IN PUNTA DI PIEDI IN EPISCOPIO

 

“AMARE L’AMORE. PER UN SAN VALENTINO ALTERNATIVO”

 

RIFLESSIONI DI S. E. MONS. ARTURO AIELLO

 

Vescovo della Diocesi di Teano-Calvi

 

Episcopio

 

Mercoledì, 13 Febbraio 2008

 

 

Prima di iniziare, ci diamo delle coordinate temporali, cioè occuperemo, con un intervallo, al massimo due ore, anche se passeranno in un attimo. Sono due ore di riposo. Abbiamo sperimentato altre volte qui questa formula di preghiera, di silenzio, unita ad una contemplazione artistica, estetica. Anche stavolta c'è Maria Teresa al pianoforte, e Raffaele, tenore, come voce.

Ringraziamo il Signore che ci dà questa possibilità, oggi che corrono tutti, di fermarci per un attimo, è un grande dono, e noi cerchiamo di andare contro tendenza, siamo quelli del contro tendenza. Laddove tutti corrono noi ci fermiamo, ci guardiamo dentro, cerchiamo un motivo in più per vivere e per viver bene, per quanto ciò sia possibile all'uomo in questo mondo. Ovviamente spegnete i telefonini, manco a dirlo... Poiché è una preghiera, la iniziamo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Amen.

Iniziamo con un brano musicale di Bach: "Io ti invoco, o Signore". Avete il foglio con il Salmo 17 che sarà il testo-guida di questa sera. Lo leggeremo più volte perché la Parola di Dio è una lettera d'amore, e le lettere d'amore bisogna leggerle e rileggerle. E più le si leggono più si notano particolari. Cominciamo così, una strofa io, una voi, insieme adagio adagio.

Salmo 17, 2-30

Ti amo, Signore, mia forza,

Signore, mia roccia,

mia fortezza, mio liberatore;

 

mio Dio, mia rupe, in cui trovo riparo;

mio scudo e baluardo, mia potente salvezza.

 

Invoco il Signore, degno di lode,

e sarò salvato dai miei nemici.

 

Mi circondavano flutti di morte,

mi travolgevano torrenti impetuosi;

già mi avvolgevano i lacci degli inferi,

già mi stringevano agguati mortali.

 

Nel mio affanno invocai il Signore,

nell'angoscia gridai al mio Dio:

dal suo tempio ascoltò la mia voce,

al suo orecchio pervenne il mio grido.

 

La terra tremò e si scosse;

vacillarono le fondamenta dei monti,

si scossero perché egli era sdegnato.

 

Dalle sue narici saliva fumo,

dalla sua bocca un fuoco divorante;

da lui sprizzavano carboni ardenti.

 

Abbassò i cieli e discese,

fosca caligine sotto i suoi piedi.

Cavalcava un cherubino e volava,

si librava sulle ali del vento.

 

Si avvolgeva di tenebre come di velo,

acque oscure e dense nubi lo coprivano.

Davanti al suo fulgore si dissipavano le nubi

con grandine e carboni ardenti.

 

Il Signore tuonò dal cielo,

l'Altissimo fece udire la sua voce:

grandine e carboni ardenti.

 

Scagliò saette e li disperse,

fulminò con folgori e li sconfisse.

 

Allora apparve il fondo del mare,

si scoprirono le fondamenta del mondo,

per la tua minaccia, Signore,

per lo spirare del tuo furore.

 

Stese la mano dall'alto e mi prese,

mi sollevò dalle grandi acque,

 

mi liberò da nemici potenti,

da coloro che mi odiavano

ed erano di me più forti.

 

Mi assalirono nel giorno di sventura,

ma il Signore fu mio sostegno;

mi portò al largo,

mi liberò perché mi vuol bene.

 

Il Signore mi tratta secondo la mia giustizia,

mi ripaga secondo l'innocenza delle mie mani;

perché ho custodito le vie del Signore,

non ho abbandonato empiamente il mio Dio.

 

I suoi giudizi mi stanno tutti davanti,

non ho respinto da me la sua legge;

ma integro sono stato con lui

e mi sono guardato dalla colpa.

 

Il Signore mi rende secondo la mia giustizia,

secondo l'innocenza delle mie mani

davanti ai suoi occhi.

 

Con l'uomo buono tu sei buono,

con l'uomo integro tu sei integro,

con l'uomo puro tu sei puro,

con il perverso tu sei astuto.

 

Perché tu salvi il popolo degli umili,

ma abbassi gli occhi dei superbi.

 

Tu, Signore, sei luce alla mia lampada;

il mio Dio rischiara le mie tenebre.

Con te mi lancerò contro le schiere,

con il mio Dio scavalcherò le mura.

