Preghiera-Giovani

guidata da

S. E. Rev. ma Mons. Arturo Aiello

 

“Architettura dell’Amore”

 

Teano, 20 maggio 2011

 

Chiesa Cattedrale

~

Canto: Dio è Amore

 

Nel nome del Padre…

 

Ringraziamo il Signore per essere qui, per essere qui insieme, a ricevere un messaggio, anzi, una “laurea”. Questa sera – fortunati quelli che sono venuti! – riceviamo una “Laurea in Architettura” (pensate: ci sono dei giovani che impiegano cinque anni, sei anni, dieci anni anche - alcuni sono parcheggiati all’università come se fosse un lavoro - per conseguire questa prestigiosa laurea).

 

Il titolo della Preghiera è “Architettura dell’Amore”, quindi riceverete una “Laurea in Architettura dell’Amore”. Ne abbiamo bisogno? Sta di fatto che cadono anche le Torri Gemelle, cadono anche le costruzioni, anche le coppie più solide, tanto più le amicizie appena nate e che non hanno avuto neanche il tempo di radicarsi. Facciamo sempre più fatica a vedere coppie solide, a vedere coppie di fidanzati, ma anche di sposati che tengano, che resistano alla prova del tempo. Che sta succedendo? C’è un cancro nel cemento armato, come alcuni lamentano per alcune costruzioni? Quello che sembrava essere armato non lo è più, è disarmato, manca l’ossatura, e quand’anche ci fosse, c’è questo cancro che rode anche il ferro e disarma quelle che, per gli architetti del Novecento, dovevano essere opere di durata millenaria; tanto più poi queste nostre fragili relazioni.

Perché ho pensato a questo tema? Perché andiamo verso l’estate, e per i giovani l’estate ha questa duplice valenza: da un lato è il tempo degli amori in vacanza, al mare, ai monti, sulla spiaggia; dall’altra - lo sanno quelli che stanno insieme da più tempo - è anche la stagione più difficile per “tenere”, perché d’inverno, in primavera, in autunno, c’è un certo raccoglimento, lo studio, un certo ordine. L’estate mischia le carte, l’estate genera tumori nelle relazioni e, allora, dopo attento studio, dopo aver riunito cinquecento commissioni (non è vero!), abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi, di puntare l’attenzione su questa architettura e sulle regole fondamentali di un’architettura di un amore.

Intanto, lasciatemi condividere con voi lo stupore dell’espressione “Dio ama”, perché altro è cantare “Dio è Amore”, a cui siamo abituati, a partire dalla Prima Lettera di Giovanni, l’abbiamo nell’orecchio del cuore, ma “Dio ama” suona un po’ diverso (“Dio è Amore” è anche una definizione un po’ astratta): è la stessa cosa, ma adesso vediamo Dio nell’atto d’essere amore, nello sforzo d’essere amore, nella tensione a resistere quando noi ce ne andiamo. Dio ama. Cominciamo così la nostra Preghiera: siamo qui perché Dio ama, non solo ci ama, ma ama, non può non amare. Se Dio non amasse non sarebbe Dio, crollerebbe, si frantumerebbe. Dio ama. E come questa Cattedrale è tenuta insieme da forze, spinte, controspinte che la tengono insieme, gli archi, il tetto, i monaci lassù… - il monaco è quel palo che sta solo e regge l’arcata; si chiama monaco perché è solo, e sette monaci tengono il tetto della nostra Cattedrale - come si tiene unita questa costruzione, così il mondo intero, il cosmo, le città, le persone, la Chiesa sono tenute insieme da questa “forza architettonica”: Dio ama. Mi fermo un attimo e ciascuno di voi lo dica a se stesso, nel silenzio: Dio ama.

 

***

 

Grazie per questa scoperta e guidaci per mano.

Noi che siamo sempre in prima elementare nell’amore, stasera vorremmo conseguire una laurea.

Forse è un po’ presuntuoso, ma Tu accogli anche le nostre presunzioni.

Ascoltaci, raccoglici, tieni alta la nostra attenzione. Amen.

 

Prima di ascoltare questa Lettura, che non poteva non essere così lunga, vi inviterei a condensare l’attenzione, perché qui c’è una sorta di riassunto (ce ne sono tanti nell’Antico Testamento e questo è uno di quelli), di riassunto di tutto quello che Dio ha fatto, a partire da Abramo fino al presente, cioè al momento in cui Giosuè invita il popolo a stabilire questa alleanza, ora che sono entrati nella Terra Promessa.

