PREGHIERA-GIOVANI

 

guidata da

 

S. E. MONS. ARTURO AIELLO

 

“Flirtare con il male”

 

Chiesa Cattedrale

 

Teano, 6 Marzo 2009

 

~ ~ ~

 

Canto: L’acqua viva

 

Nel nome del Padre…

 

Ti ringraziamo, Signore, perché ci hai chiamati; grazie anche perché ci hai dato la forza di rispondere nonostante il freddo, le lontananze dalla cattedrale. Grazie perché il freddo di stasera è riscaldato dalla Tua presenza e dalla nostra presenza di giovani di questa Chiesa che intendono incendiare il territorio di amore, di speranza, di progetti, di comunione. Ovviamente, tra i ragazzi e le ragazze, hanno vinto le ragazze nella prova del canto, perché di uomini se ne sono visti e sentiti col cannocchiale e con l’imbuto del nonno per sentirci meglio… Le donne hanno il potere di essere forti, di essere tenaci. Cerchiamo nel nostro piccolo di imitarle in questo, noi maschi. Siamo al secondo incontro del nostro itinerario quaresimale che è iniziato quasi quindici giorni fa, con le Ceneri. Spero che il messaggio vi sia rimasto impresso: io non sono il mio passato, il mio passato non è determinante per il mio oggi e la Quaresima ci è data come occasione per riprendere in mano la nostra vita. La Parola di Dio di questa sera è tratta dal profeta Osea: la ascolteremo adagio adagio, intervenendo con il ritornello che adesso vi insegnerò. “Vieni, vieni, popolo mio” è un invito ad andare nel deserto.

Vieni, vieni, popolo mio,

vieni con me là nel deserto!

Core a core d’amore ti parlerò!

Proviamo insieme:

Vieni, vieni, popolo mio…

 

Ancora una volta:

Vieni, vieni, popolo mio…

 

Dal Libro del profeta Osea 2, 16-25. 6,1-6

 

16 Perciò, ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. 17 Le renderò le sue vigne e trasformerò la valle di Acòr in porta di speranza. Là canterà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d`Egitto.

Vieni, vieni, popolo mio…

 

18 E avverrà in quel giorno - oracolo del Signore - mi chiamerai: Marito mio, e non mi chiamerai più: Mio padrone. 19 Le toglierò dalla bocca i nomi dei Baal, che non saranno più ricordati.

Vieni, vieni, popolo mio…

 

20 In quel tempo farò per loro un`alleanza con le bestie della terra e gli uccelli del cielo e con i rettili del suolo; arco e spada e guerra eliminerò dal paese; e li farò riposare tranquilli. 21 Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell`amore, 22 ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore.

Vieni, vieni, popolo mio…

 

23 E avverrà in quel giorno - oracolo del Signore - io risponderò al cielo ed esso risponderà alla terra; 24 la terra risponderà con il grano, il vino nuovo e l`olio e questi risponderanno a Izreel. 25 Io li seminerò di nuovo per me nel paese e amerò Non-amata; e a Non-mio-popolo dirò: Popolo mio, ed egli mi dirà: Mio Dio.

Vieni, vieni, popolo mio…

 

1 "Venite, ritorniamo al Signore: egli ci ha straziato ed egli ci guarirà. Egli ci ha percosso ed egli ci fascerà. 2 Dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo ci farà rialzare e noi vivremo alla sua presenza.

Vieni, vieni, popolo mio…

 

3 Affrettiamoci a conoscere il Signore, la sua venuta è sicura come l`aurora. Verrà a noi come la pioggia di autunno, come la pioggia di primavera, che feconda la terra". 4 Che dovrò fare per te, Efraim, che dovrò fare per te, Giuda? Il vostro amore è come una nube del mattino, come la rugiada che all`alba svanisce.

Vieni, vieni, popolo mio…

 

5 Per questo li ho colpiti per mezzo dei profeti, li ho uccisi con le parole della mia bocca e il mio giudizio sorge come la luce: 6 poiché voglio l`amore e non il sacrificio,

la conoscenza di Dio più degli olocausti.

