“Canti nella notte”
Incontro di preghiera sul
monte Lucno
guidato da
S. E. Rev. ma Mons. Arturo Aiello
Casale di Teano, 29 agosto
2011
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Nel nome del Padre…
Il
tema della preghiera di stasera, in un posto bellissimo - i posti belli bisogna
conquistarseli con un po’ di sudore - è “Canti nella notte”. Oggi di canti
nella notte ce ne sono tanti, perché i giovani amano vivere di notte. Ma i
canti nella notte di cui vogliamo fare memoria prendono spunto dal verso di un
salmo: Un canto nella notte mi ritorna
nel cuore: rifletto e il mio spirito si va interrogando.
Ci
sono stati canti nella notte della storia, momenti bui, canti in momenti
difficili della vita della Chiesa - e noi stiamo vivendo un momento del genere -
persone che si riunivano come una società segreta. Pensate: questa sera il Vescovo
ha dato appuntamento a un gruppo di eletti - spero che vi sentiate tali - sul
monte Lucno, per organizzare una rivoluzione.
Le
rivoluzioni cominciano così, nella notte: delle persone si riuniscono
segretamente per esprimere un’idea, per cantare un ideale, per attendere
l’alba. I cristiani sono veri nella
misura in cui abitano la notte con speranza. D’altra parte - dovreste ormai
conoscerlo tutti - il motto del vostro Vescovo è: Custos, quid de nocte? Quanto resta della
notte?
Preghiamo,
questa sera, in una maniera particolarissima e con una caratura artistica molto
alta, con Laura e Gianluigi, che ci aiuteranno a pregare con la loro voce, la
loro arte.
Laura
e Gianluigi, che abbiamo già incontrato ad una Preghiera-Giovani qualche anno
fa in Cattedrale, sono una coppia d’arte. Innanzi tutto sono una coppia, perché
sono sposati, ma poi sono una coppia d’arte e, credo, s’incontrano anche nel
vivere insieme l’arte musicale drammatica a vario titolo e collaborano nella
loro vita professionale in questo ambito. Gianluigi è della nostra terra. Laura
e Gianluigi abitano su, a Desenzano del Garda - qui non c’è il lago, Laura, ma
c’è un orizzonte ampio - e chiediamo loro di aiutarci a fare memoria di uno di
quei canti nella notte che hanno arricchito la notte della storia. Non c’è notte in cui non si possa cantare.
Magari molti di voi diranno: Mi trovo in
un momento difficile… La mia coppia è in crisi… Siamo agli estremi della vivibilità da un punto di
vista economico e non solo…
Non
c’è schiavitù, non c’è assenza di libertà, non c’è buio che non possa far
sorgere un canto e, d’altra parte, tutte le cose grandi sono nate nella notte;
anche noi, come esseri umani, veniamo dalla notte che è il grembo di nostra
madre: era notte, eravamo circondati dall’acqua, ci siamo sviluppati al buio. Poi
siamo venuti alla luce: è il giorno della nostra nascita.
Spero
che stasera alcuni di noi possano venire alla luce, cioè possano nascere o
rinascere ascoltando questi canti. Ovviamente nessun applauso, se non alla
fine, perché è una riflessione. Stasera, più che parlare, il Vescovo lascia la
parola a questi due artisti, due amici, che tra l’altro, su mia richiesta,
hanno rimandato uno spettacolo al Nord e la loro partenza da Teano, per esser
qui, sul monte Lucno, dove si organizzava una rivoluzione.
È
nata una rivoluzione, forse, 150’anni fa, a Teano. Ne può nascere una
certamente migliore.
