PREGHIERA-GIOVANI

 

guidata da

 

S. E. MONS. ARTURO AIELLO

 

“Mani-festazione della Pasqua”

 

Cattedrale di Teano

 

Venerdì, 3 Aprile 2009

 

~

Canto iniziale: Custodiscimi

 

Nel nome del Padre…

 

Siamo all’ultima battuta del nostro “cammino quaresimale giovani”. Le ultime battute, le ultime parole sono quelle più importanti, ma anche quelle più rischiose, perché se un attore sbaglia l’ultima battuta, anche se è stato bravissimo durante il primo e il secondo atto, finisce con il non valorizzare appieno il testo. Quindi attenzione agli ultimi passi, alle ultime parole, alle ultime battute. Se abbiamo messo impegno all’inizio e nel corso, tanto più deve accadere ora, in questi giorni, e per noi stasera qui, nell’ultima parola dell’itinerario-giovani. Abbiamo iniziato con “Custodiscimi” perché ci sentiamo sguarniti, perché ciascuno di noi ha paura, si porta dentro delle insicurezze, abbiamo bisogno di qualcuno che ci custodisca. C’è un’espressione del corpo che dice della custodia come nessun’altra ed è l’abbraccio; quando due innamorati si abbracciano o un padre abbraccia un figlio vuole esprime: ti custodisco, faccio scudo col mio corpo, perché tu non sia ferito e questo ancor più dobbiamo chiederlo a Gesù, sia Lui la nostra custodia. L’abbraccio è anche una casa, una casa di carne (questo utilizzatelo nel prossimo SMS per fare colpo su una ragazza): col mio corpo desidero custodire la tua vita, la tua bellezza, quello che sei, quello che vuoi diventare. Questa dichiarazione d’amore la troviamo stasera sulla bocca di Gesù che sta per andare alla morte per noi, per custodirci, per fare scudo col Suo corpo insanguinato e darci un corpo glorioso. Ci fermiamo un attimo in silenzio. Ciascuno faccia mente locale: mi trovo in Cattedrale, sto per vivere quest’ultima parola della Quaresima 2009, voglio pronunziarla perbene.

 

***

Ho detto a Dio senza di te
alcun bene non ho,
Custodiscimi.
Magnifica è la mia eredità
Benedetto sei tu
sempre sei  con me.
Custodiscimi, mia forza sei tu.
Custodiscimi, mia gioia Gesù. [2 volte]

 

Facciamo un grande silenzio per ascoltare la Parola di stasera.

 

Dal Vangelo di Marco (3, 1-6)

1 Entrò di nuovo nella sinagoga. C`era un uomo che aveva una mano inaridita, 2 e lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato per poi accusarlo. 3 Egli disse all`uomo che aveva la mano inaridita: "Mettiti nel mezzo!". 4 Poi domandò loro: "E` lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla?". 5 Ma essi tacevano. E guardandoli tutt`intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse a quell`uomo: "Stendi la mano!". La stese e la sua mano fu risanata. 6 E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.

 

