PREGHIERA-GIOVANI

 

guidata da

 

S. E. REV.MA MONS. ARTURO AIELLO

 

“Cercare insieme”

 

Chiesa Cattedrale

 

Teano, 15 Gennaio 2010

~

Canto iniziale: Alzati e risplendi

 

Nel nome del Padre…

Quello che abbiamo cantato racconta, anche se lo racconta prima che avvenga (è un racconto profetico), di persone che si muovono da varie parti, come abbiamo fatto noi questa sera, non per raggiungere Teano e la Cattedrale, ma per convergere a Gerusalemme. È importante questa visione: non ve lo ricordate, non ve ne siete accorti, ma è stato il testo della Prima Lettura della Solennità dell’Epifania dove il profeta dice: Gerusalemme, togliti il manto del lutto, vestiti a festa perché tu sei una regina e verranno da te da ogni parte. È su questo “da ogni parte”, è su questo “convergere” che svolgiamo insieme il tema di questa Preghiera, stasera, e quindi diciamo: Signore, grazie già solo per il fatto che siamo qui, grazie perché abbiamo vinto la pigrizia, il freddo, la distanza (alcuni vengono da molto lontano). Grazie per queste vie che si incrociano, che convergono verso la Cattedrale. La Cattedrale è il cuore della Diocesi e, quindi, verso il cuore arrivano tutte le arterie per ricevere linfa, forza, per raccogliere energia: è lo stesso motivo per cui noi siamo qui. Quindi, grazie, Signore, perché ci hai raccolti: grazie perché ci fai fare esperienza di Chiesa, persone che stanno insieme nel Tuo nome.

Alzati e risplendi …

Ascoltiamo questo brevissimo ma importantissimo brano del Vangelo di Matteo.

 

Dal Vangelo di Matteo (13, 44-46)

44 Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
45 Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; 46 trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.

 

Adesso facciamo un correttivo a questa lettura. Come ti chiami? Agostino.

Agostino, questa parabola così importante (lo dico a te, ma lo dico a tutti) andrebbe letta così, per dire: ho trovato!

