Preghiera-Giovani
guidata da
S. E. Rev. ma Mons. Arturo Aiello
“Pasqua: un’esplosione silenziosa!”
Teano, 15 aprile 2011
Chiesa Cattedrale
~
Canto: Chi mi seguirà
Nel nome del Padre…
I
discepoli chiedono a Gesù: “Dove vuoi che ti prepariamo la Pasqua?”. Come
ascolteremo Domenica, Gesù li manda attraverso dei segni: “Troverete… Direte a
quell’uomo: Il Maestro verrà a fare la Pasqua da te con i suoi discepoli”. È un
interrogativo che ci dobbiamo porre sempre, prima di entrare nella grande
Settimana: dove celebrare la Pasqua?
Ovviamente
non è un luogo geografico (a Visciano, a Zuni, a Mignano Monte Lungo, a Pignataro, a Sparanise…),
ma un luogo interiore, perché ogni anno c’è un luogo dove deve esplodere la
Pasqua. Ci pensiamo un attimo: Gesù dove vuole celebrare la Pasqua con me,
quest’anno? Non si tratta di un avviso reclamistico di viaggi esotici – Andiamo a fare la Pasqua in Andalusia!
(so che ci sono alcuni giovani in gita scolastica da quelle parti) – ma di un
luogo interiore. Ovviamente, è un luogo dove c’è bisogno di una resurrezione,
quindi un luogo di morte. Si fa Pasqua, preferibilmente, dove c’è una tensione,
dove c’è un calo, dove c’è un peccato, dove c’è una perdita. Ecco, ci fermiamo
un attimo prima di ripetere solo la prima strofa.
Maestro,
dove vuoi che ti prepariamo la Pasqua, quest’anno?
***
È
possibile un’esplosione silenziosa? un boato senza urla, senza rumore? È il
titolo della Preghiera con cui quest’anno ci prepariamo alla Pasqua che è
un’esplosione silenziosa. Se aspettate fuochi d’artificio, non ne vedrete; al
massimo ci saranno nelle varie rappresentazioni, per esempio, a Pietravairano,
che credo sia assente perché stanno facendo le prove della Passione… Passioni
dovunque, che rischiano anche di distrarci dall’essenziale…
Se
vi aspettate fuochi d’artificio, non ne vedrete. Alla Pasqua bisogna porre
un’attenzione specialissima. A Natale abbiamo mille aiuti, anche esterni, anche
laici; per quanto cercano di tirar fuori il Bambin Gesù dal centro del Natale -
ma non ci riusciranno - Natale lo sentiamo nell’aria, lo annusiamo. Non così
Pasqua, perché Pasqua ha bisogno di esperti, la Pasqua è riservata a poche
persone, a pochi eletti, a quelli che sono un po’ avanti, non a chi è ai
rudimenti, alle prime armi della fede. La Pasqua è una sorta di parola
d’ordine, una parola segreta, un codice, una password per entrare in una nuova
comprensione della vita e della storia.
Riusciremo
a sentire la Pasqua? E “sentire” non è il verbo che utilizzate normalmente:
Perché non vai a Messa? Non mi “sento”…
Non è quel sentire lì, ma è il sentire che richiede di amplificare la cassa
armonica dell’orecchio con la mano. Certi rumori li senti solo così, come una
conchiglia. Questa sera ci aiutano un brano del Vangelo di Giovanni ed Elisa,
che abbiamo invitato alla nostra Preghiera. Ma partiamo da Giovanni.
Dal Vangelo di Giovanni (21, 1-14)
1 Dopo
questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E
si manifestò così: 2 si trovavano insieme Simon Pietro,
Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri
due discepoli. 3 Disse loro Simon Pietro: «Io vado a
pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono
sulla barca; ma in quella notte non presero nulla.
4 Quando
già era l'alba Gesù si presentò sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti
che era Gesù. 5 Gesù disse loro: «Figlioli, non avete
nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». 6 Allora disse
loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La
gettarono e non potevano più tirarla su per la gran quantità di pesci. 7 Allora
quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro
appena udì che era il Signore, si cinse ai fianchi la sopravveste, poiché era
spogliato, e si gettò in mare. 8 Gli altri discepoli
invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: infatti non
erano lontani da terra se non un centinaio di metri.
9 Appena
scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. 10 Disse
loro Gesù: «Portate un po' del pesce che avete preso or ora». 11 Allora
Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di
centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si spezzò. 12 Gesù
disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli:
«Chi sei?», poiché sapevano bene che era il Signore.
