IN PUNTA DI PIEDI IN EPISCOPIO

 

“I BAMBINI E LE RONDINI: SACRAMENTO DELLA PASQUA”

 

 

RIFLESSIONI DI S. E. MONS. ARTURO AIELLO

 

Vescovo della Diocesi di Teano-Calvi

 

Episcopio

 

Giovedì, 24 Aprile 2008

 

 

Innanzitutto, benvenuti, bentornati a queste nostre serate spirituali. Il termine abbraccia sia il dato della fede, sia ogni esperienza contemplativa e l’arte è una esperienza contemplativa. Questa sera abbiamo il supporto… è arrivata anche Maria Teresa quindi possiamo incominciare; arriva sempre non solo in punta di piedi, ma anche in punta d’orologio.

Vi dicevo che abbiamo l’aiuto del Maestro Francesco Gravina che è al piano con (avete qui il programma) brani di Chopin, Debussy e anche alcuni brani, gli ultimi, che portano, recano la sua firma. Iniziamo con un segno di croce.

 

Nel nome del Padre…

 

Potete stare seduti.

I brani non saranno annunziati perché seguiremo passo passo il programma. È il nostro incontro pasquale, il tema forse vi farà sorridere: “I bambini e le rondini: Sacramento della Pasqua”. Ma prima di entrare nel tema specifico, mi piace iniziare con un aggettivo legato alla Pasqua ed è “lieve”. La difficoltà della Pasqua sta in questo aggettivo: è una gioia, è una luce lieve. E tutte le cose leggere hanno bisogno di attenzione, di custodia, di cura, di avere gli occhi aperti, di tirar fuori tutta la potenzialità dei sensi, altrimenti le grazie di ieri, come quella pasquale, per noi è una grazia centrale, rischiano di andar perdute. Questo lieve riguarda ovviamente tutto quanto è spirituale: è lieve. Si dice, levitazione, come lieve è tutto quanto avviene nella natura, nei passaggi. Non ci sono eventi tumultuosi, non ci sono luci particolari. Lieve è l’alba, lieve è il tramonto, c’è questo passaggio dal buio alla luce. Turoldo ha un verso molto bello sull’alba, dice che la luce si appoggia sul davanzale…E questo gesto della luce che si appoggia sul davanzale è un gesto lieve. Chiediamo al Signore stasera di entrare nel Mistero della levità che riguarda la Pasqua , che riguarda tutto quanto ci appartiene nello spirito.

 

Notturno op.72 (postumo) Chopin

 

Per sentire questa leggerezza, questa levità, ovviamente vi chiedo di attenuare tutti i rumori: quelli dei foglietti, quelli dei passi. È importante per chi suona, ma anche per chi parla e, perché no, per chi ascolta che ci sia come protagonista il silenzio. Il Notturno con cui ci siamo introdotti in questa preghiera è in piena sintonia con questa leggerezza.  Questo genere musicale si chiama così perché sa di raccoglimento, sa di stelle che luccicano silenziose. Bene, in questa leggerezza, in questa levità, entriamo nel tema di stasera, nel tema della nostra preghiera e della nostra riflessione I bambini e le rondini: Sacramento della Pasqua. Trovate sul retro due brani di Vangelo che costituiscono le nostre luci di posizione. Innanzitutto, perché Sacramenti della Pasqua? Perché questa leggerezza ha bisogno di segni, ha bisogno  di immagini, ha bisogno di sensazioni, ha bisogno di emozioni e tutte queste cose rientrano nella leggerezza e al tempo stesso assumono o possono assumere una dimensione sacramentale. Perché sacramentale? Perché la Pasqua non è visibile. Perché tutto quello che riguarda Dio è inaccessibile, non lo posso catturare, non lo posso toccare, ma lo raggiungo attraverso una mediazione. Questa mediazione, nella Teologia della Chiesa, si chiama Sacramento: è la mediazione della parola, è la mediazione del pane, è la mediazione dell’acqua, è la mediazione del vino, dell’olio, faccio riferimento ai segni sacramentali. Ecco ma i segni sacramentali non sono solo quelli classici, ma ce ne sono tanti altri che chi ha attenzione, riesce a cogliere, che affollano la nostra vita e affollano la natura. E quindi voglio fare con voi questo percorso che è un percorso musicale, che è un percorso letterario, è un percorso spirituale, anche evocativo, perché qui si parla di bambini  e quindi il ricordo va alla nostra infanzia, leggendo nei bambini e nelle rondini Sacramenti pasquali. Ovviamente partiamo dai bambini ed è il secondo brano che vedete qui in ordine. Al capitolo 19 del Vangelo di Matteo (ci sono i paralleli anche negli altri Evangelisti) è scritto:

 

Allora gli furono portati dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li sgridavano.

Gesù però disse loro: “Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il regno dei cieli”.

 E dopo avere imposto loro le mani, se ne partì.

 