Il Regno dei Cieli è simile ad un uomo che trova un tesoro in un campo; va pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo, cioè è il racconto di uno che ha trovato. Se Agostino incontra una bellissima ragazza, certamente non andrà a dire ai suoi amici: «Ho incontrato una bella ragazza e mi ha sorriso…» ma «Ho trovato una ragazza! È bellissima! Non pensavo che potesse rivolgere lo sguardo verso di me che sono così mingherlino, piccolo! E invece ha guardato proprio me!». Ecco, la Parola di Dio racconta - ma noi non sempre siamo bravi a tradurlo - questa scoperta. Vogliamo un po’ scavare dentro queste parabole: sono due con un comune denominatore. L’altra dice di un collezionista che va in cerca di perle preziose. Quindi, gira per i venditori d’Oriente, quelli che si tuffano per raccogliere le ostriche, aprirle, per cercare una perla particolarmente bella, non perle coltivate. Lo sanno bene le donne; magari per le ragazze non sarà proprio il top, per ora, ma tra una decina d’anni vedrete come comincerete ad apprezzare anche voi un filo o un doppio filo di perle. Una cosa sono le perle coltivate, altra cosa quelle naturali che valgono tantissimo perché sono prodotte dalla natura, senza alcun intervento esterno. Quindi, va in cerca, lui che è ritenuto il collezionista più “in”, più al top tra gli intenditori di perle, e un giorno ne trova una bellissima e ne rimane affascinato al punto – attenti – da vendere tutte le perle collezionate in precedenza per comprare quell’unica perla. Allora, decodifichiamo questi due racconti: c’è qualcosa di bello; è nascosto e bisogna cercarlo, perché la perla di grande valore non la trovi al mercatino dell’antiquariato, al mercatino dell’usato che si fa verso Pastorano, Pignataro, la domenica mattina. Non andate lì, perché non troverete nessuna perla. Non la trovate neanche da Boragine, per esempio, che è il gioielliere di Teano, o dai gioiellieri dei vostri paesi, ma bisogna cercarla e cercarla a lungo. Quindi, primo motivo comune: c’è qualcosa di bello, ma è nascosto, perché se fosse evidente per tutti, immediatamente ci lanceremmo su quel bene e, invece, bisogna cercarlo. E questo è il secondo messaggio: bisogna cercare il tesoro, bisogna cercare questa perla di grandissimo valore. Terzo motivo comune: l’uno e l’altro svendono – attenti – tutto quello che hanno realizzato fino ad allora, ritenendo d’aver fatto l’affare della loro vita. Uno è il tesoro, l’altro è la perla “perlissima” diciamo con un’espressione sbagliata, con un neologismo. Quello che ha trovato la “perlissima” ha fatto l’affare della sua vita. Purtroppo, cari giovani e non tanto giovani, la fede, invece, come ci diceva il nostro buon Agostino nella lettura, non sembra rientrare tra queste cose di grande valore per cui essere disponibili a tutto, per cui compiere anche grandi pellegrinaggi. Voi ne avete fatto uno oggi, e io vi lodo come sempre, perché venire a questa Preghiera è già un impegno, è già dire che la fede va conquistata, magari anche attraverso l’impegno mensile della Preghiera-Giovani. Mi fermo un attimo e ciascuno di voi si chieda: io per la fede – domanda difficilissima – cosa sono disposto a pagare? Che difficoltà fino ad oggi ho vissuto, ho attraversato? Davanti ad una difficoltà mi sono fermato? Per esempio, in un’aula dello Scientifico, del Classico, dell’Istituto Alberghiero e di altri plessi delle Medie Superiori o anche dell’Università, qualcuno scopre, per caso (perché tirando fuori il fazzoletto è venuto fuori anche il foglietto della Preghiera-Giovani) che Francesco, che Angela sono credenti: «Ma tu vai a Messa?! Vai ancora a Messa?!». «Nooo!». Classico esempio di uno che, davanti alla difficoltà “faccio una figuraccia davanti ai miei amici perché mi ritengono fuori moda”, si tira indietro e dice: «No, tengo più alla mia faccia che alla fede». Allora, due domande. La prima: cosa saresti disposto a  pagare per la tua fede? La seconda: hai, fino ad oggi, affrontato qualche difficoltà?, l’hai superata o hai preferito il ragazzo, la ragazza, gli amici, il successo, il fatto che ti ritengono uno intelligente e non è il caso che sappiano che tu vai anche a Messa la domenica? Piccolo momento per cominciare a orientarci nel messaggio di stasera. C’è un tesoro, c’è una perla: cosa sono disposto a pagare? Ho affrontato già qualche difficoltà? Facciamone brevemente memoria, ciascuno dentro di sé.

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Bravissimi i nostri chitarristi di stasera, Marco e Bartolomeo, che hanno registrato questo pezzo prima della Preghiera perché, altrimenti, si sarebbero emozionati a farlo dal vivo davanti a tutti voi.

