Preghiera-Giovani

guidata da

S. E. Rev. ma Mons. Arturo Aiello

 

“Sassi da togliere”

 

Teano, 1 aprile 2011

 

Chiesa Cattedrale

~

Canto: Chi mi seguirà

 

Nel nome del Padre…

Ringraziamo il Signore per il cammino che ciascuno di voi sta compiendo. Ci ritroviamo quasi a metà del cammino della Quaresima per fare anche un piccolo bilancio, una piccola verifica insieme. Ci siamo lasciati alla Celebrazione delle Ceneri: come vanno i vostri fioretti? come vanno i propositi che quella sera abbiamo fatto? c’è qualche cedimento? ci sono delle bandiere da sventolare?

Ci ritroviamo insieme per incoraggiarci, in questa seconda parte della Quaresima. Come vi dicevo all’inizio, è una palestra e, a volte, qualche esercizio non va, qualche chilo tarda ad andar via, il pesoforma non è ancora raggiunto, ma questo non significa che stiamo perdendo tempo, anzi, stiamo seguendo Gesù sulla via della croce. Lui ci provoca, dicendo: Vuoi seguirmi? Riesci a tenermi dietro? È come una guida che in montagna avanza il passo e noi col fiatone a stargli dietro, perché non siamo allenati. Ma Gesù traccia per noi e prepara per noi un dono in questa Pasqua.

Ripetiamo prima strofa e ritornello: Chi mi seguirà…

 

***

 

Date uno sguardo allo zaino che avete sul foglietto. Per chi fra voi sia abituato ad andare in montagna - ma non solo - è uno strumento utile, addirittura indispensabile, perché le mani e le braccia debbono essere libere. La cosa più difficile, nella vita, è preparare lo zaino. Lo sanno bene alcuni fra voi che vengono dal cammino scout, che nell’allestimento delle tende e nella preparazione dello zaino sono esperti. Perché è una cosa ardua, difficile, preparare uno zaino? (per una scampagnata, per una passeggiata, ma ancor più quello per la vita). Perché corriamo un duplice rischio, e lo sapete bene, perché non siete proprio alle prime armi.

Primo rischio: zaino troppo pesante (ci ho messo dentro ogni ben di Dio). Per esempio, se lo zaino lo preparano le mamme, è la fine: sono capaci di mettere dentro anche la cassetta del pronto soccorso. Ovviamente un ragazzo, un adolescente, ma anche un giovane, con uno zaino pesante sulle spalle farà molta più fatica; forse si fermerà. L’altro pericolo è uno zaino troppo leggero, nel senso che mancano alcune cose essenziali. È possibile mettere delle cose inutili, appesantirci, ma è anche dietro l’angolo il rischio di non portare con noi quello che serve, quello che serve per la strada, quello che serve per essere felici, quello che serve per affrontare le difficoltà avendo l’energia adatta. È su questo zaino che riflettiamo, stasera: è il nostro zaino quaresimale. È leggero? pesante? pieno di sassi? pieno di cose inutili? con l’essenziale? con un po’ di miele, che fa sempre bene quando si va in montagna? con un po’ di cioccolata? anche se stiamo facendo il fioretto, voi ed io (spero anche voi)…

Com’è questo zaino? Anche se il brano di Vangelo, che adesso ascoltiamo, non parla di zaino, cercate di immaginarlo.

