avete a disposizione, come li impiegherete? Che ne farete della vostra vita? Come utilizzerete questa grazia del tempo? Ma anche questa grazia della giovinezza, perchè possa essere un buon investimento, che non precipiti a l'atto, non del precipitare della Borsa di Tokio, ma con il precipitare della vita. Come impiegare al meglio quello che abbiamo, meglio, quello che siamo?

È l'interrogativo che stasera la Parola ci pone. Sto impiegando bene il mio tempo?

Ci siamo già interrogati sulla ricchezza del tempo in preghiere dell'anno scorso o di quest'anno, ma adesso la riflessione ha una connotazione particolare, perché è legata, qui lo sguardo alla Croce prende significato, al fatto che ci stiamo preparando a rivivere liturgicamente la conclusione della vita di Gesù di Nazareth che, come avete letto sul frontespizio del vostro foglietto, chiude la Sua vita con un bel bilancio. Dice: "Tutto è compiuto!". Questo è un bel modo di chiudere una vita, "Tutto è compiuto" significa “Tutto è stato fatto”, “Tutto si è realizzato”, o anche "Ho dato tutto".

Ecco, stasera il Vescovo vi augura che tra cento anni (non toccate ferro che non è il caso), tra cento anni, quindi quando avrete centoquindici, centoventi, centotrent'anni voi possiate chiudere la vostra vita dicendo: "Sì, ho commesso degli errori, perché è impossibile non farne, ma alla fin fine ho fatto quello che dovevo, ho realizzato il compito che mi era stato affidato, tutto è compiuto".

Com'è bella questa espressione del Vangelo di Giovanni, l'ascolterete perchè sono sicuro che andrete tutti a frequentare la Messa in Coena Domini, Giovedì sera, la celebrazione della Croce Venerdì e Sabato, questo Vangelo lo ascolterete Venerdì Santo alla fine del racconto della Passione di Gesù,  il Crocifisso, con grande serenità, perchè la Passione di Giovanni è pervasa da un senso di serenità, chiude la sua esistenza dicendo: "Ho fatto quello che dovevo, ho svolto il mio compito, tutto è compiuto". Le persone che conoscete, che hanno chiuso già la loro esistenza terrena, vi sembra che abbiano potuto dirla questa parola? È andato tutto bene, pur con gli sbagli. Ho fatto, in linea di massima, quello che ho ritenuto bene e quello che la Chiesa mi ha insegnato, quello che ho sognato quand'ero adolescente. Piuttosto, invece, vediamo persone che partono da questo mondo scontente, scontrose, smaniose, perchè non possono dire questa espressione "Tutto è compiuto".

Quando si può dire "Tutto è andato bene"? Quando abbiamo impiegato le nostre ricchezze, il nostro tempo nella direzione giusta.

E allora per farvi familiarizzare con questa visione, con questo concetto, cioè si chiude con serenità, per esempio questa giornata. Stasera ci addormenteremo tranquilli o un po' smaniosi? Faremo dei bei sogni o degli incubi? Dipenderà anche dal modo con cui abbiamo vissuto la giornata, se hai fatto il tuo dovere, se sei stato aperto, se sei stato scontroso, se sei stato violento. Nei nostri sogni null'altro torna che la nostra vita un po' manomessa, un po' rimaneggiata, quindi uno dorme tranquillo se ha svolto bene il suo compito. Uno dorme male e ha gli incubi se invece ha vissuto una giornata all'insegna del male.

Bene, adesso facciamo un passo indietro e torniamo ad una pagina di storia. Vi anticipo così il testo della canzone che state per ascoltare.

C'è un principe, un principe russo, che purtroppo è dalla parte degli sconfitti, perchè quella volta l'ha avuta vinta Napoleone, che è ferito, è ferito gravemente, e fa la sintesi della sua vita. È  andata bene? Ascoltiamo.

Il cielo di Austerlitz (R. Vecchioni)

 

Sono caduto come un airone

colpito al volo come nella brughiera

sono caduto come d'autunno

la foglia stanca di primavera

sono caduto sulla mia schiena

tra un fiore d'anice e una betulla

e guardo immobile

come un bambino

nella sua culla.