 

Dal Libro di Giosuè 24, 1-24

 

 1 Giosuè radunò tutte le tribù d'Israele in Sichem e convocò gli anziani d'Israele, i capi, i giudici e gli scribi del popolo, che si presentarono davanti a Dio. 2 Giosuè disse a tutto il popolo: «Dice il Signore, Dio d'Israele: I vostri padri, come Terach padre di Abramo e padre di Nacor, abitarono dai tempi antichi oltre il fiume e servirono altri dèi. 3 Io presi il padre vostro Abramo da oltre il fiume e gli feci percorrere tutto il paese di Canaan; moltiplicai la sua discendenza e gli diedi Isacco. 4 Ad Isacco diedi Giacobbe ed Esaù e assegnai ad Esaù il possesso delle montagne di Seir; Giacobbe e i suoi figli scesero in Egitto. 5 Poi mandai Mosè e Aronne e colpii l'Egitto con i prodigi che feci in mezzo ad esso; dopo vi feci uscire. 6 Feci dunque uscire dall'Egitto i vostri padri e voi arrivaste al mare. Gli Egiziani inseguirono i vostri padri con carri e cavalieri fino al Mare Rosso. 7 Quelli gridarono al Signore ed egli pose fitte tenebre fra voi e gli Egiziani; poi spinsi sopra loro il mare, che li sommerse; i vostri occhi videro ciò che io avevo fatto agli Egiziani. Dimoraste lungo tempo nel deserto. 8 Io vi condussi poi nel paese degli Amorrei, che abitavano oltre il Giordano; essi combatterono contro di voi e io li misi in vostro potere; voi prendeste possesso del loro paese e io li distrussi dinanzi a voi. 9 Poi sorse Balak, figlio di Zippor, re di Moab, per muover guerra a Israele; mandò a chiamare Balaam, figlio di Beor, perché vi maledicesse; 10 ma io non volli ascoltare Balaam; egli dovette benedirvi e vi liberai dalle mani di Balak. 11 Passaste il Giordano e arrivaste a Gerico. Gli abitanti di Gerico, gli Amorrei, i Perizziti, i Cananei, gli Hittiti, i Gergesei, gli Evei e i Gebusei combatterono contro di voi e io li misi in vostro potere. 12 Mandai avanti a voi i calabroni, che li scacciarono dinanzi a voi, com'era avvenuto dei due re amorrei: ma ciò non avvenne per la vostra spada, né per il vostro arco. 13 Vi diedi una terra, che voi non avevate lavorata, e abitate in città, che voi non avete costruite, e mangiate i frutti delle vigne e degli oliveti, che non avete piantati. 14 Temete dunque il Signore e servitelo con integrità e fedeltà; eliminate gli dèi che i vostri padri servirono oltre il fiume e in Egitto e servite il Signore. 15 Se vi dispiace di servire il Signore, scegliete oggi chi volete servire: se gli dèi che i vostri padri servirono oltre il fiume oppure gli dèi degli Amorrei, nel paese dei quali abitate. Quanto a me e alla mia casa, vogliamo servire il Signore».

16 Allora il popolo rispose e disse: «Lungi da noi l'abbandonare il Signore per servire altri dèi! 17 Poiché il Signore nostro Dio ha fatto uscire noi e i padri nostri dal paese d'Egitto, dalla condizione servile, ha compiuto quei grandi miracoli dinanzi agli occhi nostri e ci ha protetti per tutto il viaggio che abbiamo fatto e in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati. 18 Il Signore ha scacciato dinanzi a noi tutti questi popoli e gli Amorrei che abitavano il paese. Perciò anche noi vogliamo servire il Signore, perché Egli è il nostro Dio».

19 Giosuè disse al popolo: «Voi non potrete servire il Signore, perché è un Dio santo, è un Dio geloso; Egli non perdonerà le vostre trasgressioni e i vostri peccati. 20 Se abbandonerete il Signore e servirete dèi stranieri, Egli vi si volterà contro e, dopo avervi fatto tanto bene, vi farà del male e vi consumerà». 21 Il popolo disse a Giosuè: «No! Noi serviremo il Signore». 22 Allora Giosuè disse al popolo: «Voi siete testimoni contro voi stessi, che vi siete scelto il Signore per servirlo!». Risposero: «Siamo testimoni!». 23 Giosuè disse: «Eliminate gli dèi dello straniero, che sono in mezzo a voi, e rivolgete il cuore verso il Signore, Dio d'Israele!». 24 Il popolo rispose a Giosuè: «Noi serviremo il Signore nostro Dio e obbediremo alla sua voce!».