Partiamo da questo testo per guardare la sacramentalità dei bambini e del bambino e dell’infanzia. Innanzitutto questo è un incidente di percorso come ce ne sono tanti nel Vangelo. Incidente di percorso perché vediamo una sintonia divaricante: quella del maestro e quella di Gesù. Perché i discepoli sgridano i bambini? Perché un rabbi non può perder tempo con i bambini, perché per gli Ebrei il bambino è nulla, ovviamente parlo della percezione che gli Ebrei avevano nell’Antico Testamento quindi anche al tempo di Gesù, perché per gli israeliti il bambino comincia ad assumere valenza all’atto in cui compie un rito che è quello che avviene a 12 anni, che è anche passaggio all’adolescenza, dove può diventare lettore e ascoltatore della Thorà. Ecco, allora abbiamo una categoria, quella dei bambini, esclusa dall’attenzione della Parola e dall’attenzione quindi di coloro che si occupano della Parola: i rabbi, i maestri. Quindi diciamo che questo atteggiamento, come dire, di allontanamento, di guardie del corpo di Gesù da parte dei discepoli non è immotivato: essi seguono la norma. Gesù non può attardarsi con dei bambini. Qui il Maestro rompe questa consuetudine e permette ai bambini di avvicinarsi. Sembra un dato, come dire, del tutto poetico che ha ispirato tanti pittori, anche il quadro che poi guarderemo, avremo sott’occhio durante queste due ore che trascorriamo insieme invece è molto di più, perché nel tentativo di allontanare i bambini c’è il tentativo di allontanare l’infanzia. Allora andiamo un po’ più  dentro a questa sacramentalità perché noi abbiamo nei confronti dell’infanzia, mi riferisco alla nostra infanzia, un atteggiamento ambivalente. Noi siamo i nostalgici dell’età d’oro, dell’età felice, ovviamente c’è anche molto di romantico in queste nostre evocazioni, ma abbiamo anche una difficoltà a confrontarci con noi bambini. E la difficoltà la capite bene senza che io ve la esprima, ancor prima che io la esprima, ed è la difficoltà di specchiarmi in me bambino perché non solo sono invecchiato, e questa è una legge della natura, ma perché forse se io fisso gli occhi di me  bambino, sento che quel bambino mi rimprovera, pur senza parlare, che quella bambina che eri tu ti rimprovera. Allora questo gesto di Pietro e degli altri, dei discepoli, che sgridano i bambini “Qui si fanno cose serie…Qui non stiamo a perder tempo, qui non stiamo facendo un gioco, qui siamo a contatto con la Parola, con la Thorà” è anche in fondo un modo per dire “Non voglio incontrare il bambino che io ero”, il bambino che in me ancora c’è e che è sotto un cumulo di consuetudini, di errori, di vessazioni, di lacerazioni, di compromessi, ecc. ecc. e quindi li sgridano perché vadano fuori dall’orizzonte dei grandi perché noi siamo gente seria e stasera vogliamo dirci che questa serietà, caso mai, qualcuno di voi la ritenesse per sé, non ci salva e che invece forse ci salveremo per un bambino, per un residuo di infanzia che è rimasto dentro di noi, ci salveremo per una preghierina a Gesù Bambino detta cinquant’anni fa, sessant’anni fa,  quarant’anni fa, trent’anni fa, per un gesto di apertura nei confronti di un bisogno, del bisogno di un altro che noi bambini, a cui noi bambini siamo andati incontro.Ecco, allora forse anche tu, anch’io sgrido il bambino che è in me. C’è sempre questa maniera da parte nostra di sgridare i bambini, di metterli a tacere, di mandarli a dormire “Andate a dormire, è ora della nanna” e invece adesso, stasera, questo bambino lo devi ascoltare, questo bambino è ancora vivo, forse Gesù impone le mani a lui e non a te, cioè a te piccolo e non a te grande… “Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il regno dei cieli”.

 

Valzer op.69 n.2 (Bm) Chopin

 

Nel valzer che abbiamo appena ascoltato credo che… avete visto molti bambini che saltellavano, che danzavano in questa rincorsa anche di semitoni dell’orditura musicale. Ecco, stasera ti viene incontro la tua infanzia come il momento più alto della tua vita. Se ci salveremo per essere stati bambini, “Tutti sono stati bambini una volta” dice l’introduzione al Piccolo Principe, allora è l’infanzia che ci salverà. Non solo la nostra infanzia salverà noi, ma i bambini, i tuoi figli, i tuoi nipoti se sei nonno, nonna, o quelli che nasceranno costituiscono la vera profezia del mondo. Come ci stiamo come i bambini? Come ci stai con la tua infanzia? Una volta superata questa difficoltà legata “Sgridiamo i bambini e mettiamoli a tacere”, c’è un bambino che grida perché vuole nascere. C’è un aspetto drammatico legato al gesto vero e proprio della nascita, dove quando si corrono dei pericoli  nel corso del parto o, in una maniera ancora più drammatica e oscura, si tenta di uccider un bambino, è stato anche filmato questo atteggiamento, il bambino si allontana, si ritrae dal pericolo, da chi vuole ucciderlo, perché ci sono ancora i giorni di Erode e qui non voglio assolutamente fare la solita strimpellata sulla gravità dell’aborto, non è su questo tema che voglio portarvi, ma su questa nostra voglia di uccidere il bambino. Anche Erode mandò ad uccidere bambini , è un brano natalizio, per la verità poco poetico e molto crudo, non solo per uccidere l’antagonista, ma per togliere dall’orizzonte del suo regno l’infanzia, perché l’infanzia mette in crisi il re e ogni potere, perché l’infanzia con un sorriso, con un gioco, dando del tu, crea imbarazzo. Anni fa, ricordavo a questo proposito, una foto che, credo, quelli della mia età, e ancor più quelli più avanti, hanno impresso nel proprio immaginario. Mi riferisco a Kennedy, il presidente, ritratto in una foto con i bambini che scorazzavano sotto la sua scrivania. Uno scandalo, per certi aspetti, peraltro una cosa bellissima, dolce, che alla Casa Bianca ci fossero anche dei bambini; che lì dove si premono i bottoni per la grande esplosione, si potesse anche giocare e quell’immagine del figlio che carponi faceva la pecorella sotto la scrivania dove si decidevano le cose grandi del mondo, in qualche maniera, fu un messaggio all’uomo, a dire “Anche il Presidente Kennedy, anche alla Casa Bianca, si gioca” perché ripeto, l’infanzia, il bambino è una mina sotto la poltrona del potente perché questo bambino domani ti metterà in crisi, questo bambino domani potrà abbatterti, tirarti giù dal tuo trono, questo bambino è felice e ti dà del tu anche se tu sei un luminare. È proprio dei bambini relazionarsi immediatamente, anche con la persona importante, svestendola del ruolo che essi per fortuna non riconoscono per dirgli “Tu”. Se io incontro un bambino, certamente non dirà “Eccellenza!”, dirà “Tu!”. Ricordo un bambino della mia Parrocchia, incontrato nel mesetto in preparazione alla mia venuta qui, Michele si chiama che, incontrandomi per strada mi disse “È vero che cambi lavoro?”. Questa fu la percezione che Michelino ebbe del fatto che il suo Parroco…Ecco, come si fa a spiegare ad un bambino, da parte dei genitori “Guarda che il Parroco è stato nominato Vescovo”, allora forse i genitori… o fu una traduzione nella mente del bambino… “ È vero che cambi lavoro?”. Gli ho detto “Sì”, in qualche maniera dovetti…come dire… scendere ecco, al livello, ma forse quel livello più vero di quello alto (di Michelino) per dire “Sì, effettivamente cambio lavoro, cambio orizzonte”. Allora, il bambino mette in crisi e demolisce questo mondo di carta, dei titoli, dei diplomi, delle lauree, del adesso ti dico chi sono io e ti riporta a una essenzialità cioè io e tu. Vogliamo giocare?... Credo che questo aspetto che adesso vi ho descritto in una maniera un po’, diciamo, da clown , ma  faccia parte di questo Sacramento dell’infanzia e forse il fatto che ci siano pochi bambini oggi, al di là del problema della natalità ecc.ecc. è anche una difesa da parte nostra di arroccarci nel nostro potere strano e brutto e vuoto dimenticando l’essenziale. Allora un mondo che non genera bambini è un mondo che va invecchiando non solo nei termini cronologici, ma anche nei termini ideali. Ideali… Stasera chiediamo di interloquire. Ecco, sto affrontando il problema (si tratta del problema di una contemplazione) da vari versanti. E adesso lo guardo, lo guardiamo insieme, questo tema della “Sacramentalità e i bambini” come il tema destrutturante  le nostre categorie di gerarchia. Quindi, forse anche tu sei Erode? Anche tu hai ucciso il bambino che è in te? Il Pascoli di cui adesso, nel terzo momento, vi leggerò la poesia che è sul foglietto, è stato in qualche maniera anche il teorizzatore nella sua poetica di questo bambino, il fanciullino, che bisogna ascoltare allontanandosi dal quale, ci si allontana dalla verità, avvicinandosi al quale ci si avvicina alla verità dell’uomo. Ascolta questo bambino che ti parla. Forse non usa termini altisonanti, forse ti dà del tu, ma questo bambino ti riporta alla verità: tu sei un uomo  e questo uomo ha bisogno d’esser salvato e con tutta la sua prosopopea forse non sa le cose importanti. Ecco, chiudo questo momento con il fastidio che i bambini ci arrecano con i loro perché “E perché? E perché?”  alla fine un genitore, stanco, dice “Basta! E perché…così!” per chiudere questo discorso che, come sapete, è un discorso filosofico perché il gioco dei perché è l’origine della filosofia. Chi non si chiede perché sta ottundendo la mente, sta diventando ottuso, nel senso vero del termine, si sta chiudendo e non si chiede più “Perché questa pianta? Perché è verde?” e quindi la fotosintesi clorofilliana ecc. Perché la poltrona è rossa? E perché? E che cosa state facendo? Ecco,  se entrasse un bambino adesso, metterebbe in difficoltà innanzitutto me, perché dice “Ma chi sei? Che stai facendo? E che fanno queste persone? E perché stanno in silenzio?”. Oltre a disturbarci, verrebbe anche a mettere una bomba sotto le nostre false sicurezze. Torno al mio bambino Sacramento.