13 Allora Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede a
loro, e così pure il pesce. 14 Questa era la terza volta
che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risuscitato dai morti.
***
Mario
ha letto in una maniera compassata, ma quel “È il Signore!” è come quando
incontri una persona che pensavi morta. “È Vitaliano!” - alcuni di voi l’hanno
visto prima della Preghiera. Così, quando neanche ti immagini di rivedere una
persona, e ti viene davanti… è lui!, è il Signore!, è Vitaliano!
Anche
i discepoli non erano riusciti a sentire niente. Questo ci consola; consola noi
preti e consola quelli fra voi che hanno una qualche responsabilità nelle
parrocchie e che fanno tanta fatica a far celebrare la Pasqua. I preti lo
sanno: la cosa più difficile è far celebrare la Pasqua alla gente. Ci vuole
un’arte, ci vogliono anni e, dopo anni, può darsi che la Pasqua scoppi in una
parrocchia, in un gruppo, in una persona, crei questo grande boato silenzioso.
Il
capitolo 21 di Giovanni, che abbiamo letto a metà, ci riporta a questa
difficoltà, perché i discepoli cercano di organizzarsi a modo loro, tornano
alla vita di prima, come quando muore una persona; dopo un po’ facciamo il
lutto, riceviamo gli amici e poi diciamo:
Ma qui dobbiamo tornare alla vita! È morto lui! Io sono ancora vivo! Allora
torniamo al lavoro, usciamo, apriamo le finestre, cambiamo le lenzuola. Avevano
tentato di far così anche i discepoli, pensando che ormai Gesù fosse finito. Bella quella storia! Bellissime le cose che
diceva! - come in seguito direte delle nostre Preghiere - È una fiaba! Magari i centotré che sono
stati agli Esercizi (ne vedo qualcuno che è venuto ad annusare): Sì, belle cose, ma la vita… Adesso bisogna
girar pagina!
Anche
voi, come i vostri amici, sarete tentati di girar pagina, di dire: È stato
bello!, meraviglioso questo campo-scuola!, bellissima questa esperienza!, però
adesso devo studiare…, adesso esco con la ragazza…, adesso è sabato…, adesso
vado in vacanza…, adesso vado in gita scolastica…
Il
tentativo che Simone fa è di tornare a pescare. È la cosa più normale: faccio
quello che facevo prima di incontrare quella ragazza. Come vivevo prima? Cerco
di ricordarmi degli amici, del numero di telefono per richiamarli, per dire: Ci
sono ancora!, sono ancora vivo!, anche se sono scomparso, perché lei non mi
faceva respirare…, perché Gesù ti toglie e a volte ti estrapola anche dal contesto.
Allora, adesso che Lui è morto, cerco di ricucire con la vita di prima. È
questo il tentativo: non si può capire questo racconto bellissimo del Vangelo
di Giovanni, se non partendo dall’esperienza di volersi rimettere in gioco
chiudendo Gesù in una parentesi (voi tenterete di farlo). Gesù ha fatto
esplodere la pietra che chiudeva il sepolcro e farà saltare anche le vostre
parentesi, prima o poi, ma con pazienza (Lui è disposto ad aspettare anche
50’anni). Lo chiudiamo in una parentesi, la “Parentesi Gesù”, ma Gesù può
essere una parentesi? A volte può esserlo un amore, può esserlo un ragazzo, una
ragazza, una storia. Parlavo con una persona qualche giorno fa che mi ha detto,
a proposito di una data: “No, era un po’ prima, perché stavo con quell’altra ragazza…”.
Allora le ragazze sono come le pietre miliari di una volta: quelli sono gli
anni di Lucia, poi Angelisa, poi Giovanna, poi Francesca… O, viceversa, i
ragazzi per le ragazze fanno da pietre, stanno lì: quelli sono gli anni che ho
perso con Francesco; quelli sono gli anni che ho perso con Gesù… Ma adesso è
finita, l’hanno fatto fuori; diceva cose così belle che mi appassionavano, ma
poi è finito in una maniera così ingloriosa, crocifisso come i malfattori…
Chissà, forse lo era veramente anche lui…
Allora
c’è il tentativo di aggregazione umana, di semplice aggregazione. Noi stiamo nell’Azione Cattolica! No,
adesso togliamo l’Azione Cattolica, vi prego: facciamo finta che non ci siamo
visti in quell’ambiente. Adesso siamo dei giovani che vanno in vacanza in tenda
o vanno in vacanza insieme (magari ragazzi e ragazze).