 

***

 

Negli anni ’80 il Cardinale Martini, a Milano, organizzò per i giovani una grande assemblea di Sichem, come quella che avete ascoltato, per sancire un patto, per promuovere nei giovani della sua Diocesi (ovviamente una Diocesi enorme, grandissima: la nostra a confronto è una parrocchietta, ma fu un’idea intelligente), per far sorgere nei giovani della sua Diocesi, della diocesi ambrosiana, la coscienza che si era legati al Signore, perché la fede non è un “credere”, ma un fatto di amore, è una relazione, un legame. Qui si dice: “Il Signore è il nostro Dio”. Giosuè cerca anche di dissuadere il popolo: State attenti, perché se voi vi legate a Lui - diciamolo con un’altra parola - se voi vi sposate con Lui, è un Dio geloso e vi farà pagare eventuali tradimenti! Quindi Giosuè fa anche l’avvocato del diavolo, cerca di dissuadere per far capire la solennità del momento, per far comprendere che non è un rito che si faccia in una maniera formale, ma da quella parola, da quell’alleanza, da quell’assemblea, dipende il futuro del popolo.

Dio ha fatto tutto quello che avete ascoltato; quindi a partire da Abramo e poi con Mosè, il passaggio, il Mar Rosso e poi nei 40’anni nel deserto, Dio è intervenuto tante volte; poi l’ingresso nella terra - e qui c’è già Giosuè - poi la caduta delle torri di Gerico, cioè Dio ha “strafatto”, perché Dio “stravede”, ha stravisto per questo popolo, perché l’amore non fa vedere, ma stravedere. Ma questo popolo è sempre lento, nicchia: Uffa! No, non mi va… Oggi a Messa non ci vado, non me la sento…

Un matrimonio è un matrimonio; altro è l’amicizia - Vuoi uscire? No… - ma il matrimonio è un impegno, un impegno per sempre (lo sanno bene quelli fra voi che sono sposati). Dunque è come se, finito il fidanzamento, Giosuè volesse convincere questo popolo: Questo matrimonio s’ha da fare o non s’ha da fare?, per dirla in maniera manzoniana. E benché, come ho già detto, Giosuè cerca di dissuadere il popolo dallo scambiare le fedi con Dio, il popolo dice: No, noi vogliamo seguire il Signore, è il Dio dei nostri padri e deve essere anche il nostro Dio. Allora avviene questa alleanza. Ci sono alcuni momenti, nella storia di Israele, in cui questo matrimonio viene solennizzato; la prima volta è accaduto al Sinai, con le Dieci Parole, ma adesso avviene di nuovo, perché intanto sono cambiate le generazioni, le persone sono morte, ne sono nate di nuove, e quindi si rischia di perdere, come nelle nostre parrocchie, anche nella nostra Diocesi, il senso della fede dei Padri. Quindi bisogna rinnovare l’adesione e bisogna rinnovarla solennemente, a partire da questa scena dove c’è un matrimonio. Ma questo matrimonio l’ha curato più Dio; adesso vediamo il popolo baldanzoso, che si vuole sposare, però, diciamo la verità: questo amore lo ha costruito Dio in una maniera unilaterale, quasi unilaterale, perché è stato paziente, perché è intervenuto una, due, dieci volte, perché ha chiamato Abramo, perché ha portato il popolo in Egitto, perché è andato a liberarlo, come un amante. Dio, per Israele, è come un amante. E un amante fa attenzione al particolare. Se volete capire se una persona vi vuole bene o no – ma lo deve dire il Vescovo? A volte succede… – vedete se fa attenzione ai particolari. Un amante fa attenzione ai particolari: tu hai pensato a una cosa? Prima che tu la dica, già l’ha intuita.

Vorrei delle rose!

E senza che io lo dica - tah! - arriva un fascio di rose.

Mi piace quell’anello!

E - tah! - arriva l’anello.

Un amante fa attenzione alla persona amata e prevede, compie i gesti, prima ancora che uno esprima un desiderio. Allora capite anche la stanchezza che a volte, anche nell’Antico Testamento, Dio sente; nel Nuovo la sente Gesù per Gerusalemme, ma è la stessa stanchezza, a dire: Ho fatto tutto questo e non hai capito? Ti ho rincorso, ti ho colmato di doni e l’hai dimenticato?

