Veglia in preparazione alla visita del Santo Padre
“È il Signore!”
Riflessioni
di
S. E. REV.MA MONS. ARTURO
AIELLO
Cassino, 9 Maggio 2009
~
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 21, 1-19)
1 Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli
sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: 2 si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di
Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. 3 Disse loro Simon Pietro: "Io vado a
pescare". Gli dissero: "Veniamo anche noi con te". Allora
uscirono e salirono sulla barca; ma in quella notte non presero nulla. 4 Quando già era l`alba
Gesù si presentò sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. 5 Gesù disse loro: "Figlioli, non avete nulla da
mangiare?". Gli risposero: "No". 6
Allora disse loro: "Gettate
la rete dalla parte destra della
barca e troverete". La gettarono e non potevano più tirarla su per la gran
quantità di pesci. 7 Allora quel discepolo
che Gesù amava disse a Pietro: "E` il
Signore!". Simon Pietro appena udì che era il Signore, si cinse ai fianchi
la sopravveste, poiché era spogliato, e si gettò in mare. 8
Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di
pesci: infatti non erano lontani da terra se non un centinaio di
metri. 9 Appena scesi a terra, videro un
fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. 10
Disse loro Gesù: "Portate un pò
del pesce che avete preso or ora". 11
Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatrè grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non
si spezzò. 12 Gesù disse loro: "Venite
a mangiare". E nessuno dei discepoli osava domandargli: "Chi sei?", poiché sapevano bene che era il Signore. 13 Allora Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede a
loro, e così pure il pesce. 14 Questa era la
terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risuscitato dai
morti.
15 Quand`ebbero mangiato, Gesù
disse a Simon Pietro: "Simone di Giovanni, mi ami tu più di
costoro?". Gli rispose: "Certo, Signore, tu lo sai che ti amo".
Gli disse: "Pasci i miei agnelli". 16 Gli
disse di nuovo: "Simone di Giovanni, mi ami?". Gli rispose:
"Certo, Signore, tu lo sai che ti amo". Gli disse: "Pasci le mie
pecorelle". 17 Gli disse per la terza
volta: "Simone di Giovanni, mi ami?". Pietro rimase addolorato che
per la terza volta gli dicesse: Mi ami?, e gli disse: "Signore, tu sai
tutto; tu sai che ti amo". Gli rispose Gesù: "Pasci le mie pecorelle.
18 In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane
ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio
tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non
vuoi". 19 Questo gli disse per indicare
con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse:
"Seguimi".
Fratelli e sorelle,
la Chiesa
di Cassino si prepara al grande giorno e i grandi giorni si preparano (sembra
un gioco di parole, ma non lo è). Ci si prepara nel senso che il giorno viene,
ma non è detto che la venuta del giorno, del giorno di Grazia, ci veda pronti,
preparati. In questo senso, la
Veglia che stiamo vivendo diventa una tappa che prepara il
cuore dei singoli, delle parrocchie, della comunità diocesana, alla Grazia
della visita del Papa. Vi ricordo, ma dovreste saperlo, che ciò che non si
prepara non si riconosce e oggi tante grazie noi non le riconosciamo perché non
abbiamo il senso della vigilia; in particolare questo senso non ce l’hanno i giovani, ma non è colpa loro, è colpa di noi
grandi che non glielo abbiamo insegnato. La vigilia significa che questi
seminaristi aspettano - chissà - un po’ di anni, studiano e si preparano: nella misura in cui anelano, desiderano, si sforzano,
contano i giorni aspettando il giorno della “liberazione”, la Grazia dell’Ordine, che
essi riceveranno, li troverà pronti. Quindi, in qualche maniera, la vigilia
prepara l’evento e senza vigilia non c’è evento. La Chiesa in questo è madre, è
maestra, ci ha dato il senso vigiliare e nella vigilia si vigila, non si dorme,
si veglia. Questa è una Veglia (state tranquilli, non durerà tutta la notte), ma è una Veglia nel senso che tiene sveglio il
cuore, dicendo: ma sai che stai per ricevere una visita importante?, sai che
stai per vivere un momento di Grazia? Già l’Inno nella notte della Veglia
Pasquale, come l’aspersione, ci ha posto nell’attenzione giusta. Il resto l’ha
già fatto il capitolo 21 di Giovanni che abbiamo ascoltato e da cui vorrei
trarre alcune spigolature dal momento che non è questo il luogo e voi non
avreste la pazienza - e neanch’io la competenza - di
fare un’esegesi dettagliata. Cerchiamo, in questo brano dove Simon Pietro è
presente in tutte le scene, alcuni elementi che ci aiutino
a capire: ma chi è questo signore che viene a visitarci? Sappiamo che è vestito
di bianco, ma non è il vestito che fa il monaco – è vero Padre Abate? – e
dunque potrebbe arrivare un altro, vestito di bianco, e… “Oh! Il Papa! Il
Papa!” e magari non è il Papa, perché non è l’abito che fa il monaco. Cerchiamo
di capire cosa c’è sotto quest’abito, qual è il ruolo di Simon Pietro nel
collegio dei discepoli, degli apostoli e poi nella vita della Chiesa.