Si
mettono sulla barca e calano le reti, ma niente… Una, due, dieci: cominciano a
innervosirsi, come ti innervosisci tu quando non funziona una cosa o non
risponde. Com’è che non funziona? Ho dimenticato come si pesca? Ho dimenticato
come si fa? Un giorno vi accorgerete che non funziona più, nel senso che quello
che prima veniva, tah!, ora non
funziona. Pietro e gli amici tirano a bordo le reti vuote. Avrebbe dovuto
ricordarsi, Simone, che questa cosa era già successa, ma fa finta di niente,
cresce il nervosismo. Quando andate a pescare (qualcuno di voi ci va) e, dopo
molto tempo non si prende nulla, comincia a salire un nervoso che poi si
trasmette, se si è in due o tre; basta una mosca che vola, uno sgarro, una
cosa, può succedere una tragedia, perché l’aggressività cresce: è
l’aggressività del fallimento. Ma lo sapete che in certi fallimenti c’è Dio?
che in certi fallimenti c’è una parola nascosta? che non tutti i mali vengono
per nuocere? Ci sono dei fallimenti che hanno cambiato la mia vita, hanno
cambiato la vita di alcuni voi; se non avessimo fallito, se fosse andato tutto
liscio, probabilmente non avremmo capito niente, ma il fallimento è una
disgrazia che contiene una grazia, è un precipitare che prelude ad una grande
resurrezione, è una morte che non è una morte. Basterebbero già queste poche
note per dirci che Gesù, tra parentesi, non riesce a starci, come non è
riuscito a stare nel sepolcro, non ci riuscirà: fa esplodere tutto, è effervescente
più del vino, che quando togli il ferro fa saltare il tappo da solo. È così
Gesù: è un vino, è un vino buono, ma anche un vino forte, un vino che inebria,
un vino che fa saltare i tappi, e non solo.
Si
sta per concludere questa notte terribile, perché ci siamo messi insieme come
se non fossimo dell’Azione Cattolica, come se non fossimo Scout, come se Gesù
non lo avessimo incontrato, e tutto ci va male. Gli amici di Francesco, in un
canto, che forse alcuni di voi hanno utilizzato nel musical “Forza venite gente”, dicono:
“Ma com’è che stasera il vino non è più buono? l’amore non è più l’amore?”,
cioè non ci riesce più niente, perché se n’è andato, lui, il nostro capo delle
feste; il nostro leader se l’è mangiato un sogno, adesso è impazzito. Stasera il vino non ha più sapore, stanotte l’amore non è più l’amore.
Non funziona.
Ad
un certo punto, all’alba, sulla spiaggia c’è uno che passeggia. Non sembra
neanche un uomo, perché c’è un po’ di vento, ci sono delle vesti fluttuanti: è
una nuvola? è un po’ di foschia? è calata la nebbia? o è un uomo? uno che
passeggia? Gesù è uno che passeggia lungo le rive della nostra vita, aspettando
che qualcuno dica: “È il Signore!”, quando non t’aspetti che in quel
fallimento, in quella pace mattutina, in quel dormiveglia (magari hai anche
fumato…), ti venga incontro Lui. Chi lo riconosce è Giovanni, non Simone:
Simone è troppo – noi diciamo in napoletano – “materiale”, come a volte dite
voi donne degli uomini. Invece Giovanni è quello dall’udito fine. Noi abbiamo
qui quattro evangelisti e Giovanni è quello dell’aquila, perché vola in alto,
ma soprattutto perché l’aquila, non so se lo sapete, ha una vista acutissima:
da lontano, da centinaia e centinaia di metri riesce a vedere un agnello dov’è,
lo vede, lo punta e vi si lancia. Giovanni ha la vista.
Come
vedete, la Pasqua è fatta di sensi: di udito, che bisogna amplificare,
ampliare, come fanno i vecchi che non sentono (vostro nonno si mette vicino al
televisore, magari con l’orecchio dentro all’audio per sentire meglio) e poi la
vista, ma questa vista è la vista degli amanti, perché Giovanni è un amante,
oltre che un amato; non si fa sfuggire occasione, nel Vangelo che ha scritto,
per dire: Sono io! Sono bravo! Sono il discepolo amato… L’amante vede, intravede,
stravede. L’amore ti fa stravedere, ti fa vedere quello che non si vede, e
quello che gli altri non vedono, tu lo vedi, lo stravedi, lo intravedi!
Ecco,
sono due modi, due gesti della Pasqua. È il Signore! È risorto! È vero!