Parola di Dio

Rendiamo grazie a Dio

Vieni, vieni, popolo mio…

 

Avete ascoltato uno dei passi più appassionati dell’Antico Testamento, tratto dal profeta Osea. Come avete ascoltato, Dio offre una possibilità al popolo infedele di ritornare, di riprendere il dialogo. È come quando in una coppia, ad un certo punto, non si parla più: scende il silenzio, si è sbadati l’uno nei confronti dell’altro, non si è più attenti come quando si era innamorati e non ci si ricorda tutte le date. L’amore, come dice una canzone di Scugnizzi, votta a stanca’ nel senso che è un amore trascinato, non è un amore bello e allora, attraverso le parole del profeta Osea, Dio invita Israele come fosse una donna e dice: “Torna nel deserto”. In fondo è quello che abbiamo cantato. Perché deve tornare nel deserto? Non perché è un luogo aspro, non perché è un luogo pericoloso, ma perché è il luogo del fidanzamento. Quando sarete sposati, spero un giorno - e che nessuno di voi dica: “Mai! Non sia mai!” – di tanto in tanto sarà bene, col marito o con la moglie, tornare nel luogo dove ci si è conosciuti o nei luoghi importanti dove sono successe delle cose, dove ci siamo dati il primo bacio, dove ti ho vista per la prima volta: i luoghi diventano, nella geografia affettiva, “luoghi particolari”, anche se per la gente comune non significano niente. Magari è un vicolo oscuro, magari è un luogo per niente panoramico, ma nella geografia del nostro amore è un luogo speciale. Bene, questo luogo speciale per Israele e Dio si chiama deserto, cioè è nel deserto  che il popolo ha preso coscienza d’essere popolo e soprattutto d’essere il popolo prediletto ed è cominciata una storia tra questo popolo e Dio: una storia che i profeti non hanno difficoltà a raccontare come una storia d’amore. La storia d’amore ha la sua canzone (allora no, oggi sì), ha i suoi luoghi, ha le sue parole, ha la sua geografia. Nella geografia affettiva di Dio e del popolo di Israele, questo luogo è il deserto. Pensate così la Quaresima innanzi tutto: come un essere portati nel deserto come luogo di fidanzamento. Scuotiti perché stai invecchiando, scuotiti perché non hai più l’amore di prima, scuotiti perché non ci guardiamo più negli occhi (dice Dio al popolo e anche a me, a te), scuotiti perché la tua fede sta diventando zavorrata, pesante, non bella, non entusiasta, non col trasporto dei primi giorni. Come vedete, l’esperienza di fede e l’esperienza d’amore vanno un po’ insieme, perché l’esperienza d’amore ci fa capire cos’è l’esperienza della fede. Quindi tu con Dio ci parli?, tu hai degli appuntamenti?, hai dei luoghi?, hai dei momenti?, hai delle date? Se a queste domande voi state rispondendo sì, voi state in buona salute. Se invece non avete nessun luogo (magari neanche la chiesa parrocchiale, la chiesa della mia parrocchia non la amo come luogo dell’appuntamento, dell’Eucaristia domenicale), non avete un giorno da ricordare, una parola del Vangelo che è stata la “mia” parola, quella che mi ha fatto innamorare, allora siete, non dico alle prime armi, ma un po’ lontani. Ovviamente non vi scoraggiate: siamo qui proprio per equipaggiarvi, per farvi comprendere e per comprendere anche noi. Mentre vi parlo, mi convinco di questo anch’io, mi convinco io stesso di quanto sia importante compiere un cammino di ripresa, perché ciò che non si riprende si perde. In fondo è quello che, attraverso le parole di Osea, Dio dice al popolo: “Non mi guardi più”. I vostri papà forse non guardano più le vostre mamme o. viceversa, non si danno più una carezza, non si danno più un bacio, non si fanno più un regalo: ma che amore è questo? L’amore, ricordatevelo, deve essere celebrato. Un amore non celebrato pian piano sfiorisce. Ovviamente non starò qui a farvi il corso sull’amore, perché il mio intento è un altro: una fede che non sia celebrata è una fede che si polverizza. Quelli che dicono: “Io credo, però in Chiesa non ci vengo” sono come uno che dice: “Io ti voglio bene, ma non ti tocco. Ti voglio bene, ma non ti do un bacio”. E voi dite: ma che bene è questo? Un bene bisogna dirlo, bisogna raccontarlo, bisogna trasfonderlo in gesti: così è la fede. Per cui, quelli che dicono: “Io credo, ma in chiesa non ci vengo, a messa non ci vado” sono persone che pian piano vedranno svanire la fede. Allora la Quaresima, cari amici, viene come un’occasione: torniamo all’entusiasmo. Hai avuto entusiasmo, qualche volta nella tua vita, nei confronti della fede? Magari una delle preghiere vissute insieme, un momento vissuto con la tua parrocchia… Per quelli che c’erano, l’anno scorso, il Campo-Scuola: ecco quelli sono momenti propulsivi. Eravate tornati tutti gasati, pronti a rivoluzionare la Diocesi, poi piano piano, piano piano, piano piano ci si addormenta: succede nella fede, succede nell’amore. Vi chiederei, in questo istante di silenzio: forse anch’io sto calando? Sto calando di tono? Sto calando di passione? Sto calando di appuntamenti? Non guardo più. Anzi, vi dirò di più: sto cominciando a guardare un’altra. Forse vi avrà colpito il titolo di questa preghiera un po’ strano e come sempre un po’ sopra le righe. Quando uno comincia ad avere un flirt? Io adesso addirittura l’ho messo in verbo italiano: flirtare. Cosa significa flirtare? Significa che io sto ancora con la mia ragazza – sappiatelo - però poi guardo quell’altra e la guardo non come si guarda normalmente - e lo sapete bene, ragazzi e ragazze, come ci si guarda in una certa maniera - e comincio ad adescarla. Così si fa: è un gioco di sguardi. Non ve lo deve insegnare il vostro Vescovo, ovviamente; voi avreste da farmi grandi lezioni sul tema “come si fa a conquistare, ad attirare l’attenzione di un’altra ragazza?”. Faccio finta di vederla per caso, poi la guardo, lei si accorge che io la sto guardando e abbassa lo sguardo, ma poi lo sente perché, quando una persona ti guarda, senti gli occhi addosso e allora alza lo sguardo. “Ma io sono fidanzata”, tu starai pensando. Ma anche lui è fidanzato. “Ma che fa? Ci stiamo guardando”. Perché vi ho fatto questa sceneggiata sul flirt? Perché quando incominciamo a calare sul piano della fede, noi cominciamo a flirtare col male. Ve lo ricordate il Vangelo di domenica scorsa, sperando che a messa ci siate andati, almeno la prima domenica di Quaresima? Era il Vangelo delle tentazioni (in Marco era brevissimo): Gesù fu spinto nel deserto dallo Spirito, era tentato da satana, stava con le fiere e gli angeli lo servivano. Uno comincia a non guardare più Gesù, a non parlargli più, però intanto sente che qualcuno, qualcun altro lo sta guardando e si sente importante. Quando una ragazza si sente guardata da un altro, normalmente si aggiusta: “Mi sta guardando!”. L’altro fa in modo di incrociarla per caso (ma è tutto studiato) quando esce dalla scuola o quando esce di casa; poi cerca il numero. Si comincia così un’altra storia. Un’altra storia che è un tradimento rispetto alla prima, quella per cui tu dici: “È il mio ragazzo, la mia ragazza, è mio marito, è mia moglie, è il mio Dio”; però intanto sto “chattando” col male. Questo è il flirt, flirtare col male; non è ancora commettere un peccato, ma pian piano è cominciare a dire: “Ma sì! Che fa una volta? Non esageriamo! Qui ad ascoltare il Vescovo pare che ci dobbiamo mettere in una campana di vetro, invece io sono una ragazza moderna! Io sono un ragazzo di ventiquattro anni! Insomma, non mi posso legare come Ulisse al palo della nave quando ci sono tante sirene che mi chiamano!”. Questo è cominciare a flirtare col male. Cominciano così le storie di peccato, non sùbito col peccato (sarebbe troppo facile e non ci cadresti), invece comincia così, con un sottile gioco di sguardi: io ti guardo, tu mi guardi. In napoletano c’è un verbo, non so se lo usate anche voi qui, per questo sguardo: “fittiare”. Lo usate anche voi? No. In napoletano; quando c’è gioco di sguardi, quando lui vuole attirare l’attenzione di lei, dice che la sta fittiando. È questo il flirt, la guardo: “Che fa? Mica mi devo mettere la benda dal momento che sono fidanzato?”. La guardo, ci guardiamo e intanto l’altro (quello vero) o l’altra (quella vera) comincia a cadere nell’ombra. Allora mi interressa più l’altro: come si è vestito (che maglione s’è messo oggi? Che calze aveva?)… Sappiamo dire tutto su quello che l’altro (il terzo) sta ordendo a nostra insaputa. Allora, domanda: sto calando nel mio rapporto con Gesù, nella mia fede? Forse sto già avendo un flirt o più flirt col male? Chiedetevelo. Sto flirtando col maligno? Un attimo di silenzio, perché questo bombardamento trovi un attimo di pace. Voi fate un attimo il bilancio su quello che Dio dice ad Osea e quello che dice a me: “Vieni nel deserto”.