***
“AD ALI SPIEGATE”
RECITAL MUSICALE SUI CANTI SPIRITUAL DEI NERI D’AMERICA
SCRITTO E INTERPRETATO DA
LAURA GAMBARIN
PIANOFORTE E ARRANGIAMENTI MUSICALI
GIANLUIGI LA TORRE
PARTE I
***
Ricordate
che Marx diceva che la religione è l’oppio dei
popoli: una frase che mi perseguita, ci perseguita, spero. Ovviamente Marx aveva ragione, come ho detto altre volte, per il tipo
di religione, di religiosità con cui entrò in contatto: una forma di
cristianesimo edulcorato. Ce n’è tanto anche tra noi, ma questi canti, che
hanno mantenuto una speranza, che hanno realizzato una rivoluzione, sono la
prova che la religione non è un oppio, ma è, come ho detto altre volte, un
eccitante. Certo, anche oggi, qui da noi, processioni e tutto l’armamentario
addormentano: basta sparare dei fuochi, basta portare in giro un santo, basta
una banda musicale, una festa di piazza… Ma non è
questa la fede! La fede è quella che ha animato i negri, che erano negli Stati
Uniti, sostenendo una speranza e animando una rivoluzione pacifica, ma una
rivoluzione, perché la fede fa esplodere i sistemi. Per questo motivo la fede non
può identificarsi in nessuna ideologia, perché la fede, quando è autentica, strappa il vestito; la fede fa scoppiare
il sistema.
Questa
sera stiamo facendo esperienza, anche concreta, di come la fede sia viva anche
nella notte. Ci sono un po’ le nostalgie della Capanna dello zio Tom. Almeno quelli della mia generazione hanno
letto questo racconto che ci riportava in quelle atmosfere dove c’erano degli
uomini oppressi; rassegnáti? No, ma non si
ribellavano, cantavano e, attraverso questi canti, hanno ricordato che Dio
venne in soccorso al suo popolo, che era oppresso, e aprì una strada nel deserto
e cominciò un esodo. Anche Mandela, per fare un riferimento ulteriore, anche
più vicino a noi, ha portato avanti questa rivoluzione senza armi. La sua fu
una rivoluzione soprattutto quando era all’apice del suo cammino, fatto
attraverso lo sport (una partita di rugby ottenne quello che fece abbattere le
barriere che si mantenevano da secoli).
Anche
oggi Dio chiama alcuni e dice: Scendi, Mosè - come abbiamo cantato - c’è un
popolo oppresso da qualche parte. Vedete le luci là in fondo? Ecco, lì c’è un
popolo oppresso, ci sono persone che piangono, ci sono delle catene da rompere
e c’è qualcuno che risponde.
Questa
nostra preghiera, stasera, è anche in preparazione all’Ordinazione Diaconale di
Francesco, venerdì prossimo alle 19:00 in Cattedrale. Francesco è il Mosè di
oggi: adesso lo vedete piccolino, sembra un adolescente, in realtà ha 26 anni.
Dio lo ha chiamato. C’è un popolo, c’è una zona della nostra Diocesi - poi la
rivelerò alla fine dell’Ordinazione - dove il Vescovo lo manda già da diacono e
poi, speriamo, tra un po’ di mesi da presbitero. Dico “speriamo”, non perché
Francesco non diventerà presbitero, ma perché spero che non si aprano altre
voragini nella nostra Diocesi.
Scendi,
Mosè, c’è qualcuno che ha bisogno di te. E un popolo si mette in cammino.
Vorrei
che Francesco venisse un attimo al microfono a dire la sua apprensione,
l’ascolto di questa voce, ma basterà anche guardarlo. Adesso è bianco come un
lenzuolo, un po’ perché è già bianco di per sé e un po’ perché è emozionato.
Testimonianza
di Francesco Di Nucci
***
L’amore
fa fare cose impossibili. Pensate che Gianluigi e Laura hanno fatto uno
spettacolo in piazza Duomo, anche molto più coreografico, perché c’era un coro:
forse c’era la metà di quelli che siete qui. Invece sul monte ci si va! Riesco
anche a sentire - anche se non lo dite, ma lo pensate - le imprecazioni contro
il Vescovo che ci ha portato quassù: E
adesso come facciamo a scendere? Come gli è venuto in mente di fare una
preghiera sul monte Lucno?! L’amore
fa fare cose impossibili. L’amore - ed è quello che ora ascoltiamo - trasforma
anche una situazione di disagio come essere frustati. Diceva Francesco: essere
immolati. Scuoiati, abbiamo detto a Vairano Patenora, parlando di San
Bartolomeo.