Magari vi sareste aspettati un brano più inerente: com’è che il Vescovo ha scelto questo brano che non riguarda la Passione, non è un episodio immediatamente precedente la cattura di Gesù? Come prepararci alla Pasqua con questo racconto della “risurrezione di una mano”? Per questo l’ho scelto: questo brano si chiama “risurrezione di una mano” o lo battezziamo così stasera per la prima volta. Dice il testo: C`era un uomo che aveva una mano inaridita. La mano stasera sarà la protagonista di questa nostra preghiera. Pensate d’avere una mano inaridita: qualche volta ci avete provato avendo un braccio ingessato (credo che diversi di voi abbiano fatto questa esperienza). La difficoltà a vestirsi, a svestirsi, a mangiare… Fare le cose più semplici ci risulta difficile a tal punto che qualcuno doveva venirci in aiuto. Ma è di più, non si tratta di una mano ingessata, di un braccio ingessato e “perso” per qualche mese, con la riabilitazione da fare in seguito, ma di una mano arida, cioè dove non scorre il sangue. Quindi una mano che non si muove, che non saluta, una mano che non indica, una mano che non prende, una mano che non dà, una mano morta: questa è una mano morta (anche se la mano morta significa altre cose nella storia e poi nelle consuetudini, purtroppo, dei maschi). Questa mano morta qui è diversa, è una mano defunta, cioè non c’è. E inutilmente quest’uomo è andato dai fisioterapisti, ha cercato di sottoporsi agli interventi più sofisticati per ridare vigore a questa parte di sé. Non ci avete mai fatto caso che una mano è così importante? Ci facciamo caso quando non possiamo usarla, quando è ingessata, quando è ferita, ma una mano è un aspetto di noi importantissimo. Diciamo che dopo il volto, gli occhi, l’espressione, la possibilità di parlare, le mani costituiscono questo elemento di grande comunicazione tant’è vero che quando parliamo, in particolare noi meridionali, gesticoliamo. Ci sono degli attori che parlano solo con le mani, cioè mimano - si dice - disegnano con le mani, senza proferir parola, un discorso: fanno un’intera rappresentazione - ce n’è una nel cartello di Teatri d’Anima, la parte di un francese che verrà  qui a Teano a fare uno spettacolo - senza dire una parola. Voi dite: come può un attore per un’intera ora non parlare? Lo vedrete. La mano disegna, la mano è ciò che ci mette in comunicazione con l’altro; stringere una mano, abbracciare una persona - lo dicevo all’inizio per “Custodiscimi” - lo facciamo con le braccia e con le mani: mani che parlano. Attraverso le mani passa anche un’energia che sentiamo in certe strette di mano. A volte, quando si stringe la mano ad una persona, sembra di stringere la mano ad un morto: quando non c’è vita, l’altro ti saluta così, in una maniera molto distratta, ma una stretta di mano calorosa è una sorta di scossa. Qualche volta credo che abbiate sperimentato che una stretta di mano trasmette una serie di pensieri, di emozioni. Pensate anche a quei primi, timidi, belli e, direi, casti approcci nell’amore dove le mani tremano, dove una mano disegna una cosa che solo le mani sanno fare: una carezza. Come si fa una carezza? Si fa con la mano che tocca leggermente, suscita nell’altro e trasmette un senso di tenerezza. Potrei continuare a lungo: pensate alle mani dei chirurghi. Ho scoperto solo da poco che il grande chirurgo Barnard - lo ricordate? Voi no, ma loro sì: era il primo che fece il trapianto di cuore (noi eravamo giovani allora) a Città del Capo, credo, quindi in Sud Africa - questo grande chirurgo ad un certo punto ha dovuto smettere, benché sia stato antesignano, uno che ha aperto la strada per i trapianti, perché aveva un’artrosi terribile alle mani e quindi gli ultimi anni della sua vita ha dovuto rinunziare a quella che era la sua passione. Pensate a un chirurgo che incide, che lega, che guarisce: come lo fa? Con le mani. Ho fatto questa piccola rassegna, potrei continuare a lungo nel descrivervi la bellezza delle mani per capire il dolore e la limitazione, l’handicap oggi si direbbe, che quest’uomo porta con sé. Mentre una mano si muove, l’altra è ferma, è inaridita, dice il Vangelo, cioè è impossibilitata a comunicare. Pensatevi con una sola mano e avrete l’idea del dramma di quest’uomo. Ma probabilmente dietro la malattia c’era anche altro, cioè quest’uomo aveva difficoltà a dare, era un egoista; qui diamo una lettura diciamo psicologico-morale di quest’uomo con la mano chiusa a pugno, inaridita, una mano monca: era un uomo che utilizzava quella mano non per il bene, perché con una mano si possono fare tante cose. Pensate alla mano di Michelangelo, di questi grandi artisti, di questi grandi maestri dell’antichità: come lavoravano? Con le mani. L’arte è per lo più un’arte manuale: è nella manualità (uno scultore, un pittore). Forse la mano assurge all’apice nell’arte della danza. Se avete in mente in questo momento un ballerino, una ballerina, riuscite a rievocare immagini che attraverso le mani questi “artisti delle mani” mettono in scena. Mi penso così alla vigilia di questa Pasqua, come un uomo dalla mano rattrappita e se la mano è rattrappita, è rattrappita la vita perché la vita passa attraverso le mani: le mani la manifestano. Se quest’uomo ha la mano inaridita, ha arido il cuore e forse anch’io. Allora in questo primo momento vorrei che vi guardaste un po’ le mani; quand’eravamo bambini, a scuola - almeno la mia generazione - eravamo terrorizzati dal fatto che bisognasse avere le mani pulite (i bambini non hanno mai le mani pulite). In particolare poi quando si comincia a scrivere, s’impara a scrivere, le mani sono sempre sporche. E noi bambini ad accorgerci che queste mani erano puntualmente sporche: sporche di inchiostro, sporche di fango, sporche dei nostri giochi. Guardati un po’ le mani e lascia che parlino: facciamo una meditazione sulle mani, a partire da quest’uomo che ha una mano sola, una è viva e l’altra è morta, una agisce e l’altra è fissa, una parla e l’altra è muta. Forse la nostra condizione non è quella di avere una mano inaridita, ma di avere le mani inaridite; guardati un po’ le mani. Normalmente guardiamo se abbiamo le unghie tagliate perbene, invece adesso devo guardare il palmo, aprite questo libro: apro questo libro e mi guardo le mani. A volte sono gli altri: “Adesso ti leggo le mani!”. “No, me le leggo da me, le leggo io”. Leggiti le mani, vedi cosa raccontano le tue mani, cosa raccontano di questa settimana: che hai fatto?, come le hai utilizzate?, che uso hai affidato alle mani?, che compiti? Cose belle – spero - ma anche tante cose negative; le mani sono anche agenti di peccato: uno schiaffo è un gesto di violenza, si fa con le mani. Guardiamoci un po’ le mani: comincio io e così anche voi; leggetevi un po’ le mani, ciascuno legga le sue mani.