 

***

Vieni, vieni, popolo mio,

vieni con me là nel deserto!

Core a core d’amore ti parlerò!

 

Spero che i termini vi siano chiari: metto sempre in parallelo l’amore e la fede, le storie d’amore e il nostro vissuto di fede. Stasera dobbiamo scoprire che ci sono tanti flirt in azione. Scoprire un flirt sùbito significa immunizzarlo e dire: “No, a questo gioco non ci sto. No, grazie”. Ma se tu cominci ad avere gusto, come succede… Vado al ristorante, vado a mangiare la pizza col mio ragazzo: ci sta quell’altro, a sua volta con la sua ragazza all’altro tavolo, che ogni tanto mi guarda. Subito mi sento importante e ricambio lo sguardo. Poi faccio finta di guardare altrove, ma poi ci incrociamo di nuovo e il mio ragazzo cosa deve pensare? E cosa pensa il mio Dio quando io mi comporto così, mi lascio affascinare e comincio a flirtare col male? Lo ascolteremo in questa canzone.

 

Ed io tra di voi

di F. Battiato

Da: Et moi dans mon coin

di Charles Aznavour

 

Lui di nascosto osserva te
tu sei nervosa vicino a me
lui accarezza lo sguardo tuo
tu ti abbandoni al gioco suo.
Ed io tra di voi se non parlo mai
ho visto già tutto quanto
ed io tra di voi capisco che ormai
la fine di tutto é qui.
Lui sta spiando che cosa fai
tu l'incoraggi perché lo sai
lui sa tentarti con maestria
tu sei seccata che io ci sia.
Ed io tra di voi se non parlo mai
osservo la vostra intesa
ed io tra di voi nascondo così
l'angoscia che sento in me.
Lui di nascosto sorride a te
tu parli forte chissà perché
lui ti corteggia malgrado me
tu ridi troppo hai scelto già.
Ed io tra di voi se non parlo mai
ho gonfio di pianto il cuore
ed io tra di voi da solo vedrò
la pena che cresce in me

 