 

Luca (19, 1-10)

 

1 Entrato in Gerico, attraversava la città. 2 Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3 cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura. 4 Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là. 5 Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». 6 In fretta scese e lo accolse pieno di gioia. 7 Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È andato ad alloggiare da un peccatore!». 8 Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto». 9 Gesù gli rispose: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch’egli è figlio di Abramo; 10 il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

 

***

 

Oltre a sentire Giorgio che leggeva – non sapevo che Liberato avesse dato a lui l’incarico –, l’ho anche guardato. Giorgio ha qualche chilo di troppo (a proposito di zaino…). Quando ci siamo conosciuti, Giorgio era appesantito, aveva anche un negozio. Il Vescovo ha fatto il suo mister a lungo, cercando di convincerlo ad abbandonare questo negozio che lo appesantiva. Può un negozio appesantire un giovane? Sì. Magari non è proprio il lavoro che fa per te: le signore vengono e chiedono mille cose, vengono a discutere a “Sapori caleni” (non ricordo neanche com’era intitolato il negozio di Giorgio). Mentre lo ascoltavo, ho pensato anche a lui. È bello anche che il Vescovo vi conosca e sappia qual è il vostro peso forma, che bisogna fare qualche esercizio in più per abbandonare delle cose, per cambiare direzione, perché anch’io sono impegnato a guardare e a pesare, a soppesare i vostri zaini. Ce la farà Giorgio? Ce la farà Eduardo, che sta qui, in prima fila? Ce la farà Mena? Guardo i vostri zaini.

 

Avete fatto fatica ad individuare uno zaino in questo brano, vero? E c’è, c’è! Ma ci arriveremo. Andiamo con ordine.

Questa pagina parla di un incontro, di un incontro ravvicinato, che inizialmente doveva essere un incontro a debita distanza (so che anche alcuni di voi, ma ovviamente non mi paragono a Gesù, dicono: Io alla Preghiera-Giovani ci vado, ma mi metto all’ultimo posto, mi metto dietro l’amplificatore - come Pietravairano di là - mi metto a distanza, perché voglio andarci, vedere, seguire, ma…

Anche Zaccheo voleva vedere Gesù, e basta. Se ci pensate, siamo così anche noi: facciamo la Prima Comunione, la Cresima, partecipiamo a un corso, facciamo un campo-scuola, però, come dicevano i nostri genitori quando eravamo bambini, “ad una certa ora, ognuno a casa sua”. Ovviamente parlo della mia generazione, non di voi, che dormite a casa degli amici e a casa degli amici degli amici degli amici; noi siamo della generazione in cui ad una certa ora ognuno a casa sua! Era la parola d’ordine e noi scappavamo, perché non ci si doveva implicare. Questa era un po’ la malattia che avevano i nostri genitori, in buona fede, beninteso: che non ci si doveva implicare.

Zaccheo vuole vedere, ma non si vuole implicare; vuole partecipare, ma da lontano. Magari si sarà portato anche un cannocchiale: vedrà Gesù da vicino? o lo vedrà a casa, seduto in poltrona, guardando la diretta televisiva, meglio di quelli che si accalcano e non vedranno nulla? Se fosse stata inventata la diretta televisiva, Zaccheo sarebbe stato in poltrona: voglio vederlo, ma non voglio che mi veda. È un po’ la nostra paura. Abbiamo paura che Gesù ci veda, abbiamo paura che qualcuno ci veda, ci noti; abbiamo paura che il Vescovo ci chiami. Allora, escogita questo mezzo, questo strumento: non ha grandi potenzialità tecniche e allora sale su un albero, un sicomoro, in modo tale che il fogliame possa anche nasconderlo e al tempo stesso dargli una visuale dall’alto. Sale, anche perché è basso, come me. Ci sono alcuni, come me, che sono bassi, e allora bisogna mettersi sulle punte dei piedi, bisogna cercare di farsi notare, altrimenti non ci vede nessuno, perché gli altri, quelli alti, ci ostruiscono la visuale (se a teatro capita davanti a me qualcuno di 2 metri, è finita; posso anche ripiegare e tornarmene a casa). Era basso: attenti che nel Vangelo, quando si raccontano queste cose, non è per pettegolezzo, ma perché hanno un significato. Siamo tutti bassi, anche quelli fra voi che sono alti un metro e 90: tutti bassi. Bassi, perché impossibilitati a vedere Dio; bassi, anche se hai studiato filosofia, anche se sei un educatore di AC. Siamo tutti bassi, perché Dio è troppo grande per i nostri occhi, per i nostri cannocchiali, per i nostri telescopi: è oltre, è più grande. Allora l’evangelista ricorre a questo artificio (magari sarà stato vero che Zaccheo era una mezza tacca) per dirci: guarda che tu, da solo, non riesci a vedere Gesù; sali su un albero.