 

Valzer in Mim (postumo) Chopin

 

Se chiedessi a Francesco “Come si fa a suonare con tanta leggerezza questo pezzo?”. Mi risponderebbe “E’ un gioco. È un gioco da bambini”. Ovviamente, adesso è un gioco da bambini, ma nasconde una serie infinita di passaggi, di arpeggi e questa fatica ecco, voglio esprimerla così, è questa fatica di diventare semplici. Non pensiate che sia faticoso diventare complicati, ma diventa oltremodo faticoso semplificarsi. E credo che una persona veramente colta, veramente matura, spero che voi ne conosciate, è una persona lineare che voi la vedete e dite “Ma com’è…com’è facile, com’è semplice essere, vivere, pensare, parlare, suonare come questa persona”. Bene, dietro la semplicità c’è uno sforzo immane e quindi, diffidate, direi, diffidiamo di chi, così ,ci presenta aspetti difficili, dicendo “Questa cosa non potete capirla”. La cultura vera si riduce a poche parole comprensibili da tutti. Ed è il senso di questa poesia di Pascoli, che forse conoscete, molto semplice, dal titolo “Gesù” ed è sul nostro tema, anche se è uno sguardo su Gesù pre-pasquale.

 

Gesù (G. Pascoli)

 

E Gesù rivedeva, oltre il Giordano,

campagne sotto il mietitor rimorte,

il suo giorno non molto era lontano.

 

E stettero le donne sulle porte

delle case dicendo:Ave, Profeta!

Egli pensava al giorno di sua morte.

 

Egli si assise, all’ombra d’una mèta

di grano, e disse: Se non è chi celi

sotterra il seme, non sarà chi mieta.

 

Egli parlava di granai ne’ Cieli:

e voi, fanciulli, intorno lui correste

con nelle teste brune aridi steli.

 

Egli stringeva al seno quelle teste

brune; e Cefa parlò: Se costì siedi,

temo per l’inconsutile tua veste;

 

Egli abbracciava i suoi piccoli eredi:

-Il figlio-Giuda bisbigliò veloce-

 d’un ladro, o Rabbi, t’è costì tra ‘piedi:

 

Barabba ha nome il padre suo, che in croce

 morirà.- Ma il Profeta, alzando gli occhi

-No-, mormorò con l’ombra nella voce,

e prese il bimbo sopra i suoi ginocchi.

 