Gesù piange su Gerusalemme e piange a dirotto - i discepoli non riescono a consolarlo - perché Gerusalemme, la Città Santa, sarà distrutta, e sarà distrutta per colpa sua, sarà distrutta perché non ha corrisposto. Gesù dice: “Non hai riconosciuto il tuo giorno”, per dire non hai riconosciuto me, che ero stato mandato per te.

 

Allora come si costruisce un amore?

 

Un amore si costruisce attraverso mille gesti, attraverso una pazienza infinita, attraverso un far credito all’altro, anche quando l’altro nicchia, anche quando fa finta di non vedere, anche quando dimentica. La costruzione di un amore non necessita solo di qualche dono, di qualche attenzione, di qualche bacio, di qualche abbraccio, ma di una serie infinita di gesti, di parole, di silenzi, di cose che uno fa finta d’aver fatto per caso e invece ci ha pensato cinquemila volte. Vi sarà capitato: Questa cosa l’ho trovata così… Mi son trovato per caso in un negozio e ti ho pensato… E magari abbiamo chiesto all’amica – Scusa, ma cosa le piace? – e l’amica ha chiesto all’amica, l’amica ha mandato in giro dei detective e, dopo tutta questa ricerca, è arrivato l’oggetto: Le piace quell’angelo Swarovski! Swarovski significa un prezzo “altino”, ma io vado, lo compro e poi dico: Mi sono trovato per caso a passare, ho visto questo angioletto e ho pensato di regalartelo… Ma dietro c’è tutta una trama, un’attenzione, una ricerca. I regali si fanno così; i regali non si fanno per caso, non si fanno perché esco e m’imbatto in un oggetto. I regali sono una storia, hanno una preistoria, partono da lontano, si preparano per mesi; in un regalo l’ultima cosa è la carta e il fiocco, che pure hanno bisogno di una ricerca. La costruzione di un amore è così: ti prende tutto, ti svena, ti succhia le energie. Impariamolo da Dio. Dio fa così. Sulla croce – e concludo questo primo momento – Gesù ha dato tutto. Il “tutto è compiuto” alcuni lo traducono così: Ho dato tutto, non ho più neanche una goccia di sangue. Il centurione, con un colpo mirato, dopo la morte del Redentore, fa uscire sangue e acqua - dice l’evangelista - perché il corpo del Redentore sia del tutto svuotato. Un amore ci svuota? ti svuota? ci svuota? Amare è svuotarsi?

 

Questa sera, oltre a Maria Teresa, organista, abbiamo anche un maestro di tromba, perché le alleanze si fanno con solennità, e le trombe dicono regalità, dicono chiamata del popolo, perché sta per accadere una cosa importante.

 

Il Mattino – E. Grieg

***

Ringraziamo Vincenzo e Maria Teresa.

Immaginate che questo sia il mattino dell’assemblea di Sichem o il mattino del Matrimonio di Dolores e Antonio (facciamo il conto alla rovescia per questo evento colmo di fede, perché loro due si sono conosciuti qui, in qualche maniera, nella Chiesa. Non andate dicendo che di qui escono solo preti e suore: non è vero, loro due si sono conosciuti qui; d’altra parte, già lo sapete, anche Maria Teresa e suo marito si sono conosciuti in una preghiera nel salone dell’Episcopio. Quindi, a onor della verità, non è vero che siamo a senso unico).

Immaginate il mattino di un giorno importante, che cominci così, con queste note (magari potrebbe essere un suggerimento ad Antonio per il mattino del Matrimonio come sveglia per la sposa, invece di fare la “serenata” che è diventata una cosa orrenda in serie), perché i giorni importanti vanno preparati, perché questi sì, che sono il riassunto di tanti sì e di tanti no, detti in precedenza, aprono a una storia di sì, ma anche di fatica. Io, stasera, volendovi consegnare questa “Laurea in Architettura dell’Amore”, devo dire che c’è bisogno di attrezzarsi per una fatica immane. Certamente Dio ha tutta la pazienza, ci viene incontro, bussa e ribussa, ma nella nostra piccola esperienza, anche noi abbiamo bisogno di tanta grinta, perché i nostri matrimoni abbiano futuro, perché gli attuali fidanzamenti possano felicemente giungere alle nozze. Ci stanchiamo troppo facilmente, vogliamo cambiare, pensando che cambiare significa che andrà meglio. Adesso, al di là degli aspetti morali, l’idea che cambiando vada meglio è la grande tentazione che mina tutti gli amori: se cambio marito, mi riuscirà meglio; se cambio moglie, sicuramente sarò più gentile; se cambio ragazza… Già Fromm, ne “L’arte di amare”, tantissimi anni fa, quando noi eravamo giovani, diceva: è come un giovane che voglia dipingere e si mette davanti ad un panorama, comincia a dipingere, ovviamente non viene niente di buono e dice:

-          È colpa della tela! - e cambia tela.