Venire alla Preghiera-Giovani è salire su un albero. Voi adesso state seduti e invece state su un albero, non per vedere il Vescovo – c’è poco da vedere – ma per vedere Gesù: saliamo su un albero, escogitiamo un appuntamento, ci mettiamo da questa angolazione, da questa finestra, e quando passa, lo vedrò certamente. Conoscete certi appostamenti, perché qui c’è anche il linguaggio dell’amore, dove per vedere una ragazza, un ragazzo, ci mettiamo casualmente in un posto per farci vedere. Cominciano così le storie. “Mi trovo per caso a passare”, e magari sarò stato lì tre ore ad aspettare, camminando avanti e indietro, aspettando che lei scenda. Ai miei tempi, “fatti mandare dalla mamma a prendere il latte”; adesso ci sono ben altre occasioni. Quindi, bassi, ma che devono trovare un modo per alzarsi sulle punte; bassi, impossibilitati, ma che devono poter salire su un albero, devono poter avere la possibilità di partecipare alla Preghiera-Giovani, dove Gesù passa.

Passa Gesù. Penso che ve ne siate accorti che Gesù passa qui, tra i banchi. Non lo vedete: c’è. Gesù passa e a volte passa per noi. Magari stasera Gesù è venuto per uno di voi, una di voi, due di voi, tre, cinque su duecento, perché Lui viene alla Preghiera-Giovani e a tutti gli appuntamenti (alla Messa in parrocchia, all’incontro, al vostro compleanno…) con l’idea di incontrare una persona: oggi voglio incontrare Lucia, oggi voglio provocare Michela… Chissà stasera per chi è venuto Gesù… Non vi offendete se non è venuto per tutti; non è venuto per me, magari, ma è venuto per uno che ha detto: “Vado, ma mi tengo a debita distanza!”. Quel giorno era andato a Gerico forse solo per Zaccheo (non vi sembri esagerato). Gesù personalizza gli incontri, Gesù ha degli appuntamenti. Da quanto tempo? Da tremila anni, da cinque ere geologiche, dall’eternità. Non è bello che Gesù abbia tracciato un appuntamento con me diecimila anni fa? Magari voi non ve lo sareste ricordato. A volte, dimentichiamo anche un appuntamento a distanza di ventiquattr’ore, ma Lui ha una memoria eccellente: Oggi incontro Mariangela!

Zaccheo se ne sta sull’albero, nascosto: guarda, annota; se ne tornerà a casa con un trofeo… Ho visto benissimo quello che è successo in piazza! Ho visto Gesù, il rabbì, quello che tutti dicono essere il Figlio di Dio! L’ho visto da vicino, da 10 metri! - come per noi quando viene il Papa - L’ho visto! Gli ho stretto la mano! Gli ho baciato la mano! Ma quando Gesù si ferma sotto l’albero, alza lo sguardo: a Zaccheo batte il cuore… Mi ha visto, forse mi ha visto! Pensavo d’essermi rannicchiato qui, nel banco, per essere invisibile…

Ci sono delle persone, a volte noi, ognuno di noi, che vorrebbero essere invisibili: quando non siamo presentabili, quando non è il giorno giusto, quando vogliamo essere un po’ ai margini. Anche Zaccheo, quel giorno, voleva essere invisibile e invece Gesù ebbe occhi solo per lui e gli disse: Mariangela, scendi! Oggi devo fermarmi a casa tua.