Dobbiamo fare un altro piccolo passo, che poi è il cuore del messaggio di stasera: è possibile trovare un tesoro senza cercarlo? È possibile trovare un tesoro senza cercarlo, chiedendo? È importante quest’ultima domanda: senza cercarlo, chiedendo? E, quindi, è possibile trovare un tesoro senza chiedere? Noi pensiamo, con la nostra presunzione (tanti di voi lo pensano): «Sì, ce la farò da solo: il senso della vita, la gioia, la felicità me la riesco a creare da me». Sono quelli fra voi che sono destinati a fallire nel giro di pochi secondi, perché arrivano lontano quelli che sanno domandare, sanno chiedere, chiedere informazioni. Dicevano i nostri nonni che chi sa chiedere arriva fino in Sardegna. Era un proverbio: la Sardegna allora era una terra lontanissima, come dire oggi arrivare a New York. La traduzione è: chi sa chiedere, chi sa parlare, arriva in Sardegna, cioè arriva laddove sembra impossibile arrivare. Voi starete pensando: ho il TOM TOM! No, stavolta non serve. Per quello che stiamo dicendo stasera, non serve il pilota automatico, non serve il TOM TOM e tutte le altre guide: girare  a destra, tra cento metri voltare a sinistra… No. Per la felicità, e quindi per conquistare la fede (queste due parabole sono sul Regno di Dio), per essere felici, c’è bisogno di cercare, e per cercare, c’è bisogno di chiedere. Allora, bisogna chiedere e imparare a chiedere, e chiedere nuovamente anche quello che ci sembra d’aver già chiesto. Per questo vi ho messo, in quarta pagina del foglietto, una novella di Kafka, per la verità non tanto facile, che si chiama Davanti alla legge. Kafka racconta, in questa novella, di un contadino desideroso di conoscere la legge. Attenti che questa novella ha un grande significato anche religioso, perché non dovete pensare alla legge come “mi iscrivo a Giurisprudenza” o conoscere il diritto civile, il diritto privato che non fa dormire alcuni di voi che si stanno preparando… La legge, qui, è la sapienza. Allora, va da questo guardiano della legge e chiede: «Posso essere introdotto nei misteri della legge?». Il guardiano è di una scortesia unica, perché neanche risponde: fa finta di non aver sentito. Voi pensate che lo è  perché il contadino è di un’altra classe sociale; no, ma perché questo guardiano è a sua volta un maestro e allora vuole che l’alunno non chieda una volta, ma chieda due, tre, dieci, cento volte. Dopo molte richieste di questo tipo – Posso entrare? Tu sei il guardiano della legge, mi fai entrare in questa cattedrale della legge? Mi vuoi istruire? Mi fai entrare nei segreti della vita, nei segreti della felicità? – lui dice: «È difficile, è per pochi, tu non sei all’altezza». Cerca di scoraggiarlo. E quando vede che il contadino è “incaponito” nel voler entrare e ha grinta, gli offre uno sgabellino più o meno come questo. Gli dice: «Siediti qui e vediamo se viene il tempo, il momento in cui tu possa entrare a conoscere i segreti della legge». Passano delle ore, passano dei giorni, passano delle settimane, e il guardiano non fa cenno al contadino, non dice: adesso è il momento giusto, puoi entrare, adesso ti ammetto, comincio a istruirti. Invece, sempre seduto al suo sgabello, il contadino chiede: «Ti prego, fammi conoscere la legge, indicamela!». Cerca di corrompere il guardiano offrendogli quello che ha: si toglie la croce pettorale, si toglie l’anello… «Ecco, ti do un anello» e l’altro lo prende. Prende l’anello, prende la croce, prende gli abiti che il contadino ha portato con sé, le ricchezze di cui si è munito per questo grande pellegrinaggio. È proprio cattivo questo guardiano - starete pensando - perché sfrutta il povero contadino che sta ancora seduto lì a chiedere umilmente di entrare nella conoscenza della legge e lo sfrutta tanto che il contadino, alla fine, non ha più nulla per vivere e ancora supplica: «Ti prego, fammi entrare nei misteri della legge!». Passano gli anni, questo contadino comincia a invecchiare e, a un certo punto, gli viene la cataratta o, ancor peggio, vede tutto buio: com’è?, si sono spente le luci? No, non ci vede più. Poi si ammala e sta per morire. Pensate, una vita intera a chiedere: «Fammi entrare!». Kafka dice anche che, in tutta questa consuetudine in cui bussava, in cui chiedeva, il contadino si è accorto che sul collo di pelliccia del guardiano c’è una pulce e, allora, chiede alla pulce: «Pulce, intercedi tu presso il guardiano, perché mi faccia entrare, perché si commuova!». Niente. Sta quasi rantolando e chiede al guardiano di abbassarsi, perché lui è diventato piccolo piccolo, come a volte gli anziani, mentre il guardiano è impettito, è enorme, è una statua a custodire l’ingresso della legge. Lo chiama per chiedergli un’ultima cosa. «Avanti, cos’altro hai da dire? Sono anni e anni che stai chiedendo!». Chiede: «Ma perché nessuno chiede di entrare?». E il guardiano risponde: «Tu che hai chiesto per tanti anni, tu solo, sei degno di entrare a conoscere la legge. Gli altri no». E chiuse definitivamente la porta.

