PREGHIERA-GIOVANI
guidata da
S. E. REV. MA MONS.
ARTURO AIELLO
“Quando l’Amore vi
chiama”
Chiesa Cattedrale
Teano, 25 giugno 2010
~
Canto:
Amica, vai
Amica vai sali il deserto
Sorella mia ti parlerò
Passato è ormai l’inverno
e già canta la
tortora e le vigne sono in fiore
Non c’è alcuna macchia in te
dal Libano verrai
tu chiara come il
sole
non c’è alcuna
macchia in te
dal libano verrai
tu chiara come il
sole
Diletto mio coi tuoi profumi
mi attirerai
dietro di te
L’amore mio non sveglierò
Come sigillo sul tuo cuore mi riposo
e se la morte è
forte
e se tenace è il
fuoco
mai l’amore mio si
spegne
e se la morte è
forte
e se tenace è il
fuoco
mai l’amore mio si
spegne
Nel nome del Padre…
Quest’atmosfera
di penombra si chiama pudore. Non è un effetto scenico per creare l’atmosfera
della drammatizzazione del Cantico, che ci verrà
donata questa sera, ma è quella penombra a cui i giovani oggi non sono tanto
abituati. Il pudore è un velo che difende dalla profanità, dalla volgarità, da
uno sguardo che non sia il Suo, il tuo, da una persona, da eventi, da parole,
da fatti, da violenze che, invece, debbono essere tenute lontane. Ecco, questo
è il pudore: è la penombra dove è possibile dirsi delle parole che altrimenti,
nel meriggio, è difficile pronunziare e, se provi a dirle
quando batte il sole, ti vengono male, perché manca il pudore, manca la
penombra, manca il mistero.
Questa
sera chiediamo al Signore di entrare in punta di piedi nel mistero dell’amore,
perché l’amore è al centro delle cose grandi della nostra vita, delle grandi
scelte, sia matrimoniali, sia di vita consacrata; è lo stesso amore che chiama
alcuni ed altri, sceglie e ci sceglie, ci separa o ci unisce. E dell’amore
bisogna parlare sottovoce, perché non tutti possono sentire.
Questa
sera ci confrontiamo con un testo scandaloso della Bibbia – utilizzo questo
aggettivo sorridendo – perché effettivamente, per secoli, il Cantico dei
Cantici, testo dell’Antico Testamento, è stato ritenuto un po’ strano. Chissà
come mai sia capitato nell’elenco dei libri della Bibbia – che in termini
tecnici si chiama “canone” – un testo sull’amore dove la parola “Dio” ricorre
una volta sola e come aggettivo, alla fine (il testo ebraico dice: una fiamma
di Dio, una fiamma divina, per dire una grande fiamma; noi lo utilizziamo anche
nei nostri dialetti per dire “una cosa grande”). Quindi Dio sembra essere estraneo
a questo testo. Invece, i grandi commentatori del passato hanno detto che non
si parla di Dio perché Dio è in ogni parola del Cantico, perché Dio è Amore e,
dunque, questo canto d’amore, anche così concreto e per certi
aspetti così carnale, di null’altro parla che del Dio-Amore. Allora,
chiediamo al Signore, prima di ascoltare il testo, di avere occhi, orecchi,
soprattutto cuore casto, che è l’unica possibilità per poter ascoltare e dire
le parole dell’amore.
Dal Cantico dei Cantici
Una voce! Il mio diletto!
Eccolo, viene
saltando per i monti,
balzando per le colline.
Somiglia il mio diletto a un capriolo
o ad un cerbiatto.
Eccolo, egli sta
dietro il nostro muro;
guarda dalla finestra,
spia attraverso le inferriate.
Ora parla il mio diletto e mi dice:
«Alzati, amica mia,
mia bella, e vieni!
Perché, ecco, l'inverno è passato,
è cessata la pioggia, se n'è andata;
i fiori sono apparsi nei campi,
il tempo del canto è tornato
e la voce della tortora ancora si fa sentire
nella nostra campagna.
Il fico ha messo fuori i primi frutti
e le viti fiorite spandono fragranza.
Alzati, amica mia,
mia bella, e vieni!