Qui, due, diciamo, sottolineature che desumo da questi versi semplicissimi, puliti, anche il verso di un poeta è la cosa più semplice, ma dietro (vero, Peppe?) dietro c’è tanto lavorio e tanta limatura, tanto lavoro di lima. Il primo aspetto che un po’ ci fa sorridere, però è indicativo, è questa reazione di Simon Pietro, qui ovviamente nella immaginazione del Pascoli, che si preoccupa della veste di Gesù. Dice: “Se costì siedi, temo per l’inconsutile tua veste” cioè ti…cencichi la veste, l’abbiamo appena stirata…dobbiamo fare le foto , quindi mi raccomando (eh?) che non ci sia neanche una piega fuori posto. Che è il nostro atteggiamento di grandi. I bambini non si preoccupano, finché noi grandi non inculchiamo loro questo fatto che devono stare impettiti, bianchi ecc, ma un bambino, adesso lo hai messo a nuovo, tra mezz’ora sarà bello e ridipinto. Abbiamo scene della nostra infanzia che ci ricordano di questi incidenti. Magari i genitori si saranno innervositi ma un bambino non fa attenzione a come si è vestiti. Noi forse anche qui guardandoci, prima, salendo per le scale…guardiamo le persone e a seconda del modo in cui sono vestite giudichiamo… quella è una persona perbene, quella è una persona da niente…perché per noi è importante il vestito. Il vestito è la forma, nel senso più interiore del termine, è il ruolo, andando ancora più a fondo e quindi Pietro teme che stando così  con i bambini  che gli si buttano addosso e che magari hanno appena ( ma non erano prodotti del tempo) mangiato cioccolata o leccato un gelato, possano intaccare la veste inconsutile. Poi in altri momenti non si farà molta attenzione a questa veste inconsutile di Cristo. Gli sarà strappata di dosso, sarà sorteggiata perché non può essere divisa, tessuta da cima a fondo. Quindi l’infanzia, quindi lo sguardo di me bambino, benché adulto che va al di là del ruolo, che va al di là del vestito, che va al di là dell’apparenza. L’altra annotazione che è sulla bocca di Giuda  qui, sempre nella immaginazione del Pascoli c’è questo voler mettere in guardia Gesù dal figlio del ladro. -Il figlio-Giuda bisbigliò veloce- d’un ladro, o Rabbi, t’è costì tra ‘piedi: Barabba ha nome il padre suo, che in croce  morirà.- cioè, con chi stai familiarizzando? E anche questa è una dimensione completamente assente dell’infanzia. Chi, in luoghi particolarmente esplosivi, come il Medio Oriente, ecc., come quelle regioni del mondo, quelle nazioni dove convivono molte razze, ecc., sa che è inutile togliere le categorie dalla mente degli adulti o dei giovani e quindi all’asilo è possibile che il bambino di colore sia accolto senza difficoltà, anzi con simpatia, che il bambino musulmano possa giocare con il bambino cristiano che l’ebreo, il bambino ebreo possa giocare con il palestinese. È possibile nell’infanzia, non nell’età adulta. Allora chi educa sa che per cambiar mentalità bisogna lavorare sui bambini sperando che non vengano poi nuovamente appesantiti dalle categorie e dai preconcetti dei grandi. Quindi anche qui cogliamo queste due annotazioni del bambino che Gesù accoglie, di me bambino senza troppi fronzoli, senza guardare alla moda, senza spender tanto tempo davanti allo specchio, per una simpatia che il bambino avverte nei confronti degli altri sempre. E a volte i genitori intervengono dicendo“Stai attento! Mi raccomando, non dare confidenza! Non mangiare le caramelle!” ci dicevano (no, ai miei tempi non c’erano) ma un po’ dopo la mia generazione è andato in giro questo fatto che le caramelle erano un allenamento alle tossicodipendenze e quindi non bisognava accettare caramelle. Sono poi il nostro appesantire e svilire e sverginare  il mondo dell’infanzia che invece è venuto su così aperto, così…all’insegna della speranza, così…ingenuo, nel senso bello del termine, perché quando abbiamo perso l’ingenuità non è stato a causa della sessualità. L’ho scritto a un seminarista, la settimana scorsa. Ho detto: guarda, ci sono dei giorni in cui perdiamo la verginità. Non sono quelli legati alla sessualità, ma al male, alla violenza, quando succede un fatto che tu non t’aspetti, una violenza gratuita, quello è il momento in cui tu hai perso la tua verginità. Allora il bambino (chiudo la parentesi e torno al discorso principale), il bambino ha questa apertura a 360 gradi e forse anche il bambino che è in me vorrebbe superare gli abiti, le mode, le gerarchie, gli inchini, le eccellenze, per andare al cuore dell’altro, e anche il bambino che è in me non fa classificazioni di razze, di religioni. Oggi viviamo anche questa difficoltà sul piano culturale che in termini un po’ più alti si chiama tolleranza. La storia della Chiesa può essere letta anche attraverso questo concetto della tolleranza. Prima si era intolleranti anche da parte nostra, bisogna confessarlo, poi è maturata questa apertura, ma smettiamola di ritenerci i primi della classe, c’è un seme di verità (lo dicevano già i padri del primo secolo, eh? I padri della Chiesa), c’è un seme di verità in ogni tradizione, questo senza mettere tutti sullo stesso piano come in un supermercato religioso, anche questa è una tentazione d’oggi, ma cogliamo il bene d’ovunque. Chiedo al Signore, per me e per voi, stasera, questa apertura del cuore e quindi Gesù non si preoccupa se si cencica la sua veste inconsutile, appena stirata e non si dà pensiero che tra questi bambini ci sia anche il figlio di Barabba.

 

Gesù (G. Pascoli)

E Gesù rivedeva, oltre il Giordano,

campagne sotto il mietitor rimorte,

il suo giorno non molto era lontano.

 

E stettero le donne sulle porte

delle case dicendo:Ave, Profeta!

Egli pensava al giorno di sua morte.

 

Egli si assise, all’ombra d’una mèta

di grano, e disse: Se non è chi celi

sotterra il seme, non sarà chi mieta.

 

Egli parlava di granai ne’ Cieli:

e voi, fanciulli, intorno lui correste

con nelle teste brune aridi steli.

 

Egli stringeva al seno quelle teste

brune; e Cefa parlò: Se costì siedi,

temo per l’inconsutile tua veste;

 

Egli abbracciava i suoi piccoli eredi:

-Il figlio-Giuda bisbigliò veloce-

 d’un ladro, o Rabbi, t’è costì tra ‘piedi:

 

Barabba ha nome il padre suo, che in croce

 morirà.- Ma il Profeta, alzando gli occhi

-No-, mormorò con l’ombra nella voce,

e prese il bimbo sopra i suoi ginocchi.

 

Forse in questo momento Gesù, come tra un po’ guarderemo in questo quadro ottocentesco, sceglie di me, accoglie di me, proprio quell’aspetto un po’ più birichino come il bambino che è tenuto sotto al braccio destro di Gesù qui nel quadro, a dire Stai qui, stai buono. Mentre sembra il più birichino, è quello più fortunato. Ci sono degli aspetti in noi un po’ strani, un po’ fuori le righe che ci mettono in imbarazzo. Forse è l’aspetto che Gesù predilige e tiene fermo sul suo petto, sul suo cuore.

 

Valzer op.69 n.1 (Chopin)

 

                                                                                                               (Fritz von Uhde-Lasset die kindleiu zu mir kommer-1884)

 