 

Ci fermiamo qui per un attimo e ciascuno di voi pensi: e se fosse la volta mia? se fosse venuto per me? se la Preghiera di stasera fosse stata escogitata non dal Vescovo? (siamo tutti dei manovali, noi che organizziamo la Preghiera). Se fosse venuto per me, cosa ha da dirmi? “Cosa avrà da dirmi?” - si chiede l’Innominato quando va a colloquio, un po’ spinto, dal Cardinal Federigo. Cosa avrà da dirmi? Pensateci un attimo: appuntamenti stabiliti dall’eternità e che avvengono adesso, a Teano, in Cattedrale. Eravamo duecento, ma c’ero io solo; eravamo trecento, ma furono chiamati due, un ragazzo e una ragazza; eravamo tanti, ma a un certo punto, mi sono sentito unico, solo, visto, guardato.

 

***

 

Domani sera sei giovani della nostra Diocesi, sei seminaristi, fanno un piccolissimo passo, diciamo un “fidanzamento ufficiale”. Ho pensato a loro, in questo istante, mentre forse voi pensavate ad altro, perché mi sono detto: ma questi sei, cinque anni fa, dov’erano? In mezzo a voi.

Penso a Luigi Migliozzi, individuato ad una Preghiera-Giovani, che, timidamente, venne a salutarmi (per questo, stasera, evitiamo i saluti…). Gesù non viene a chiamare solo alla vita consacrata: chiama Eduardo e Mena al Matrimonio (speriamo si sposino presto); Dolores e Antonio si sposeranno il giorno di Pentecoste. Gesù chiama per tanti motivi, per tante strade, in tante case, e se potessero parlare, direbbero: “Eravamo tanti, ma mi sono sentito guardato”.

Quando rileggerete questi anni, in futuro, direte: ma quegli anni sono stati intriganti, sono cominciate delle storie… Quante storie… Quando voi dite “storie”, intendete dire “relazioni”: Ho avuto una storia con quella ragazza. Che significa? Che siamo stati insieme.

Sono cominciate delle storie. Raggiungiamo con la preghiera i cinque che stanno in seminario (Francesco sta qui), segregati per amore perché è cominciata una storia, per le loro storie cominciate in una Preghiera, cominciate ad Avezzano, cominciate ad un corso di Esercizi, a un campo-scuola. Cominciate così, per caso, cominciate con un alterco col Vescovo. Penso al nostro dottore, neolaureato, Silvio (fategli gli auguri, perché martedì ha conseguito la Laurea in Scienze Infermieristiche). La storia di Silvio è cominciata con un litigio col Vescovo (fate attenzione a litigare con me, è pericoloso); litigò col Vescovo perché non gli piaceva ciò che stava facendo. Mi scrisse una lettera non di improperi, ma quasi: così è cominciata la storia di Silvio. Cominciano così le storie: a volte per amore, a volte per antipatia. Storie.

Scendi, Zaccheo! Scendi, Silvio! Oggi devo fermarmi a casa tua, mi fermo nella tua vita. Pensate che bello: Gesù entra nella mia vita, nella vita della mia coppia, per quelli fra voi che sono fidanzati, entra nella mia storia e non ci entra da spettatore - Gesù non fa mai lo spettatore - ma da attore principale. Anche quando entra nella nostra coppia di fidanzati o di sposati, decide cosa si mangia oggi, che tovaglia bisogna mettere, decide Lui: oggi devo fermarmi a casa tua. Pensate a quest’uomo che non avrebbe mai immaginato che Gesù avesse potuto spingersi fino alla sua soglia. Pensate se io adesso dicessi: Francesco, domani vengo a pranzo da te! Vengo a casa tua.