 

***

 

“Io e i miei occhi scuri siamo diventati grandi insieme” cantava un cantautore della nostra giovinezza. Noi possiamo dire: io e le mie mani siamo diventati grandi insieme. Ci sono le età delle mani, nelle mani c’è l’età. Pensate alle mani dei bambini: quando c’è un bambino, un neonato, un bambino piccolissimo, viene subito questo desiderio di aprire queste mani che sono un capolavoro. Avete mai visto le mani dei bambini? Un capolavoro. Già scolpite nei minimi particolari e poi ci sono le mani degli anziani. Quando eravamo bambini poi, noi a volte, prendevamo le mani dei genitori, in particolare le mani di papà (l’avrete fatto anche voi qualche volta) o del nonno, a disegnare, a fare un viaggio. Sembravano grandi le mani del papà, quando eravamo piccoli e tutti quei sentieri ci facevano immaginare dei sentieri di carovane, dove si poteva passare, dove si potevano vivere delle avventure. Dobbiamo guardarle di più le mani, le nostre, quelle degli altri. Vedo a volte Vitaliano che guarda le mani del Vescovo, un po’ perché si aspetta qualcosa da quelle mani, ma credo non solo per interesse; dice: “Mi piace guardare le vostre mani”, perché le mani di una persona dicono di quella persona, perché attraverso le mani noi riusciamo a dire anche quello che a volte non sappiamo comunicare a parole. Cosa ti hanno raccontato le mani di questa settimana? Cosa avresti voluto che queste mani non facessero? O cosa avresti voluto che facessero e non hanno fatto? Perché a volte le mani stanno anche ferme, mentre dovrebbero agire, dovrebbero mandare un messaggio - voi che smanettate con i telefonini continuamente - ma non mandare un messaggio, a volte, significa dire all’altro “Non esisti”. Avrebbero dovuto mandare un messaggio, non l’hanno fatto, scrivere una lettera – cosa per voi difficilissima, oggi - e non l’han fatto; avrebbero dovuto dare mani ad altri (“Dammi una mano”, ci dicono a volte i genitori o ci dice un amico): un amico è uno pronto a darti una mano, cosa significa? È un’immagine, è un’espressione idiomatica, per dire che un amico si fa in quattro per te, ti offre del tempo, ti offre ascolto. Vedete come queste  mani sono dovunque? Ho intitolato questa preghiera “Mani-festazione”. Non ci avevo mai pensato che in “Mani-festazione” ci sono le mani, perché le mani manifestano, cioè fanno capire. Se uno non mi stringe la mano, non so se mi vuole bene o no, se mi ha visto o no; se uno non mi saluta, non so: ci sono?, sono un’ombra?, o sono una persona? “Manifestazione” significa che una cosa diventa reale o percepibile attraverso le mani. Allora “Manifestazione della Pasqua” significa che nelle mani piagate di Gesù c’è possibilità di “un’uscita di sicurezza” dalle difficoltà della nostra vita e dai nostri peccati, di più, dalla morte. Noi non ci consultiamo, ma mi ha fatto piacere vedere in alto[1] che Liberato, quando io gli ho dato l’input (ovviamente si lavora un po’ anche in equipe, in qualche maniera), autonomamente ha messo la mano del Crocifisso. Manifestazione della Pasqua: la mano di Gesù attaccata alla croce; quella mano schiava ti libera le mani, cioè se tu ricorri a Gesù, “chirurgo della mano” - oggi ci sono i grandi chirurghi della mano - quella mano legata alla croce, anzi inchiodata alla croce, ti libera le mani e fa in modo che le tue mani possano fare di più. Ecco io questo desidero augurarvi in questa Pasqua: che sia una Pasqua che liberi le mani, non come un adolescente, un giovane che vorrebbe toccare tutto, no, ma nel senso di mani che si rendono disponibili, mani che fanno con altre mani una catena, un ponte. Oggi ne abbiamo bisogno in una maniera fortissima: la gente, anche i giovani, vivono una solitudine terribile. Adesso ascoltiamo cosa ci racconta De Crescenzo delle mani.  