È una vecchia canzone in francese di Aznavour. Forse quelli più avanti negli anni come me la ricorderanno: è stata riedita da Battiato in alcuni cd dove lui riprende alcune canzoni dal titolo “Flowers”, fiori della letteratura canora. È interessante questo testo nella sua drammaticità: si è in tre, lui e lei che prima si volevano bene, che si sono tanto amati, come dice la canzone napoletana, ma adesso c’è l’attenzione di un altro e il ragazzo, o il marito che sia, passa in secondo piano. Tu sei nervosa vicino a me, cioè quando si entra in questa zona minata, lei (contesa), con me che sono il suo ragazzo o suo marito, finisce sempre con l’essere nervosa, non le va mai bene niente, le mie battute sono sciocche, quello che dico non ha senso, perché ovviamente ha attenzione per un altro.  Lui sta spiando che cosa fai/ tu l'incoraggi perché lo sai/ lui sa tentarti con maestria/ tu sei seccata che io ci sia: è sempre questo gioco di sguardi e la presenza dell’amato diventa addirittura incomoda. Tu sei seccata che io ci sia: vorresti che io non ci fossi, perché in questo momento sono un ostacolo tra voi due che vi state guardando dai due angoli del ristorante. Lui di nascosto sorride a te/ tu parli forte chissà perché: magari fai una citazione, una battuta, ma forte; io sono qui vicino, potrei sentire anche se tu lo dicessi a bassa voce… No, lo dici alzando la voce perché lui possa sentire: l’hai fatta per lui la battuta, non per me. Lui ti corteggia malgrado me/ tu ridi troppo hai scelto già: questa donna è presa nella bolla di sapone di questo gioco di sguardi, di questa trama; sta cadendo come una mosca nella rete tessuta dal ragno e non se ne accorge. Chissà quante volte vi è accaduto, ma soprattutto quello che adesso a me interessa, chissà quante volte noi lo facciamo con Gesù, perché se vi ho proposto questa canzone è per farvi sentire che questa sofferenza, che è la sofferenza della gelosia, è sua. Ed io tra di voi - è Gesù che ti parla, tra te e il male, tra te e questa tentazione, tra te e questa cosa che ti attira - se non parlo mai/ ho visto già tutto quanto /ed io tra di voi capisco che ormai/ la fine di tutto è qui, cioè sta per finire questa storia, questo fatto che tu, Israele (per tornare a Osea), mi hai seguito nel deserto con impeto, non hai avuto dubbi che io t’avrei condotta nel paese, nella Terra Promessa. Noi normalmente confessiamo solo i peccati, ma i peccati sono l’ultima parola di un lungo tragitto che è cominciato con un flirt. Stasera ho utilizzato un termine un po’ grosso, ma che è bello: la gelosia di Gesù. Io spero che qualcuno fra voi l’abbia sentita, almeno una volta nella vita, quando un’altra cosa, un’altra persona, un altro progetto, un altro capitolo della mia vita lo mette da parte. Se tu fossi nei panni di “Gesù amato”, come ti sentiresti? E come ti senti quando la tua ragazza fa così? Ti senti tradito (voi starete pensando “cornuto”, ma potremmo utilizzare questo termine anche per Lui, se al di là dell’immagine c’è la sofferenza): “Tu mi volevi bene! Mi hai fatto grandi promesse e adesso arriva questo, ti ha imbambolata con due parole, con due piroette ed io non conto più! E non ti ricordi?”. Che dovrò fare per te Efraim - dice il testo di Osea che avete ascoltato da Carmen – Che dovrò fare? Il tuo amore è come nube del mattino, cioè mentre c’è, svanisce; sei discontinuo, ti innamori continuamente di altre persone, hai flirt con tanta gente, con tante situazioni di male ed io ho colmo di pianto il cuore.

 

Ed io tra di voi

di F. Battiato

Da: Et moi dans mon coin

di Charles Aznavour

 

Lui di nascosto osserva te
tu sei nervosa vicino a me
lui accarezza lo sguardo tuo
tu ti abbandoni al gioco suo.
Ed io tra di voi se non parlo mai
ho visto già tutto quanto
ed io tra di voi capisco che ormai
la fine di tutto é qui.
Lui sta spiando che cosa fai
tu l'incoraggi perché lo sai
lui sa tentarti con maestria
tu sei seccata che io ci sia.
Ed io tra di voi se non parlo mai
osservo la vostra intesa
ed io tra di voi nascondo così
l'angoscia che sento in me.
Lui di nascosto sorride a te
tu parli forte chissà perché
lui ti corteggia malgrado me
tu ridi troppo hai scelto già.
Ed io tra di voi se non parlo mai
ho gonfio di pianto il cuore
ed io tra di voi da solo vedrò
la pena che cresce in me

 