-          È colpa del panorama! - e dalla montagna passa al mare.

Invece ha dimenticato - dice Fromm - una cosa importante: uno non si mette a dipingere di botto, ma deve andare a scuola. Già allora - pensate, eravamo agli inizi degli ’70 con l’Arte di amare o forse anche prima, fine anni ’60 - questo psicologo americano, discepolo ma poi uscito fuori del binario freudiano, affermava che bisognava andare a scuola di amore. Lo so a cosa state pensando: Noi abbiamo tutti i film! Abbiamo una cineteca! Passi i giovani; a volte anche gli adulti hanno una cineteca di tutto quello che bisogna sapere, ma non è quella la scuola: quelle cose s’imparano subito e non c’è bisogno neanche del video.

La scuola di cui parlava Fromm negli Stati Uniti è in corso da anni; anche nelle università ci sono dei docenti, come Leo Buscaglia, che fanno trattati sull’amore, come poteva fare Platone o i filosofi antichi (ho pensato di iscrivermi anch’io e magari raccolgo qualche soldino per la nostra Diocesi…).

Bisogna andare a scuola. E come si pena per superare un esame, come si pena per conseguire una laurea, come si pena rinunciando a tante cose, così deve accadere anche nell’amore, altrimenti non viene su nulla, altrimenti accade - e Gesù lo dice nel Vangelo come per le altre cose - che si comincia a costruire e poi ci si ferma e si lascia il grezzo; in giro ci sono tante fabbriche dismesse o anche palazzi cominciati e fermati al grezzo, non perché abbiano fermato i lavori, ma perché - dice Gesù - uno non ha fatto bene i conti, non ha detto: Riesco a portare avanti questa torre? Riesco a portare avanti questo grattacielo?

Noi siamo quelli dell’“incompiuta”, anche sul piano universitario: l’Italia è al primo posto per gli iscritti all’università e al primo posto, in proporzione, per i non laureati. Che bel primato… Da noi si iscrivono tutti all’università, ma in proporzione quelli che si laureano sono pochissimi rispetto alle altre nazioni: segno che pazienza, da noi, non ce n’è più. E come non ce n’è per laurearsi, non ce n’è per sopportare una ragazza, un ragazzo, per troppo tempo.

-  Da quanto tempo sei fidanzato?

-  Tre anni.

-  EEEHHHHH…!

Per dire: a quale epoca appartieni?!

Non abbiamo pazienza e non abbiamo forza nel portare avanti gli impegni, pensando, erroneamente, che il cambiamento sia la nostra soluzione. Se ci fate caso, quelli che divorziano – spero che nessuno di voi si offenda – più facilmente vanno incontro a un secondo divorzio e a un terzo (anche in questo gli Stati Uniti docet), perché chi cambia, prende consuetudine a cambiare, pensando che il cambiamento sia risolutivo. Forse c’è qualche problema in me, forse debbo imparare a dire le parole dell’amore, forse queste parole bisogna sillabarle meglio, più chiaramente, in una maniera più dolce; forse questo suono… La tromba – già ve l’ho spiegato una volta – è uno degli strumenti più difficili per la precisione della nota, che non dipende dai tasti, che non so quanti siano, ma dalla posizione delle labbra; per cui suonare la tromba è una cosa difficilissima. Se avete un vicino di casa, un ragazzino che fa lezioni di tromba, sicuramente avete venduto la casa e chiesto trasloco altrove, perché altro è sentire Vincenzo che suona, altro è sentire uno che suona la tromba - che più o meno fa così: UAAUU… - cioè suoni che non sono suoni, una nota che slitta su un’altra, perché non abbiamo un tasto da premere, ma si tratta di una posizione delle labbra, della linguetta e di potenza, più o meno forte o debole, di fiato (insomma, una cosa complessa). E anche quando si suona bene, non si sa suonare bene se uno non lavora sul colore del suono. Che significa il “colore del suono”? Significa che una nota si può fare tecnicamente perfetta, però non è colorata; per esempio, può essere rosa, può essere rosa fucsia, può essere rosso e, andando indietro, può essere un rosa pallido, un bianco latte… Pensate che io stia scherzando, ma i concertisti non suonano semplicemente, ma danno colore. Così, dire “Ti voglio bene” può non significare niente.

