PREGHIERA-GIOVANI
guidata da
S. E. REV. MA MONS.
ARTURO AIELLO
“Un Dio nudo ai tuoi
piedi”
Chiesa Cattedrale
Teano, 26 marzo 2010
~
Canto:
Ecco l’Uomo
Nel nome del Padre…
Vogliamo
invocare insieme, questa sera, l’Uomo della Croce, una bellissima e centrale
definizione di Gesù: non l’uomo dei miracoli, non l’uomo che parla bene, non il più bello tra i figli dell’uomo, ma
l’Uomo della Croce. Questa Preghiera-Giovani è a ridosso della Settimana Santa;
dopodomani vi saremo già dentro con il passaggio attraverso il portale della
Domenica delle Palme, e quindi è importante raccoglierci, sapere che cosa diremo quando ci augureremo: “Buona Pasqua”. Sentivo delle
persone, a Napoli, che si scambiavano questo augurio in un negozio e ho avuto
la percezione che fosse del tutto vuoto, come d’altra parte è per la maggior
parte. Cosa significa “buona Pasqua”? Ancora ancora,
in “Buon Natale” c’è quell’alone romantico, quel senso dell’infanzia - che non
è il Natale cristiano - ma è ancora un augurio che ha
senso fuori della comunità cristiana. Invece “buona Pasqua” è una cosa del
tutto formale. Forse anche noi, cari amici, corriamo il rischio di svuotare
Cominciamo
ad alzare lo sguardo al nostro crocifisso trecentesco che è il vero cuore, il
punto cui arrivano gli sguardi di chi entri per la prima volta in questa nostra
Cattedrale. Questo crocifisso antico ci parla di una fede medioevale (quindi
siamo nel 1300), dove forse Oderisi, o un altro, ha dipinto un crocifisso
diverso da quelli seicenteschi, settecenteschi, ottocenteschi, piuttosto
cruenti, più sofferenti, più piagati. I crocifissi medioevali hanno una loro
regalità, trasmettono pace, e l’Uomo della Croce è l’Uomo che siede sul Trono
della Croce per distribuire salvezza. Ecco, alziamo anche noi lo sguardo per un
attimo, in modo tale da entrare nel pieno, nel vivo di questo momento di
preghiera.
***
Eccoci,
Signore Gesù, siamo davanti a Te: vogliamo scrollarci di dosso le
preoccupazioni, le ansie, le difficoltà, le corse che facciamo e che ci fanno
perdere il senso della nostra vita di uomini e di credenti. Raccoglici intorno
alla Tua Croce, questa sera, per farci scoprire che siamo salvi grazie al Tuo
sangue. Tu, Uomo della Croce, aiutaci ad innalzare lo sguardo alla Croce che ci
salva, e a portare con fiducia, con fede, le nostre piccole croci. Tu sei Dio e
vivi e regni con Dio Padre, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli
dei secoli. Amen.
Dal Vangelo di Giovanni (13, 1-17)
Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che
era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i
suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. Mentre cenavano, quando già il
diavolo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo,
Gesù sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da
Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un
asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell'acqua nel catino e
cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugatoio di
cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu
lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo
capisci, ma lo capirai dopo». Gli disse Simon Pietro: «Non mi laverai mai i piedi!».
Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon
Pietro: «Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse
Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è
tutto mondo; e voi siete mondi, ma non tutti». Sapeva infatti
chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete mondi».
Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e
riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Sapete ciò che vi ho fatto?
Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il
Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i
piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l'esempio,
perché come ho fatto io, facciate anche voi. In verità, in verità vi dico: un
servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è più grande di chi lo
ha mandato. Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica.