Mani

De Crescenzo

 

Se sei un amico ti stringo la mano
se chiedi un aiuto ti tendo la mano
E prendi la mano, e dammi la mano
e prendi la mano, e dammi la mano
Il padre il bambino lo tiene per mano
c’è tutto il destino in un palmo di mano
Le mani, le mani che sanno parlare, che sanno guarire e che sanno pregare
Le mani legate, le mani ferite, le mani, le mani pulite
Le mani, le mani,le mani legate, le mani ferite, le mani pulite
Le mani, le mani,le mani legate, le mani ferite, le mani pulite

Saluti ruffiani baciamo le mani
caliamo i calzoni e in alto le mani
Chi prende il potere allunga le mani
chi sfugge al dovere se ne lava le mani
Le mani, le mani, che sanno tradire, che sanno soffrire e che sanno sbranare
Le mani spietate che danno la fine, le mani, le mani assassine
Le mani, le mani, le mani spietate che danno la fine, le mani assassine
Le mani, le mani, le mani legate le mani ferite, le mani pulite

Apriamo le mani, le mani più avare
che stringono ancora quei 30 denari
Mettiamo le mani, le mani sul cuore
più sono sincere e più danno calore
Le mani, le mani, che sanno di mare, che sanno di terra, che sanno di pane
Battiamo le mani per farci sentire, più forte le mani, le mani
Le mani, le mani, che sanno di mare, che sanno di terra, che sanno di pane
Le mani, le mani, che sanno di mare, che sanno di terra, che sanno di pane
Le mani, le mani, le mani spietate che danno la fine, le mani assassine
Le mani, le mani, le mani spietate che danno la fine, le mani assassine
Le mani, le mani, le mani, le mani

 

