Diocesi di Teano-Calvi

Azione Cattolica

Veglia di Preghiera per la Pace

presieduta da

S.E.Rev.ma Mons. Arturo Aiello

 “Coltiva la Pace

Custodisci il Creato”

 

Teano, 13 febbraio 2010

Chiesa San Francesco

 

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Canto iniziale: Laudato sii

 

Riti introduttivi

 

- Primo elemento: la terra -

 

Vogliamo ringraziare il Signore per la terra dove siamo nati, dove stiamo vivendo, dove state crescendo: è la nostra terra, la terra che ci è affidata e che è illuminata da Dio, perché viene da Lui.

 

Dal Libro della Genesi

In principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: «La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che facciano sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la sua specie». E così avvenne: la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona. Nel giorno in cui il Signore Dio fece la terra e il cielo, nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata, perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e nessuno lavorava il suolo. Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente. Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato perché lo coltivasse e lo custodisse.

 

Perché l’uomo è stato posto al centro di questo giardino? Dice il testo: “perché lo coltivasse e lo custodisse”. Questi due verbi sono importantissimi per capire qual è il nostro rapporto con la terra: l’uomo è il custode, l’uomo è il contadino. Queste due figure hanno degli addentellati e poi si completano. Innanzi tutto, è un custode. Il custode indica l’aspetto statico, cioè la terra ci sta e devo guardarla, devo custodirla. In quanto custode, l’uomo non è il proprietario della terra. Se ci fate caso, qui c’è la bomba che farebbe esplodere ogni concetto di proprietà privata, ma ci porterebbe altrove, cioè è impossibile che uno possa dire: “Questa terra è mia” (come diceva Mazzarò: “La roba è mia”), perché la terra è di Dio e l’uomo ne è solo il custode (se tu custodisci una cosa, la custodisci perché un altro te l’ha affidata). A completare questa immagine c’è l’altra del contadino. Il custode indica l’appartenenza: non è mia, ma è di Dio; Lui me l’ha data, io la custodisco e, quindi, devo consegnarla così come me l’ha data, non depauperata (non faccio una buca e vi metto dentro scorie radioattive, tanto per fare un esempio, purtroppo, molto vicino a noi). Il contadino, invece, esprime l’aspetto della trasformazione. Il custode deve consegnare la terra così com’è, senza depauperarla; il contadino deve consegnare la terra migliorata. In qualche maniera, nella dimensione di contadino c’è l’impegno dell’uomo, la creatività dell’uomo: è come se il creato fosse incompleto. Non pensate che Dio ci tratti come bambini a cui si presenta una cosa bella e fatta, un disegno solo da colorare, come facevate quando eravate alla scuola materna o in prima elementare. Questa terra la devi coltivare, perché il creato è solo abbozzato. Ciascuno di voi, qualsiasi sia la professione che svolgerà, dovrà completare l’opera di Dio, dovrà completare la terra: sia che faccia l’ingegnere, sia che faccia il contadino, sia che faccia l’astronauta, ha il compito di completare l’opera di Dio. Allora ci chiediamo: io mi sento custode della terra?, della nostra Terra di Lavoro?, del territorio della nostra Diocesi? Io mi sento contadino di questa terra che devo rendere migliore? E qui la terra non è solo il terreno, ma anche i paesi, le nostre parrocchie, le comunità, le nostre famiglie che abitano in questo luogo.

 

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- Secondo elemento: l’acqua -

 

Dal Salmo 103

Hai posto un limite alle acque: non lo passeranno,

non torneranno a coprire la terra.

 

Fai scaturire le sorgenti nelle valli

e scorrono tra i monti;

ne bevono tutte le bestie selvatiche

e gli onagri estinguono la loro sete.

Al di sopra dimorano gli uccelli del cielo,

cantano tra le fronde.

 

Dalle tue alte dimore irrighi i monti,

con il frutto delle tue opere sazi la terra.

Fai crescere il fieno per gli armenti

e l'erba al servizio dell'uomo.

 

L’acqua è così a nostra disposizione, che neanche ne percepiamo la preziosità: voi aprite il rubinetto e l’acqua arriva, non dovete sforzarvi a tirarla su dal pozzo. Sembra non costare, ma l’acqua costa: è un dono di Dio. L’acqua si impasta con la terra e diventa creta, il fango da cui l’uomo è stato fatto. Come sapete, intorno all’acqua c’è un grosso dibattito mondiale, negli ultimi tempi, che si sintetizza in questo interrogativo: l’acqua può essere privatizzata? Antonio dice di no con la testa, ma sta di fatto che anche da noi, anche in Italia, l’acqua sta diventando una proprietà privata. Benché non siamo in Africa e negli altri continenti dove l’acqua scarseggia, c’è un problema idrico anche da noi e, mentre prima era un bene di tutti, da un po’ di anni si sta facendo strada la percezione, la concezione che l’acqua possa essere comprata e che, quindi, qualcuno possa mettere il timbro sulle sorgenti, sulle falde acquifere, e dire: “Compro l’acqua dallo Stato e la erogo secondo il mio volere”.