 

Sopra di me c'è soltanto il cielo

e in cielo scorrono gli anni e i mesi

nessun ricordo sembra più vero

tra gli urli altissimi dei francesi

sono caduto sulla mia vita

sprecata a credermi onnipotente

chè tutto è vano su questa terra

e tutto è niente.

 

Com'è lontano Dio, lontano il cielo

da tutto quello che ho creduto vero,

com'è lontano Dio, lontano il tempo

un'ombra miserabile di eterno;

avessi amato gli uomini e i pensieri,

potessi amarti molto più di ieri:

com'è lontano Dio, lontano il cielo,

il cielo...

 

Dov'è finito lo sfarzo assurdo

di Pietroburgo, di quella reggia,

e le risate, l'oppio, l'onore,

dov'è il mio popolo che m'inneggia,

tutto il rumore è una voce spenta,

qui arriva solo l'eco dell'aria

e il canto che mi addormenta

della mia balia.

 

E guardo questo nano francese

meschino come la sua vittoria

che conta i morti così cortese

e crede d'esser lui la storia,

"e io non posso, non voglio morire

amo la vita, quest'erba e l'aria",

gli uomini sono un'avventura

straordinaria.

 

Com'è lontano Dio, lontano il cielo

da tutto quello che ho creduto vero

com'è lontano Dio, lontano il tempo,

il sogno d'essere uomini

è un momento,

potessi amare molto più di ieri,

potessi amare chi ho perduto ieri,

com'è lontano Dio, lontano il cielo,

il cielo...

 

potessi amare molto più di ieri,

potessi amare chi ho perduto ieri,

com'è lontano Dio, lontano il cielo,

il cielo.

 

Anche se non è una canzone che tira, come dite voi, ha una sua bellezza, non solo da un punto di vista musicale, ma anche nei versi. Versi ben torniti.

Beh, per chi ne volesse sapere di più potete trovare questa pagina nella Storia o, per chi ami la Letteratura, aprite "Guerra e pace" di Tolstoj e trovate lo stesso episodio. Ma potete anche non fare ricerche e fermarvi a quello che io vi dico, per capire la drammaticità di quello che questo principe, il principe Andrea, ferito a morte, pensa guardando come in un riassunto la propria vita.

Molti, anche scienziati e medici, affermano che quando si ha la percezione che uno sta per chiudere è come se scorresse la vita dall'inizio alla fine, come in un film brevissimo, sintetico, e uno ha la possibilità di abbracciare la sua infanzia, la sua adolescenza, la sua giovinezza, l'età adulta, quando si è sposato. Qui ci troviamo non davanti ad uno qualsiasi, ma a un principe russo. Il principe Andrea ha vissuto nel fasto, andava a caccia, aveva tanti sudditi, era, come avete ascoltato, alla corte di Pietroburgo col suo sfarzo, insomma, non era un povero tapino come me, e forse come qualcuno di voi, era uno che aveva avuto tanto potere, ma che adesso si trova con la morte imminente e cerca di capire: "Ma forse ho sbagliato? Forse c'è qualcosa che non è andata bene? Forse non ho capito bene dove bisognava andare?", perché nella vita l'importante è la direzione, dove andare, se c'è un senso nel nostro vivere, o semplicemente ci dobbiamo lasciar portare dai mesi, dagli anni, dalle settimane, dalle stagioni.

"Se c'è un senso, io ho ritenuto, dice il principe Andrea, che questo senso fosse tenere a bada il mio popolo, vincere le battaglie, avere molte donne, aumentare lo sfarzo di Pietroburgo, fumare l'oppio, come vedete i vizi ci sono sempre stati, anche se oggi sono un po' più a portata di tutti, una volta erano a portata delle classi più abbienti, come si dice. Eppure adesso mi rendo conto d'aver sbagliato".

Ripercorriamo per un attimo i versi di Vecchioni, perchè Vecchioni è anche un bravo artista, come autore di testi.

"Sono caduto come un airone colpito al volo nella brughiera, sono caduto come d'autunno la foglia stanca di primavera, sono caduto sulla mia schiena tra un fiore d'anice e una betulla  e guardo immobile come un bambino nella sua culla".

Torna due volte questa immagine dell'infanzia, poi della voce della balia che gli canta la ninna nanna, perchè la vita, il nascere e il morire si toccano sempre e quando uno sta per morire torna a dire "Mamma!", torna a dire le frasi, forse le prime frasi che ha pronunziato, le prime parole che ha detto, quando ha cominciato a passare dal farfugliare alla dizione delle parole, sia pure sillabate.

