Meditazioni

di

S. E. Rev. ma Mons. Arturo Aiello

durante il

Ritiro delle Religiose

 

Salone dell’Episcopio

Teano, 11 dicembre 2011

III  Domenica d’Avvento/B

 

Secondi Vespri

~

 

O Dio, vieni a salvarmi…

 

INNO

 

1 ant. Ecco, il Signore viene: starà fra i capi del suo popolo, sul trono di gloria.

Sal 109, 1-5.7

 

1° Meditazione: Giuseppe

Giuseppe è un grande testimone dell’Avvento (oltre a Zaccaria, Elisabetta e Maria); non solo testimone, ma anche un uomo che è defraudato – diciamo in una maniera drammatica – del suo sogno, che viene a frantumarsi perché inserito in un sogno più grande, spropositato, che è quello di Dio. È questo il dramma di Giuseppe, perché Giuseppe aveva un sogno: sposare Miriám, Maria. Adesso Maria è incinta di un “Altro” che sembra non essere di quaggiù, è Dio stesso che è intervenuto: sarà vero? Innanzi tutto questo è un dubbio umano che si sarà anche inserito nella mente di Giuseppe: sarà vero quello che Maria mi racconta? E anche se è vero, come mi debbo porre nei confronti di questa storia dalla quale voglio tirarmi fuori? Ci sono delle storie che, ad un certo punto, per come si evolvono, per come si mettono, uno dice: “No, grazie! È stato un piacere partecipare!”. Se qualcuno venisse a dire al sottoscritto che vi sta parlando: “Eccellenza, lei è spodestato dalla sede di Teano-Calvi” – non vi offendete – io direi: “Grazie, è stato un piacere!”, perché è una responsabilità. Tirarsi fuori da una storia che, come vedete, sembra essere andata diversamente da come speravamo o più grande - nel caso di Giuseppe - di quello che avevamo progettato, è il dramma dell’uomo Giuseppe. D’altra parte, quando i piani dell’uomo si scontrano col piano di Dio, ci troviamo in mano dei cocci e diciamo: “No, non ci sto”. E mi tiro fuori. “Voleva licenziarla in segreto” – dice l’evangelista – quando anche a lui è mandato un messaggero: “Non temere, Giuseppe, di prendere con te Maria, tua sposa, perché quello che è generato in lei viene dallo Spirito Santo”. Ma poi guardiamo anche Giuseppe quando prende con sé il bambino e sua madre e fugge in Egitto: l’angelo viene sempre a dire cose difficili, mica viene a portare un dono? Non viene a indicare che hai vinto al superenalotto. Allora, quello che è accaduto non solo temporaneamente ma per sempre - è importante che lo sappiamo - al di là della possibilità di Giuseppe di sentire comunque Maria sua sposa domani, quando sarà nato questo bambino, quello che è accaduto la pone così lontana, così irraggiungibile, così eterea, così poco secondo le sue aspettative, che è condannato (certamente il dramma di Giuseppe è ben oltre i toni foschi che il Vescovo sta utilizzando): è un uomo svuotato completamente di sé, dei suoi progetti, dei suoi sogni e “messo accanto” a dare una parvenza di legalità ad una storia che non è sua.

Giuseppe diventa un nostro compagno di viaggio nell’Avvento, ma anche nell’avvento della vita, non solo ora - sarebbe facile - perché la vita è un avvento: stiamo sempre in avvento, sempre ad aspettare, sempre a cantare, sempre, come in questo caso, a sentirci defraudati. Credo che tutti, chi in una maniera chi in un’altra, ci sentiamo così: defraudati, non perché Dio non mantenga le promesse, ma perché le Sue promesse sono sempre più grandi. Immaginate che uno vi regali un castello: “No, grazie! Vorrei un appartamento normale”. In un castello ci si perde, come Suor Jacopa nella sua casa, dove gira da una stanza all’altra ed è tutto vuoto. No, grazie: vorrei una casa normale!, perché un castello a volerlo pulire, a volerlo mantenere… Dio ti dà sempre il castello, Dio è sempre in grande quando entra nelle nostre storie.

Giuseppe, come compagno dell’avvento della vita, è colui che china il capo davanti a questa grandezza di Dio, non comprende, ma è docile. 

C’è bisogno di tanta docilità, però questa docilità non è facile (Giuseppe ci testimonia questo): è rinunciare a una cosa piccola ma mia, per una cosa grande ma Sua. E questo è un cammino sempre difficile. Per questo Dio che stravolge i nostri piccoli piani per renderli grandi, per renderli piani di salvezza, chiediamo l’intercessione di Giuseppe, compagno dell’Avvento, perché ci aiuti a dire sì a questo svuotamento di noi per fare spazio all’Altro, certamente ad una paternità, ma non mia, non quello che io avrei sognato. 

 

2 ant. Scorrano dai monti gioia e giustizia: viene la luce del mondo, il Signore della gloria.

Sal 110

 

2° meditazione: I pastori

Anche i pastori, nei vangeli dell’Avvento del Natale, sono indicati come maestri: nella notte ricevono un annuncio e si mettono in cammino. È un Avvento in cammino. Mentre per Giuseppe è un Avvento di docilità (mi fido, anche se questa storia non mi piace, anche se questa svolta mi sembra eccessiva per le mie forze, per i miei desideri, i miei sogni di partenza), per i pastori abbiamo la dimensione del cammino che non è motivata, mossa da curiosità (Andiamo a vedere! È successo qualcosa!), ma è uno scomodarsi, perché sono nella notte, perché fa freddo, perché c’è un gregge da custodire e certamente non metteranno in cammino l’intero gregge per andare  a vedere questo miracolo.