L’incontro di stasera, e quello di venerdì tra quindici giorni, è in preparazione alla possibilità, per chi lo voglia, qui in Cattedrale, di confessarvi. Non stasera, ma tra quindici giorni. Allora stiamo facendo questo cammino per capire: ma allora il peccato cos’è?, com’è? Di che cosa dobbiamo chiedere perdono? In qualche maniera è come se io vi stessi conducendo per mano, facendovi cogliere anche cose che a voi al momento non sembrano negative. Riascoltando questa canzone mi sono chiesto: ma perché lui non se ne va come avreste fatto voi, come avrei fatto io, sbattendo la porta - Ho capito tutto! - facendo la sceneggiata? Forse è debole? È troppo buono?, come diciamo noi, o vuole veramente bene a questa donna? Una cosa è certa: Dio non se ne va mai, non se ne va, resta lì a vedere la tua intesa, la tua nuova storia, il tuo nuovo amore, la tua nuova scoperta e tu ridi, perché le cose quando cominciano sono sempre entusiasmanti. Dio resta in un angolino a piangere, ma non se ne va. Questo vorrei che vi restasse impresso: Dio è geloso e chissà se qualcuno di voi stasera se ne va di qui con questo messaggio meraviglioso, perché se è geloso significa che per Lui io sono importante. È geloso, ma rimane anche quando tu cominci a flirtare col male, aspettando che tu ti riprenda, che tu torni quello di prima, che tu, cadendoti le squame come al cieco nel Vangelo, ti rendi conto che questa cosa non c’è, è un’illusione, perché lui ti sta chiudendo in una morsa e quando ti avrà se ne andrà, perché vuole solo conquistarti: fa così il male. Ogni esperienza che abbiamo fatto di peccato è stato questo: essere avvinti da una cosa che ci sembrava meravigliosa e poi - mi diceva uno, adesso non dico chi (sta là in fondo alla chiesa) - quando è finito…: “E questo è? È tutto qui?”. Allora capiamo che siamo stati ingannati, perché il male che attira lo sguardo, è scintillante, è un’illusione. C’è un testo, nel Libro della Sapienza, che dice che la sapienza s’è costruita una casa, ma anche il peccato: la donna peccaminosa si è costruita una casa e invita le persone. La sapienza dice: “Venite, ma guardate che la via è dura”. Invece lei dice: “No… Le acque furtive sono dolci”. Mi ha sempre colpito questa espressione “Le acque furtive sono dolci”, a dire: quello che è nascosto, quello che è vietato, è bello. Siamo stati illusi tutti tante volte, anche in questa giornata, e poi ci rimane un pugno di mosche in mano, perché siamo stati traditi, buggerati, perché il peccato non mantiene mai la promessa, perché la tentazione è bellissima, ma poi quando veniamo al dunque, ci accorgiamo che era tutto falso, tutto virtuale. Allora vorrei che facessimo questi quindici giorni esaminandoci di più e diventando anche più scaltri rispetto a queste danze del male intorno a noi. Noi diciamo: ma che fa che mi connetto su questo sito? Che fa che sto a scrivere  a questa ragazza che non conosco? Che fa che mi vedo questo film in un orario strano dove certamente non trasmettono Bernadette Soubirous e la Madonna di Lourdes? Che fa? Sono tutti modi dove noi cominciamo a sentire il fascino del male. Dobbiamo ammettere che il male sa come prenderci, sa come prendervi, cioè ci aggira, ci prende come una donna che è affascinata e allora lui: “Ah! Come sei vestita bene! Elegantissima! Come ti sta bene!”. Così fa il male con noi. Dobbiamo risvegliarci e non fare i “cappuccetto rosso” innocenti che non si rendono conto del lupo cattivo. No, il lupo è cattivo e ti vuole abbindolare, facendoti lasciare l’amore vero. Prima di concludere, voglio anche recitarvi una poesia, se me la ricordo. L’ho imparata in seconda elementare. Non è una filastrocca, è una poesia di un autore napoletano, Di Giacomo. Si intitola “Marzo” ed è una descrizione in napoletano di quello che avviene in natura nel mese di marzo.

 

Marzo: nu poco chiove
e n’ato ppoco stracqua
torna a chiovere, schiove,
ride ‘o sole cu ll’acqua.

Mo nu cielo celeste,
mo n’aria cupa e nera,
mo d’’o vierno ‘e tempesta,
mo n’aria ‘e Primmavera.

N’ auciello freddigliuso
aspetta ch’esce ‘o sole,
ncopp’’o tturreno nfuso
suspireno ‘e vviole.


 
Fin qui la mia maestra ci fece imparare la poesia, perché il resto non avremmo potuto capirlo. Solo diventato grande ho capito che c’era un’altra strofa che dice così:


Catarì!…Che buo’ cchiù?
Ntiénneme, core mio!
Tu ‘o ssaie, marzo mio si’ tu,
e st’ auciello songo io.