Il capitolo 21 di Giovanni è una catechesi non solo sulla Pasqua, ma anche sul Ministero Petrino, più di altri brani normalmente chiamati, reclamati
per difendere il primato di Pietro, perché innanzi tutto Simon Pietro (prima
scena) ha già un’influenza sugli altri da un punto di vista umano; anche questo
è importante: si parte dall’umano. Nella prima scena i discepoli sono un po’
divisi, non si sono ancora resi conto della Pasqua, si ritrovano alla
spicciolata. A Pietro viene in mente di andare a pescare e tutti gli vanno
dietro: perché?, come mai? Evidentemente la Grazia del Ministero che
Gesù sta per affidargli, come ascoltiamo alla fine del brano, si poggia anche
su una umanità, su una struttura umana, anche
psicologica, per cui Simon Pietro ha avuto sempre (nel Vangelo ci sono tanti
riferimenti) un posto speciale, è stato sempre una figura che ha fatto - come
dicono oggi i giovani – “tendenza”. Simon Pietro faceva tendenza, cioè quello
che faceva lui lo facevano anche i discepoli: andava a pescare e… “Veniamo
anche noi tutti!”. Ma questa umanità da sola non basta, non basta fare tendenza
umanamente (spesso le tendenze che noi seguiamo sono del
tutto vuote), tant’è che questa esperienza di
pesca notturna è un grande fallimento. Noi abbiamo cantato sulla “notte”, una
notte importante, “notte gloriosa” dice il Preconio
Pasquale. Ho l’impressione, cari fratelli e sorelle, che noi dovremmo tornare,
come cristiani, a essere “quelli della notte”: ve lo ricordate? A guardarvi
bene, tanto giovani non siete, vedo molte persone attempate, quindi la
trasmissione di Renzo Arbore credo faccia parte del
vostro background. Ma “quelli della notte” sono solo quegli scalmanati che
facevano tante stranezze o siamo noi? Noi siamo quelli della notte, nel senso
che siamo persone che camminano nella notte, esperti della notte, anche delle
tragedie come quella dell’Abruzzo. “Esperti” non che sanno dare risposte, ma esperti che sanno cogliere anche nella notte
delle aurore boreali, anche nella notte delle stelle, dei bagliori; non esiste
una notte che sia del tutto nera e questo è il primo insegnamento. Facciamo
attenzione ai nostri fallimenti, quelli che ci pesano sul cuore: ognuno di noi ne ha tanti e vorrebbe disfarsene e invece il fallimento
può essere una Grazia. È il caso di questa pesca infruttuosa che deve far
rendere conto i discepoli, e anche Simon Pietro, che non basta organizzarsi,
come non basta organizzare – è una macchina terribile e bellissima al tempo
stesso – la visita del Papa, perché c’è bisogno anche di un cuore, c’è bisogno
di un’anima. In fondo questi discepoli vorrebbero stare insieme senza Gesù, ma
noi senza di Lui saremmo un popolo di dispersi, di disperati. Allora è Gesù il
punto intorno a cui la comunità deve tornare a
compaginarsi. Auguro a questa Chiesa di compaginarsi attorno a Gesù,
approfittando di questa Grazia del Simon Pietro di oggi che viene a visitarla.