 

 

Devo confessare, perché anche la lettura della Parola di Dio non è solo frutto di studio, devo confessare che questo Salmo me lo ha insegnato un giovane tanti anni fa. Sembra strano che i laici possano dire qualcosa ai preti, ma è così. Ci sono delle cose che tu noti, delle cose che ti piacciono, che ti chiamano, che ti intrigano, delle parole dolci, delle parole forti della Bibbia, ma noi preti abbiamo, come dire, la grazia ulteriore di vedere anche la Parola che fa effetto nelle persone, e quindi non solo c'è la Parola che noi proclamiamo, che noi diciamo a noi stessi, ma anche la Parola che ti rimbalza. Ecco questa , devo confessarvi, comincio con un atto di umiltà, questa Parola mi è arrivata di rimbalzo, perché, pur avendo più volte commentato il Salterio, non avevo prestato attenzione alla forza delle immagini di questo Salmo se non mi fosse venuta questa sottolineatura da un giovane avanti, quindi nella sua giovinezza, che venne a raccontarmi una volta: "Io nei momenti più oscuri della mia vita, da universitario, e poi agli inizi del mio lavoro, ho trovato forza nel Salmo 17". Questo fatto mi portò a rivalutare il Salmo 17, che all'inizio per tutte, probabilmente farà lo stesso effetto anche a voi , per tutte queste immagini piuttosto tenebrose, di terremoti, di sconvolgimenti, non ci ispira da subito, eppure questo è un Salmo antidepressivo, questo è un Salmo che racconta con immagini fortissime, solenni, cosmiche la dolcezza dell'amore di Dio. Ecco il perché di questo sottotitolo, che vi avrà fatto sorridere, ma il Vescovo è chiamato anche a far sorridere i suoi fedeli. Guai se li facciamo solo piangere e indulgere a pensieri seriosi: "Per un San Valentino alternativo". Quindi stasera con il Salmo 17 noi vogliamo vivere questa vigilia di San Valentino in una maniera alternativa, perché poi i luoghi comuni anche di questa festa degli innamorati, come dire, sono a iosa, c'è solo l'imbarazzo della scelta. È possibile che dei cristiani, dei credenti, dei cattolici si riuniscono insieme per San Valentino? Come sapete, il San Valentino Santo c'entra poco quanto niente, poi è stata una delle tante imprese economiche, consumistiche per animare questo tempo, che era un po' morto, tra Natale e Pasqua, da un punto di vista commerciale. Però tiriamo il buono da dovunque, anche dalla festa di San Valentino. Bene, per me la festa di San Valentino, come credente, valga lo stesso anche per voi, spero di trasmettervi questa gioia e questa forza, la festa di San Valentino va pregata e va celebrata con il Salmo 17. Mi fermo sull'incipit del Salmo, non farò il commento verso per verso, perché la prima strofa, qui nella nostra formulazione grafica la prima e la seconda, costituisce una sorta di ouverture del Salmo, cioè dice la tonalità del Salmo, di che cosa parla. Se andate a leggere nella Bibbia di Gerusalemme troverete un sottotitolo: "Il Salmo, una sorta di Te Deum di Davide dopo che il Signore lo liberò dai suoi nemici" e il nemico che attentava alla sua vita era il suo superiore, Saul, suo predecessore sul trono d'Israele. Dunque "Ti amo", ecco perché "Ti amo, Signore" è una dichiarazione. E poi segue una serie di immagini, una più forte e più stabile e più rassicurante dell'altra. Innanzitutto "Ti amo". E mi verrebbe da chiedervi: "Ma lo hai mai detto a Dio?". Noi andiamo cercando chi ci ha detto "Ti amo, ti voglio bene" l'ultima volta, come, quando, perché, o a chi lo abbiamo detto, ma questa dichiarazione d'amore l'hai mai utilizzata nella preghiera? Adesso io non faccio nessuna scoperta perché questo è un Salmo e quindi ha sulle spalle diciamo 2300 anni, non è nato ieri, non è l'ultima composizione del poeta nato stamattina, trovo "Ti amo", evidentemente la fede deve essere anche coniugata così, e forse il motivo per cui i nostri figli fanno tanta fatica ad accostarsi alla fede, i nostri giovani, è perché vedono una fede molto cervellotica, molto concettuale. Pensate all'accusa  della fede dogmatica, dei dogmi, ecc., ma la fede è questo? La fede è una serie di verità cui bisogna aderire? No, no, no… perché se tu aderisci alla fede solo con la mente tu puoi essere anche un demone, perché i demoni sanno che cosa distingue un demone da un santo: l'amore. Perché se un demone potesse emettere un atto d'amore, una frase d'amore, un pensiero d'amore, non sarebbe più un demonio, sarebbe un angelo. Quindi la difficoltà demoniaca, non è un tema che io amo sottolineare, però è bello dircelo stasera, non è nella non adesione, non conoscenza intellettiva a delle verità, alla santità di Dio, alla sovranità di Dio, ma il demone è tale perché è nell'impossibilità di amare. Tant'è vero che la definizione dell'Inferno