Questa parola non riguarda solo la storia di Zaccheo, ma è l’Incarnazione: Gesù è venuto a casa nostra, cioè si è stabilito là dove viviamo, è venuto ad abitare nella nostra stessa strada, nella nostra stessa casa, nella mia stanza, nella mia vita, e questo è poco? Attenti, ve l’ho già detto una volta: Zaccheo non è proprio senza peccato, anzi, è uno che ne ha fatte di tutti i colori, come d’altra parte tutti noi. Nessuno di noi è senza peccato: siamo tutti un po’ appesantiti da tante storie, da tanti sbagli… Voi giovani di meno, perché avete vissuto di meno, noi adulti di più, perché abbiamo vissuto di più; quando anche voi sarete adulti, sarete appesantiti come noi. Gesù, quando viene ad abitare, non chiede: Mi dai la tua fedina penale? (Qui c’è Michele che di fedine penali se ne intende, fa il poliziotto). Fammi vedere la tua fedina penale, cioè sei bravo? sei iscritto all’AC? vai a Messa? No, Gesù non chiede niente, semplicemente viene. È l’esatto contrario di quello che facciamo noi: se questa persona è una brava persona, allora me la faccio amica; se è brava, se è una persona perbene, allora la faccio entrare su facebook; se è una persona adatta, allora posso chattare anche alle due di notte… Gesù non fa così. Gesù viene, e viene scegliendo, tra noi, i peggiori. Ricordatevi che i sei di domani, che fanno un piccolissimo passo, non sono migliori di voi, forse peggiori; io che sto parlando, con i vostri preti, non siamo migliori, perché Gesù non dà il premio ai buoni, non si avvicina a quelli bravini, primi della classe, con le mani giunte, col collo un po’ torto da mistici, ma a volte sceglie le persone più strane, più strambe, più lontane. Zaccheo era uno di quelli. Ecco perché la gente mormora, come succede nei nostri paesi, come succede a Petrulo, a Visciano, a Zuni… Il parroco è andato a casa di quella persona! Il Vescovo si è permesso di andare a casa di quel tizio che non ha proprio tutti gli attributi per essere un buon cristiano! Noi chiediamo prima la bontà; Gesù si presenta, si autoinvita senza chiedere la confessione. La confessione la facciamo noi; la fa Zaccheo, come risposta, perché quando Zaccheo vede che Gesù è contento, gusta il suo vino, mangia le vivande che è riuscito a preparare, discute con lui come se fosse un amico, come se si conoscessero da sempre, allora comincia a rodergli dentro qualcosa: ma che è questa visita? ma che vorrà dire? e domani potrò tornare quello di sempre? Questo è il grande interrogativo: se noi possiamo tornare a essere quelli di sempre dopo una Eucarestia, dopo una preghiera, dopo un incontro. Zaccheo ha capito e, senza che Gesù gli chieda nulla (dovrebbe succedere così da noi, anche qui, anche quando forse vi verrete a confessare alla fine di questa Preghiera, anche nelle nostre parrocchie), viene prima il dono e poi la voglia di cambiare. Attenti: la voglia di cambiare, non l’obbligo di cambiare.