Ti amo, ti amo, ti amo…

Aspetta, devo dirti una cosa importante: TI AMOOO!!! 

Ho detto in vari modi la stessa cosa. La parola “ti amo” si può dire in cinquemila variazioni diverse, con colorazioni, ma questo richiede uno sforzo, chiede che io, allo specchio - l’avete mai fatto? - faccia le prove. Il vostro Vescovo - non è vero, ma è per darvi un idea - si mette davanti allo specchio e fa le prediche: Vediamo se questa funziona! Ma anche se non succede così per me, deve succedere così per quella cosa così importante che è la costruzione di un amore, per cui faccio le prove, una, dieci, cento, mille volte, per vedere come esce la nota, per vedere l’inflessione della voce, per vedere le mani, perché una parola è, sì, detta, ma è anche rappresentata e ha anche un retrogusto. Potrei continuare a lungo, ma vi tedierei, per dirvi che un amore, anche quello di cui ha parlato Giosuè - Il Signore ha fatto tutto questo per voi! - è facile dirlo, ma ogni mattino, come il Mattino che abbiamo ascoltato, Dio si sveglia prima di noi e si chiede: Come posso svegliare Mariangela in una maniera carina? Come posso svegliare quel ragazzo, quella ragazza, quell’uomo, quella donna? Magari le faccio ascoltare i merli, magari la sveglio con le rondini, la sveglio con un sonno dolce che faccia da cerniera con la luce del mattino…

Dio queste cose le fa con noi, ha sfumature.

 

Prima di invitare Fossati, riascoltiamo qualche colore, qualche nota colorata del maestro Vincenzo. C’è questo strumento, che è il mio corpo, è la mia voce, è l’aria, l’anima: cosa riesco a tirar fuori?

 

Musiche di E. Morricone

***

 

Adesso entriamo in questo racconto sofferto di Ivano Fossati - “La costruzione di un amore” - che abbiamo utilizzato con gli adulti agli Esercizi Spirituali e che ho pensato di riproporre qui, questa sera, perché qui c’è tutto il dramma e, nel dramma, la poesia di quanto faccia male e di quanto questo dolore sia bello, nella costruzione di un amore. Ascoltate le spazzole del batterista.

 

La costruzione di un amore – Fossati


 

La costruzione di un amore
spezza le vene delle mani
mescola il sangue col sudore
se te ne rimane

La costruzione di un amore
non ripaga del dolore
è come un altare di sabbia
in riva al mare

La costruzione del mio amore
mi piace guardarla salire
come un grattacielo di cento piani
o come un girasole

Ed io ci metto l'esperienza
come su un albero di Natale
come un regalo ad una sposa
un qualcosa che sta lì
e che non fa male

E ad ogni piano c'è un sorriso
per ogni inverno da passare
ad ogni piano un Paradiso
da consumare

Dietro una porta un po' d'amore
per quando non ci sarà tempo di fare l'amore
per quando vorrai buttare via
la mia sola fotografia

E intanto guardo questo amore
che si fa più vicino al cielo
come se dopo tanto amore
bastasse ancora il cielo

E sono qui
e mi meraviglia
tanto da mordermi le braccia,
ma no, son proprio io
lo specchio ha la mia faccia

Sono io che guardo questo amore
che si fa più vicino al cielo
come se dopo l'orizzonte
ci fosse ancora cielo

E tutto ciò mi meraviglia
tanto che se finisse adesso
lo so io chiederei
che mi crollasse addosso

E la fortuna di un amore
come lo so che può cambiare
dopo si dice l'ho fatto per fare
ma era per non morire

Si dice che bello tornare alla vita
che mi era sembrata finita
che bello tornare a vedere
e quel che è peggio è che è tutto vero
perché

La costruzione di un amore
spezza le vene delle mani
mescola il sangue col sudore
se te ne rimane

La costruzione di un amore
non ripaga del dolore
è come un altare di sabbia
in riva al mare

E intanto guardo questo amore
che si fa più vicino al cielo
come se dopo tanto amore
bastasse ancora il cielo

E sono qui
e mi meraviglia
tanto da mordermi le braccia,
ma no, son proprio io
lo specchio ha la mia faccia

Sono io che guardo questo amore
che si fa grande come il cielo
come se dopo l'orizzonte
ci fosse ancora cielo

E tutto ciò mi meraviglia
tanto che se finisse adesso
lo so io chiederei
che mi crollasse addosso

Sì.