più aderente alla realtà e più comprensibile è l'assenza dell'amore, quindi l'Inferno non è dove stanno le fiamme o dove c'è il gelo, è l'assenza dell'amore. Allora "Ti amo" mi dà la possibilità di sottolineare che la fede è innanzitutto una adesione affettiva, è chiaro che c'è bisogno anche dell'aspetto intellettuale, delle verità da credere, del Credo da recitare la Domenica, ma questo non basta, quando questa conoscenza non fa scattare anche una relazione. Il problema, i problemi che la Chiesa italiana sta vivendo ormai da vent'anni sono legati a questo aspetto, e cioè mai come in questi anni c'è stato un impegno catechistico da parte dei preti, degli operatori pastorali, teso a diffondere la fede, mai come adesso, nella nostra infanzia si faceva molto di meno, nell'infanzia dei nostri genitori ancor meno, e allora che cos'è che non va? Tanti catechismi, tanti catechisti, tante prediche, tanti... manca la relazione, cioè manca quel che faccia scattare nel giovane o nell'adulto quella scintilla che ci fa dire: io questa Persona non voglio solo conoscerla dai libri, da quello che mi dice il Parroco, ma voglio incontrarLa. Ecco, allora "Ti amo", intestazione del nostro Salmo, è già da sola questa espressione sintesi della fede, cioè la fede o mi porta a questa relazione d'amore per cui San Valentino lo festeggerò anch'io domani, e spero anche voi e non solo per l'amico, speriamo non per l'amante, non è il caso vostro, per la moglie, il marito, la fidanzata,  ma porterò un fascio di rose in Chiesa . Domani le nostre chiese saranno fioritissime dopo questa vostra esperienza, perché l'amore a cui s'accese ogni altro amore, e da cui s'accende ogni altro amore è l'amore di Dio, per cui "Ti amo". Allora cercate in questo tempo in cui stiamo insieme di trovare il modo di dirla questa parola. È così difficile anche dire, pronunziarla rivolgendosi a Gesù, alzando gli occhi, sentendo che Dio è qui per ascoltare questa mia dichiarazione. Bene, ma dopo il "Ti amo, Signore" segue una serie di immagini, cioè perché il compositore di questo Salmo, Salmo 17, sente nei confronti di Dio questa affezione, questa adesione? "Mia forza... mia roccia, mia fortezza, mio liberatore, mio Dio, mia rupe, in cui trovo riparo; mio scudo e baluardo, mia potente salvezza". Otto espressioni. Adesso io non le commenterò tutte, perché c'è un comune denominatore che è la solidità, cioè Dio è solido. Non so se conoscete la radice della parola "amen". La parola "amen", che viene dall'ebraico, significa non solo "così sia”, ma "è così", cioè non è un auspicio l'amen, fa' che sia così, è così. Per cui l'amen è Dio, orizzonte di ogni pensiero dell'uomo, di ogni azione, di ogni affetto, di ogni lavoro, di ogni... di ogni respiro. "Ti amo" perché sei mia forza, mia roccia. Pensate in questo momento in cui tante cose sembrano dileguarsi come neve al sole, anche tanti affetti, anche familiari, coppie che si dividono, famiglie che si smembrano, abbiamo bisogno, l'uomo sente il bisogno di un approccio, di un approdo solido, fermo, sente il bisogno di un amen, amen, io cerco il mio amen, cioè colui che sarà perdono, che sarà forza, che sarà fiducia, che sarà apertura anche nel momento di difficoltà, come dice il prosieguo del Salmo, mia fortezza, ovviamente baluardo, rupe, implica un vocabolario bellico, cioè io mi trovo con le spalle scoperte ed ecco che c'è una fortezza, c'è un castello, c'è una rupe, c'è un baluardo, c'è una torre in cui io posso rifugiarmi. Questo è Dio, e se tu non senti che Dio è questo, allora tu vai vagando cercando soddisfazione e certificazioni e conforto laddove queste cose non le puoi trovare. Ecco, partiamo così stasera. Riguardatevi questa prima strofa, ripeto, con la sua forza, con la sua solidità, e sentite che man mano che queste parole divengono vostre, sono Parola di Dio ma, in quanto Salmi, sono anche parola da dire a Dio, avvertite in voi un senso di pace, perché allora non è vero che stiamo andando verso la dissoluzione, allora non hanno ragione quelli che dicono: è finito tutto, ma allora c'è ancora qualcosa su cui io posso costruire la mia vita in una maniera solida. "Ti amo, Signore, mia forza, Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore; mio Dio, mia rupe, in cui trovo riparo; mio scudo e baluardo, mia potente salvezza". Ascolteremo il brano per pianoforte e voce "O bone Jesu" di Bottigliero. Terminato il brano, poi staremo qualche istante in silenzio, in modo tale che la musica (è anch'essa una dichiarazione d'amore, come il nostro Salmo 17 ) più dolce, ovviamente, di queste immagini così forti, con i colori contrastanti, ci fermeremo qualche istante, e poi continuiamo il nostro cammino.