Una novella, come vedete, terribile (ovviamente, Kafka non è uno “da fiaba”), ma è profondissima nel suo significato, cioè questa è una novella sull’importanza di chiedere. Voi dovreste chiedere ai vostri genitori: «Mamma, papà, ma come si fa a stare tanti anni insieme? Cos’è l’amore?». L’avete mai chiesto ai vostri genitori, ai vostri parroci? «Parroco mi sono innamorato! Cos’è?» ma chiederlo anche agli altri, chiederlo agli insegnanti, ai docenti, a quelli che con supponenza salgono in cattedra all’università o anche alle medie superiori. Bisogna chiedere molto, e chiedere continuamente anche la stessa cosa, come il contadino santo di questa novella di Kafka che sembra essere un perdente; in realtà, seduto a quello sgabello per tutta una vita, rinunciando a tutti i suoi averi, come Gesù ci ha raccontato nel Vangelo, è un monumento all’uomo che chiede. Dove si va? Avete visto la felicità? Come si fa a stare insieme a una donna una vita intera? È bello avere un figlio? Cosa è importante alla fine? Se dovesse venire un terremoto, come quello che abbiamo visto ad Haiti, cosa rimane d’importante nella vita? Bisogna chiedere. Il problema vostro è che non chiedete più niente. Al massimo, chiedete al motore di ricerca, ma quella è una richiesta comoda, perché subito parte e compare il testo che desiderate. Quella non è una domanda. Una domanda si fa guardando un altro negli occhi; le domande ci devono scavare, devono farci male: le domande bisogna farle tante volte. Il problema della fede è che nessuno fa più domande, nessuno più chiede: forse che i parroci presenti qui ricevono di queste richieste? - Parroco voglio credere di più: cos’è la fede?, chi è Gesù? - Al massimo, si chiede un certificato, una raccomandazione, un posto di lavoro, ma le grandi domande non ci sono più. Questo è un dramma. Kafka, che non è un ottimista, chiude la novella con la morte di questo santo cercatore che poi, alla fine, si scopre essere l’unico vero ammesso al mistero della legge, ma si chiude anche la porta, perché gli altri neanche chiedono: tanti vogliono conoscere la legge, ma poi nessuno mai viene a chiedere. Non so se io riesco a trasmettervi questa passione della domanda e questo dramma del non chiedere più. Quando i figli non chiedono più niente ai genitori, il marito alla moglie, la moglie al marito, i fedeli ai preti, i preti alla gente, il vescovo ai preti, i preti al vescovo, sappiamo tutto, non facciamo più domande e soprattutto, al massimo, una domanda la facciamo una tantum, una volta tanto, non continuamente. Domani mattina, quando vi svegliate chiedetevi: che devo fare? Dove si sta celebrando la felicità? Dove devo andare? Chi devo essere? Domande che fate a voi, ma che poi dovete fare anche a vostra madre che vi ha preparato la colazione. Sicuramente vi manderà a quel paese: ma che c’è?, stai ancora dormendo? E, invece, le domande dovrebbero essere consuete. Ci sono delle domande nei vostri gruppi?, nelle vostre parrocchie? Ci chiediamo delle cose? Ecco, ripensate a questo contadino seduto allo sgabello per tutta una vita, che rinuncia a tutti i suoi averi per conquistare un tesoro. Chissà se Kafka avrà pensato a questa parabola, ma stasera la proponiamo in un accostamento felice, perché Gesù e Kafka dicono la stessa cosa: bisogna cercare. E bisogna cercare e cercare ancora. Un amore finisce – ricordatevelo - quando non facciamo più domande; un amore finisce col silenzio, quando non ci chiediamo più niente, quando non chiediamo più niente all’altro, non torniamo a casa con l’urgenza di dire una cosa importantissima: «Ho da dirti una cosa: fermati! Siediti!». Domandare è vivere.

