FESTA DI ADESIONE DEI GIOVANI DI AC

 

“Lasci o raddoppi?”

 

Intervento di

S. E. Rev. ma Mons. Arturo Aiello

 

Vescovo della Diocesi di Teano-Calvi

 

Auditorium Diocesano

 

Teano, 14 Dicembre 2008

 

 

 

Innanzi tutto diciamo grazie ai giovani, anche al vescovo falso, per questa iniziativa tra l’altro, come hanno spiegato, nata molto velocemente in zone diverse della Diocesi e poi imbastita. Credo che questo esperimento di una piccola serata introduttiva e di lancio dell’AC sul piano dell’adesione, sia in qualche maniera lo stile dell’Azione Cattolica che non è uno stile da superstar, ma è lo stile della ferialità ed anche la persona di Frassati, che è stata rappresentata, è una santità non dei “grandi gesti”. Spero che qualcuno di voi - dico soprattutto questo ai giovani - sia stato stimolato a saperne di più di questo loro coetaneo, proveniente dall’alta borghesia torinese e approdato alla santità (perché l’approdo alla santità non è un optional) attraverso lo stile feriale dell’Azione Cattolica. Spero che questa piccola drammatizzazione vi faccia approfondire di più questa figura. È importante anche la collocazione geografica: pensate che la Torino di fine Ottocento inizio Novecento è una Torino molto laica, è una Torino in preda della Massoneria e quindi essere cristiani a Torino è ancora più difficile. Questo è vero ancora oggi; quando ascolto i vescovi del Piemonte dico: noi siamo in Paradiso. Pensate che c’è un anticlericalismo, ancora oggi in Piemonte, perché i passaggi della storia sono lentissimi dovunque e, anche se sono passati più o meno cento anni dai tempi di Piergiorgio, ancora i vescovi oggi nelle Diocesi del Piemonte vivono, sentono, avvertono l’eco di questo pensiero che fa a pugni con la fede. Quindi Torino, poi la sua famiglia, una famiglia borghese, il padre fondatore de “La stampa” come avete ascoltato, ambasciatore, quindi una persona che avrebbe potuto permettersi tante cose e che invece pensa a tanti che si trovano nel bisogno. Adesso nessuno di voi appartiene che io sappia (può anche darsi che mi sfugga la dichiarazione dei redditi di qualcuno dei vostri genitori) ad una famiglia alto-borghese, ma ciascuno di noi può rendere più felice la vita di altri: questo è il messaggio. Piergiorgio si è reso disponibile per altre persone meno agiate, meno fortunate, diremmo noi oggi con una parola laica. Si è chiesto: sono qui, che ne faccio della mia giovinezza? Qui ci sono giovani e ciascuno di voi se lo deve chiedere confrontandosi con Piergiorgio, questo giovane e, attenti, non un giovane bigotto, nel senso “con le mani giunte”, ma amante della montagna, amante dell’avventura, dal forte desiderio di coesione che contraddistingue l’età giovanile: c’è un giovane come voi che decide di spendersi per gli altri. Mi piace sottolineare in particolare la passione per la montagna. Credo che ci sia qui qualcuno di quelli che stavano al Campo-Scuola: la prima scena mi ha ricordato tanto qualcosa accaduto quest’estate e non eravamo certamente sulle Alpi, né avevamo fatto una scalata. Ho sentito, quando siamo tornati: “Il Vescovo ci ha fatto camminare per ore!”. Si è trattato di un’oretta e mezza in superstrada… Il sentiero che abbiamo fatto a Canneto, se l’avesse fatto Piergiorgio, c’avrebbe preso in giro perché eravamo dei lumaconi e delle lumache. Per dirvi: questa passione di salire in alto è indicativa nella giovinezza, nel senso che non bisogna accontentarsi, non bisogna camminare sul piano, bisogna guardare in alto e avere grandi sogni. Io vi auguro, auguro agli attori che hanno messo in scena Piergiorgio, ma anche a tutti voi e a tutti gli aderenti AC, di intraprendere questo cammino in salita, mettendo anche in conto che gli altri non ci applaudiranno: potete immaginare che se in classe, all’università, tirate fuori il cartellino (non quello giallo dell’arbitro ma il cartellino dell’AC) qualcuno possa ridervi dietro, qualcuno possa sorridere o prendervi in giro. Dobbiamo essere pronti anche a questo, facendo dell’avventura di Piergiorgio anche delle piccole società segrete. Questo gruppo dei “Tipi loschi” da lui ideato, è un gruppo di amici che si trovano e argomentano per il bene. Normalmente ci si raccoglie in segreto per preparare un blitz, un colpo, un furto ai danni di qualcuno: Piergiorgio fa una volturazione, voltura questa società segreta per il male (allora ce n’erano molte di più di quante ce ne siano oggi) pensando che si possa fare anche una “società segreta bianca”, nel senso “pensiamo di fare una rivoluzione”. Se voi che state qui fate una società segreta per rivoluzionare la nostra Diocesi, il vostro Vescovo vi abilita in questo momento: vi do il placet, metto il timbro per questa società segreta che deve rivoltare come un calzino la Diocesi di Teano-Calvi. Ovviamente questo richiede una grinta che solo i giovani hanno. Non voglio penalizzare gli adulti di Azione Cattolica, che saranno venuti a fare gli applausi ai loro  beniamini, ma i giovani hanno una marcia in più che noi non abbiamo (dobbiamo riconoscerlo) e hanno possibilità di entrare in ambienti nei quali noi non possiamo entrare. Ecco l’AC si fa in questa maniera, cari amici: si fa sognando in grande, si fa creando delle cellule, mettendo su dei piccoli gruppi che inizialmente sembrano da perditempo e che filano dei sogni, delle sete meravigliose che poi diventano una storia grande. La storia dell’Azione Cattolica è fatta di tante testimonianze feriali nascoste come quella di Piergiorgio e queste fedeltà feriali poi conducono fino alle cime innevate bellissime, apparentemente inaccessibili, della santità. Cos’è la santità – e chiudo – se non fare bene il proprio dovere?, se non vivere bene la propria stagione?, se non svolgere al meglio il proprio compito, la propria professione (per lo più la vostra è una professione scolastica, universitaria) mettendo più amore di quanto non investiate? Lasciamoci provocare così: io potrei mettere più amore nella facoltà che sto frequentando?, al liceo scientifico dove vivo in classe un po’ defilato come credente? L’Azione Cattolica, nel cammino dei gruppi e poi nel cammino diocesano, vi aiuta e vi incoraggia a mettere amore in quello che fate e l’amore ha sempre un ritorno rivoluzionario: se c’è anche una sola persona nella nostra Diocesi – e ce ne saranno tante, spero – che ama e che raccoglie questo messaggio, da questa serata verrà tanto bene, nasceranno ulteriori idealità.