"Sopra di me c'è soltanto il cielo", e di qui il titolo "Il cielo di Austerlitz", “Sopra di me c'è soltanto il cielo e in cielo scorrono gli anni e i mesi", il cielo diventa come uno schermo dove si svolge, si proietta il film della vita del principe Andrea.

"Nessun ricordo sembra più vero tra gli urli altissimi dei francesi, sono caduto sulla mia vita sprecata a credermi onnipotente, ché tutto è vano su questa terra , ché tutto è niente".

Prima di andare al ritornello, ripercorriamo le strofe. "Dov'è finito lo sfarzo assurdo di Pietroburgo, di quella reggia, e le risate, l'oppio, l'onore, dov'è il mio popolo che m'inneggia, tutto il rumore è una voce spenta, qui arriva solo l'eco dell'aria e il canto dolce  che mi addormenta  della mia balia".

E poi c'è questa descrizione di colui che ha vinto, ma ha vinto adesso, poi perderà, come sapete, quando verrà il suo turno.

"E guardo questo nano francese, perchè Napoleone era basso,  meschino come la sua vittoria che conta i morti così cortese  e crede d'essere lui la storia, «e io non posso, non voglio morire  amo la vita, quest'erba e l'aria», gli uomini sono un'avventura straordinaria".

Se voi volete la testimonianza della vita e dell'attaccamento alla vita dovete parlare con un anziano, dovete parlare con un ammalato, dovete guardare un moribondo. Non voi, non voi giovani siete attaccati alla vita, voi non lo siete, purtroppo. Per questo correte sui motorini. Chi fra voi vada al mare, i miei parrocchiani fino a una certa età facevano certi tuffi da capogiro, ma poi dopo i venticinque anni non li facevano più, perché uno comincia a dire: "Ma questa vita, potrei tuffarmi e non riemergere più". Cioè il giovane non ama la vita, la vita la ama la persona adulta, l'anziano, e più il tempo è breve più uno si attacca alla vita.

Forse vi siete chiesti: "Ma com'è che mio nonno, nonostante tutti gli interventi chirurgici, ancora sembra arzillo?". È perché tuo nonno ha capito che la vita è un'avventura straordinaria, e tu non l'hai capito ancora.

Bene, questo principe Andrea adesso, sul finire della sua vita, solo adesso, si rende conto che la vita andava amata. "Amo la vita, quest'erba", quella su cui è adagiato. Tante volte magari avrà fatto dei viaggi, tante volte sarà andato a caccia di volpi, sui cavalli, ma non ha mai visto l'erba, adesso sì, se ne accorge, non ha mai annusato l'aria, adesso tira su un respiro, come sanno fare soltanto i moribondi, a dire: "Quest'aria la voglio bere tutta". Ma purtroppo è tardi, è tardi per lui, per fortuna non per noi, per noi non è ancora tardi, ma stasera siamo messi a contatto con questi sentimenti del principe Andrea, che dice: "Ma allora ho sbagliato tutto".

Adesso ve la faccio riascoltare, perché dopo mi fermerò su quello che a voi sembra essere una frase contro Dio e invece non lo è, e cioè il ritornello. "Com'è lontano Dio, lontano il tempo". Riascoltiamo.

Il cielo di Austerlitz

 

"Com'è lontano Dio, lontano il tempo, il sogno d'esser uomini è un momento". Quindi il principe Andrea, e qui è una lezione di saggezza, sul limitare della vita ha la percezione che la vita è breve e che lui non l'ha spesa intelligentemente perchè l'ha spesa nell'illusione d'esser onnipotente.