Sapete perché voi non siete ancora cambiati? Perché vi hanno obbligati a cambiare, ma quando qualcuno entrerà nella vostra vita e si siederà e parlerà del più e del meno e vi porterà un regalo, voi direte: Ma forse devo cambiare… Forse questa cosa non va, nella mia vita… Non posso, ora che Gesù è entrato nella mia casa, continuare a prestare soldi a usura. Zaccheo era un usuraio, era diventato ricco, straricco, perché prestava dei soldi, e voleva il doppio e, come sapete, se uno non porta subito il doppio, prendono un acconto che non viene sottratto alla cifra e quindi si creano delle storie inverosimili, ma sotto i nostri occhi, nelle nostre case, nei nostri paesi, dove le persone pian piano muoiono dentro perché c’è qualcuno che succhia loro il sangue, perché gli usurai sono delle sanguisughe, succhiano il sangue. Così si era arricchito: aveva tappeti meravigliosi, aveva opere d’arte, tutte cose acquistate attraverso il mestiere sporco di prestare i soldi ad altissimo interesse. Non ci crederete, ma il Vangelo di Luca ce lo racconta: Zaccheo si mette al centro della sala come un bambino che debba dire la poesia di Natale e comincia, mentre tutti fanno silenzio, a fare una pubblica accusa. Pensate, se adesso, io, tu, uno tra noi viene qui e dice: Fermi tutti, sono un ladro! Restiamo interdetti… Lo sta dicendo, lo dice lui, lo dice con semplicità, lo dice perché vuole cambiare. Questo è il miracolo, questo è il miracolo di chi sente che il suo zaino - che voi non avete visto nel racconto, ma io sì - lo zaino era diventato pesantissimo, pieno di sassi, di pesi enormi che lo incurvavano. Forse Zaccheo si è abbassato perché aveva un peso eccessivo sulle spalle; adesso non Gesù, ma la visita di Gesù gli sta scrollando di dosso tutti quei pesi. Ricordate Atlante, che portava il mondo sulle spalle? Qualcuno gli toglie il mondo e Atlante tira un sospiro di sollievo. Non ci crederete, ma Jovanotti nell’ultimo cd, ha raccontato una storia simile. La ascoltiamo.

 

Le tasche piene di sassi

(Jovanotti)

 

Volano le libellule,
sopra gli stagni e le pozzanghere in città,
sembra che se ne freghino,
della ricchezza che ora viene e dopo va,
prendimi non mi concedere,
nessuna replica alle tue fatalità,
eccomi son tutto un fremito ehi.

Passano alcune musiche,
ma quando passano la terra tremerà,
sembrano esplosioni inutili,
ma in certi cuori qualche cosa resterà,
non si sa come si creano,
costellazioni di galassie e di energia,
giocano a dadi gli uomini,
resta sul tavolo un avanzo di magia.

Sono solo stasera senza di te,
mi hai lasciato da solo davanti al cielo
e non so leggere, vienimi a prendere
mi riconosci ho le tasche piene di sassi.

Sono solo stasera senza di te,
mi hai lasciato da solo davanti a scuola,
mi vien da piangere,
arriva subito,
mi riconosci ho le scarpe piene di passi,
la faccia piena di schiaffi,
il cuore pieno di battiti
e gli occhi pieni di te.

Sbocciano i fiori sbocciano,
e danno tutto quel che hanno in libertà,
donano non si interessano,
di ricompense e tutto quello che verrà,
mormora la gente mormora
falla tacere praticando l'allegria,
giocano a dadi gli uomini,
resta sul tavolo un avanzo di magia.

Sono solo stasera senza di te,
mi hai lasciato da solo davanti al cielo
e non so leggere, vienimi a prendere
mi riconosci ho un mantello fatto di stracci.

Sono solo stasera senza di te,
mi hai lasciato da solo davanti a scuola,
mi vien da piangere,
arriva subito,
mi riconosci ho le scarpe piene di passi,
la faccia piena di schiaffi,
il cuore pieno di battiti
e gli occhi pieni di te.

Sono solo stasera senza di te,
mi hai lasciato da solo davanti al cielo
vienimi a prendere
mi vien da piangere,
arriva subito,
mi riconosci ho le scarpe piene di sassi,
la faccia piena di schiaffi,
il cuore pieno di battiti
e gli occhi pieni di te. 


Stavolta Jovanotti ha deciso di non farsi correggere la voce e si è presentato con la sua “esse” - alle ragazze farà sicuramente impazzire - senza correzioni nella registrazione.