Riascolteremo
questo Vangelo nella Messa in Coena Domini nelle nostre parrocchie, giovedì
prossimo, momento particolarmente sentito dalle comunità parrocchiali, anche
per il gesto della lavanda che, oltre ad essere raccontato, si rappresenta
nella Liturgia. È una delle poche volte in cui
Faccio
un esempio piuttosto vicino a noi: 1799 - non so se a qualcuno dice qualcosa -
rivoluzione napoletana. Eleonora de Fonseca Pimentel, una donna particolarmente sofferente e combattiva
al tempo stesso, anima di questa rivoluzione che è il pendant della Rivoluzione Francese, in qualche maniera, a Napoli,
all’atto in cui viene impiccata a piazza del Carmine a
Napoli, tra l’altro insieme a un vescovo (nella stessa esecuzione c’era il
vescovo di Vico Equense che era diventato un po’ giacobino e quindi hanno fatto
fuori anche lui in quella stessa esecuzione), questa donna aveva chiesto questo
gesto di carità: di poter mettere qualcosa, perché dopo la morte almeno il suo
corpo potesse ricevere una delicatezza. Ovviamente sapeva, avendo visto altre
impiccagioni, che dopo un po’ c’è il prolasso
dell’utero per quelli che pendono da una corda impietosamente. Non le fu
concesso. Parliamo appena di duecento anni fa, per dirvi come i condannati a
morte non hanno alcun diritto e l’ignominia è espressa anche con l’assenza del
vestito.
Ripoggio, in questo
istante di silenzio, gli occhi sul Crocifisso e dico: Grazie, Gesù, perché ti
sei spogliato per me della Tua regalità - non solo - ma poi anche, quella sera,
delle Tue vesti di Maestro; grazie perché ci hai insegnato l’amore mettendoti
all’ultimo posto.
L’amore
non comanda, l’amore è ubbidiente, l’amore si fa servo, l’amore non dice:
“Adesso vi dico chi sono io!”, ma l’amore si nasconde,
nasconde i propri meriti e va a cercare l’ultimo posto. Ecco, entriamo così nel
mistero della Pasqua di quest’anno: contemplando Gesù chino, nudo, ai piedi di
Pietro, di Giacomo, di Giovanni, con il suo catino che lava i piedi, compiendo
il gesto degli schiavi. Se comprendi questo, tu sai quanto Dio ti ha amato.
***
Perché
Pietro si nega? (No! Non sia mai! Tu lavi
i piedi a me?) Si nega, innanzi tutto perché questo è uno scandalo, e
Pietro capisce, forse più degli altri, che questa cosa è disdicevole. Come
altre volte, questo apostolo è passionale nelle sue reazioni e dice: “No, non
va bene! Dio non fa così: Dio è grande!”. Ma c’è un altro motivo per cui Pietro si nega ed è un’esperienza che facciamo anche
noi: la difficoltà a ricevere. Potrei farvi una domanda: è più facile dare o
ricevere? O meglio: è più difficile dare o ricevere? E la risposta è: è più
difficile ricevere, perché finché uno dà, è protagonista, anche quando dà
sacrificandosi, ma ricevere ci deve porre nell’atteggiamento di “lasciarci
fare”. È come se Pietro si volesse “lasciar fare” da Gesù, e così anch’io,
anche noi. Vorremmo essere anche noi a portare la bandiera, noi a tenere la
mano sul timone, ma quando ci viene detto: “Guarda, lo
faccio io, ci penso io, tu stai tranquillo”, noi ci preoccupiamo, perché è come
se un altro prendesse possesso di noi. Quelli fra voi che hanno difficoltà a
voler bene, perlopiù ce l’hanno su questo piano: non
tanto nel voler bene, quanto nella disponibilità a lasciarsi amare da un altro,
da un’altra. Ci insegnano tanti come si fa ad amare, come si fa a voler bene (devi essere generoso!,
devi privarti delle cose più care!), ma nessuno ci insegna come bisogna
lasciarsi amare, diventando statue, perché l’altro ci tocchi, perché l’altro
prenda le redini della nostra vita. Sapete che falliscono anche dei matrimoni
per questo motivo? Non perché uno non ami, ma perché uno non è disposto a
lasciarsi amare dall’altro, dall’altra. È una cosa terribile quella che vi sto
dicendo. Quindi, scandalo! “Gesù, tu lavi i piedi a me? Sono io, il servo, il
discepolo che deve lavare i piedi al Maestro!” e probabilmente così accadeva,
cioè i discepoli ponevano questo gesto nei confronti del Maestro che tornava
stanco dalle vie della Galilea o della Giudea. E, allora, non
puoi capire
Adesso
vi faccio ascoltare una canzone che sembra non avere molta attinenza e che farà
arricciare un po’ il naso ai giovani, perché è una voce che piacerà più agli
anziani come me, o agli adulti, ma è bello questo testo (tra l’altro è nuovo).