È nato per voi, in Betlemme di Giudea, il Re. Anche qui, sarà vero? Ma soprattutto non è il caso che lasci le mie pecore qui, come dirà Gesù nella parabola del Buon Pastore (le lascio al sicuro per andare alla ricerca della pecora smarrita). Qui le lascio nel pericolo, quindi lascio quello che mi appartiene, la mia sicurezza, la sicurezza per il mio futuro e mi metto in cammino per andare a vedere. Anche per i pastori, come per Giuseppe, come per Zaccaria, come per Maria, c’è lo stupore. Essi furono presi da grande spavento, ma l’angelo disse: Non temete, ecco vi annuncio una grande gioia che sarà di tutto il popolo: oggi è nato, nella città di Davide, un Salvatore che è Cristo Signore. Questo è per voi il segno: troverete un bambino, avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia.

Che segno è? È un segno povero. Un re non può essere in una mangiatoia, un salvatore non può essere in braccio a sua madre, ma sarà a cavallo di un dromedario, in groppa ad un cammello, avrà un esercito. Questo cammino, per quanto concerne la “foto-pastori”, è la ricerca di segni. Cercate anche nel vostro Avvento dei piccoli segni: se vi svegliate presto – come spero – una striscia all’orizzonte, all’alba, è già un segno, cioè piccole cose che potrebbero essere del tutto feriali. È feriale un bambino in braccio a sua madre: mica è una cosa straordinaria?

Cerca di metterti in cammino, lasciando qualcosa (il gregge); cerca i segni di Dio che normalmente si nasconde nella piccolezza e non nella grandezza.

 

3 ant. Viviamo con giustizia e fede, aspettando la beata speranza e la venuta del Signore.

Cantico (Ap 19, 1-7)

Lettura breve

 

3° meditazione: Gli angeli

Come sapete, questa è la Domenica della Gioia data anche dal rosa. Noi abbiamo qui anche un angioletto vestito di rosa che porta un agnellino, che è Gesù stesso. Questo invito alla gioia non è umano, cioè non è una gioia del tipo “organizziamo una pizza, facciamo una festa”, ma è la gioia che viene dall’alto. Quindi vorrei affidarvi come ultima foto - e poi concludiamo il Vespro e andiamo verso la Messa -  gli angeli.

E subito apparve con l’angelo – quello di cui abbiamo parlato con i pastori – una moltitudine, un esercito celeste che lodava Dio e diceva: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama.

Ecco, se dovessi trovare anche qui un aggettivo, una modalità di questa foto, dovrei dire: un Avvento di luce (spero che vi sia venuto del buonumore entrando nella Sala rinnovata con il lampadario, con il cassettonato: queste sono le follie del Vescovo per evitare le depressioni, perché c’è bisogno di luce). Gli angeli sono esseri di luce, sono fatti di luce, illuminano la notte, illuminano il cammino. C’è una stilla di luce anche in noi che si chiama “gioia”. Quando diciamo di una persona contenta: “Come sei radiosa!”, “radiosa” è un termine che implica la luce, perché è la luce che si irradia, un corpo luminoso irradia. Non è l’assenza di problemi, non è perché abbiamo risolto le cose che ci angosciano, il magone con cui siamo venuti, ma perché ci innalziamo al di sopra di questo magone e facciamo scoccare una scintilla di gioia, che è un aspetto angelico in noi. Ci sono tra le vostre conoscenze persone che portano gioia anche solo a vederle, sprizzano gioia, portano buonumore, e non sono quelle che raccontano barzellette, sono anche silenziose, ma ovunque vanno portano luce, ce l’hanno dentro. Dovremmo essere così anche noi. Pensate ad alcune suore tetre, uggiose… Gli angeli cantano, Maria ed Elisabetta cantano. Questo canto degli angeli è un invito alla gioia: Gloria a Dio, pace in terra.

Posso essere io, tu questo angelo? nonostante quello che ci pesa, nonostante Dio sia intervenuto rubandoci il piccolo sogno per allargarlo a dismisura fino a farci soffrire? Sì, io sono questo angelo, tu sei questo angelo, se riesci a liberare la stilla di luce che è anche in te, che si chiama gioia. L’invito alla gioia che abbiamo ascoltato da Paolo - Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi. La vostra affabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! - è questa luce che è calda. Attenzione nelle vostre comunità: non mettete i neon, perché anche le lampadine adesso si scelgono con la luce fredda o calda. Chiedete sempre una luce calda; invece il neon è l’emblema della luce fredda. Ci sono ancora troppi neon nelle chiese della nostra Diocesi: già ci sono i problemi, poi ci sono anche i neon freddi (come diceva un cantautore: una luce verdognola e amara)… Quando tornate a casa, dite alla vostra superiora: “Bisognerebbe cambiare le lampadine; il Vescovo ha detto che dobbiamo mettere una luce calda”, perché se in refettorio c’è il neon è la fine, anche se avete cucinato lasagne. Se c’è la luce calda, gli animi si dispongono meglio, come quando siete entrate nella Sala, che esprime quella regalità che abbiamo cantato (Sono giunte le nozze dell’Agnello; la Sua sposa è pronta). C’è bisogno di una sala che sia bella (la nostra chiesa, la nostra Cattedrale, le nostre cappelle; normalmente le suore tengono bene le loro cappelle), a dire la luce, la gioia, le nozze, perché una sposa col muso lungo non è una sposa: è una che ha scambiato il matrimonio per un funerale, ma uno che si sposa sorride prima con gli occhi.

Vi auguro d’essere angeli, perché anche gli angeli sono i testimoni dell’Avvento e dicono: “È venuto, è qui! Gloria a Dio e pace agli uomini”.

 

Responsorio breve

 

Intercessioni

 

Orazione

 

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Il testo, tratto direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.