Quindi attenti: impegniamoci sul piano umano, psicologico, sociologico,
organizzativo, ma non dimentichiamo che se manca il perno la Chiesa non gira, e gira
intorno al perno che è Cristo. Se stanotte non abbiamo preso nulla è perché il
nostro fulcro forse è un’altra cosa: la simpatia… Sono altre dinamiche umane,
belle quanto volete, ma che non tengono sui tempi lunghi. Allora si apre la
notte e nella notte c’è un dono. Per questo vorrei che quelli fra voi che hanno
depositato nel sacchetto dell’immondizia, spero differenziata (umido, ecc…), i
loro fallimenti, prima che quelli della nettezza urbana passino a raccogliere,
tornino a riprendere i loro fallimenti perché forse stanno buttando via una
cosa che è nera, ma se la si apre è bella. Vi sto
dicendo in una maniera un po’ paradossale che c’è una Grazia anche nel
fallimento. Vi sembrerà strano, ma a volte c’è una Grazia anche nel fallimento
morale. I preti mi staranno guardando… “A posteriori”, staranno pensando. Sì,
sì, a posteriori, non a priori; cioè anche quando sperimentiamo la nostra
povertà umanamente, non è solo l’occasione per dire “tu non vali niente, tu sei
un verme”, ma se, dentro, tu vai a scovare, se tu apri, anche in quel
fallimento c’è una Grazia (prima lezione).
Seconda scena e quindi seconda
lezione: all’alba, quando la tensione s’è fatta terribile in questa Chiesa, in
questa piccola comunità “raccogliticcia” intorno a Simon Pietro, quando la
tensione è al massimo, ecco che c’è un signore che passeggia tranquillo sulla
riva, lo vedono da lontano, ma nessuno lo riconosce. Egli si prende cura di
loro e chiede: “Figlioli, avete qualcosa da mangiare?”. Gli
risposero (il diacono ha letto bene): “No”, in una maniera ferma, a dire: “Non
ci scocciare!”. Alla fine è così: quel “No”, non è solo non abbiamo
niente, ma “Fatti i fatti tuoi, ognuno si tenga i suoi cadaveri, noi già
abbiamo i nostri problemi”. Ma Gesù, che non hanno riconosciuto come tante
volte nelle scene di Risurrezione, dà loro un consiglio: “Gettate la rete dalla
parte destra”, cioè nella tua crisi, nel tuo problema, nel tuo dramma, c’è
un’uscita di sicurezza. Forse se vai a riprendere quello che hai buttato via e
lo leggi alla luce della Parola di Dio, troverai un’uscita di sicurezza:
l’uscita di sicurezza qui è “gettate le reti dalla parte destra”. Ovviamente
potevano gettare anche a sinistra, l’importante è l’atto di ubbidienza, cioè i
discepoli avrebbero potuto lasciar cadere questa indicazione, invece l’assumono
e dicono: “Tentiamo” (“Tentiamo anche con Dio, non si sa mai”, cantava Ornella Vanoni). Tentano e va bene, ma quando comincia ad andar
bene, non è detto che tu tiri le somme e dici: è il Signore! Perché per questo
c’è bisogno di una Grazia ulteriore, che è rappresentata, nel brano del
Vangelo, da Giovanni, il quale è l’unico che tira le somme di questa notte e
dice: “È lui!”. Qui bisogna leggere così: “È il Signore!!!”
perché c’è lo stupore, perché c’è la gioia dell’amico ritrovato, perché c’è la
gioia della Pasqua.