Lasciamo la contemplazione del quadro alla vostra riflessione e alla vostra attenzione, è anche importante avere questo incrocio di messaggi: quello uditivo della musica, quello uditivo delle parole, quello evocativo dei ricordi, quello visivo. Adesso quindi la nostra attenzione stasera va su questo quadro, vi dedicheremo le piccole pause del Rosario, ma per adesso mi interessa sottolineare questa processione. C’è una sorta di processione che parte dalla porta di questa ambientazione ottocentesca di Gesù con i bambini. Interessante di questo quadro è che non è la descrizione pittorica classica, ce n’è una in particolare di Gesù con i bambini, ecc. anche quella credo ottocentesca, ma qui abbiamo l’intuizione che Gesù sia contemporaneo al pittore, quindi Gesù è mio contemporaneo, è tuo contemporaneo, per cui la scena è nell’ambiente ottocentesco del pittore (questo è un pittore tedesco). Quindi c’è Gesù con una certa ieraticità su questa sedia anche ben tornita, insomma, che sa un po’ da sede liturgica, diversa da questa sedia impagliata che invece dice il focolare, la famiglia, la quotidianità. La sedia su cui Gesù è seduto è una sorta di piccolo trono, ma… quindi c’è Gesù con gli abiti del suo tempo e poi ci sono i personaggi e c’è l’ambiente, una cucina di campagna per così dire, a volte ho immaginato anche che fosse un’aula scolastica perché questi drappi che non sono delle tende (un termine pretenzioso) questi drappi servono a proteggere dal sole, forse erano presenti nelle aule povere della nostra infanzia ma, vi dicevo, c’è questa processione che ha un che di sinusoide e entrano i grandi e arrivano i bambini, questo con due accezioni. La prima è che  i grandi mandano avanti i bambini che sono i più coraggiosi e quindi i bambini, qui intesi nel duplice senso cioè i nostri bambini e il bambino che è in noi è il vero interlocutore di Gesù cioè non è possibile che io da grande dialoghi con Gesù, sarebbe un linguaggio,  un incontro tra sordi (ovviamente il sordo sono io) che non comprendo il suo messaggio. Quindi mandiamo avanti i bambini, i bambini ci salveranno, i bambini porteranno il meglio di noi, i bambini riusciranno a traghettarci in un mondo migliore. Non so, penso, per esempio…, io sono un pessimo…per niente informato sul piano filmografico quindi ho visto pochissimi film in vita mia, per scelta, penso alla conclusione di Mission che credo abbiano visto anche le pietre, che è una tragedia, ma poi c’è quest’ultima scena che dice “Ci sarà un futuro”, questo bambino che trova lo strumento, a dire c’è una continuità, c’è qualcuno che fonderà una società diversa dalla nostra. Quindi, i grandi mandino avanti i bambini, per carità. I bambini ci fanno fare bella figura, quindi non è “il bambino taccia”, ma “parli lui!” e mettiamoci da parte noi grandi. L’altra lettura che sempre mi ha affascinato in questo quadro, di questa processione è che sono le stesse persone. Questa bambina che vedete qui così seria, così presa dallo sguardo di Gesù e Gesù stesso qui ha un’attenzione e una delicatezza e (tra virgolette) una serietà nell’ascoltare quello che questa bambina gli sta dicendo che dice “Qui si dicono le cose importanti”. Bene, questa bambina che vedete qui è quella signora che sta là in fondo! E’ la stessa persona, cioè quando andiamo da Gesù arriviamo con i nostri cappelli…, qui quello che sta sulla porta se lo sta togliendo, il signore che è qui se l’è già tolto  e questo sembra più distinto, una sorta di bombetta, c’ha il pizzetto, insomma, sembra tra i personaggi qui quello addobbato meglio ma, poi, man mano che ci avviciniamo, tah! Diventiamo bambini. Allora tu parti nella tua preghiera da grande, ma poi alla fine dici cose semplici. E’ cominciata questa liturgia, forse anche la nostra preghiera stasera con i signori imbellettati,ecc… tutti ingessati, ma poi usciremo tutti con il fiocco, con il grembiulino, con i palloncini, ecc. (non li ho procurati, state tranquilli) ma a dire che si comincia con prosopopea e alla fine quando si arriva, parla il bambino che è in me.

Cosa sta dicendo questa bambina con tanta attenzione? Tra l’altro, vedete, che è vestita un po’ da grande, cioè, come d’altra parte succedeva nelle case dei poveri, non c’erano gli abiti firmati dei bambini come purtroppo oggi succede, ma i bambini più o meno vestivano come i grandi in miniatura e quindi questa bambina che ha il grembiule come una donnina che è quella signora che è là in fondo, che da là in fondo è diventata piccola, è presa dallo sguardo di Gesù e gli sta dicendo l’essenziale. Sembra qui in questo quadro, lo sguardo del maestro sia serio, ma in quella serietà che ha il gioco perché il gioco è l’unica cosa seria. L’unica cosa seria della vita è il gioco, il resto sono, stavolta sì lo diciamo in senso negativo, palloni gonfiati, cioè parole senza senso. Allora mando avanti i bambini. I bambini ci salveranno. Andiamo verso Gesù e più ci avviciniamo in questo moto uniformemente accelerato, c’è un’attrazione rispetto la figura del maestro, qui con un abito sul blé scuro e questo moto è anche di diminutiopam, pam[1],  piano, piano e arriviamo al bambino discolo che c’ha lo sguardo birichino e cerca di guardare la scena facendo finta d’avere gli occhi chiusi. Questo è il cammino e questo è anche il cammino di una vita, cioè partiamo da grandi… non è vero che da bambini diventiamo grandi. No. Da grandi diventiamo bambini. Quindi all’atto in cui io morirò sarò come questo bambino e tu sarai come questa bambina perché l’anima è sempre bambina.

 

Valzer op.64 n.2 (Chopin)

 

Scusami, Francesco, se aggiungo parole. Mi piacerebbe, dopo queste evocazioni, chiudere gli occhi e sentire l’eco di queste nostalgie sostenute in questi spartiti che stai facendo rivivere con noi e per noi, questa sera.

Dove sono io in questo quadro? Beh, certamente potrei essere quel bambino lì, ma c’è una presenza silenziosa che sembra marginale ma non lo è ed è questo signore qui che ha tutta l’aria di essere un prete, un parroco di campagna che sovrintende. Qui c’è anche un chierichetto, una sorta di seminarista tutto pio, compunto con gli occhi a terra, col capo chino. Il cerimoniere di questa liturgia, di questo incontro, di questo dialogo, di questi grandi che diventano bambini è quel sacerdote. Dico di me, ma voglio invitarvi a pensare a chi, e voi avete dei nomi, dei volti, al sacerdote che ha permesso questo incontro. Chi ha detto a queste persone che c’era Gesù, che li avrebbe incontrati? “Preparate una preghierina da dire, una poesia”. Questa bambina qui ha dimenticato l’ultimo verso e lo sta cercando sulla punta della lingua e la mamma si sta chinando per dire “Coraggio, Gesù non ti sgrida”. Cioè chi tiene insieme tutta questa gente e la introduce all’incontro?Un prete. Stasera vorrei che pregaste per i nostri preti, quelli che in silenzio, o a volte in una maniera più forte, forse anche pedante ci parlano e  ci dicono “Dai, vieni!”. È come se questo sacerdote anziano (vedete è un quadro anche non ben delineato, un po’ con i contorni evanescenti), dicesse, avesse detto a tutte queste persone: “Hai un problema? Dillo a Gesù”. Cosa che abbiamo fatto da bambini e che facciamo fatica oggi a dire. Dillo a Gesù. Ti angoscia qualcosa? Hai un dolore sul cuore? Hai un problema? Dillo a Gesù. E allora grazie a chi, e ciascuno di voi dica il nome del suo parroco, del suo prete, del suo Padre Spirituale, di chi ci ha guidati nell’infanzia verso l’età adulta, dall’età adulta verso l’infanzia, di chi è cerimoniere di questa celebrazione e sovrintende, come vedete, con le mani giunte dell’impacciato, perché si accorge, questa è una esperienza bella che fanno i preti, si accorge che si sta realizzando un miracolo che forse neanch’egli riteneva così bello. I nostri preti, i vostri preti, guardandovi, guardandoci a volte si meravigliano che una parola detta possa aver creato tanto scompiglio, aver ri-orientato una vita, aver dato un la, aver aperto una strada. Allora grazie per queste presenze che ci educano.