Come si chiama la diciottenne? Vera (speriamo che sia vera e non falsa come quel vescovo lì). Vera che ha 18 anni e ha questo fascio di fiori a dire “questa è la mia vita”, potrebbe godersi questi fiori da sola e annusarli, contemplarli, fotografarli, come potrebbe farne dono. Vera, i suoi 18 anni, li donerà o li consumerà? Li succhierà da sola o li soffierà perché possano venire tante bolle di sapone multicolori? Penserà a sé o penserà agli altri? Li impiegherà per fare molti soldi o per una grande idealità apparentemente perdente? Quello che dico a lei, lo dico a ciascuno di voi. Allora chiediamo al Signore stasera questa grinta, questo surplus di idealità di cui la nostra Diocesi e la nostra terra hanno particolarmente bisogno: certo noi non siamo a Torino, non abbiamo, come i miei confratelli vescovi piemontesi, problemi di anticlericalismo (ne hanno ancora oggi, come vi dicevo) però forse abbiamo un altro problema più serio che è quello dell’appiattimento. Vedete come sono le nostre zone, i nostri ambienti, le nostre parrocchie e i nostri circoli culturali? Piatti, come se non si muovesse un filo d’aria, non circolasse un’idea, un ideale. Bene, in questa piattezza, Signore, ti chiediamo che i giovani di AC possano costituire questa primavera per la nostra Chiesa.

 

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Il testo, tratto direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.