Stasera (voi già state dormendo o
state pensando alle pizze che vi aspettano, fumanti, quattro stagioni o alla
marinara), continuando questa Veglia forse in
una maniera più interessante, ricordatevi che c’è bisogno di qualcuno nella
nostra vita, nella vita della Chiesa, che dica: “È il Signore!”, cioè non
stiamo crollando, non siamo stati abbandonati, non è la fine, l’inizio della
fine. “È il Signore!” C’è! È qui, anche se non lo vediamo, se non lo
percepiamo! “È il Signore!” - si dice con un termine tecnico - è la “percezione
sacramentale”. “Percezione sacramentale” significa che nell’amore, nell’alba,
in un tramonto, in un fiore, in un bacio, ma anche in un evento negativo io
debbo riuscire ad andare al di là di quello che si vede, intuendo la presenza
di Gesù: “È il Signore!”. Lo dovremmo gridare durante l’Eucaristia, ma nessuno
mai dice “È il Signore!”, tantomeno poi nella vita. A questo annuncio - e vado
alla terza scena: state tranquilli siamo già al terzo atto, vedo che già vi
muovete e date segni di insofferenza, avete ragione… - a questo grido, Simon
Pietro si getta in mare, perché ha un discorso privato da fare tête-à-tête con
Gesù perché si erano lasciati un po’ male - ve lo ricordate? - si erano
lasciati nel rinnegamento. L’ultima volta che si sono visti,
si sono guardati e Simon Pietro è scoppiato in pianto. Non si vedevano da
allora, quindi c’è un conto da risolvere tra “me e Lui”. A bracciate conquista
velocemente la riva e qui incontra Gesù che ha preparato della brace con del
pesce sopra e del pane. Gesù è Madre, Gesù è attento. Di che cosa ha bisogno la Chiesa di Cassino? Forse ha
bisogno della visita del Papa Benedetto e l’ha mandato, come ha preparato il
pane per i suoi. Ogni Chiesa ha i doni che in quel momento le sono necessari.
Gesù è Padre e Madre, imbandisce una mensa: Davanti
a me tu prepari una mensa…
(Salmo 22). Ma Gesù non dà per ora adito
a “risolviamo la nostra questione”; piuttosto indica… Anche questo è
importante: il Cardinal Martini – ricordo - lo sottolineava nella preparazione
di una delle visite di Giovanni Paolo II a Milano, forse una delle prime,
dicendo: chi è che va a prendere il pesce che è stato pescato miracolosamente?
Potevano andarci anche gli altri. No, ci va Simon Pietro, perché Simon Pietro è
colui che ha le chiavi della dispensa. Vedo lì delle suore e le suore hanno la
malattia di dividersi i compiti in una maniera impietosa: c’è sempre una suora
che si occupa della dispensa e guai a chi la tocca! Nella Chiesa è un po’ così:
il Papa ha le chiavi della dispensa. Questa cosa dovete anche leggerla per
recuperare la dottrina delle indulgenze. Perché ci sono le indulgenze? Perché
c’è uno che ha le chiavi, apre e dice: “Oggi vi preparo un pasto
particolare...”. Questo è Simon Pietro. Allora Simone è colui che apre la
dispensa, che porta il pesce, conta e divide a seconda dei
bisogni il pesce che è stato pescato miracolosamente. Finita la cena – veniamo
al dunque - Gesù e Pietro si appartano un tantino e Gesù lo sottopone ad un
esame, l’esame più difficile a cui si possa essere
sottoposti. Noi abbiamo fatto tanti esami nella nostra vita, i giovani qui
presenti ne staranno preparando, ma c’è un esame che è il più difficile.
Pensate: questo è l’esame per diventare Papa. Mettiamo il caso: il vostro Padre Abate può diventare Papa? Vediamo,
facciamogli un esame. C’è un esame per diventare Papa? Come diventare Papa? Io
avrei fatto, per esempio, un esame… chiediamogli come ci si comporta nella
politica internazionale, per le nomine dei Vescovi, oppure se è un buon economo
perché ci sono anche le casse comuni, nelle diocesi come nella Chiesa
Universale. Invece no, nessuna domanda tecnica, nessuna domanda sul Diritto
Canonico; invece una domanda strana: “Simone di Giovanni – che è l’espressione
della solennità dove si indica il figlio e anche il padre – mi ami tu?”. Pietro
e anche noi al suo posto saremmo caduti in un grande imbarazzo: “Che significa?
Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene”. Attenti che adesso la nuova
traduzione ci porta anche questo dono di aver espresso bene termini greci
diversi, cioè Gesù dice: “Mi ami?”. E Pietro risponde: “Ti voglio bene”.
Secondo voi sono due cose uguali? Nel linguaggio affettivo “mi ami” e “ti
voglio bene” sono la stessa cosa. Invece “mi ami” è una cosa più alta. “Mi
ami?”. “Tu lo sai, Signore, che ti voglio bene”. “Pasci i miei agnelli”.