Forse conoscete Alex Zanotelli. Padre Alex è un missionario che lotta, da anni, per la non privatizzazione dell’acqua ed è il rappresentante di una lunga schiera di persone preoccupate per il futuro dell’acqua. Adesso ho agitato un problema grosso, ma in una maniera più spicciola: io sono rispettoso dell’acqua? Mi riferisco all’acqua che facciamo scorrere inutilmente, a docce eterne, infinite… Alcuni di voi stanno sotto la doccia per ore e anche questo è un problema morale: è il caso che io stia per ore sotto lo scroscio, quando l’acqua è un bene che va anche custodito e, quindi, in qualche maniera, economizzato? Nell’acqua dobbiamo riconoscere la mano di Dio: dove c’è l’acqua c’è la vita. Non basta la terra, non basta la materia. Anche la Luna è fatta di materia, ma non c’è H2O, manca l’elemento essenziale. Allora, facciamo attenzione all’acqua come bene: acqua da bere, acqua che mi lava, acqua in cui mi specchio (penso alla novella di Narciso, stavolta in senso positivo), acqua delle cascate (che alcuni di voi hanno visto sulle Alpi), acqua dei laghi, dei mari, acque che lodano il Signore, ma che sono anche violentate (pensate alle falde inquinate dall’egoismo dell’uomo). Anche qui c’è da dire: “Miserere”. Abbi pietà di noi, Signore, perché questo dono così importante, non solo non lo valutiamo abbastanza, ma lo violentiamo. Ogniqualvolta l’acqua non è rispettata, non è rispettata la vita.

 

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- Terzo elemento: il fuoco -

 

Come vedete, stiamo riandando - per chi fra voi abbia studiato i presocratici - agli elementi fondamentali che i filosofi antichi indicavano come elementi all’origine della vita. Siamo in una dimensione già più sofisticata, anche se è fuoco il calore, è fuoco il sole, sono fuoco le stelle. Il fuoco, nell’antichità, era anche ciò che difendeva dalle bestie feroci (ci si poneva intorno al fuoco perché le bestie ne avevano paura), ma è anche ciò che trasforma (pensate alla fusione del ferro). Il fuoco, nel vocabolario universale delle religioni – quindi non solo nella nostra fede - è stato un elemento divino, perché, nel fuoco, gli antichi hanno sempre visto un’immagine della divinità, per tutti i motivi che ho detto (illumina, riscalda, trasforma, consuma). È una potenza: pensate al fuoco che nasce da una scintilla e poi divora un’intera foresta (il fuoco, quando non è arginato, può anche distruggere). Quindi, in questa forza, gli antichi vedevano la forza stessa di Dio o un simbolo della divinità.

 

Dal Libro dell’Esodo (3, 1-6)

Mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, e condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l'Oreb. L'angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a vedere questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per vedere e Dio lo chiamò dal roveto e disse: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio.

 

Dico una parola conclusiva sul perché il Papa Benedetto abbia messo l’elemento “pace” insieme alla “custodia del creato”. La pace sembra riguardare le nazioni che si contendono, le armi… Dunque, che c’entra la pace con la custodia del creato?