Anche il signore della parabola, di cui parla Gesù, ha pensato d'essere onnipotente: "Adesso mi sono fatto i granai più grandi, ho tutto questo ben di Dio per stare tranquillo e vivere di rendita per tanti anni". Non siamo onnipotenti, siamo fragili, ma in questa fragilità c'è anche una bellezza, perché in questo poco tempo che abbiamo, ed è poco anche il vostro, cari giovani, perché passa presto la vita, noi dobbiamo avere l'astuzia di impiegare questo momento, questo tempo, questa stagione, questa giovinezza nel modo migliore. E qual è questo modo migliore? È quello che ci potrà far dire, quando anche a noi sarà chiesto di presentare il conto o ci sarà presentato il conto, che il cielo e Dio non sono lontani da quello che noi abbiamo ritenuto vero. Vedete, la bellezza di questo ritornello è che, sia pure in una maniera velata, esprime che Dio non è lontano dal principe Andrea, il cielo non è lontano da quest'uomo che sta morendo, ma Dio è lontano da quello che quest'uomo ha amato, da quello per cui quest'uomo ha vissuto. È questo il dramma, cioè d'aver sbagliato direzione, d'aver sbagliato investimento, d'aver sbagliato impiego, cioè Dio è lontano da quello che io ho pensato essere grande,  e cioè il fasto, e cioè l'oppio, cioè il popolo che m'inneggia, e cioè questa "io sono il migliore, io sono il principe di tutto questo popolo". In una sola parola il principe Andrea ha sbagliato bersaglio. Sapete quale parola ebraica esprime "sbagliare bersaglio"? Domanda? Ovviamente tradotta in italiano, no? Sbagliare bersaglio. Beh, quelli che sono esperti non devono parlare.

Sbagliare bersaglio. Nessuno? Avete perso cento euro. Allora: peccato. Cos'è il peccato? Il termine con cui dall'antichità, dall'Antico Testamento ci viene questa parola "peccato", peccato non è contravvenire a una legge, non è andare diversamente da quello che Dio mi indica, peccato è “sbagliare bersaglio”, cioè io sono il Guglielmo Tell con la freccia e l'arco, lì c'è il bambino con la mela, e anziché colpire la mela, colpisco il bambino. Ecco, ho sbagliato bersaglio, oppure colpisco un albero, oppure la freccia va in un'altra direzione. Hai sbagliato! Hai sbagliato bersaglio, quindi hai perso. Questo è il peccato. Quindi stasera che ci prepariamo anche, per chi lo voglia ovviamente, non siete obbligati,  a celebrare il Sacramento della Riconciliazione dobbiamo capire che ci andiamo a confessare perché abbiamo sbagliato bersaglio. Abbiamo investito energie, pensieri in cose che non meritavano, che non ci hanno reso felici, abbiamo sbagliato, abbiamo sbagliato bersaglio.

Com'è bello in questo testo di Vecchioni che il principe Andrea dice: "Potessi amare gli uomini e i pensieri, potessi amarli molto più di ieri", cioè molto di più di come ho fatto, forse avrei dovuto amare di più. Ecco, se avessi amato di più mia madre, mio padre, mia moglie, i miei figli, i miei amici, ho perso tempo amando cose inutili, futili, ho sbagliato bersaglio. Ecco, vedete come adesso questo racconto, sia quello di Gesù, dell'uomo che ha fatto il suo investimento ma poi muore e tutto quello che ha fatto gli torna dannoso, sia la storia del principe Andrea, raccontata da Tolstoj in "Guerra e pace", hanno il comune denominatore di persone che sbagliano direzione, che non colpiscono la mela ma colpiscono un albero. No, hai sbagliato, come quando giocando a calcio, non so, un ragazzo tira in porta e finisce invece molti metri a destra. Il portiere neanche si deve industriare per cercare di parare questo colpo, tanto è andato fuori.  Ecco, questo è il peccato, quando io tiro e non faccio goal. Fare goal significa centrare il bersaglio, significa impiegar bene, significa "io ho questi assegni", il vostro carnet enorme di cui vi ho parlato all'inizio, e li voglio utilizzare tutti, staccare tutti in una maniera intelligente, in modo tale che io quando mi troverò, perché mi troverò nella condizione del principe Andrea o del signore ricco, di cui parla la parabola, che un po' somiglia al Mazzarò del Verga, possa dire: "Ma sì, ho fatto degli errori, perchè tutti li commettiamo, ma penso d'aver fatto centro". Adesso ciascuno di voi dica a se stesso: "Ma io sto facendo centro? Ho centrato?". Chiedetevelo voi ragazzi, ragazze, ce lo chiediamo anche noi adulti. Ho centrato la mia vita?, O ho sbagliato bersaglio? O ho perso tempo dietro una favola, dietro una fola, dietro cose inutili, quando la vita è così breve che è il caso di scegliere quello che è vicino a Dio, che è vicino al cielo, in modo tale che quel giorno io possa dire: "Ecco, Dio, sì, ho fatto degli errori, però alla fine ho fatto quello che Tu volevi, e ho amato molto", che non significa, come starete pensando voi, ho avuto trecentosessantacinque ragazzi in un anno. No, non è amore quello. Ecco, ho amato molto, ho impiegato bene questa energia affettiva, ho costruito. Allora in quel caso non c'è questa delusione, ho sbagliato, e non c'è più tempo per amarli gli uomini, per amarli i pensieri, per amarle le cose che Dio mi indica come bene. Big Ben ha detto stop, finito il tuo tempo, hai avuto molte occasioni ma hai perso, hai puntato, come nei giochi televisivi, hai puntato sulla scatola vuota, hai puntato sulla risposta sbagliata, non hai fatto centro.