O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia,
nei nascondigli dei dirupi,
mostrami il tuo viso,
fammi sentire la tua voce,
perché la tua voce è soave,
il tuo viso è leggiadro».
Prendeteci le volpi,
le volpi piccoline
che guastano le vigne,
perché le nostre vigne sono in fiore.
Il mio diletto è per me e io per lui.
Egli pascola il gregge fra i gigli.
Prima che spiri la brezza del giorno
e si allunghino le ombre,
ritorna, o mio diletto,
somigliante alla gazzella
o al cerbiatto,
sopra i monti degli aromi.
Mettimi
come sigillo sul tuo cuore,
come sigillo sul tuo braccio;
perché forte come la morte è l'amore,
tenace come gli inferi è la passione:
le sue vampe son vampe di fuoco,
una fiamma del Signore!
Le grandi acque non possono spegnere l'amore
né i fiumi travolgerlo.
Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa
in cambio dell'amore, non ne avrebbe che dispregio.
Parola
di Dio.
Rendiamo
grazie a Dio.
***
Fa un
po’ strano “Parola di Dio”, vero? Invece, è
Il
Cantico dei Cantici si chiama così perché è un cantico superlativo; si potrebbe
tradurre: il “Canticissimo”, il Cantico per
eccellenza. Gli Ebrei non conoscono il superlativo e allora trovano questi modi
per dire un aggettivo moltiplicato: il grande Cantico. Ci sono due
protagonisti, lui e lei, che si cercano, si guardano, si descrivono, non si
incontrano mai, ma non è una storia triste. Quando dico “non si incontrano mai”
intendo dire che la loro attesa è esorbitante oltre ogni realizzazione come,
d’altra parte, quelli fra voi che sono sposati hanno scoperto nel Matrimonio.
Da fidanzati sognavamo che avremmo detto, avremmo fatto, ci saremmo completati
e poi scopriamo, invece, d’essere sempre in prima elementare, perché nell’amore
si è sempre in prima elementare. Se qualcuno fra voi vuole sventolare una laurea ad honorem
nell’amore, è un illuso. Per questo motivo, questi due si cercano e fanno
fatica ad armonizzarsi, perché il loro amore, il desiderio del loro amore non
riesce mai a concretizzarsi pienamente nel gesto, nella parola dell’amore.
Vi consegno due scene: innanzi tutto, questa della
primavera – la chiamano così gli esegeti – perché quando si ama è primavera,
perché la primavera nasce con l’amore, nel senso che chi ama, vede tutto bello
e dice: “Puoi venire, adesso è finito l’inverno, è passato… La voce della tortora si fa sentire nella nostra campagna. Alzati, amica
mia, e vieni!”. È un invito e, man mano
che lei viene, man mano che lui le va incontro – immaginate un cartone animato
– man mano che i due camminano, intorno fioriscono gli alberi, cioè la
primavera non è nella natura (d’altra parte, la poesia questo ce l’ha insegnato): la primavera è negli occhi di chi ama.
Quando Dio ti visita, si fa primavera; quando Dio viene, si apre uno scenario
nuovo, inedito.
Poi
la conclusione. Il testo dice (magari alcuni di voi l’hanno scelto o lo
sceglieranno come testo per la celebrazione delle proprie nozze): Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come
sigillo sul tuo braccio, perché forte come la morte è l’amore, tenace come gli
inferi è la passione. Cosa significa “mettimi come sigillo sul tuo cuore,
come sigillo sul tuo braccio”? Cos’è il sigillo? Il sigillo è l’anello del re
impresso nella ceralacca – pensate alle scene del Medioevo – con cui si dice:
questo documento è autentico, attesta la potestà, l’autorità del re. Quindi, il
sigillo è ciò che dice autorità, possesso, ma nel senso bello del termine.
Bisogna
andare più indietro per capire il sigillo. Il sigillo era una sorta di anello o
di bracciale che, nell’antichità, al tempo in cui questo testo è stato redatto
(pensate, circa 2500 anni fa: non è un testo “bambino”), le persone innamorate,
amanti, mettevano sul braccio o al polso con il nome dell’altro (Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come
sigillo sul tuo braccio).