 

Adesso facciamo una recita, due cori, uomini e donne, un po' meno stressata di quanto non abbiate fatto prima. Vedete, chi ha l'orecchio, come loro hanno l'orecchio allo strumento, questo tasto è scordato, chi ha l'orecchio alla preghiera subito si accorge se l'assemblea è impastata, amalgamata, nervosa, calma, e la percezione che ho avuto nella vostra risposta del Salmo è di chi (è normale, venendo: cerchiamo di arrivare in orario, ecc.), riversa anche nella preghiera un po' il suo disagio. Adesso il brano dolcissimo, non solo nelle parole, ma anche nel testo musicale, credo ci abbia già un po' ammansiti, rimessi nell'alveo giusto, per cui senza correre, senza gridare, senza voler arrivare in fretta in fondo, perché nessuno ci corre dietro, facciamo due cori, gli uomini e le donne.

 

Salmo 17, 2-30

 

In questa seconda parte voglio evidenziare che questa dichiarazione d'amore non nasce da un cuore senza problemi, non è, come dire, l'espressione di uno a cui la vita abbia fatto sconti, non viene dalla sponda di un uomo dalla vita facile, e questo ci conforta, perché tutti noi qui abbiamo sul cuore dei macigni, abbiamo dei ricordi, abbiamo delle cicatrici, memorie sul corpo e sul cuore di dolori passati, ma non dimenticati, e a volte pensiamo d'essere sfortunati, e che invece l'altro, la vicina di casa, l'amica sia più fortunata, perché non abbia incontrato tante difficoltà, perché a noi sembra che la vita sia stata più provvida, e invece parca con noi di gioie. Non è così, la vita dell'uomo è una lotta, ce lo ricordavano gli antichi, ce lo ricorda anche un testo di letteratura cristiana medioevale, molto importante, che si chiama: "L'imitazione di Cristo". La vita dell'uomo è una lotta, quindi quelle poche volte, in quei piccoli istanti in cui avete possibilità di riposarvi e di dire: "Ah, oggi non è successo niente di grave", rallegratevi e godetevi quei momenti, perché si tratta di piccole parentesi. Bene, anche il nostro protagonista, quindi il Salmista, autore di questa composizione, ha avuto esperienze terribili. Partiamo da quelle esterne. È stato perseguitato, e l'intestazione della Bibbia, se andrete a leggervela, ve lo già detto all'inizio, dice che Davide fu perseguitato da Saul. Quindi: "Mi circondavano flutti di morte, mi travolgevano torrenti impetuosi, già mi avvolgevano i lacci degli inferi, già mi stringevano agguati mortali". È in punta di morte. Adesso si tratta di un pericolo di morte fisica, si tratta di un pericolo di morte psichica, psicologica, si tratta di vicende affettive, è irrilevante, quello che è essenziale è che questa persona abbia maturato questo grido in Dio da amare."Ti amo, Signore, mia forza", benché sia reduce da una esperienza terribile. È possibile che i nostri dolori debbano determinarci in questa maniera così forte da intristirci, da rabbuiarci, da farci vedere tutto negativo senza che la fede possa illuminare questa stanza buia? C'è una speranza? Questo Salmo ci apre un grande spiraglio in questo senso, perché vuoi sul piano fisico, vuoi sul piano psicologico, perché qui ci sono anche espressioni che potrebbero essere lette come una fenomenologia depressiva, no? Questi mostri, Dio, "dalle sue narici saliva fumo, dalla sua bocca un fuoco divorante; da lui sprizzavano carboni ardenti. Abbassò i cieli e discese, fosca caligine sotto i suoi piedi", il mare che mostra i suoi fondali, il tuono, ecc. fu un incubo, un incubo. Quindi c'è qui anche il vocabolario di un calo che a volte viviamo, di paure che ci vengono, le paure non sono solo dei bambini, le angosce non ce l'hanno solo loro, i brutti sogni non li facevamo solo quando eravamo bambini, li facciamo anche adesso. Allora impara a guardare oltre quello che stai vivendo. Già vi ho citato un'altra volta questa espressione di Gandhi, che dice: "Oltre le nubi, il cielo plumbeo, scuro, splendono cento soli", cioè sì, è vero, io vedo la coltre terribile, sembra annunciare una sera piena di pioggia, gravida di pioggia, ma sopra, andando in aereo, facciamo sempre quest'esperienza di cambiare non solo orizzonte ma tempo, si parte dall'aeroporto, si decolla che è cattivo tempo, poi l'aereo prende il suo volo e raggiunge la sua andatura da crociera, ed ecco, tah!, sole pieno. Quindi è una coltre, ma sono così anche i nostri problemi, è così anche nella nostra vita, e la preghiera, cari fratelli e sorelle, e cari figli e figlie, la preghiera è questo traforare le nubi oscure. "Il giorno fu pieno di lampi, ma ora verranno le stelle", dice il poeta. Ecco, così dobbiamo sentire l'esperienza della preghiera, cioè dopo una giornata d'incomprensioni, di tensioni con il marito, con i figli, sul piano professionale, di parole taglienti che ci siamo scambiati, adesso questo è il momento della pace. "Ma ora verranno le stelle", dice il poeta, perché si è aperto uno squarcio e sono ricomparse le stelle, e poi nella stessa poesia alla fine dice: "La nube che nel giorno più nera è quella che vedo più rosa nell'ultima sera", cioè molto dipende dal punto di vista, dalla prospettiva da cui guardi il tuo problema familiare, economico, affettivo, psicologico, spirituale. Guardiamolo dal lato di Dio. A questo serve la preghiera, serve ad innalzarci, serve a guardare le nubi dall'alto dicendo: lì è cattivo tempo, qui splende il sole. E allora il nostro protagonista, (dopo rileggetevi per intero il Salmo) ha attraversato questi momenti, gli è parso di morire. Qui ci sono le caratteristiche di un crollo, stava lì lì per ricevere una condanna a morte, per chiudere la sua esistenza, ma, su questo arriveremo nel terzo momento,"stese la mano dall'alto e mi prese, mi sollevò dalle grandi acque". Allora chiediamo stasera, qualsiasi siano i problemi che appesantiscono il vostro cuore e che vi hanno portato qui forse con tanto aggravio, chiediamo di sentire che questa mano ci prende e "in più spirabil aere pietose il trasportò". Ricordi scolastici… "In più spirabil aere pietose il trasportò". Chi era il soggetto? La fede. Ha preso il Napoleone, nell'immaginazione ovviamente del Manzoni, e lo ha portato "in più spirabil aere", cioè laddove è sempre sereno, laddove le cose si ridimensionano: ma perché ti sei impaurito? Perché stai piangendo? Perché ti eri disperato? C'è una mano che mi prende e mi solleva dalle grandi acque. "Cor Jesu" di Magri. Anche in questo testo si dice: infiamma il nostro cuore del tuo amore. Questo gelido che ho dentro, a contatto con il cuore di Cristo si scioglie, e il cuore torna a palpitare. Vi faccio riposare con la voce, lo leggo io.