 

Certamente non è un testo di facile comprensione, da cassetta come si dice, ma è di una bellezza ruvida. Qui c’è tutto il dramma, che voi vivete e che dovete vivere e che i giovani debbono imparare, nella costruzione di un amore, che spezza le vene delle mani, perché un amore è senza guanti, l’amore è a mani nude, ti spezza le vene delle mani, come le mani dei muratori prima che mettessero i guanti, che erano scarnificate, ruvide come le pietre, portavano memoria di calce, di arsure. Mescola il sangue col sudore se te ne rimane, la costruzione di un amore non ripaga del dolore: ci vuole un dolore enorme, non ti ripaga. È come un altare di sabbia in riva al mare: è l’espressione un po’ più triste di questo testo a dire che è fragile, perché basta un’onda e te lo porta via, come ci sarà accaduto da bambini, quando giocavamo sul bagnasciuga a costruire un castello e poi è arrivata un’onda più forte e non è rimasto niente e il bambino piange e impara che è così nell’amore. È un amore che sale: si festeggia il “mesiversario”, il primo, il secondo, il terzo, poi è finita. Ma poi si festeggia l’anniversario a più piani, qui si dice, come un grattacielo di cento piani o come un girasole; per questo abbiamo messo dei girasoli sull’altare, perché anche il girasole sale, sale, come un amore e, attenti, più sale e più diventa complesso, perché il primo piano è facile, il secondo, il terzo, il quarto, il settimo anno è l’anno della crisi (ma ogni anno è l’anno della crisi), l’ottavo, il decimo, il venticinquesimo - e come per voi, anche per noi preti l’anniversario di Ordinazione -: man mano che si va avanti, da un lato ci sentiamo più solidi, dall’altro più fragili, perché al centesimo piano, un grattacielo manifesta un’instabilità che ovviamente al primo piano, al terzo e al decimo, uno non ha, soprattutto in fase di scossa tellurica.

E a ogni piano c’è un sorriso per ogni inverno da passare ad ogni piano un paradiso da consumare, cioè ci sono delle gioie, ma c’è anche questo dolore che non viene ripagato. E intanto guardo questo amore che si fa grande fino al cielo: qui c’è una visione mistica dell’amore che mi avvicina a Dio, perché Dio ama, abbiamo cantato all’inizio. E sono qui e mi meraviglia tanto da mordermi le braccia - dice il testo - ma no sono proprio io, lo specchio ha la mia faccia, cioè la persona si meraviglia che il suo amore sopravviva e spero che abbiate anche voi questa meraviglia, ogni mattina, di ritrovare la moglie nel letto, il marito… Ma stai ancora qui? Auguri! Auguri! Non te ne sei andata!, perché è un miracolo… Cioè è proprio per me? è per me questo dono? è per me questo amore? Lo specchio ha la mia faccia, perché io sono incredulo che tutto questo possa essere per me. E tutto ciò mi meraviglia tanto che se finisse adesso, lo so, io chiederei che mi crollasse addosso, cioè non riuscirei a sopravvivere alla fine di questo amore, non posso sopravvivere al naufragio di questo amore, e allora se deve finire, voglio finire con lui: che mi crollasse addosso! Uno che pensi così - anche se detto in chiesa può sembrare una bestemmia - in realtà è nel segno di amore, cioè io non ti voglio sopravvivere e non voglio sopravvivere alla fine del nostro amore.

C’è un altro verso che volevo commentarvi: L’ho fatto per fare, ma era per non morire. Ci sono delle fedeltà che quando le raccontiamo agli amici diciamo: Non ho trovato nessun altro e allora ho sposato questa donna, quest’uomo… Era tanto per fare, ma poi confessa: in realtà era per non morire, perché senza questo amore, senza questa fedeltà, senza questa storia, sarebbe morto, allora l’ha fatto con la disperazione di chi non vuol morire, perché nell’amore c’è bisogno di disperazione, di una santa disperazione per legarsi, avvinghiarsi all’altro, all’altra, a Dio, alla Chiesa, alla vocazione che il Signore mi ha dato, e anche se banalizzo - L’ho fatto tanto per fare… Ho fatto il prete perché non avevo altro da fare - in realtà era per non morire. Ascoltiamo per l’ultima volta e poi concludiamo con due voci, due spot.

 

La costruzione di un amore – Fossati

***

 

Ho pensato di concludere con due voci. La prima è di Massimiliano, ingegnere, che insieme con altri giovani ha partecipato ad un Corso di Esercizi guidato dal sottoscritto e conclusi appena questa mattina a Sepino. Abbiamo tentato anche noi, facendoci male - il Vescovo ha le mani ferite, ma anche loro - di costruire un amore. Una voce, senza svelare segreti (sapete che io metto un veto: un mese di silenzio dopo gli Esercizi Spirituali!).