E se veniva perso il sigillo? Se il re perde il suo anello, perde
il suo sigillo, non è più il re, perché non potrà più dire “Sono io!”, non
potrà più imprimere nella cera lacca quel timbro che dice: questo documento è
autentico.
E se
la persona che ama perde colui, colei che ama, che succede? Il Cantico dice:
perde la sua identità. È bellissimo!, cioè l’altro non
mi soggioga, non mi tiene al guinzaglio: l’altro mi dà l’identità. Per cui,
senza l’altro, io non sono nessuno. A volte, soprattutto nelle grandi città
(anche a Teano), noi vediamo la scena terribile di persone che parlano da sole,
che hanno perso la memoria, che camminano e parlano con un “tu” che non c’è:
sono coloro che non hanno più un amore, dice il testo.
Capite
che dietro tutto questo intrecciarsi di voci, di baci,
di abbracci, c’è la grande sinfonia dell’amore di Dio. Cos’è l’uomo se perde il
sigillo? Cos’è l’uomo e cosa sta diventando l’uomo senza il Dio che lo ha ama?
Si è perso nelle secche, nel deserto di parole che non significano più niente.
Dice un verso di un poeta spagnolo (mi viene in mente in questo momento): E
tornerò nel dimenticatoio di tutti quelli che non hanno più nessuna ragione per
vivere e per morire. Questo è l’uomo senza Dio. Tutto questo è rappresentato
dal Cantico e tutto questo è la cornice della nostra vita. Per noi “cornice”
normalmente ha un’accezione negativa: è una cosa che può esserci o non esserci;
invece, è ciò che dà identità. A volte, una cornice fa risaltare un quadro che
altrimenti non avremmo notato e la cornice della mia vita è l’amore di Dio.
Questo amore chiama all’amore in vari modi.
Adesso
per venti minuti ascoltiamo il Cantico, così com’è stato rimaneggiato, unendo
al testo antico della Bibbia dei Sonetti di Shakespeare, Gibran (il poeta
libanese che molti di voi conoscono) e Alda Merini. Ovviamente, sono tutti
testi sull’amore e qui devo fare una piccola precisazione. Prendete Teano e
tirate una linea fino a Brescia. Avete presente la cartina dell’Italia? Spero
di sì… Da Teano salite, salite… e arrivate a Brescia. Perché abbiamo unito
queste due città? Perché Gianluigi e Laura sono un amore nato così: lui di
Teano e Laura di Brescia. Si sono conosciuti, sono artisti, sono stati
fidanzati e nel tempo del loro fidanzamento hanno messo su questo spettacolo
(di cui noi vedremo solo una parte perché non c’è tutto il tempo per lo
svolgimento che loro hanno messo in scena anni fa), poi si sono sposati e,
adesso, da marito e moglie mettono in scena altre cose. Come vedete è un amore
tra artisti (ma – diciamo la verità – l’amore quando è
autentico, rende sempre artisti) e quello che rappresentano non è un copione
“altro” da quello che vivono: questo è il modo per comunicare veramente. Magari
molti di voi non conoscevano Gianluigi – e tantomeno Laura – e vengono a conoscenza
di una storia d’amore che parte da Teano e arriva a Brescia, anche in barba a
tutti quelli che dicono che bisogna dividere l’Italia… Vedete, l’amore unisce:
non ci sono partiti e separazioni. Tra l’altro, qui siamo a Teano dove un certo
incontro ha dato anche il “la” all’unità d’Italia.
L’amore vince anche i campionati mondiali, a
vostra tranquillità: non quelli di calcio, non sempre, ma quelli per i quali e
sui quali non ci possiamo permettere di perdere e credo che sul piano
dell’amore non possiamo permetterci di sbagliare un rigore. Ascoltiamo
ovviamente senza applausi. È preghiera anche questa.