E ci educano e qui entro nella parte delle rondini (qui dedicherò meno tempo perché abbiamo già sforato sulla prima parte), ci educano anche a guardare tanti messaggi anche le rondini. Devo dirvi che una delle ricchezze del mio  essere qui a Teano sono le rondini. Non ce n’erano più dalle mie parti perché dice un cantautore che forse “Domani anche le stelle se ne andranno come le rondini dalle città”perché le rondini vanno in cerca di aria buona. Saranno intenditrici anche loro. Le rondini facevano parte della mia infanzia. Credo, scommetto, che anche la vostra scuola elementare aveva le sue brave rondini disegnate sui vetri perché credo per 20 anni, 40 anni non si è vista scuola che non avesse disegnate le rondini e non c'era maestra, anche la meno motivata e dotata sul piano del disegno, che non abbia ritagliato un po' di nero per metterlo sui vetri..."Bambini, vedete, le rondini!". Ecco, le rondini qui ci sono e sono tante. Ne ho vista una in Febbraio, mi fece trasalire. Era una rondine di quelle che non fanno primavera, però a giudicare dalla primavera in corso, manco l'esercito che adesso di mattina e di sera… stanno a gironzolare e a saettare, a descrivere, a disegnare arabeschi sul cielo, neanche quest'esercito poi la primavera l'ha portata, ma è bello, io la mattina mi diletto nella preghiera, passeggiando e guardando le rondini e così a sera. Perché mi diletto? Perché mi trasmettono la gioia di vivere,cioè se voi siete depressi, mettetevi fuori la finestra la mattina, guardate le rondini: vi fanno venire una voglia, una gioia di vivere che non sapete da dove vi viene, perché sono pazze di gioia le rondini. Inutilmente, la nostra Aeronautica ha fatto lo stormo, lì, per cercare di imitare le rondini: non ci riusciranno, perché sono così sincopate nello girare, nel voltar rotta che nessun aereo mai potrà imitarle.

 

Perché quest'accostamento? Perché i bambini sono come le rondini e le rondini sono come i bambini. I bambini hanno voglia di vivere e le rondini, con i loro canti, con i loro voli, con i loro incroci... a volte mi devo abbassare perché passano, perché qui l'Episcopio è sulla sommità e allora arrivano e non vedono che c’è il Vescovo che passeggia, e io mi abbasso per evitare che abbiano a sfregiarmi, ma è simpatica questa cosa, mi mette dentro una gioia che non potete immaginare. Bene, dobbiamo leggere anche qui un messaggio e quel prete anziano che è là dietro e ha insegnato ai bambini a guardare i fiori, a guardare le rondini e poiché temevo che queste cose che vi ho detto le avreste licenziate con "Ecco, le solite svirgolate poetiche, pseudo-poetiche, del nostro Vescovo" qui, Gesù, nel Vangelo, ed è il brano sopra a quello che abbiamo letto, sempre nel Vangelo di Matteo dice:

 

Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di  loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora sola alla sua vita?

 

Anche Gesù guardava (non so se ci sono rondini in Terra Santa), certamente guardava gli uccelli, a dire "Impariamo dalla natura, impariamo questa gioia" e anche questo affidarci. I bambini si fidano e si affidano, così anche vivono le creature senza  coscienza. Le rondini trasmettono questa gioia di vivere e la celebrano nei loro voli, a dire "Forse ti preoccupi di troppe cose". Anche la rondine dunque è un Sacramento?

 

Valzer op.64 n.1 (Chopin)

 

Le rondini  (L.Dalla)

 

Vorrei entrare dentro i fili di una radio
E volare sopra i tetti delle città
Incontrare le espressioni dialettali
Mescolarmi con l’odore del caffè
Fermarmi sul naso dei vecchi mentre Leggono i giornali
E con la polvere dei sogni volare e volare
Al fresco delle stelle,, anche più in là

Sogni, tu sogni nel mare dei sogni.

Vorrei girare il cielo come le rondini
E ogni tanto fermarmi qua e là
Aver il nido sotto i tetti al fresco dei portici
E come loro quando è la sera chiudere gli occhi con semplicità.

Vorrei seguire ogni battito del mio cuore
Per capire cosa succede dentro
e cos’è che lo muove

Da dove viene ogni tanto questo strano dolore
Vorrei capire insomma che cos’è l’amore
Dov’è che si prende, dov’è che si dà

Sogni, tu sogni nel cielo dei sogni

 

E' proprio dissacrante mettere insieme Chopin e Lucio Dalla? Non proprio. Beh, Francesco oltre che essere un perfetto esecutore di brani classici, è anche un tastierista, quindi lui non ha difficoltà, forse voi...Ma è interessante questo testo di Dalla sulle rondini. Dice poco, poche parole, ma evoca bene questo desiderio di libertà, questo desiderio di semplicità. La semplicità è espressa "avere il nido sotto i tetti al fresco dei portici e come quando è la sera chiudere gli occhi con semplicità". Non so se stasera ci addormenteremo così, cioè con semplicità e non so se alla sera della nostra vita (non toccate ferro), chiudiamo gli occhi con semplicità… "E' finita anche questa giornata". Chiudere gli occhi… senza tutta questa problematicizzazione...Senza dire…Ma poi domani? Dopodomani?...Ma non sappiamo neanche se ci saremo. Questo testo di Dalla è il desiderio di entrare nel Mistero, sopra i tetti delle città, nelle espressioni dialettali,cioè nelle varie culture, mescolarmi con l'odore dei caffè, quindi queste sensazioni anche di vita, "fermarmi sul naso dei vecchi mentre leggono i giornali e con la polvere dei sogni volare e volare al fresco delle stelle, anche più in là". Ma qui viene il coro e dice "Ah...Sogni!" perché una vocina dentro di voi o un coro di voci sta dicendo "Ma ti rendi conto che sono nuvole?" Le nuvole di Aristofane...Sono le nuvole. Poi la vita, i soldi, fine-mese, la malattia...è vero queste cose ci sono e noi non siamo, come dire, angeli, però bisogna anche confessare che ci preoccupiamo eccessivamente. "Guardate i gigli del campo, guardate gli uccelli del cielo: forse hanno qualcosa da insegnarvi" dice Gesù. Entrare nel Mistero, tirandosi fuori da queste restrizioni e non ascoltando il coro che dice "Ma lascialo stare, non lo sentire il Vescovo". Senti che vorresti anche uscire ma basta che farai quattro passi fuori e ti renderai conto che hai fatto tardi, che il marito… che la cena...Ecco. "Vorrei seguire ogni battito del mio cuore per capire cosa succede dentro e che cos'è che lo muove. Da dove viene ogni tanto questo strano dolore, vorrei capire insomma che cos'è l'amore, dov'è che si prende, dov'è che si dà". Siamo nel cuore di ciò che interessa l'uomo e ciò a cui un bambino fa attenzione, non più l'adulto e ciò che gli altri ritengono folle, sogni, chimere e che invece forse contiene il segreto della felicità. Chiudiamo così questa prima parte che poi è gran parte, ci resta dopo, un piccolo stacco di pausa soltanto da chiudere sul quadro. Ascoltiamo un brano e poi facciamo qualche minuto di intervallo.