 

Sottofondo musicale - Salmo 17

 

Voglio condividere con voi anche un altro ricordo, perché poi uno si ferma su una parola, perché quella parola ha anche segnato qualche momento della sua vita, e non ho difficoltà a raccontarvi di un mercoledì mattina, perché questo era il Salmo dell'Ufficio delle Letture di stamattina, in cui io stavo recitando seduto sul mio letto di Ospedale a Milano, era mercoledì, questo Salmo. "Ti amo, Signore, mia forza, mia rupe, mio baluardo, mia potente salvezza…", e non ebbi il tempo di concludere la lettura di questo Salmo, perché l'infermiera venne a chiamarmi, era di mattina presto: venga, è il suo turno... Dovevo subire un intervento piuttosto delicato. 1999. Per cui l'incipit del Salmo mi accompagnò mentre l'infermiera aveva la mia cartella, siamo andati in ascensore, siamo scesi giù, siamo entrati nella sala pre-operatoria. Cominciano tutti quei marchingegni, che forse conoscete anche voi, e questa sorta di rituale pre-operatorio che uno pensa sempre può essere un rituale di morte. E allora io sulla mia barella, mentre mi avevano già iniettato la sostanza pre-anestetica, mi dicevo questo Salmo. Quindi c'è sempre un motivo per cui una parola ti segna, per cui io ogniqualvolta nella prima settimana, mercoledì, mi imbatto in questo Salmo io subito richiamo questa scena del 1999. Allora era un problema fisico, e ripeto c'era un po' un'incognita per altre complicazioni che non sto qui a dirvi, non devo presentarvi la mia scheda patologica, ma c'erano motivi per ritenere che potessero sorgere problemi durante quell'intervento. "Ti amo, Signore, mia forza". Ecco, è bello anche che il Vescovo vi dica: "Questo Salmo mi è servito per addormentarmi tranquillo in un momento drammatico". Starete pensando: ma ci pensò l'anestetico, l'anestesia a farti addormentare. È vero, però c'è anche, chi abbia subito un intervento, abbia fatto una terapia lo sa, la partecipazione del paziente che può aiutare o intralciare. I medici qui presenti potranno concordare che non è solo un fatto: "Mettiamo questo medicinale, sicuramente va bene". No. C'è anche un quorum di mio nella terapia. Bene, in questo terzo momento c'è la risoluzione. "Stese la mano dall'alto e mi prese, mi sollevò dalle grandi acque", quindi c'è questo sommovimento, questo terremoto, questo maremoto, quindi incertezza su tutti i piani, e poi c'è questa mano che risponde alla preghiera dell'orante, "Nel mio affanno invocai il Signore", che prende questo malato, questo depresso, questo deluso, questo tradito, ecc., e lo pone in alto, perché non sia raggiunto dalle acque e da tutti questi fenomeni di cui il Salmo ha parlato nei versi precedenti. "Mi assalirono nel giorno di sventura, ma il Signore fu mio sostegno". L'espressione più bella è questa: "Mi portò al largo, mi liberò perché mi vuol bene". Mi portò al largo, al largo significa lontano dalla difficoltà, lontano dai nemici, mi ha mandato non solo una scialuppa ma un transatlantico, e io mi sono allontanato con questo motoscafo potentissimo, velocemente, dai miei nemici e coloro che attentavano alla mia vita sono rimasti delusi, perché sfuggivo loro di mano. "Mi portò al largo...", poi, "perché mi vuol bene". Allora capite, cari amici, che qui non è solo il Salmista che dice a Dio "Ti amo", ma intanto può dire "Ti amo", perché ha fatto esperienza che il Signore gli vuol bene, perché mi vuol bene. E questa cosa la dobbiamo