 

Ovviamente un bambino di seconda elementare non poteva capire che questa descrizione dell’alternanza, dell’intemperanza di marzo, era la descrizione dell’umore altalenante della donna amata che poi ho scoperto chiamarsi Catarì, come tutte le cose importanti (c’è anche una canzone bellissima “Catarì”). Adesso questa cosa può farvi richiamare alla mente…: “Anche la mia amica fa così: mo’ dice sì, mo’ dice no… Chissà oggi come la trovo…”. È marzo. Poi la cosa più bella di questa poesia è l’ultima strofa, quella della versione per un bambino delle elementari, e cioè N’ auciello freddigliuso aspetta ch’esce ‘o sole. Immaginate questo passerotto - stasera è calata anche la temperatura - che aspettava la primavera e invece è venuto di nuovo il freddo: Oh! Il freddo dopo tanta pioggia! 

 

N’ auciello freddigliuso
aspetta ch’esce ‘o sole,
ncopp’’o tturreno nfuso
suspireno ‘e vviole.

 

È un’immagine bellissima, ma anche tristissima: questo uccellino, questo passerottino infreddolito aspetta che finisca la pioggia. Ma lo sapete che questo uccellino infreddolito si chiama Gesù? E che Catarì songo io, sì tu? Questa donna che si lascia abbindolare, che è chiusa, che ora sorride, ora porta il broncio all’amato…. Catarì!…Che buo’ cchiù?, cioè che altro devo fare? Ntiénneme, core mio! Ascoltami, capiscimi! Tu ‘o ssaie, marzo mio si’ tu, e st’ auciello songo io. Cari amici, anche Salvatore Di Giacomo ha qualcosa da dirci sul piano spirituale, come vedete, perché io faccio così con Gesù che aspetta, aspetta, aspetta, aspetta e aspetta… Aspetta che tu gli dica sì, aspetta che tu ti apra, che tu la smetta di fare le smorfie con l’altro, che tu la smetta di avere flirt col male e ti apri a Lui come all’unico Amore della tua vita.

 

Marzo: nu poco chiove
e n’ato ppoco stracqua
torna a chiovere, schiove,
ride ‘o sole cu ll’acqua.

Mo nu cielo celeste,
mo n’aria cupa e nera,
mo d’’o vierno ‘e tempesta,
mo n’aria ‘e Primmavera.

N’ auciello freddigliuso
aspetta ch’esce ‘o sole,
ncopp’’o tturreno nfuso
suspireno ‘e vviole.

 

Catarì!…Che buo’ cchiù?
Ntiénneme, core mio!
Tu ‘o ssaie, marzo mio si’ tu,
e st’ auciello songo io.

 

Forse ve ne tornate un po’ tristi perché non solo l’ordito musicale della canzone, ma tutto il messaggio dice di un amore tradito continuamente e che rimane, che aspetta, che ti ha dato anche l’opportunità di un’altra Quaresima e tu stai ancora a fare marzo: nu poco chiove/ e n’ato ppoco stracqua, a essere discontinuo, discontinua, a non aver fatto ancora una scelta definitiva per l’unico Amore che non tradisce e per cui non dovrai mai dire “Tutto qui?”, perché ti darà molto più di quello che tu immagini. Però questa tristezza - lasciatemi dire - è santa. Léon Bloy, grande autore, mistico del Novecento, dice che non esiste che una sola tristezza: quella di non essere santi e i santi sono quelli che rispetto ai flirt sùbito capiscono, chiudono, abbassano lo sguardo, spengono il televisore, si disconnettono dal sito (fosse pure Facebook col cardinale tal dei tali: mi disconnetto, perché questa cosa non mi fa bene). Allora coraggio, perché il cammino della Quaresima è l’opportunità che l’Amore per eccellenza ti dà, perché tu sia libero da tutte queste illusioni. Fateci caso (e spero in questi quindici giorni di più): continuamente siamo tentati non a peccare (poi ci si arriva), ma inizialmente a flirtare col male. Ci teniamo insieme per mano e diciamo, così vi riscaldate un po’:

Padre nostro…

 

Benedizione del Vescovo

 

Concludiamo col canto.

 

Canto: Chi mi seguirà?

 

Grazie perché avete superato la difficoltà del freddo e anche questa è una prova d’amore, ma continuiamo a lottare: attenti ai flirt. Buona serata. 




***

 

Il testo, tratto direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.