Ecco, ci prepariamo così stasera e ci prepariamo anche alla Settimana Santa, perché abbiamo la possibilità, e chiudo, di ricuperare.

Il principe Andrea non può più ricuperare, perché non ha più assegni. Anch'io ne ho, tutti noi che siamo qui abbiamo almeno un blocchetto di assegni da firmare. E allora sugli assegni, firmati a vuoto, senza il corrispettivo, abbiamo la possibilità di ricuperare.

La riconciliazione è questa possibilità di dire a Dio "Ho sbagliato", però posso ricuperare, posso rifarmi, perché, ricordatevi anche questo, noi non siamo i nostri errori.  Noi non siamo i nostri errori. È terribile quando una persona si identifica nello sbaglio che ha commesso, perché se tu ti identifichi nello sbaglio che hai commesso, tu dici, non dici: "Io ho fatto uno sbaglio", ma "Io sono uno sbaglio". Questo è il peccato più grande, cioè quando tu non sai prendere le distanze dal tuo errore. "Sì, è vero, questo compito l'ho sbagliato, dico all'insegnante, ma ricupererò". Significa che questo compito l'ho fatto io ma non sono tutto qui, sono anche altrove, sono anche altro. Allora nella confessione certamente noi non andiamo a raccontare"Ho guarito, ho fatto un miracolo", andiamo a raccontare i nostri assegni sbagliati, le volte in cui noi non siamo andati al centro, abbiamo sbagliato bersaglio, però il Signore ci dà la possibilità di dire Va be', strappiamo questi assegni. [1]Questo è un assegno vuoto? Non ne parliamo più". Questa è la confessione.

Quindi non è l'esame di maturità, oppure: "Uh, il prete chissà che mi chiede". No, non ti chiede niente, tu devi semplicemente dire: "Sto qui perché ho sbagliato bersaglio". Puoi anche, se vuoi, dire di più, ma basterebbe questo per ricevere l'assoluzione, cioè io ho firmato degli assegni a vuoto. Ho firmato degli assegni per comprare delle cose negative, vale a dire fuori metafora, ho impiegato il mio tempo in cose che non meritavano, e se non ricorro adesso al riparo posso trovarmi non solo con degli sbagli ma con una vita sbagliata. Altro sono gli sbagli, altro è una vita sbagliata. Una vita sbagliata è una serie ininterrotta di errori e quindi oggi, domani, dopodomani, la prossima settimana, il prossimo mese, il prossimo... è sempre lo stesso. No, posso rimediare. La confessione perdona gli sbagli e ti viene ridata una freccia nuova, appuntita, un arco ben teso, non allentato, perché tu possa ritentare, e…tah! Fare centro. È bello ricevere questa grazia o no? Certo, perché stasera andremo a letto tutti più tranquilli, quelli che si confesseranno, gli altri magari l'avranno già fatto nelle loro parrocchie o lo farete nei prossimi giorni, ma questa storia del principe Andrea ricordatevela, perché Dio non dev'essere lontano da ciò che noi riteniamo vero. Dio mi dà una direzione e mi dice: "Francesca, Giovanni, Claudio, Fabrizio, è questa la strada, se tu la percorri, tu alla fine puoi farti una bella risata".