***
DRAMMATIZZAZIONE DEL CANTICO DEI CANTICI
***
Rimandiamo
alla fine l’applauso per restare in questo incanto. Ho immaginato che molti di
voi abbiano potuto pensare che il Vescovo abbia
sbagliato registro, perché una vigilia così va bene alla vigilia delle nozze,
non alla vigilia di quattro… “castrati”, perché quello a cui ci prepariamo è
questo. L’ho detto con una parola offensiva, dura, ma
vera - vera! - : quattro castrati. Allora, tutto
quello che abbiamo ascoltato, per loro, non è vero?, o
è ancora più vero? Giardino chiuso tu
sei, fontana sigillata… Questa Parola frulla nella mente di noi consacrati:
giardino chiuso (hortus conclusus),
fontana sigillata… Perché un giardino è chiuso? Perché Dio vi ha messo
l’occhio. Una fontana è sigillata perché non uno qualsiasi possa bervi, ma solo
il Re: è questo il mistero di una sessualità non imbrigliata, non castrata,
come ho detto, ma esaltata all’interno di un Amore che sembra senza amore, ma
che forse è un Amore in fase esponenziale. Allora, quello che abbiamo ascoltato
non è un modo per dire a Mirko, a Stefano, ad Angelo, ad Antonio: “Ecco,
vedete? Tutto questo non sarà vostro!” (una sorta di balconata sull’impossibile).
Invece, vuol essere un modo per dire: Avete sentito? Questo dovete vivere,
perché dietro ogni espressione, anche la più sensuale – e ce ne sono tante nel
Cantico dei Cantici – c’è un mistero, un abisso di luce, di abbracci, di
amplessi, dove Dio chiede tutto. Questo è il mistero della vita consacrata, che
non è altro dall’amore.
Bonhoeffer,
un grande del Novecento, dal carcere da cui non sarebbe mai più uscito se non
per essere impiccato, scrive un’omelia per una sua parente che si sposa (Bonhoeffer
era un pastore protestante) e dice: L’importante è capire che c’è il “cantus firmus”, cioè il canto
fondamentale (anche in questo Notturno che Gianluigi sta facendo c’è un canto),
poi – dice Bonhoeffer che, tra l’altro, era un musicista tedesco, un amante
della musica – ci si inserisce su questo “cantus firmus”, cioè su questa melodia fondamentale, ciascuno con
la sua vocazione. C’è la vocazione al Matrimonio, che è testimonianza
dell’amore nella sua concretezza, e c’è la vocazione alla vita consacrata che
dell’amore esprime la totalità, cioè c’è Uno che può riempirmi – e qui cito
Turoldo – al punto che il mio calice è colmo e trabocca. Riempire i calici dei
nostri desideri: Dio solo può farlo.
Prima
di concludere, ascoltiamo qualche balbettamento da parte di questi quattro che
stanno a “
Testimonianze
di Antonio, Angelo, Stefano e Mirko.
***
Ci
siamo detti molte cose e tante altre avremo modo di intravederle perché, come
ho detto, tutto avviene nella penombra, oggi come anche mercoledì, come nel
prosieguo della vita di questi quattro che poi saranno presbiteri, ma – come ha
giustamente detto Mirko – il Matrimonio avviene qui, perché è nell’Ordinazione
Diaconale che essi fanno promessa di celibato, di dare il proprio amore a
tutti, indistintamente, e ovviamente a Gesù che ama indistintamente tutti.
Restando seduti, ci teniamo per mano e diciamo: Padre nostro…
Benedizione
del Vescovo
Concludiamo
facendo fare le ultime battute a Gianluigi e Laura che ringraziamo. Tra
l’altro, Gianluigi farà un concerto nel salone del Seminario domenica sera e
poi, questa estate, saranno insieme al Teatro di Pietra per il testo de “In
nome della madre”. Come vedete, ci sono dei talenti anche in casa nostra, anche
se abitano su.
A tutti ricordo
che l’Ordinazione è mercoledì alle ore 20:00 e che possiamo utilizzare il
parcheggio dell’auditorium, in modo tale da non dover mettere le auto l’una sull’altra
a dieci piani nel piazzale della Cattedrale. Quindi ascoltiamo queste ultime
battute e poi possiamo fare loro un caloroso applauso per dire grazie. Grazie
anche per il modo con cui sono riusciti a renderci questo testo non certamente
facile.
***
Il testo, tratto
direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.