 

Notturno in Mibm op.9 n.2 (Chopin)

 

Questo è il Notturno dei miei sogni...

Ci diamo solo 5 minuti perché siamo...mentre vi sgranchite...a scuola si dice sempre cinque per cominciare dopo dieci. Ci vediamo qui tra 5-7 minuti.

 

 

˜      Seconda Parte    ˜

 

 

Gran Valzer Brillante op.18 (Chopin)

 

Più brevemente, in questa seconda parte, continuiamo a guardare questo quadro. L'attenzione è in questo momento poggiata su questa bambina che porta un bambino, con lo scugnizzo alle spalle. Innanzitutto vi leggo, vi leggiamo insieme, il desiderio di portare in braccio la nostra anima bambina. E' strano che con tanti adulti qui sulla scena sia una bambina a dover portare questo carico e quindi avrà senz'altro una motivazione simbolica e non sembra, tra l'altro essere appesantita da questo  ruolo di mammina che svolge. Quindi sei tu, sono io con in braccio la mia anima. "Come bimbo svezzato in braccio a sua madre" dice il Salmo 130, "così è l'anima mia". Porta in braccio la tua anima. Porta in braccio la tua anima che ti porta. Gli uomini diventano oscuri in volto e la vita diventa pesante all'atto in cui dimentico di portare la mia anima e invece il bambino che ha alle spalle di questa bambina, mamma in erba, è decontestualizzato, cioè  l'unico che non guarda Gesù, che non è preso dalla scena, da questa processione e quindi è un'anima distratta, guarda fuori scena certamente, forse guarda il pittore, è un decontestualizzato e spesso accade anche a noi di non essere dentro la nostra vita, di essere una nota stonata in un concerto, una nota falsa, come si dice in termini tecnici, siamo chiamati a riprendere questo cammino verso Gesù e ad avere attenzione a Lui. Recitiamo questa decade sentendo di doverci portare in braccio. Porto in braccio la mia anima chiedendo di rientrare nella nostra vita  appieno per evitare che essa ci scorra in mano, senza che ne diventiamo protagonisti, senza che la viviamo.

 

Padre nostro...

 

Dieci Ave Maria

 

Improvviso op.29 in Lab (Chopin)

 

Qualcuno ha perso un bambino... E' la lettura di questo particolare sull'estrema sinistra del quadro. Ai piedi del camino, di questo grande focolare quindi anche il pericolo, nel caso fosse acceso il focolare, c'è questo bambino di cui nessuno si prende cura. E' un'anima perduta, non nel senso di dannata, ma perduta nel senso di un adulto che ha completamente, si è completamente disconnesso dalla sua infanzia, dal suo io spirituale e quindi vaga vuoto, vuoto d'anima. Potrebbe essere la condizione di qualcuno fra noi, uno, due, dieci, che si ritrovano in questo bambino. Qualcuno vada a prendere questo bambino che altrimenti morirà. La scena che mi viene in mente, della cronaca terribile di alcuni anni fa, un papà va al lavoro, questo accadde in Sicilia, quindi dove il sole picchia molto più che da noi, doveva portare il bambino al nido, ma se ne dimentica e quando se ne ricorda in una pausa di lavoro, forse pausa-pranzo è troppo tardi, perché il bambino è morto. Ricorderete sicuramente questa notizia che non vi avrà lasciati indifferenti. Come ci si può dimenticare di un figlio? Come ci si può dimenticare di un'anima? E allora prima che questo bambino muoia, qualcuno si alzi e lo prenda, e lo culli, e lo riscaldi. Non è il bambino a riprendere vita e a riprendere senso, ma sei tu.

 

Padre nostro...

 

Dieci Ave Maria

 

Arabesque in La magg (Debussy)

 

Poniamo ora attenzione alla figura che certamente è al centro del quadro dopo Gesù. E' questa bambina di cui già vi ho detto qualcosa nei momenti precedenti. Due riflessioni molto brevi. La prima è la attenzione che non solo dallo sguardo, il visino rivolto a Gesù, ma da ogni aspetto di questa bambina dice tensione verso, quindi anche il braccio che lega questa bambina a Gesù dice "Essere compresi". E' importante che l'anima sia presa e compresa altrimenti si distrae, esce fuori scena, si decontestualizza come il bambino discolo che è dietro la bambina, mamma in miniatura. Dobbiamo imparare da questa bambina ad essere attenti: attenti alle rondini, attenti alle note, attenti alle suggestioni, attenti agli sguardi, questo rende la vita composta perché c'è anche una certa compostezza in tutte le figure ma in particolare in questa bambina che ha le treccine ben annodate, dice ordine. E' un'anima ordinata. Dicevano gli antichi che bisogna servire l'ordine in modo tale che l'ordine ci serva. C'è bisogno anche di un ordine interiore di un ordine mentale, di un ordine affettivo, di un ordine di pensieri, un ordine rispetto a priorità di cose da fare. Ecco, tutta questa attenzione mi è richiamata dall'immagine. L'altra più semplice è che questa bambina, come già vi dicevo prima, è una donna in miniatura e questo ci fa pensare a quello che dice un autore e cioè che il bambino è padre dell'uomo e quindi la bambina è madre della donna, cioè in noi per quello che siamo diventati c'era già tutto quand'eravamo piccoli, in questo senso il bambino è padre dell'uomo. Questo implica due cose: innanzitutto una grande attenzione ai bambini, più di quanta non ne rivolgiamo loro, cioè i bambini vanno presi seriamente perché in quello che dicono, in quello che fanno c'è in qualche maniera in luce ciò che essi diranno e faranno da grandi. Dire cose da bambini è banalizzare invece una realtà molto importante. Quindi guardo ai bambini con questa attenzione e la seconda istanza è cerco di misurare ciò che sono oggi, ciò che sono diventato, rispetto a quegli anticipi, a quegli sprazzi, a quelle profezie che ero quando ero bambino e spero che tanti di noi possano trovare un collegamento. Cioè quello che sono diventato è ciò che sognava il bambino. Spero di intuire che tanti di voi sentano questa conferma. Ciò che sono oggi, forse anche Francesco da bambino sognava di fare il concertista, Maria Teresa sognava di avere dimestichezza con la musica, non era solo un desiderio da bambini: era una vocazione. Ecco, guardiamo questa bambina ed impariamo ad essere attenti.