Chiudo così, eh? È bello chiudere la vita facendoci una bella risata. Magari non avremo proprio tutta questa prontezza di spirito, ma almeno un sorriso, a dire: "Beh, alla fin fine posso essere promosso", perché poi Dio non va a contare...: "Quanti peccati hai fatto, vediamo un po', quel giorno...". Noo, si guarda come a scuola, eh? Si guarda tutto il prospetto, si guarda come uno ha vissuto, poi, che ci sia una macchia, che ci sia un errore, ma questo è quanto mai normale. E poter sorridere e dire: "Ce l'ho fatta, è stata bella la mia vita", scopro adesso guardando il cielo e guardando Dio che mi sorridono, e mi dicono: "Bravo Arturo, bravo Fabrizio, brava Giovanna, brava Maria, perché è bella la vita che hai vissuto, eh?Hai impiegato al modo migliore i tuoi giorni". Lo chiediamo al Signore, chiediamo al Signore tutti questa grazia. Ci mettiamo in piedi.

Innanzitutto datevi la mano. E anche questo dare la mano all'altro è importante perché dice: gli uomini bisogna amarli.[2] Il foglietto o la mano? Il foglietto. Giustamente, il Vescovo ne ha rotto uno e ne è arrivato uno nuovo.  Magari anche questo gesto un giorno ci tornerà, perché stai firmando un bell'assegno. Ho tenuto la mano non noiosamente con il mio vicino e magari gli ho trasmesso un po' di energia, un po' di forza: ma dai, ce la faremo. Tenendoci per mano diciamo insieme: Padre Nostro...

 

Il Signore sia con voi.

E con il tuo Spirito.

Benedizione del Vescovo.

Buona Pasqua.

Come ci organizziamo adesso. Innanzi tutto devo dirvi che sul foglietto che avete in mano c'è anche la formula dell'Atto di Dolore per chi non dovesse ricordarlo. Dici: "Ma questo non lo conosco". Va bene, è una formula, quindi per chi non avesse pronto l'Atto di Dolore abbiamo pensato: ecco il prontuario. Potete recitare questa preghiera, adesso la diciamo insieme, e poi la direte ciascuno personalmente, per quelli che si confesseranno. È un Atto di Dolore trinitario.

 

Padre Santo,

come il figliol prodigo

mi rivolgo

alla tua misericordia:

ho peccato contro di te,

non sono più degno

di essere chiamato tuo figlio.

 

Cristo Gesù,

Salvatore del mondo,

che al buon ladrone

hai aperto le porte del Paradiso,

ricordati di me nel tuo Regno.

 

Spirito Santo,

sorgente di pace e di amore,

fa che, purificato da ogni colpa,

riconciliato con il Padre

e condotto sulle spalle

dal buon pastore,

io cammini sempre

come figlio della luce.

 

Non avremo modo di scambiarci gli auguri quindi il “Buona Pasqua” era l'augurio per tutti e quando ci rincontreremo tra un mese canteremo insieme, come comunità dei giovani della Diocesi di Teano - Calvi, la gioia della Risurrezione. Adesso faremo due strofe del canto "Miserere" e poi saranno già pronti alle loro postazioni i sacerdoti all'altare del Santissimo, qui alla mia destra, nelle cappelle alla mia sinistra, e sull’altare e voi così in semplicità andate a dire: "Padre, ho sbagliato bersaglio", e dopo un breve dialogo riceviamo il perdono. Adesso lo invochiamo insieme,  con le parole del Salmo 50.

          

Miserere (M. Frisina)

 

Miserere mei, Domine. Miserere mei, Domine.

 

Pietà di me, o Dio, per la tua misericordia;

nel tuo grande amore cancella il mio peccato.

Lavami da tutte le mie colpe e dal mio peccato mondami.

La mia colpa conosco, dinanzi ho il mio peccato.

 

Contro te solo ho peccato, ciò che è male ai tuoi occhi, io l`ho fatto;

è giusta la tua parola e retto è il tuo giudizio.

Nella colpa son generato, nel peccato concepito.

Ma tu vuoi un cuore sincero, sapienza tu mi insegni.

 

Adesso ci disponiamo, noi sacerdoti per le confessioni. Voi potete sedervi, quelli che intendono confessarsi, dirigervi poi dove ritenete più opportuno e, tra qualche minuto, quando avremo cominciato, con Suor Nilda,  cantate il resto di Miserere.

 

 

 

Il testo, tratto direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.

 



[1] Il Vescovo strappa il foglietto che ha in mano

[2] Viene dato un nuovo foglietto al Vescovo