Questo
avviene all’alba, perché Pasqua avviene di notte, ma si scopre all’alba.
Sentiremo le donne, nella notte di Pasqua, nella veglia, Pietro e Giovanni la
mattina presto, e poi anche questa scena, che è una scena dell’alba, dove sulla
spiaggia c’è uno che passeggia e sembra un re: è un uomo? una donna? un angelo?
È il Signore, che è venuto a tirarmi fuori dal tentativo che sto facendo,
inutile, di divertirmi senza di Lui, dal tentativo di vivere girando pagina
dopo di Lui. È venuto a liberarmi dalla morte - perché il morto sono io, non è
Lui -, a tirarmi fuori dalla bara su cui c’è una pietra enorme (i miei rimorsi,
gli errori che ho commesso e che mi hanno schiacciato). È il senso di
inutilità, che alcuni di voi sentono terribile, come una lastra tombale che a
volte ci mettono gli altri, quando per esempio tua mamma ti dice: “Tu non farai
mai niente di buono nella vita!”. Ecco, una lastra tombale: ti ha sepolto, ti
ha ucciso. Gli psicologi le chiamano “frasi assassine”, perché uccidono i
figli, prima ancora che nascano: Sei sempre lo stesso! Ecco, il solito!
Allora,
o sono lastre di depressione, di errori che io mi sono messo addosso - Basta! Mi metto qui e aspetto di morire
prima di morire! - o sono pietre che gli altri mi hanno messo addosso con i
loro giudizi dicendo: No, questo non farà
mai niente di buono! È l’ultimo della classe!
È
bello pensare che la Pasqua è questa possibilità che ha Gesù di venirci a
scovare laddove ci siamo nascosti. Ci siamo travestiti da marinai, da
pescatori, perché io, prima, facevo il pescatore e adesso torno a fare il
pescatore: il giubbotto, la canna, la rete, gli ami, le lenze… Gesù viene a
liberarti.
Guardate
per un attimo queste due scene che si richiamano, perché c’è un comune
denominatore che spero riusciate a vedere. Su questa[1]
abbiamo trascorso tre giorni e mezzo degli Esercizi; quindi, entrando, alcuni
dei centotré hanno avuto un sobbalzo al cuore.
L’altra
è nuova, è pasquale. La Pasqua è il passaggio da qua a là, da questa scena a
quella scena; c’è lo stesso soggetto, ma in un’atmosfera diversa: riuscirò a
passare da qua a là? a fare questo piccolo passo? Pasqua è passaggio. Riuscirò
a passare? a fare un metro e mezzo, tra questa scena e l’altra? Intanto ci
provo con gli occhi.
***
Canto: Tu sei misericordia
***
Anche
Elisa, che questa sera è la nostra invitata d’onore, cercava qualcosa senza
sapere cosa, come Pietro, e ha perso degli anni, come tanti di noi, tanti di
voi, a chiedersi: Ma cos’è che mi tormenta? Cos’è che non mi lascia in pace?
Ma
forse è meglio che ve lo dica lei.
Qualcosa che non c’è
(Elisa)
Tutto questo tempo a chiedermi
cos'è che non mi lascia in pace
Tutti questi anni a chiedermi
se vado veramente bene
così
come sono
così
Così un giorno
ho scritto sul quaderno
Io farò sognare il mondo con la musica
non molto tempo
dopo quando mi bastava
fare un salto per
raggiungere la felicità
e la verità è che…
Ho aspettato a lungo
qualcosa che non c'è
invece di guardare il sole sorgere
Questo è sempre stato un modo
per fermare il tempo
e la velocità
I passi svelti della gente
la disattenzione
le parole dette
senza umiltà
senza cuore così
solo per far rumore
Ho aspettato a lungo
qualcosa che non c'è
invece di guardare
il sole sorgere
E miracolosamente non
ho smesso di sognare
E miracolosamente
non riesco a non sperare
E se c'è un segreto
E' fare tutto come
Se vedessi solo il sole
Un segreto è fare tutto
come se
fare tutto
come se
vedessi solo il sole
vedessi solo il sole
vedessi solo il sole
E non
qualcosa che non c'è
***
Inizialmente
non è una canzone che “tira”, vero? La colpa è di Raffaele che me l’ha
suggerita, ma scherzo, perché ovviamente il Vescovo passa a setaccio le canzoni
che gli proponete e poi se ne convince a lungo, ascoltandole. Anche se non
“tira”, questa è una canzone di grande respiro e anche, da un punto di vista
vocale, di grande impegno, oltre a nascondere un testo quanto mai prezioso.