 

Testimonianza di Massimiliano

***

Dolores e Antonio si sposano il 12 giugno prossimo. Non hanno bisogno di presentazioni.

 

Testimonianza di Dolores

***

Marcia nuziale di Mendelssohn

 

Come un regalo ad una sposa, un qualcosa che sta lì e non fa male. Possiamo fare loro anche un applauso.

Dolores sembra una ragazzina, ma è una psicoterapeuta, per chi non la conosca (ma è difficile non conoscere Dolores). Antonio è laureato, benché dipendente della Ferrarelle, di cui tra l’altro va fiero. La benedizione della nostra Chiesa è per voi.

 

Recitiamo insieme questa preghiera (siamo nella Settimana di Preghiera per le vocazioni):

 

Dio, Padre di ogni creatura,

da Te abbiamo ricevuto

il dono straordinario della vita:

rendici generosi nel rispondere

alla tua chiamata

per condividere con i nostri fratelli

i "pani" che abbiamo ricevuto.

 

Cristo Gesù, fratello nostro,

che ti sei fatto per noi pane di vita,

rinnova il prodigio

della moltiplicazione dei pani

e rendi la nostra esistenza

un dono e un grazie perenne.

 

Spirito Santo,

fedele amico del nostro cammino,

sostienici con la forza del tuo amore

per annunciare e testimoniare,

lungo le strade del mondo,

la bellezza della vita come vocazione.

 

Santa Trinità, Amore eterno ed infinito,

aiuta le nostre comunità ad accogliere

il Vangelo della Vocazione,

a pregare e gioire

per la presenza di giovani

orientati al ministero ordinato

e alla vita consacrata.

 

Amen

 

***

 

Due avvisi. Il primo riguarda i Campi Scuola. Sono in programma due campi diocesani:

1)      Il primo è specifico per gli educatori, è promosso dall’AC e si svolge a Faito. Le date le trovate sui siti della Pastorale Giovanile, dell’AC e della Diocesi. Quindi uno è specifico per chi abbia un ruolo  di formazione e ci sono solo 45 posti.

2)      L’altro - mi sembrava utile, al di là dei campi parrocchiali, che si desse opportunità a chi non può usufruirne nella propria parrocchia - è un campo aperto a tutti, in particolare a chi è alla prima esperienza e, quindi, affrontare un campo un po’ più complesso, come abbiamo già sperimentato gli anni scorsi, diventa un tantino faticoso. È a Canneto e per questo campo ci sono solo 60 posti.

 

Per l’uno e per l’altro è importante incominciare a dare un’adesione, sia pure solo di nome. Cercate di orientarvi, per l’uno o per l’altro, a seconda delle vostre competenze.

 

Invece, come avete visto sul foglietto, il prossimo incontro è niente meno che al Teatro Romano di Teano. Era un sogno che avevo: cinquemila domande a tutte le sovrintendenze del mondo… Speriamo di uscirne fuori! Dolores mi ha aiutato, mentre eravamo agli Esercizi, ad accedere al Teatro Romano. Quindi è un’occasione particolare. Noi abbiamo delle ricchezze archeologiche in questo territorio, magari anche superiori a quelle di Pompei, ma sono buttate da qualche parte in campagna. C’è un teatro romano, scena compresa, qualcuno di voi non ci sarà mai stato, e allora è l’occasione per visitarlo. Vivremo lì la prossima Preghiera, venerdì 24 giugno alle ore 21:00. Le indicazioni le potete chiedere, ci sono comunque un po’ di segnaletiche. Per intenderci, è vicino la chiesa dei Santi Cosma e Damiano, detta “della vasca”; di là trovate la strada per scendere verso l’anfiteatro.

 

Diciamo anche auguri a due di voi che si sono laureati in questa settimana. Si tratta del dottor – ma ovviamente glielo cancelliamo subito, siamo pronti a bruciare la sua laurea, perché già sta facendo l’anno previo – Giuseppe Vito di Pignataro, laureato in Scienze Politiche. Invece l’altra laurea rimane in piedi a tutti gli effetti ed è di Pierpaolo di Sparanise in Ingegneria. Alla fine potete fare un augurio anche ai due neolaureati.

 

Benedizione del Vescovo

 

Canto: Non cercate tra i morti

      

***

 

Il testo, tratto direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.