È l’ultima performance vocale di Mina che, credo, proprio in questi giorni,
festeggi il suo settantesimo compleanno. Dovete sapere, voi giovani, che Mina,
quando noi eravamo ragazzi e i vostri genitori erano ragazzi, era un idolo, era
la cantante per eccellenza. Devo dire che ha avuto anche l’umiltà, ad un certo
punto, di ritirarsi dalla scena non partecipando più a nulla e offrendosi solo
con la voce: anche questa è una cosa bella di Mina, cioè una donna che, credo,
almeno da trent’anni non si vede da nessuna parte, ma
ogni tanto ci dona, allora un disco, oggi un cd, facendoci ascoltare la voce
che non invecchia. Qui abbiamo Mina in una canzone d’amore quasi sottovoce,
“Con o senza te”, che mi piace applicare a Gesù se
entriamo in questa dinamica di persone che si lasciano amare e, a un certo
punto, anche quando sembra che lui non ci sia, hanno la percezione che egli è
presente.
Con o senza te
(Mina)
Forse non c'è più ragione
di pensarti più di
tanto
ma se intanto
canto…canto te
ecco sono qui a
parlare
con la gente che mi
chiede
come sto ma io
rispondo te
mi attraversano la
mente
centomila e più conferme
che
dovunque vada sei con me
Cammino e incontro solo te
Mi guardo intorno e vedo te
e se mi addormento
trovo te
e appena sveglia
poi
mi stringo forte a
te
con o senza te...
E non so se rido o piango
ma rivedo ogni tuo
sguardo
e che rida o pianga
sei con me
Non saprei come spiegarlo
sei con me ma va a
capirlo
tutto intorno suona un
po’ di te..
E se provo a distrarmi dimmi come
posso farlo
tutto intorno dice
"dove sei?"
Se apro una mano trovo te
se guardo lontano
vedo te
e se chiudo gli
occhi vedo te
e se li apro poi
sono accanto a te
con o senza te
e se chiudo gli
occhi vedo te
e se li apro poi
sono accanto a te
con o senza te...
Sembra
una persecuzione, invece è una canzone d’amore dolcissima, dove chi ama e chi
si sente amato vede l’altro dovunque. Credo che, nel vostro piccolo, sia anche
la vostra esperienza, cioè più amiamo, più l’altra persona è presente anche
quando non c’è. Ci parla… Se apro una
mano trovo te, se guardo lontano vedo te, se chiudo gli occhi e quando li apro
vedo te, con o senza te.
Vorrei
invitare i seminaristi a sedersi qui intorno, anche quelli dell’anno previo.
Questa è la nostra piccola squadra: tra l’altro, Antonio, Mirko, Stefano e
Angelo vi invitano mercoledì prossimo alla Messa Crismale per un momento
importante del loro cammino che è l’essere istituiti accoliti.