un po' macinare nella preghiera. Dopo faremo uno stacco, dopo l'ultimo brano musicale, di un quarto d'ora. Basterebbe che vi fermate e ripetete in una maniera litanica: "Ti amo, Signore, mia forza", così, continuamente, come una litania, o anche: "Mi vuoi bene!", non con l'interrogativo, con l'esclamativo, "perché mi vuoi bene". E perché ha fatto tutto questo? Perché mi ha tirato fuori? Perché mi ha lanciato un salvagente? Perché mi ha mandato una scialuppa di salvataggio? Perché? Perché sono un suo suddito? Perché sono uno qualsiasi? No, "perché mi vuol bene!". Allora la nostra vita cambia, cambia prospettiva all'atto in cui noi prendiamo coscienza che questo Dio, adesso più concretamente in Gesù, quindi, Gesù mi vuoi bene? Vuole il mio bene. Anche questa parola la utilizziamo tante volte. Mi vuoi bene? Oppure: Ti voglio bene. Cosa significa? Voglio quello che è bene per te. Noi non lo sappiamo quando diciamo a una persona "Ti voglio bene" cosa sia veramente il bene, ma Dio lo sa, Dio sa cosa è il bene per me, cioè cosa mi fa bene e cosa mi fa male, e, poiché mi vuol bene, mi conduce, dice il Salmo 22, anche attraverso la valle oscura. Evidentemente ho bisogno di esser purificato, evidentemente mi devo ulteriormente alleggerire, devo maturare, devo diventare più uomo, più donna, ma nulla di quello che mi accade esula da un piano di bene che Dio ha per me. Se voi aderite a questo concetto, è la cosa più importante che ho da dirvi stasera, voi entrate in una dimensione di serenità, perché se diversamente da questa ottica dobbiamo andare avanti guardando gli altri come nemici, pensando d'essere sempre sfortunati e gli altri più fortunati di noi: "Quello che succede, è sempre a me, e tutto a me, ah!..." Noi finiremo con l'infelicitare il restante dei giorni che ci restano. Non è questo che Dio vuole da te, certamente le difficoltà ci sono, non le neghiamo, ma questa difficoltà può essere guardata in un'altra ottica, perché Lui ti porta al largo, Lui ti preserva, Lui ti salva, e se sei in questa condizione abbi fiducia, c'è un motivo, mi fido di Te. Ecco potresti anche dire una preghiera: "Signore, sto ascoltando queste cose dal Vescovo, mi stanno innervosendo terribilmente, perché io ho tanti problemi, perché io adesso vorrei... Vescovo, tu stai dicendo così, perché... invece io...". Mi fido di Te, mi fido per quello che Tu stai scegliendo per me, per il modo con cui si sta conducendo la mia vita, perché mi vuoi bene, e se mi vuoi bene, certamente condurrai al bene la mia esistenza, e anche quello che a me sembra negativo rientrerà in una Provvidenza, parola che è scomparsa dai nostri vocabolari, cioè in un piano dove alla fine vedremo che anche la difficoltà, il dolore, la delusione è servita a fortificarci, a consolidare, a purificarci, per giungere a una dimensione di maturità. Allora assegno. Adesso ascoltiamo un brano per solo pianoforte: "Sensazioni" di Gravina. Terminato il brano, potete restare qui, vi trovate un angolino come avete fatto altre volte, c'è la cappella, ci sono altre sale, rileggetevi il Salmo, o se non volete neanche fare lo sforzo di leggerlo, ripetete: "Ti amo, Signore, mia forza", oppure dite a voi stessi: "Mi vuol bene", o anche, non è nel Salmo, ma è nell'anima del messaggio: "Mi fido, Signore, mi fido di Te". Ascoltiamo il brano e poi riprendiamo alle 20:30 per una recita di Rosario guardando questa immagine. Ascoltiamo.