L’ho associato alla ricerca di Simon Pietro: andiamo a pescare, andiamo al night, andiamo a prenderci un caffè da
qualche parte, usciamo, organizziamo una festa, beviamoci su… Tutti tentativi
per rispondere a questa inquietudine.
Tutto questo tempo a chiedermi cos’è che
non mi lascia in pace. Io vorrei che
ve lo chiedeste (è una vita che ve lo sto dicendo): ma com’è che niente mi
soddisfa? com’è che certe esperienze, che sembrano bellissime, poi si rivelano
vuote? Tutti questi anni a chiedermi se
vado veramente bene: sono le volte in cui siete davanti allo specchio, vi
aggiustate, poi vi cambiate cinquecento volte prima di uscire, le mamme sono
disperate, tutti i guardaroba sono aperti e
nonostante ci siano cinquemila capi d’abbigliamento, non c’è quello
giusto. Questa attenzione all’apparire, risponde a qualcosa di più profondo: io
vorrei sapere se sto bene, se vado bene così. Mi sta bene il mio abito da
Vescovo? Ho fatto bene a togliermi il mantello? Ci chiediamo tante cose
inutili…
Così un giorno, ho scritto sul quaderno - spero anche voi - io farò sognare il mondo con la musica: sono quelle spinte, quegli
ideali che a volte ci vengono. Simon Pietro lo ha sperimentato quando Gesù gli
ha detto: “Ti farò pescatore di uomini”, cioè non ti preoccupare, riuscirò a
cambiare anche il tuo carattere.
Qual
è la soluzione, bella, che Elisa ci offre? Ho
aspettato a lungo qualcosa che non c'è, invece di guardare il sole sorgere. Voi
l’avete mai visto il sole sorgere? È difficile che un giovane veda il sole sorgere
(magari quelli che vanno all’università e devono svegliarsi presto). A novembre
e a dicembre capita qualche volta di alzarsi quando è buio e si assiste a
questo miracolo che qui è riprodotto: un’alba sul lago, un’alba sul mare. Voi
avreste detto che questo è un tramonto, invece è un’alba, perché quando la
prospettiva è questa, quando l’orizzonte è dato dalla linea che divide le acque
dal cielo, il sole sorge dal mare, o dal lago per quelli che vengono dagli
Esercizi di Ariccia.
Alla
fine Elisa dice: Un segreto è fare tutto
come se, fare tutto come se… - ci ha fatto aspettare un sacco di tempo per
dirci cosa bisogna fare - come se vedessi
solo il sole e non qualcosa che non c’è. C’è un miracolo a portata di mano,
c’è un miracolo quotidiano, c’è un miracolo in ogni istante, c’è un miracolo in
questo momento, ma tu stai cercando un’altra cosa e non lo cogli. Alcuni di voi
usciranno da questa Preghiera come ghiaccioli, altri infiammati, perché hanno
visto il sole sorgere e si sono accorti che forse è inutile cercare di
abbellirsi (non è l’abito che fa il monaco), è inutile che cambi colori. Un segreto è fare tutto come se vedessi solo
il sole.
Quella
mattina, sul lago, Giovanni vide il sole sorgere: È il Signore! Lo vide
sorgere, perché Pasqua è questo, è il sole che sorge, il sole che sorge dall’alto – dice Zaccaria, quando gli si scioglie
la lingua e Gesù non è ancora nato, perché siamo alla nascita del Battista. Il
sole che sorge dall’alto: l’ho visto, è il Signore! Avete visto - spero che ve
ne siate accorti - che è la stessa foto: questo - lo sanno bene gli esercitanti
di Ariccia - è la riproduzione di un quadro di fine Ottocento di un autore
francese, che si chiama “La Compassione”, dove c’è Gesù crocifisso e un
credente, che posso essere io, tu, che porta la propria croce, ma in un gesto
d’amore; quella mano dietro la croce è proprio un gesto d’amore (voi lo sapete
bene e meglio di me) e anche l’altra che abbraccia il corpo e si sporca di
sangue. Se non mi sporco di sangue, se non mi sporco di Cristo, non ho fatto
una vera esperienza. Voi invece arrivate in chiesa con i guanti...
Questo
è il mio sangue, che è dato per voi: bevete, toccate.
Questa
stessa scena, in filigrana, è dall’altro lato, solo che è sull’immagine di un’alba: c’è il crocifisso, ma
l’uomo è avvolto dalla luce (adesso riuscite a vederlo meglio); è risorto anche
Lui, perché è il Signore!, perché ho
aspettato a lungo qualcosa che non c’è, invece di guardare il sole sorgere.