Anche se molto datata, questa canzone conserva il suo fascino. Pensate per esempio - non so se siete esperti, credo di sì - alla pallavolo (a volte lo vedo anche tra i calciatori): quando uno, per esempio, a pallavolo ha fatto una schiacciata o a pallacanestro è andato a canestro, torna e come si dice “bravo”? Due si incontrano e…[2] Quell’attimo è una comunicazione di energia terribile e meravigliosa (dico terribile nel senso bello del termine); queste due mani si toccano per dire: “Ok, bravo! Bellissima questa schiacciata, stiamo rimontando!”. Così, attraverso questo semplice contatto di due mani, due giocatori diversi, della stessa squadra ovviamente, che si toccano, si comunicano una grinta enorme. Le mani più avare – dice il testo – che stringono ancora quei 30 denari. Qui sono di scena le mani di Giuda, mani che vendono il Maestro, che vendono il Giusto, come dice anche il profeta, le mani abituate a stare a contatto con i soldi. Dovete stare attenti, cari giovani, da adulti, ad avere troppo contatto manuale con i soldi: è una malattia. Servono, ma non ci devono asservire: quando uno comincia a contare, a toccare, irrimediabilmente si sporca le mani. Giuda è l’emblema di queste mani che stringono il prezzo del tradimento e poi le stesse mani sono al collo per tentare di sciogliere quel nodo che egli stesso aveva creato, aveva legato, il nodo scorsoio che lo strozza per sempre. Le mani di Gesù guariscono anche le mani di Giuda, anche le mani del traditore, anche le mani del rinnegatore: sono mani che si possono toccare. La Prima Domenica di Pasqua, ascolteremo questo brano: Gesù, apparendo ai discepoli… “Pace a voi!”, allarga le braccia. Questo gesto dice: vi prendo tutti, toccatemi. Anche tu, Tommaso, toccami col dito, metti il dito nelle mie piaghe, cioè realizza questo contatto. La fede non è col cannocchiale, la fede ha bisogno di contatti, anche la Preghiera-Giovani è un contatto. Per qualcuno di voi è anche il primo contatto con Gesù, non più visto col cannocchiale: “Ah, Gesù sta là in fondo!”. No, ma toccato… Le mani servono a questo; se non servono a questo, hanno altro utilizzo, sono le mani ruffiane (di saluti ruffiani, dice), le mani che “sbranano”; c’è tanta violenza nelle mani, ma c’è anche tanta pace. Ci sono mani che danno pace (“La pace sia con voi”) e ci sono mani che… Ricordo le mani di Uriah Heep - ma questo è un ricordo per gli adulti - in “David Copperfield”, televisivo quando noi eravamo ragazzi, un servo con la mania di sfregarsi le mani: alla fine prende il potere e da servo diventa colui che asserve quello che era il suo padrone. Noi normalmente guardiamo gli occhi, guardiamo le persone in volto, dovremmo anche guardare di più le mani. Stasera voglio porre per voi un gesto di purificazione e di esaltazione delle mani, ma prima di annunziarvelo, riascoltiamo De Crescenzo con le sue suggestioni. Mettiamo – dice – le mani, le mani sul cuore / più sono sincere e più danno calore, come se queste mani poste sul cuore prendessero calore. E poi anche le mani che sanno pregare. Attenti, giovani che mi ascoltate, utilizziamo le mani per la preghiera. A volte, dei giovani stanno in chiesa con le mani in tasca, ma non è proprio un bel modo per dire “sto pregando”. Avete dimenticato che quando eravamo bambini avevamo le mani giunte: sapete che questo gesto è di grande efficacia? Perché – facciamo una piccola lezione sulle mani giunte – dice unità. Normalmente una mano fa una cosa, l’altra fa altro: voi siete bravissimi a chattare, mentre state sgranocchiando un dolce. Invece la preghiera è unificazione. Per esempio: “Nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo. Amen”. Questo gesto che dovreste tornare a fare, qualche volta, è “mi riprendo”, “riprendo me stesso”. Le mani che sanno pregare: forse le mie mani non sanno più pregare, non so più alzare le braccia al “Padre nostro”, non so dare più il segno di pace durante la messa, non so esprimere, anche con le mani, la mia preghiera. Il Vescovo ha da farvi un dono, ma lo lasciamo ancora segreto per qualche istante.

Mani

De Crescenzo

 

Se sei un amico ti stringo la mano
se chiedi un aiuto ti tendo la mano
E prendi la mano, e dammi la mano
e prendi la mano, e dammi la mano
Il padre il bambino lo tiene per mano
c’è tutto il destino in un palmo di mano
Le mani, le mani che sanno parlare, che sanno guarire e che sanno pregare
Le mani legate, le mani ferite, le mani, le mani pulite
Le mani, le mani,le mani legate, le mani ferite, le mani pulite
Le mani, le mani,le mani legate, le mani ferite, le mani pulite

Saluti ruffiani baciamo le mani
caliamo i calzoni e in alto le mani
Chi prende il potere allunga le mani
chi sfugge al dovere se ne lava le mani
Le mani, le mani, che sanno tradire, che sanno soffrire e che sanno sbranare
Le mani spietate che danno la fine, le mani, le mani assassine
Le mani, le mani, le mani spietate che danno la fine, le mani assassine
Le mani, le mani, le mani legate le mani ferite, le mani pulite

Apriamo le mani, le mani più avare
che stringono ancora quei 30 denari
Mettiamo le mani, le mani sul cuore
più sono sincere e più danno calore
Le mani, le mani, che sanno di mare, che sanno di terra, che sanno di pane
Battiamo le mani per farci sentire, più forte le mani, le mani
Le mani, le mani, che sanno di mare, che sanno di terra, che sanno di pane
Le mani, le mani, che sanno di mare, che sanno di terra, che sanno di pane
Le mani, le mani, le mani spietate che danno la fine, le mani assassine
Le mani, le mani, le mani spietate che danno la fine, le mani assassine
Le mani, le mani, le mani, le mani

 

***

 