Ovviamente è una canzone d’amore anche questa, è rivolta a una donna, ma facciamo queste volture dei testi dei cantautori. Ci sono all’inizio delle strofe - la prima, le seconda, la terza - con immagini di libertà: le libellule che volano sopra gli stagni, le pozzanghere in città. Sembra che se ne freghino della ricchezza che ora viene e dopo va Le musiche che sembrano inutili, ma quando passano, la terra tremerà, sembrano esplosioni inutili, ma in certi cuori qualche cosa resterà, come i fiori. Quindi libellule, musiche, fiori: espressioni di una vita che si dà liberamente e che non tiene conto del dare e dell’avere. Pensate alle rondini, che finalmente sono arrivate; le ho aspettate e le ho invocate per giorni e per mesi (spero anche voi). I fiori, gli uccelli, le farfalle, le libellule: immagini di gratuità, cioè di vita che non tiene conto del conto in banca, che non tiene conto dei titoli ing., dott., prof., lei-non-sa-chi-sono-io. Una vita libera di darsi senza chiedere nulla.

Tra le immagini di gratuità, vorrei sottolineare la seconda, le musiche che sembrano inutili, ma che quando passano la terra tremerà, più di una guerra, più di un terremoto, più di uno tsunami. Sembrano esplosioni inutili, ma in certi cuori qualche cosa resterà. Anche la canzone di stasera - non quella di Jovanotti, ma quella che stiamo cantando insieme - sembra un’esplosione inutile, ma per qualcuno, a cui Gesù ha dato appuntamento tremila anni fa, questa musica è un’esplosione: il Vescovo non ha detto nulla di strano, eppure ho sentito che parlava a me, ho sentito che parlava della mia vita. Dall’altra c’è lui, Jovanotti, che è appesantito. Io ho scelto questo testo, perché “Le tasche piene di sassi” è anche il titolo della nostra Preghiera (“Sassi da togliere”). Stasera ci togliamo, non il sassolino, ma il sasso dalle scarpe. Se ho le scarpe piene di sassi, potrò camminare? No. Se ho i piedi pieni di passi e se ho il mantello pieno di stracci e la faccia piena di schiaffi, potrò andare avanti? È l’immagine di un uomo appesantito, come lo era Zaccheo, appesantito dalla vita, dagli errori; sassi che altri gli hanno tirato, ma anche sassi che lui si è messo nelle scarpe. Alcuni amano farsi del male, benché le libellule, benché le musiche, benché i fiori sboccino e danno tutto quello che hanno in libertà. Dall’altra, ci sono persone impegnate a complicarsi la vita. Anche noi nel nostro piccolo ci complichiamo la vita, più di quanto non pensiamo; forse dovremmo imparare dalle libellule, da queste musiche che sembrano musiche inutili, dai fiori che danno in libertà, senza stare sempre a contare, a contrattare (io ti do, tu mi dai, vediamo un po’ se il regalo che mi ha fatto si eguaglia in qualche maniera a quello che io gli ho fatto nella stessa occasione): che contorsioni!, che problemi inutili!

Dai! Dai! Zaccheo, ora che ha capito, addirittura dà anche di più di quello che dovrebbe dare per giustizia. Dice: “Do quattro volte tanto”. Avrebbe potuto dire: Do quello che ho rubato più gli interessi - questa è la giustizia - oppure il doppio.

Invece no, quattro volte tanto: esagerato! In realtà Zaccheo vuole scrollarsi di dosso tutte queste pietre, vuole darle, vuole che Gesù lo tiri fuori da questa pietraia. Sapete che anticamente le tombe erano dei cumuli di pietre (forse qualcuno ricorderà Manfredi, un riferimento letterario, che stava sotto le pietre perché era il modo di seppellire): si metteva il morto e poi ognuno metteva la pietra. Poi è rimasto comunque questo simbolo – vi evoco forse una cosa spiacevole – di gettare una manciata di terra quando si seppellisce una persona cara, per dire un’opera di misericordia: ti seppellisco.

Adesso Zaccheo vuole venire fuori da questa tomba, che è un cumulo di pietre. Dice: Ho le scarpe piene di pietre, le scarpe piene di passi, la faccia piena di schiaffi e gli occhi pieni di te.