Ci fermiamo un attimo su queste note e chiediamo d’essere anche noi dei mendicanti. Non pensate che stasera il Vescovo abbia da darvi delle risposte: ha da porvi delle domande. E spero anche voi a lui. Ce le stiamo ponendo con gli occhi, ci chiediamo: dov’è la verità?, dove bisogna andare?, come mettere su un mondo stabile che nessun terremoto possa demolire?

 

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Diamo adesso la parola a Branduardi. È un testo semplicissimo; d’altra parte, i testi di Branduardi sono sempre semplici, ma questo è il più semplice della discografia. Attenti: è importante anche la lunga coda sonora di Cercando l’oro. Quando finisce il testo, brevissimo, sintetico, e comincia questa lunga coda dove si descrivono delle cose, date delle immagini alle note che ascolterete.      

 

Cercando l’oro

(Angelo Branduardi)

 

Camminando per di qua

noi stiamo cercando l'oro,
stamattina in verità ho tentato di partire solo...
Come è caldo questo sole
e ormai siamo una lunga fila
anche se in verità volevo proprio partire solo...

Ora c'è chi dice "andiamo avanti",
c'è chi gli risponde che è sbagliato,
qualcuno intanto sta pensando che sarebbe meglio ritornare...

Sotto questo sole così caldo,
in mezzo a questa confusione,
se almeno si togliessero di mezzo
quelli che vogliono dire la loro!

Camminando per di qua
noi troveremo l'oro,
stamattina in verità avrei voluto partire solo...

Se ora guardo dietro me
vedo una lunga fila,
come ho fatto non lo so a pensare di partire solo...

 