Elisa lo dice in una maniera particolare, con un’eco; io non saprei ripeterlo.
La
Pasqua è passaggio. La Pasqua è il salto da qua a là. Inizialmente – i cultori
lo sanno – la Pasqua era una danza che facevano i pastori prima di partire,
ancora prima dell’Esodo. Prima di partire con il loro gregge, facevano una
danza in cui si saltava, tipo una tarantella, diremmo noi in napoletano, e
questa danza, poi diventerà il salto dell’angelo sulle case degli ebrei, poi
diventerà il salto del passaggio del Mar Rosso, perché si apre il mare e il
popolo passa, e poi diventerà il salto dalla morte alla vita. Sapete saltare?
Se non sapete saltare, non potete fare Pasqua.
Qualcosa che non c’è (Elisa)
***
Ho
cercato di raccontarvi la Pasqua un po’ a modo mio, in una maniere forse un po’
estemporanea, per preparavi a questa grande settimana che dovrebbe
elettrizzarci, vederci presenti nelle parrocchie, mettendo da parte altri
impegni, altre occupazioni, dicendo: “Ci vedremo dopo la Veglia Pasquale”.
Comincia un tempo in cui dobbiamo essere tutti attenti a vedere il sole
sorgere. Il sole sorge anche Venerdì Santo, anche a mezzanotte, e non perché
siamo a Capo Nord e vediamo il sole a mezzanotte. Il sole sorge anche al buio,
anche nella tua difficoltà, anche nella tua crisi, anche nella tua solitudine,
anche nel tuo fallimento. Questo vuole essere un piccolo breviario per la
Pasqua che sta per esplodere e che, se tu non aguzzi i sensi, non vedrai,
perché è un’esplosione silenziosa che, da duemila anni, si va realizzando e
pochi, come Elisa, hanno scoperto che forse qui c’è la felicità e non chissà
dove, prendendo aerei e intraprendendo viaggi. È a portata di mano, forse nella
tua chiesa: Giovedì e Venerdì Santo, all’altare della Reposizione c’è un Sole
da adorare.
Sono
qui stasera anche i nostri seminaristi: i sei che hanno fatto l’Ammissione e
poi quelli degli altri anni e dell’anno previo. Facciamo anche gli auguri a
Silvio, che si è laureato in Scienze Infermieristiche con 110 e lode. Sapete
cosa faremo di questa laurea? La bruceremo nel camino dell’Episcopio: una cosa
bellissima!, un grande evento! Uno si laurea con 110 e lode, noi prendiamo la
laurea e la bruciamo nel camino: è un gesto che fa parte del nostro rituale.
Facciamo anche gli auguri a Giuseppe, che oggi ha fatto l’ultimo esame di
Scienze Politiche e che quindi è prossimo anche lui alla Laurea: due lauree da
bruciare nel camino. A voi sembreranno follie, vero? Ma sembrano follie anche a
loro, perché Silvio diceva: Finalmente sono laureato, potrei cominciare a
guadagnare e invece niente… L’anno prossimo è al primo anno di seminario,
perché adesso è all’anno previo. Giuseppe magari pensava di diventare il
sindaco di Pignataro, ma con i tempi che corrono forse non conviene e invece
sarà al massimo il parroco di Pignataro (spero che Don Pasqualino non si
offenda, non faccio profezie, passeranno ancora molti anni).
Io farò sognare il mondo con la musica. Io farò sognare il mondo: spero che ognuno di voi lo
pensi per sé. Seguiamo Gesù nel primo atto, quello doloroso - ma qui ci siamo
tutti - nelle processioni, nelle rappresentazioni della Passione (ce ne sono
cinquemila in giro in Diocesi); pochi sono invece alla Veglia Pasquale, pochi
invece a vedere il sole sorgere: sono quelli che poi sono felici e hanno il
volto radioso.
Vi
invito, come sempre, alla Messa Crismale, che è mercoledì prossimo alle ore
19.30: è il momento più bello, più grande, più solenne della vita di una
Diocesi e si fa nella Chiesa Cattedrale, cuore della Diocesi.
Ci
teniamo per mano e diciamo insieme: Padre
nostro…
Benedizione
del Vescovo
Se
vedete fumo bianco dalla canna fumaria dell’Episcopio, è la tesi di Silvio.
Buona Pasqua!
***
Il testo, tratto
direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.