 

Padre nostro...

 

Dieci Ave Maria

 

Romanza senza parole in Do magg (Gravina)

 

Facciamo due sottolineature, due momenti e poi concludiamo. La prima: mi sono chiesto "Il maschile del femminile in questo quadro". Ovviamente sono presenti, ma non in una maniera armonica se non ovviamente nella bambina e Gesù, ma adesso l'attenzione vorrei che la rivolgessimo a questa coppia anomala che è sul fondo. Mi riferisco al parroco con questa bambina appena accennata. Sembra una coppia ben integrata, diciamo meglio, un maschile e femminile, in armonia. Mentre altre coppie, come dire, armoniche, non riesco a notarle se non, ripeto, quella di Gesù con la bambina di cui tiene la mano, il parroco sul fondo, sembra star bene, senza disagio accanto a questa bambina e la bambina con lui. A cosa voglio fare allusione? A quello che Carl Jung  con grande maestria ha indicato quando ha parlato dell'Animus e dell’Anima. Ovviamente è un concetto che possiamo non condividere, ma credo che il messaggio vada raccolto comunque, ed  il messaggio è questo: che ciascuno di noi deve ben armonizzarsi non solo con la donna, se è un uomo, o con l'uomo se è una donna, ma dentro di sé, con gli aspetti femminili, se è un uomo; con gli aspetti maschili, se è una donna. Cioè l'anima ha questa forza di aggregazione di elementi che poi nel dialogo fuori di noi per lo più assumono toni di contrapposizione e le persone che riescono a dialogare di più, sono quelle che interiormente sono riuscite  a far pace con la donna. Dice  sempre Jung "Ogni Adamo ha in sé la sua Eva e ogni Eva ha in sé il suo Adamo". Chiediamo al Signore, andando verso la conclusione di poter, riscoprendo il bambino che è in noi, il bambino che gioca ed è libero come una rondine di fare meglio armonia, sinergia, tra questi due poli, che poi nella società, anche nella famiglia, purtroppo spesso appaiono contrapposti.

 

Padre nostro...

 

Dieci Ave Maria

 

Sensazioni  (Gravina)

 

Avevamo già ascoltato una volta questo brano, suonato da Maria Teresa, adesso l'abbiamo ascoltato nell'esecuzione dell'autore. Vorrei concludere innanzitutto ringraziando il Signore per quello che ci ha detto e chiudere con questa immagine del bambino sulle ginocchia di Gesù, quasi tenuto a bada. E ovviamente è il più fortunato tra i componenti di questa scena perché è, in qualche maniera, come Giovanni l'Evangelista nell'Ultima Cena: sul petto di Gesù. L'anima deve stare, deve soggiornare sul petto del Maestro altrimenti scappa via, insegue amanti, si sporca in fossi e in vie che l'appesantiscono. Chiediamo al Signore, concludendo, che ciascuno di noi possa giungere in quella postura, magari un po' forzatamente perché non sappiamo inizialmente quanto questo bambino si senta a suo agio e quanto invece un po’ penalizzato rispetto agli altri che gli appaiono più liberi, ma certamente stare sul cuore del Maestro è stare a cuore al Maestro. Ed è quello che ci auguriamo per questa Pasqua che continua, Pasqua delle rondini, Pasqua dei bambini. Voglio rileggervi i versi di Pascoli,poi  vi do la benedizione, voi restate seduti  e concludiamo con l'ultimo brano. Avevo detto a Francesco poi facciamo l'applauso alla fine, ma come sempre, a questo punto,  mi viene di evitare anche quello conclusivo, spero non ti dispiacerai e magari passando ditegli grazie perché ci ha aiutati non poco stasera, sia eseguendo spartiti di altri, sia mettendoci a parte di quanto è nato dalla sua arte, in particolare, ripeto, il brano che abbiamo ascoltato che presumo essere "Sensazioni" mi aveva già colpito l'altra volta e ho chiesto a Maria Teresa "Ma chi è?", "E' un mio amico" e adesso l'amico l'abbiamo anche conosciuto e abbiamo condiviso con lui questo tratto di strada.

 

E Gesù rivedeva, oltre il Giordano,

campagne sotto il mietitor rimorte,

il suo giorno non molto era lontano.

 

E stettero le donne sulle porte

delle case dicendo:Ave, Profeta!

Egli pensava al giorno di sua morte.

 

Egli si assise, all’ombra d’una mèta

di grano, e disse: Se non è chi celi

sotterra il seme, non sarà chi mieta.

 

Egli parlava di granai ne’ Cieli:

e voi, fanciulli, intorno lui correste

con nelle teste brune aridi steli.

 

Egli stringeva al seno quelle teste

brune; e Cefa parlò: Se costì siedi,

temo per l’inconsutile tua veste;

 

Egli abbracciava i suoi piccoli eredi:

-Il figlio-Giuda bisbigliò veloce-

 d’un ladro, o Rabbi, t’è costì tra ‘piedi:

 

Barabba ha nome il padre suo, che in croce

 morirà.- Ma il Profeta, alzando gli occhi

-No-, mormorò con l’ombra nella voce,

e prese il bimbo sopra i suoi ginocchi.

 

State seduti.

 

Benedizione del Vescovo.

 

Ascoltiamo l'ultimo brano, poi spero che usciate come bambini e come le rondini.

 

Guardando il mare (Gravina)

 

Buonanotte.

 

Il testo, tratto direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.

 



[1] Il Vescovo indica il percorso sulla tela.