È più importante questa coda del testo che, anche nella sua brevità, dà un messaggio chiaro. Non so a che cosa avete pensato su questo “oooh”. L’immagine è di una carovana. Quelli che hanno partecipato al Campo, immediatamente, avranno avuto l’immagine di 180 giovani che scalpitavano, che si scoraggiavano, che salivano, che scendevano, in uno dei tanti percorsi fatti a Campitello (“scalate” è un termine che utilizziamo solo, così, per entusiasmare, anche se per alcuni è come se fossimo saliti sul K2). Quelle passeggiate le avreste mai fatte da soli? No. Forse neanche il Vescovo si sarebbe avventurato da solo se non avesse avuto dietro tutti questi giovani da tirare. Vedete, qui c’è un messaggio molto importante, che il testo, anche breve, di Branduardi immediatamente consegna: stanno cercando l’oro e, quindi, l’immagine è dei cercatori d’oro, epopea americana e non solo, di quelli che andavano a setacciare le sabbie in cerca di qualche granellino, di qualche pepita. Questo cercatore ha pensato di partire da solo, ma poi a metà giornata, quando girandosi vede dietro di sé una lunga fila, dice: Ma come ho fatto a pensare di voler partire da solo? Comprende che il tesoro lo troverà insieme agli altri, anche se c’è chi protesta, chi dice «Andiamo avanti, andiamo di qua, andiamo di là… No, è sbagliato: il sentiero porta di qua!», quei commenti che sempre si sentono, maledizioni nei confronti di chi sta davanti, tutti “audio” che conosciamo benissimo, ma che fanno parte di una parola magica che è “insieme”. Qual è il segreto di questa Preghiera? Perché siamo tanti? Perché siamo insieme. Se ci fossero cinque persone alla Preghiera-Giovani, il mese dopo ce ne sarebbero due, poi una e poi chiudiamo la Preghiera. Qual è il segreto del successo della Preghiera-Giovani? Non è il Vescovo! Vi sbagliate. Siete voi, perché più siamo, più siamo; più aumentiamo, più avremo bisogno di mettere anche uno schermo all’altare del Santissimo per quelli che si siedono e si distraggono all’ombra dei cipressi e dentro  l’urne… è forse il sonno della morte men duro? Ma questa è un’altra cosa… Voglio dire che il fatto d’essere tanti, attira tanti. Se fossimo quattro gatti, la Preghiera avrebbe una durata minima. Questo lo dico anche ai parroci: quando partiamo con due gatti, all’inizio del cammino annuale, siamo certi che neanche a Natale arriveremo. Se partiamo in 500, saremo 5000: questa è una legge, è una sorta di attrazione, cioè le masse attirano le masse. Infatti, voi andate dove c’è la folla, non andate dove c’è un “Pinco Pallino”, uno, due o tre che suonano la chitarra: andate dove stanno le masse. Quindi, c’è anche una bontà in questo fatto. Il messaggio di stasera è domandare, ma domandare camminando insieme, anche se c’è qualcuno che scivola, uno che protesta, uno che spinge, uno che dice non salirò mai, tipo Emanuele di Caianello, per esempio, che non ho più visto: un peso enorme che abbiamo tirato su non col paranco, ma è venuto con i suoi piedi. Arrivano anche le persone che tu diresti: “Questo qui non farà neanche dieci passi!”. Invece, arrivano e perché? Perché sono portati dagli altri, non sulle spalle, ma portati dall’entusiasmo: mentre si parla, si arriva in cima. Bisogna chiedere, bisogna chiedere a tanti. Vi direi, stasera, di chiedere anche a quelli che pensate che non possano dirvi niente. Anche il contadino del racconto di Kafka, ancora qui seduto al suo sgabellino da alunno, ha qualcosa di importante da dirvi. Bisogna chiedere ai nonni, bisogna chiedere alle persone anziane, bisogna chiedere ai bambini: dove si va? Dici: il bambino non lo sa… Invece, il bambino può darti una risposta. Quindi, vi faccio riascoltare questo canto che dà il ritmo di un cammino, di persone che avanzano più o meno entusiaste e poi chiudiamo con un piccolo collegamento con alcune parrocchie; adesso ne abbiamo scelte alcune, poi prossimamente faremo dei collegamenti con delle altre. Non stiamo ancora in videoconferenza perché non ce lo possiamo permettere: per ora facciamo collegamenti umani. Intanto riascoltiamo e mi chiedo: sto camminando da solo? Quante  persone camminano con me? Di quante persone sento la vicinanza? Io, come quelli della mia età, veniamo anche da un messaggio, immediatamente dopo il Concilio, che si chiamava Viva la gente. Viva la gente era la canzone dei tempi nostri che poi è stata tradotta con Perzone perzone di “Scugnizzi”: è lo stesso messaggio. Perzone perzone che descrive la vivacità di Napoli, ai tempi nostri era raccontato da Viva la gente, cioè è importante che ci sia la gente non solo come aspetto coreografico, ma perché la gente chiama la gente, la gente - dice sempre “Scugnizzi” - ama la gente. 

Cercando l’oro (A. Branduardi)

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Iniziamo questo nostro collegamento. Attenzione, aprite bene l’ascolto e le orecchie del cuore, perché da questi piccoli spot, emerge che ci sono dei giovani che stanno cercando.

Testimonianze

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È una piccola panoramica; non siamo stati esaustivi della ricchezza di tante esperienze che nelle singole parrocchie si portano avanti, ma ho voluto fare questi piccoli collegamenti per dire: non stiamo proprio in prima elementare, anzi, c’è una ricchezza, ci sono persone che vanno avanti, altri che si sono messi in cammino da poco, ed è bello sentire questa coralità. Stasera, scopriamo che le domande vanno fatte, vanno fatte con insistenza, vanno fatte a tanti e che essere in tanti è motivo perché altri possano aggregarsi. Adesso, ci mettiamo in piedi e, ancora sulle note di una carovana, facciamo anche noi una carovana, tenendoci per mano e recitando la preghiera che Gesù ci ha insegnato: Padre nostro… 

Benedizione del Vescovo

Canto finale: Resta qui con noi

 

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Il testo, tratto direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.