Ho
deciso di fare la lavanda anch’io stasera, senza avvertirli. Ovviamente, la
lavanda del Giovedì Santo è falsa, perché quei piedi sono lavati, lucidati,
profumati, quindi sì, si fa, è un gesto, ma le persone, anche quelle che non si
lavano normalmente, si fanno un punto d’onore a fare dieci pediluvi prima di
venire alla celebrazione, visto che il parroco li invita come apostoli. Allora
compirò il gesto - ho qui una poltrona che è la poltrona del Maestro - e lo
farò io, il Vescovo. Loro dicono: “Non ce l’ha detto
prima!”. Adesso staranno pensando: “Ma quando mi sono lavato i piedi l’ultima
volta?”. Non è importante: l’importante è ricevere questo gesto. Bruno comincia
il suo sottofondo ed io, ovviamente, mi tolgo almeno i segni dell’Episcopato
(per la faccia tosta che ho, mi sarei tolto anche il resto, ma né voi, né altri
fuori di qui sarebbero pronti a ricevere questo gesto). Già togliere talare, croce e zucchetto dice che il Vescovo si fa servo,
perché finché ci sono i segni uno dice: “È il Vescovo!”. No, è uno schiavo, uno
che ti lava i piedi. Partiamo dai più grandi, cioè da quelli che riceveranno
l’Accolitato: si siederanno qui, al posto del Maestro. Ovviamente, viviamo
questo momento come preghiera, altrimenti non avrebbe senso. Loro vivranno
questo disagio, perché il Vescovo non ha detto niente, ma queste parole che noi
leggiamo, quando diventano vere?, quando assumono
spessore nella nostra vita? Questo è un tentativo non di fare una sceneggiata,
ma è il tentativo di imprimervi nella mente questa pagina di Vangelo che
abbiamo appena ascoltato. Seguite con la preghiera degli occhi.
***
Gesù
riprese le vesti, sedette e disse loro: «Avete
inteso ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene,
perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri
piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri». Prima di andar
via, raccogliamo questa pedagogia di Gesù che, poveramente, ho voluto rubare
questa sera, ed è la pedagogia delle lezioni dal vivo, dove alle parole si
uniscono i gesti, dove non si fa solo teoria, ma anche pratica. Il magistero,
anche quello del Vescovo, dovrebbe contenere la parola e il gesto. Magari voi dimenticherete, ma loro quindici (c’è uno che manca,
Giuseppe: c’è sempre qualcuno che manca…) difficilmente dimenticheranno: il
Vescovo ci ha lavato i piedi senza preavviso. E quando voi quattordici,
nei Giovedì Santo della vostra vita, commenterete questo Vangelo e porrete
questo gesto nelle vostre parrocchie, avrete nel retropensiero questo profumo
con cui vi ho unto i piedi, memoria di un gesto che una peccatrice fece sui
piedi di Gesù e che il Vescovo ha fatto sui vostri, in
attesa - ed è un’attesa dolorosa, perché si vorrebbe farlo subito - di ungervi
le mani.
Credo
che non ci dobbiamo dire altro, ci siamo già detti troppo.
Tornando
a casa, portatevi l’impegno di ricevere l’amore, più che di darlo, soprattutto
di riceverlo e di saperlo ricevere da Colui che ci ha amati fino alla fine
(dice il prologo di questo brano: li amò
fino alla fine). Vi auguro Santa Pasqua, vi auguro di vedere questo Dio
nudo ai vostri piedi che chiede l’elemosina di salvarvi, di farvi felici, che
chiede l’elemosina che possiate ricevere, accogliere il Suo amore: questo amore
ci salva. Ci teniamo per mano e diciamo insieme: Padre nostro…
Benedizione
del Vescovo
Ci
diamo appuntamento a Mercoledì Santo alle ore 19:00.
Grazie a Ghibli che anche stavolta è nato (questi “parti” non sono scontati,
quindi sappiate dire grazie a chi vi procura questo foglio non senza sforzo).
Canto:
Chi mi seguirà?
Grazie
a Bruno che è stato preso al laccio appena qualche ora fa. Possiamo salutarci,
anche se gli auguri ce li scambieremo mercoledì, dopo
***
Il testo, tratto
direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.