“Simone di Giovanni - seconda domanda uguale – mi ami?”. “Signore, tu lo sai
che ti voglio bene”. A questo punto, l’esaminatore inverte la domanda. Fa la stessa domanda con il verbo con cui l’alunno, l’esaminando,
gli ha risposto: Simon Pietro si rende conto che l’amore che Gesù gli chiede è
il massimo, quindi gli può offrire quello che è il voler bene sul piano umano,
e allora Gesù gli viene incontro, è come se si mettesse al livello
dell’esaminando e non gli dice più “Mi ami?”, se fate attenzione al testo, ma
gli dice: “Mi vuoi bene?”. E Pietro risponde: “Signore, tu sai tutto, tu
sai che ti voglio bene”. Il Papa che viene a santificare con la sua presenza
questa Chiesa, questa città, questo luogo, non è importante che sia il numero
uno sul piano diplomatico, non ci interessa che sia un
grande comunicatore, quello che è importante è che sia l’uomo dell’Amore,
perché – e vado verso la fine – è l’Amore che comunica: chi non ama non riesce
a comunicare. Allora il Papa Benedetto, in questo momento, nella Chiesa, è
colui che più degli altri è grande nell’Amore, cioè nella misericordia: innanzi
tutto nell’amore per il Maestro, ma anche nell’amore per il gregge. Lo ascolteremo tra poco in uno stralcio dell’omelia da lui tenuta e
scritta per l’inizio del Ministero, dove dice: “Gesù dice a me: Mi vuoi bene?”.
Sant’Agostino commenta questo brano: “Se mi ami, pasci”, cioè è l’amore per
Gesù che porta il Papa ad essere attento ai bisogni, alle esigenze, ai passi di
tutte le chiese. Il vostro Padre Abate e anch’io
portiamo il peso di una porzione di Chiesa (la Chiesa di Cassino, la Chiesa di Teano-Calvi), e anche se si dice che i Vescovi devono avere
un occhio per tutta la Chiesa,
poi concretamente ognuno guarda il suo orto. Il Vescovo di Roma, invece, deve
avere attenzione per tutte le chiese. Questo è il peso, il vero peso che grava
sulle spalle, sul cuore del Papa Benedetto. Noi ci prepariamo ad accoglierlo,
sentendo che è il Maestro dell’Amore. Se vuoi imparare, guarda lui nel modo di
essere legato a Gesù, nel modo d’essere legato alla Chiesa. “Quando eri giovane
– si conclude così il brano alludendo al martirio di Pietro – tu ti cingevi la
veste e andavi dove volevi. Quando sarai vecchio, altri ti cingeranno e ti
porteranno là dove tu non vuoi”. “Vecchio” in greco è “presbitero”. Questa è
una carezza che faccio ai presbiteri presenti: quando eri giovane andavi dove
volevi, ma da quando sei diventato presbitero altri ti portano dove tu non
vuoi. Anche voi che siete papà, mamme, fidanzati, sappiate che l’amore vi
porta, vi conduce. È l’amore che ti porta, che ti spoglia, che ti fa fare cose
di cui tu da giovane avresti detto: “No, questa cosa mai la farò!” e invece
l’amore la rende possibile, la rende facile. Joseph Ratzinger, alla vigilia della sua elezione, avrebbe detto
“Io voglio succedere a Giovanni Paolo II”? Credo che qualsiasi cardinale
entrato in Conclave avesse questo timore terribile
d’essere l’indicato: è lui l’eletto! Il Signore e l’amore per il Signore
l’hanno condotto dove egli non voleva e adesso è schiavo dell’Amore. Ci
prepariamo così. Scusate queste poche righe (poche per me, ma tante per voi) in
questa Veglia. Cogliete la
Grazia e continuate ad allenare il cuore nella preghiera, in
questi giorni che vi separano dal 24, in modo tale che vederlo anche da lontano
per voi sarà una Grazia. Negli Atti degli Apostoli – e chiudo veramente – è
scritto che quando Pietro passava, anche solo la sua ombra guariva le persone.
Questo è vero anche oggi. L’ombra di Pietro di oggi che si chiama Benedetto,
passa tra voi, per questa strada, per questa città. Anche solo al suo passaggio
seminerà Grazia: vi auguro di saperla riconoscere.
***
Il testo, tratto direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto
dall’autore.