La pace esterna, quindi la diminuzione dell’aggressività, dipende anche - ma non è un fattore secondario - dal luogo dove viviamo (per “luogo” intendo la casa, il paese, la parrocchia, la piazza, la scuola): a seconda di come è progettato, è realizzato, è mantenuto, genera in noi una piccola o una grande dose di aggressività. Partiamo dal presupposto che tutti, dentro, abbiamo un coefficiente 10 di aggressività (anche il Vescovo ce l’ha, anche se mi vedete così tranquillo). Quindi, ricordate, voi che siete fidanzati e un domani vi sposerete, che dovrete fare i conti con questo coefficiente: se sale, bisogna preoccuparsi, ma se rimane 10, cioè se uno fa uno scatto, se uno risponde con impazienza, siamo nella normalità. Come, questo coefficiente, può salire fino a diventare preoccupante? Attraverso la diminuzione dello spazio vitale. Per definire lo spazio vitale, dobbiamo ricordarci che, prima che uomini, siamo animali (non vi offendete). Ci sono delle cose del nostro passato animale, presenti ancora nel nostro stato umano. Faccio un esempio che non c’entra con quello che sto per dire, ma che è interessante: perché, quando viene la percezione di un pericolo, comincia a battere forte il cuore? Voi dite che è una reazione emotiva. No, è una reazione, innanzi tutto, fisiologica, che è il residuo di quando l’uomo era solo un animale e doveva scappare davanti ad una belva feroce: il cuore batte, pompa il sangue più velocemente, e posso utilizzare questa energia scappando (quindi, la prossima volta che vi batte il cuore davanti ad un pericolo, ricordatevi che questo è il residuo della dimensione animale dell’uomo). Dunque, c’è un aspetto di animalità in noi che permane anche con tutta la cultura, l’istruzione, la civiltà. Fa parte dello stadio animale la definizione di “spazio vitale”. “Spazio vitale” significa che il leone ha bisogno di tot metri quadrati o chilometri quadrati dove sentirsi il re della foresta. La tigre ha bisogno di tot spazio vitale, per dire: questo è il mio spazio. Come sapete, gli animali lo descrivono, lo segnano, lo delimitano; non mettono i paletti e le indicazioni, però, nell’istinto, c’è la percezione che quello è il loro spazio. Quando un’altra bestia entra nel mio spazio vitale, io mi sento in pericolo. Attenti che si avverte il  pericolo anche se la tigre arriva con la bandiera bianca, anche se è una tigre per la pace, cioè non vuole attentare alla vita del leone. Se entra in questo spazio vitale un elefante pacifico, con una bandiera con i colori dell’arcobaleno sulla proboscide, questo non tranquillizza per niente il leone, che si vede ferito nell’esigenza del suo spazio. Questa cosa vale anche per gli uomini, non come per il leone o la tigre. Secondo voi, come mai nell’Agro Aversano c’è più violenza che a Teano, a Sparanise, a Pietramelara? Perché? Perché noi siamo di meno, non perché siamo migliori di loro. Noi non siamo migliori di quelli di Aversa, di Frattamaggiore, di Casal di Principe: semplicemente, noi siamo di meno e abbiamo più spazio; loro sono molti di più, e stanno l’uno addosso all’altro, diciamo in napoletano, cioè stanno l’uno appiccicato all’altro. Se un bambino nasce in una casa dove non ci si può affacciare dal balcone, o il palazzo di fronte è a cinque metri di distanza, allora questo bambino verrà su con una dose di aggressività maggiore rispetto ai bambini di Teano o di Pignataro, che hanno tanto spazio per giocare. Vi ho fatto tutto questo discorso per dirvi cosa significa rapporto “custodia del creato-pace”. Significa che se il creato è custodito nella sua bellezza - perché poi, in questo aspetto, entra anche il concetto di bellezza - se custodito nella sua integrità, l’uomo si sente anche bene, e il suo coefficiente, il suo quoziente di aggressività cala. Vi siete accorti, per esempio, che quando siete in vacanza, fate meno questioni di quando state preparando un esame all’università? Cioè la distensione, l’essere in un ambiente sereno, aiuta anche a vincere quella dose di aggressività che abbiamo dentro. Ecco il collegamento della pace con la custodia del creato. Quindi, dobbiamo impegnarci di più per la nostra terra, per il nostro territorio, per i nostri paesi, per le nostre case, per le nostre chiese, per i luoghi dove viviamo, perché se continuiamo a lasciare che cadano a pezzi le case e le chiese, aumenterà anche l’aggressività e, quindi, potrebbe accadere che, tra qualche anno, Sparanise dichiari guerra a Pignataro Maggiore, Mignano Monte Lungo dichiari guerra a… Vi sembrano cose strane – adesso sto un po’ scherzando – ma il concetto è serio: la custodia, la tutela del creato è elemento essenziale per l’equilibrio dell’uomo. “Equilibrio dell’uomo” significa tenere a bada la propria aggressività, perché la guerra nasce da un’aggressività che è diventata abnorme e che giunge a distruggere il territorio dell’altro, la casa dell’altro e - quello che è più grave - la vita degli altri. Ci fermiamo un attimo, e poi il Vescovo vi consegnerà questo bellissimo dono che l’AC ha preparato per voi: una primula. La primula, come sapete, è il primo fiore della primavera (che ancora deve venire, a giudicare dal rigore e dalla neve di ieri) ed è un annuncio: la terra si apre alla speranza. E noi ci apriamo alla speranza? E i giovani della nostra Diocesi si aprono alla speranza? Portare a casa questa piantina di primule è come una Parola di Dio che è fiorita e che ti dice: la vita è bella, la terra va custodita. Ovviamente, se stanotte questa piantina la lasciate fuori, se non mettete una goccia d’acqua ogni tanto, se non la curate, finirà con l’appassire. Quindi, è anche un impegno, oltre che un dono.

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Padre nostro…

Benedizione del Vescovo   

Canto finale: Preghiera di San Francesco       

 

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Il testo, tratto direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.