Questa
storia, che adesso seguiamo nella sua ultima parte, ci mette a contatto anche con
violenze che, ahimè, da parte di cristiani, questi schiavi subivano, ma poi
riuscivano a sentire lo sguardo di Gesù su di loro, come ci dirà Laura e come
canteranno. Questo sguardo dava loro speranza.
***
“AD ALI SPIEGATE”
PARTE II
***
Se
è stato possibile, Signore, fuggir via dalla schiavitù, da una situazione di
oppressione, se è stato possibile scappar via dai campi di concentramento,
dagli arcipelaghi Gulag -
e la storia è piena di ingiustizie - allora posso scappar via anche da questa
situazione che mi opprime, e ognuno di noi sa quale sia.
“Fuggi via” è l’ultima parola che ci
viene da questa letteratura sacra; sacra sotto tutti i punti di vista, come
ispirazione e come elaborazione. Questi canti sono stati limati da generazioni
di oranti.
Freedom è il grido della libertà che ognuno di noi, stasera,
può cantare scendendo, sia pure al buio, dal monte Lucno, perché la libertà non
è nel rompersi delle catene fuori di me, ma la libertà è dentro di me. Allora fuggi via ed entra in te stesso,
fuggi via dai tuoi peccati, fuggi via da ciò che ti opprime. E ricordate che l’oppressore più grande di me stesso sono
io, non sono gli altri, e quando ci lasciamo sottomettere è perché prima abbiamo
rinunciato alla libertà. Erich Fromm,
già negli anni 40, nel secolo scorso, come sanno alcuni di voi, esordì come
psicologo con un testo ancora valido, “Fuga dalla libertà”, e da
studente mi colpì come si potesse scappare dalla libertà: quando si è liberi,
si cercano catene, dei modi, delle persone che possano sottometterti. Lui
dimostra, in quel testo, come nazioni, popoli, gruppi che avevano raggiunto un
apice di libertà, ad un certo punto ne hanno avuto paura, perché la libertà fa
paura, mentre la schiavitù in qualche maniera tiene sicuri nei ceppi. Noi, ne
ceppi, ci stiamo bene. Allora fuggi via: è l’ultima parola di stasera.
Vogliamo
entrare in comunione con tutte le generazioni di oranti che hanno utilizzato
questi canti che stasera ci sono stati riproposti e con cui abbiamo pregato.
Anch’essi dicevano “Padre nostro” e adesso, tenendoci per mano, lo diciamo
anche noi, sottovoce.
Padre nostro…
Benedizione
del Vescovo
Con
questa canzone, che adesso riascoltiamo in parte, “Fuggi via”, si conclude
questa “congiura”. Siamo venuti sul monte Lucno per congiurare. Ognuno di voi
ha ricevuto delle parole che gli bruciano il cuore e adesso correrà, scendendo,
per gridarle nelle piazze, ma soprattutto per farle risuonare dentro di noi.
Fuggi
via.
Still away…
***
Grazie
a Laura e a Gianluigi. Grazie al vostro coraggio d’essere arrivati quassù. Una
coppia, che è così affiatata nel canto, potete immaginare quanto lo sia - lo
avete intuito - anche nella vita coniugale. Magari qualche volta ci sarà anche
qualche piccolo litigio, ma credo - è stata la mia percezione già l’altra volta
- che la bellezza che emerge da questa trasmissione, è anche bellezza delle
persone. Certe cose non si possono dire e fare in scena se, in qualche maniera,
non ci appartengono e non le abbiamo scavate con tanta fatica. Quindi un doppio
grazie, non solo per il messaggio, ma anche per il modo con cui ce l’hanno
comunicato.
***
Il testo, tratto
direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.