 

Se qualche giovane volesse occupare il tappeto, può farlo, in modo tale che rimane anche qualche posto per gli adulti. Tra qualche istante iniziamo.

 

Iniziamo con l'ascolto della trascrizione per pianoforte del corale di Bach: "Vieni, salvatore dei pagani".

 

Iniziamo la recita di queste decadi del Rosario guardando questa immagine, che avrà già attirato la vostra attenzione nella parte precedente del nostro incontro, che adesso riceve l'attenzione del nostro sguardo, ma anche del nostro cuore. Ripetiamo le Ave Maria guardando, lasciandoci interpellare da questa immagine, entrando nei sentimenti che vi sono descritti. Cominciamo così.

 

Piero Casentini è l'autore di questo quadro. Questo quadro è una copia, ma noi abbiamo qui due opere autentiche di Piero Casentini, uno è il Crocifisso che è all'altare del Santissimo in Cattedrale, e l'altro è una tavola, che trovate sopra la porta di questa sala, una tavola molto grande: "Amoris ufficium". È un autore quindi vivente, che però ha maniere un po' medioevali, ed è un artista che si occupa fondamentalmente di arte sacra. In questa immagine vediamo un gesto d'amore. Le parole del Salmo 17 qui diventano più dolci, sono purificate da tutti i versi terribili ma trovano la visualizzazione di "Ti amo, Signore". È Francesco che abbraccia il Crocifisso. Questa scena non è mai accaduta, ma interiormente Francesco ha vissuto questo amore per Gesù. Primo motivo della lettura è l'amore attira e l'amore trasforma. Cos'era Francesco prima di incontrare Gesù? Era un giovane gaudente, era amante delle feste, era un ricco, qui anche nella scena di Casentini vediamo il saio di Francesco liso, la barba incolta, nulla in lui racconta, ricorda la ricercatezza d'un tempo. Se c'è una dolcezza è tutta nello sguardo, ma il saio ruvido di Francesco si contrappone alle carni bianche di Gesù, ormai esangue. L'amore attira, l'amore ti chiama, l'amore fa avvicinare. Francesco aveva sentito raccontare di Gesù da sua madre fin dall'infanzia ma non ne era innamorato, ma all'atto in cui se ne innamora corre, come dice anche Dante nel suo Canto: "E correndo mi parve d'esser tardo". Ecco, mi viene in mente questo verso in quest'istante, e cioè gli altri che vanno dietro a Francesco, che corre a sua volta dietro a Gesù, benché corrano, quindi sono i primi discepoli, corrono ma arrivano sempre tardi perché lui arriva primo, e arriva primo chi ama, chi ama di più, perché l'amore attira, e poi l'amore trasforma. Allora chiediamoci che cosa sta cambiando in noi veramente, che cosa è cambiato da quando abbiamo incontrato Gesù. "Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù", dice Paolo nella Lettera ai Filippesi, ma questa somiglianza non può nascere che dall'amore. Allora chiediamo in questa decade di essere attratti di più da Lui, dall'Amore, in modo tale da somigliare di più all'Amato.

 

Parto da queste variazioni che abbiamo ascoltato che vengono dal 1500, magari qualcuno di voi avrà pensato: ma, e il resto dell'Ave Maria dove sta? E invece l'autore ha voluto fermarsi su Ave Maria creando queste sonorità, queste variazioni, queste volute musicali così belle, larghe, appassionate, e questo mi dà la possibilità di sottolineare come l'amore è semplice, l'amore non ha bisogno di tante parole, di tanti discorsi, tutto quello che è complicato non appartiene all'amore. "Ti amo, Signore, mia forza". E anche qui Francesco, in questo gesto dolcissimo di raccogliere il capo del Crocifisso accostandolo al suo in un gesto di amore, ci aspetteremmo che nasca un bacio da questo quadro, ci dice che l'amore è semplice. A volte ci chiediamo: ma cosa devo dire? Come mi devo comportare? Che cosa l'altro desidera? E così entriamo in tanti meccanismi cervellotici che non ci fanno esprimere l'amore nella sua semplicità. Questo anche per l'amore di Dio, per l'amore per Dio, non c'è bisogno di formulare delle preghiere particolarmente dotte. Ti voglio bene. "Ti amo, Signore, mia forza". È questo tornare alla semplicità dove poche parole si accendono, tante parole lasciano i cuori gelidi, perché non sono attraversate dall'amore, ma qui Francesco non dice nulla, parlano le sue mani, che reggono il capo, che stanno carezzando il collo del Crocifisso, parlano gli occhi, è tutto così semplice, e anche queste mie parole probabilmente complicano il messaggio che il quadro così nell'immediatezza dice: Francesco ama Gesù, ma anche Gesù ama Francesco. E qui se al posto di Francesco ciascuno di noi mette il suo nome  (speriamo di dire la verità )e cioè anche noi, seppur con i nostri ritardi, i nostri peccati, anche noi vogliamo bene, amiamo il nostro Gesù, perché Lui ci vuol bene. "Mi liberò perché mi vuol bene". Chiediamo di tornare a questa semplicità dell'amore.

Dico una parola su questo canto che adesso ascoltiamo, e ci dovrebbe essere caro perché sia l'autrice delle parole e sia il compositore sono molto vicino a noi. La musica di Don Salvatore Vitale, fondatore della Piccola Famiglia di Nazareth, e le parole sono di Suor Maria Giuseppina dei Ponti Rossi, una monaca carmelitana santa, tra l'altro credo che tra pochi mesi sarà proclamata beata dopo tanti anni, vissuta nel dopoguerra a Napoli e fondatrice del Monastero del Carmelo dei Ponti Rossi. Qui due anime, quindi le parole e la musica che si incontrano in questa descrizione dell'amore mistico, di quello che nella letteratura spirituale si chiama matrimonio mistico, cioè è possibile vivere, come ci hanno insegnato S. Giovanni della Croce e S. Teresa la grande, è possibile vivere una dimensione d'amore nei confronti del Signore vivendo anche un vero e proprio matrimonio, nozze mistiche, ovviamente parliamo di un'altitudine spirituale da vertigini, ma possibile, e ascoltiamo come l'incontro tra queste due grandi anime ha prodotto questo canto.