Avete risposto ad un impulso scritto in questo testo, cioè ad un certo punto le mani si sono mosse da sole, a dire: siamo noi, sta parlando di noi, siamo protagoniste, non siamo un’appendice, ma siamo il ponte. Le mani sono un ponte verso l’alto. Il dono di questa sera è ricevere qualche goccia di nardo proveniente dalla Terra Santa. Quest’olio profumato, utilizzato come profumo per le donne, ma anche - voi sapete – per i defunti, è un segno pasquale. Chi va a Gerusalemme – dovrebbe saperlo Raffaele, non so se c’è, che da poco è stato in Terra Santa – entrando nella Basilica del Sepolcro, c’è la pietra su cui la tradizione vuole che sia stato adagiato il corpo del Redentore prima di essere posto nel sepolcro; questa pietra che tutti baciano è profumatissima perché probabilmente ogni giorno chi sovrintende alla Basilica del Santo Sepolcro - e sono in tanti, anche di tante confessioni diverse - versa su questa pietra balsamo ogni giorno, per cui quella è la pietra più profumata del mondo. Adesso da Gerusalemme vi giunge questo nardo; insieme a don Liberato e don Vitaliano ne metterò un po’ sulle mani; voi utilizzatelo bene, innanzi tutto custodite questa goccia, potete farne quello che volete, potete profumarvi il volto, è un’esperienza olfattiva. La Liturgia è fatta anche di questo: pensate all’incenso che dice Risurrezione. Lo poniamo sulle mani perché le mani devono risorgere, perché questa mano inaridita deve diventare la mano di un ballerino, di una danzatrice, di un’artista, perché queste mani d’ora in poi devono essere utilizzate per altro, non per l’egoismo, non per trattenere ma per dare. Singolarmente, e poi vedrete nel diffondersi di questo profumo in tutta la Cattedrale, avremo un’esperienza olfattiva della Pasqua della Resurrezione. È un piccolo segno, un piccolo sacramentale che dice: basta con la morte, basta con la putrefazione, basta con la mano arida, stanca… Sì, invece al profumo, alla festa, sì alla comunione, sì alla mano pasquale. Faremo tre file e in spirito di raccoglimento verrete a ricevere questo dono.

 

***

 

Credo che questo profumo, che spero vi rimanga nelle narici del cuore a lungo, sia il messaggio sensibile - vorrei dire “sensuale” - della Pasqua: Pasqua è questo profumo che è profumo di vita; basta con le morti, basta con le putrefazioni, basta col male, basta con il peccato, basta con le mani rattrappite che tengono chiuse i trenta denari e sì invece a questo profumo di vita e di Risurrezione. Prima di concludere devo dire “bravi” ai giovani che sono tornati da Panza, sempre con traghetto, pullman da Napoli a qui, e che adesso faranno a  ritroso questo pellegrinaggio: forse siete venuti qui per ricevere un po’ di profumo, portatelo anche al vostro parroco, Don Gioacchino, mio compagno di studi. Raccogliamo, come sempre, questo segno di chi, come i Magi, viene da lontano, più che a prendere, a portarci un dono; voglio anche salutare i nostri seminaristi qui al completo, Fabrizio compreso, che è arrivato qualche minutino dopo, che sono qui per le vacanze e quindi contenti, perché si torna a casa, ma spero contenti, perché si torna nella propria Chiesa. Gli appuntamenti: vi invito, in particolare quelli che mai ci sono stati, alla Messa Crismale che è la Celebrazione più bella in assoluto della vita liturgica di una Diocesi. Ci sarà mercoledì santo alle 18:30, qui in Cattedrale. Poi ciascuno di voi, spero, parteciperà al Triduo nella propria parrocchia. Il prossimo incontro lo avete già segnato. Ricordo che dalla prossima volta quelli che arrivano in auto è preferibile che utilizzino il parcheggio dell’auditorium, in modo tale che non andiate incontro a multe. Abbiamo questo spazio, fate questo piccolo tratto a piedi. Adesso ci teniamo per mano, trasmettendo il profumo a chi sta accanto a noi; non abbiate paura di queste mani un po’ oleate, è un olio di risurrezione. Diciamo insieme:

Padre nostro…

Ti ringraziamo Signore Gesù per averci convocati qui questa sera. Grazie perché questa ondata lunga di profumo ha vinto anche le resistenze dei più riottosi, di quelli che sono entrati in Cattedrale più distratti. Grazie perché tu sei questo profumo: aiutaci a diffonderlo con la Grazia dello Spirito, a gloria di Dio Padre. Amen.

 

Benedizione del Vescovo

 

Abbiamo iniziato il nostro cammino quaresimale con l’austerità delle Ceneri e lo abbiamo concluso col profumo della Resurrezione: andiamo a diffonderlo. Concludiamo col canto finale e poi possiamo scambiarci gli auguri di Pasqua.

 

Canto: Chi mi seguirà

 

Buona Pasqua!

 

***

Il testo, tratto direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.

 



[1] Sul foglietto

[2] Il Vescovo simula un “batti cinque”