Perché la faccia piena di schiaffi? Chi glieli ha dati questi schiaffi a Zaccheo? Se li è dati lui!

Stupido! - starete pensando. Ma facciamo così anche noi… Non vi date anche voi degli schiaffi? Sì, quando ci facciamo male, quando scegliamo delle cose che non ci fanno bene, ci prendiamo a schiaffi. Tutto questo si chiama “peccato”. Sassi nelle scarpe, stracci che erano mantelli una volta, quando stavo a casa di mio padre (è un’altra parabola che tratta lo stesso tema del ritorno, della conversione).

Faccia piena di schiaffi: anche Gesù è schiaffeggiato durante la Sua Passione e i commentatori dicono che lo schiaffo che riceve Gesù su quel volto bellissimo è quello che avrei dovuto avere io a causa dei miei errori o quelli che mi sono dato, perché quando sbaglio, io non sbaglio contro Dio, ma mi uccido, mi faccio male.

 

Le tasche piene di sassi (Jovanotti)

***

 

Mormora, la gente mormora”, come nel brano di Zaccheo: tutti mormoravano. Questo Zaccheo di cui ci parla Jovanotti è come un bambino che si è perso davanti la scuola (Non so leggere, vienimi a prendere). Questa è l’esperienza del peccato, quando ci perdiamo, ci disperdiamo, non sappiamo più chi siamo, ci viene paura, pensiamo di non essere amabili, pensiamo d’essere stati abbandonati: vienimi a prendere, ho le scarpe pieni di sassi.

Non è un pesce d’aprile la possibilità di confessarsi, stasera. Ovviamente non siete obbligati, ma essendo la penultima Preghiera prima di Pasqua, come gli altri anni, il Vescovo e gli altri sacerdoti presenti si mettono in qualche angolino della Cattedrale e chi vuole può togliersi i sassi dalle scarpe o dal cuore. Lo facciamo con la semplicità di Zaccheo che va al centro e dice la poesia: ho fatto questo, ho sbagliato, sono stato stupido perché alla fine è così, il peccato è una stupidaggine. Forse i teologi mi rimprovereranno; c’è Don Paolo, là in fondo, che dice: “Ma, Eccellenza, cosa ha detto!”. I peccati sono una stupidaggine nel senso che dicono della nostra stupidità; in questo senso, non che non siano gravi, ma parlano del fatto che ci illudiamo. Uno viene a venderci delle cose e diciamo: Sì, lo compro! Meraviglioso! Paese dei balocchi! Poi restiamo a mani vuote… In questo senso, stupidaggini.

Ho fatto delle stupidaggini, delle stupidate: aiutami, Padre, a togliermi questi sassi dalle scarpe, dal cuore; voglio avere lo zaino più leggero, voglio essere libero come le libellule, gratuito come i fiori, incidente come una musica che lascia una traccia.

Ci teniamo per mano e diciamo insieme: Padre nostro…

***

Questa sera non ci saluteremo (facciamo il piccolo sacrificio di evitare di salutarci; lo faremo tra quindici giorni, alla Preghiera del 15 aprile). Approfitta di questo momento: ti aiuta nella seconda manche della Quaresima a correre più speditamente, più leggero, più atletico, e tra l’altro, questa confessione ci prepara anche al dono di domani sera, perché questi sei - non potete immaginare che consolazione mi portano nel cuore, spero anche al vostro, non solo al cuore del Vescovo - si fidanzano ufficialmente. Tutti sapete già che stanno in seminario, ma domani vogliamo che ce lo dicano loro: Dimmelo tu.

Accompagniamo questi nostri amici - li conoscete tutti - perché non si scoraggino. Anche loro hanno tanti sassi da togliere dalle scarpe e, tra un po’ di anni, vi aiuteranno a  togliervi i sassi dalle scarpe.

 

Benedizione del Vescovo

 

Canto: Tu sei misericordia 

 

      

***

 

Il testo, tratto direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.