 

Leggiamo adesso nell'immagine la lontananza. Questa è un'immagine di vicinanza, starete pensando, anzi di intimità, eppure c'è una lontananza. È negli abiti, perché il Crocifisso, Gesù è rappresentato con le linee medioevali del Cristo Re. I crocifissi del Medioevo sono pervasi di una grande pace, non c'è la tragicità della sofferenza dei crocifissi del ‘600, del ‘700. C'è una regalità anche nel corpo martoriato del Cristo, qui rappresentato. Quindi è un Re. Francesco è un povero. E allora la riflessione è che l'amore fa poveri, finché c'è ricchezza non è possibile amare, non parliamo di una povertà materiale beninteso, ma di una povertà psicologica, di un atteggiamento di povertà, per cui qui abbiamo il Re e il suo giullare, e c'è una distanza, Francesco lo sa, Francesco sa che non riuscirà ad essere totalmente come il suo Re, ma si accontenta di essere il servo del Re. In uno dei sogni premonitori della conversione di Francesco, Francesco ascolta una voce, egli sta andando in battaglia con la sua armatura nuova, con il suo cavallo purosangue e nel sonno Dio gli dice: "Francesco, Francesco, chi ti può aiutare di più, il Re o il suo servo?". E lui subito: "Il Re". E perché segui il servo? Questo sogno ha poi attraversato tante notti e tante difficoltà di Francesco e anche nostre. Seguire il servo significa seguire le illusioni, seguire uno che non ti può dare, non ti può arricchire, non ti può rendere bello. Ma anche nella sequela intima Francesco è lontano, quindi l'amore, mentre avvicina, allontana, nel senso bello del termine, perché io so di non meritarti, Tu mi ami, ma io non sono degno del Tuo amore. Anche nel testo che abbiamo ascoltato la monaca santa dice: "Perdona i miei peccati, non guardare alle mie colpe", Gesù, questo nome detto tante volte. Chiediamo di diventare più umili per poter amare, perché dice la mitologia greca che Eros è figlio di Penìa, è figlio di povertà. Solo chi è povero può amare, e anche nei confronti di Dio solo chi si rende conto della sua povertà può amare veramente.

 

Il brano che ascoltiamo ora, e andiamo verso la conclusione, non è di musica sacra, è l'unico brano, tutti quelli che avete ascoltato sono e nel testo e nella intenzione e quindi nella intonazione canti sacri. Abbiamo pensato insieme con i due artisti, che ringraziamo, come sempre, calorosamente, di chiudere con un brano, diciamo non di musica sacra, ma che entra a pieno titolo nella preghiera di stasera, ed è un brano di Paolo Tosti, un autore poco conosciuto. Con Raffaele prima di cominciare la preghiera, facendo la scaletta, poi ci siamo detti che sarà opportuno qualche volta fare, dedicare a Paolo Tosti una serata, perché è un autore poco conosciuto, ma molto vicino alla nostra sensibilità, musica che si chiama veristica, quindi diciamo dell''800, tra l'800 e il ‘900, e che abbiamo anche scoperto essere, come dire, nelle radici di entrambi, perché quando io ero adolescente ed ero alla scuola di un grande santo in un castello a picco sul mare, ascoltavo "Chanson de l’adieu", che speriamo qualche volta di farvi sentire, invece questo canto d'amore profano, ma che entra a pieno titolo nella nostra preghiera stasera "San Valentino alternativo" s'intitola: "L'alba separa dalla luce l'ombra", le parole sembrano un po' drammatiche, ma è questa voglia  di consumarsi, perché la luce entri pienamente, ovviamente quella dell'amore.

 

Non recitiamo l'ultima decade, ma l'ultimo pensiero ugualmente ve lo dico, siamo andati ben oltre le nostre previsioni, ed è uno dei versi conclusivi del Salmo, che spero divenga anche il vostro Salmo. Innanzi tutto: "Tu Signore, sei luce alla mia lampada; Tu rischiari le mie tenebre". Un'espressione molto bella. Può essere uno luce alla mia lampada, evidentemente la mia lampada ha una luce flebile, non riesce a rischiarare, ma Dio viene a diventare luce, forte, fulgida, di una povera lampada, e anche quest'espressione possiamo leggere nell'immagine di Casentini. Francesco dice a Gesù: "Signore, Tu sei luce alla mia lampada, Tu rischiari le mie tenebre". Quest'espressione mi ha sempre dato una connotazione dell'inconscio: le mie tenebre. È quello che abbiamo dentro e chi le può rischiarare se non Dio? E poi l'altra espressione: "Con te mi lancerò contro le schiere, con il mio Dio scavalcherò le mura", che è un grido di battaglia. Con te mi lancerò contro le schiere, con il mio Dio scavalcherò le mura. A dire che dopo che tu mi hai tratto, mi hai salvato, mi hai fatto attraversare, quando ho scoperto il tuo bene, sono pronto a tutto. Con te mi lancerò contro le schiere, con il mio Dio scavalcherò le mura. Quindi questo guerriero, che è pronto per il suo Signore, che abbraccia qui nell'immagine, nella scena, è pronto a tutto. E Francesco ha fatto cose grandi, follie per amore, perché l'amore anche quello di Dio, soprattutto quello di Dio ci fa fare follie, ci fa compiere quello che noi altrimenti non avremmo fatto mai. E allora stasera vi affido questo Salmo, vi affido l'impegno domani di portare un fiore in Chiesa, forse i vostri parroci: perché tutti questi fiori in chiesa oggi? È San Valentino, Parroco!  E quindi quale occasione migliore per portare dei fiori all'altare del Santissimo, davanti al Crocifisso?Perché se questo amore è vero, com'è vero, non può passare inosservato, non può non avere i suoi gesti dolci, le sue ricorrenze, le sue date, i suoi motivi, le sue musiche, le sue parole, i suoi appuntamenti.

 

 

Il testo, tratto direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.