PREGHIERA-GIOVANI

 

guidata da

 

S. E. MONS. ARTURO AIELLO

 

“C’è un ostacolo insormontabile? Danza, danza!”

 

Cattedrale di Teano

 

Giovedì, 20 Novembre  2008

 

~ ~ ~

 

 

Alzati e risplendi

 

1. Alzati e risplendi ecco la tua luce
è su te la gloria del Signor. (2 v.)
Volgi i tuoi occhi e guarda lontano,
che il tuo cuore palpiti di allegria.
Ecco i tuoi figli che vengono a te,
le tue figlie danzano di gioia.

Rit. Gerusalem, Gerusalem
spogliati della tua tristezza.
Gerusalem, Gerusalem
canta e danza al tuo Signor.

 

2. Marceranno i popoli alla tua luce,
ed i re vedranno il tuo splendor. (2 v.)
Stuoli di cammelli ti invaderanno
tesori dal mare affluiranno a te.
Verranno da Efa, da Saba e da Kedar,
per lodare il nome del Signor. Rit.

 

3. Figli di stranieri
costruiranno le tue mura
ed i loro re verranno a te. (2 volte)
Io farò di te una fonte di gioia,
tu sarai chiamata: "Città del Signore".
Il dolore e il lutto finiranno
sarai la mia gloria tra le genti. Rit.

 

Nel nome del Padre…

 

Iniziamo la nostra Preghiera raccogliendo questo invito: “Spogliati della tua tristezza, indossa un abito di gioia, canta e danza al tuo Signore”. Verrà un giorno in cui saremo più liberi anche di danzare. Per oggi basta che impariamo a cantare. Perché “danza e canta al tuo Signore”? Vi consegno proprio all’inizio una bellissima frase di Heidegger, un grande filosofo del Novecento, ateo, che diceva (perché era alla ricerca di Dio come tutti i filosofi): “Sarebbe bello avere un Dio davanti al quale danzare”. Noi questo Dio ce l’abbiamo, un Dio davanti al quale danzare: “Canta e danza”. Anche se non ci muoveremo, questa nostra Preghiera è un canto a Dio e anche una danza. Perché “canto e danza”? Perché si comincia a cantare ed istintivamente, anche voi che siete nei banchi, finite col portare il tempo con il piede o dare un movimento fisico a quello che stiamo dicendo. Anche il semplice respiro (quando si canta si respira diversamente) è come se assumesse un ritmo che è il ritmo del canto. “Canta e danza” significa mettersi pienamente in preghiera, non solo con la mente. Alcuni pensano che la preghiera sia un fatto cervellotico, cerebrale, invece è un fatto che investe tutta la persona. E così vogliamo incontrare Gesù stasera, dedicando a Lui il nostro canto e la danza della nostra vita. Ci fermiamo un attimo perché ciascuno di voi acciuffi se stesso, dalle distrazioni della settimana o di qualche istante fa, per dire: “Sto davanti al Re: devo cantare e danzare per Lui”.

 

***

 

Ti ringraziamo, Signore Gesù, perché ci hai chiamati, perché hai chiamato ciascuno di noi per nome a questo appuntamento, perché tu sai chi siamo più di quanto noi stessi non ne abbiamo percezione e conosci i tesori che si nascondono nel nostro cuore: aprici alla Tua Parola e a ciò che Tu hai preparato per noi stasera. Grazie perché ci hai chiamati e grazie perché ci hai dato la forza di giungere fin qui, magari superando anche qualche difficoltà. Siamo qui per ascoltarti.

 

***

 

Dal libro dell’Apocalisse di San Giovanni apostolo

 

Io, Giovanni, vidi nella mano destra di Colui che era assiso sul trono un libro a forma di rotolo, scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli. Vidi un angelo forte che proclamava a gran voce: "Chi è degno di aprire il libro e scioglierne i sigilli?".  Ma nessuno né in cielo, né in terra, né sotto terra era in grado di aprire il libro e di leggerlo. Io piangevo molto perché non si trovava nessuno degno di aprire il libro e di leggerlo.  Uno dei vegliardi mi disse: "Non piangere più; ecco, ha vinto il leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide; egli dunque aprirà il libro e i suoi sette sigilli". Poi vidi ritto in mezzo al trono circondato dai quattro esseri viventi e dai vegliardi un Agnello, come immolato. Egli aveva sette corna e sette occhi, simbolo dei sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra. E l`Agnello giunse e prese il libro dalla destra di Colui che era seduto sul trono. E quando l`ebbe preso, i quattro esseri viventi e i ventiquattro vegliardi si prostrarono davanti all`Agnello, avendo ciascuno un`arpa e coppe d`oro colme di profumi, che sono le preghiere dei santi.  Cantavano un canto nuovo:

«Tu sei degno di prendere il libro

e di aprirne i sigilli,

perché sei stato immolato

e hai riscattato per Dio con il tuo sangue

uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione

 e li hai costituiti per il nostro Dio

un regno di sacerdoti

e regneranno sopra la terra».

 

Probabilmente, i giovani non hanno grande dimestichezza con il Libro dell’Apocalisse che è di una fantasmagoria di colori, di simboli, unica nella Bibbia. È uno degli ultimi testi della Sacra Scrittura: è un Libro Profetico. Ho preso questo testo perché è il testo della Prima Lettura di oggi, quindi è il “pane” per questa giornata. Ho pensato che potesse essere un pane croccante anche per voi giovani. Cercherò di aiutarvi brevemente nella immissione di senso. Ovviamente l’Apocalisse, se uno la legge così non comprende nulla, proprio perché, più di altri testi, ha mille ammiccamenti, mille simboli. Se mettete insieme le scene, così come vengono descritte, ne avete un senso di disagio perché sono immagini (pensate alle sette corna, alle sette teste...) che quasi appartengono alle immagini dei film di fantascienza. Qual è la situazione che l’autore sta descrivendo? (L’Apocalisse è come se fosse una grande visione). Vede un libro. Ovviamente i libri allora non c’erano: c’erano i rotoli che erano delle pergamene arrotolate. Vede questa pergamena, questo rotolo - dice il testo - “scritto dall’una e dall’altra parte”, a dire “completezza”: è un testo completo. Vede che questo libro, questo rotolo ha sette sigilli che bisogna sciogliere per aprirlo e per leggerlo. La percezione che egli ne ha (l’autore è anche colui davanti al quale si dipana questa visione, che è come un film) è che in questo libro ci sono i segreti del mondo, c’è il senso della storia, c’è la chiave per capire quello che sta succedendo (sono tempi difficili per la Chiesa perché sono tempi di persecuzione). Quindi ha la percezione che lì c’è la chiave - diremmo noi oggi - lì è scritto quello che mi riguarda, quello che riguarda la mia famiglia, la mia comunità, il mio passato, il mio presente, il mio futuro, quindi vorrei leggerlo. Questa scena è anche organizzata con una regia attenta per creare una tensione. La tensione è: il libro sta lì, leggiamolo, apriamolo. Se il segreto della felicità è in questo libro, dissigilliamolo. Se per capire quello che mi sta succedendo devo leggere questo libro: avanti, lo si legga! Ma vengono – adesso traduco io – mandati dei messaggeri ai quattro angoli della Terra per cercare il lettore degno di questo libro, cioè uno che lo sappia leggere, ma i messaggeri tornano sconfitti, dicendo: “Non abbiamo trovato nessuno”. Nessuno è in grado di aprire innanzi tutto, quindi di dissigillare e questo significa averne l’autorità. Posso aprire il testamento: devo averne l’autorità. Posso dissigillare questo rotolo: devo averne l’autorità. Nessuno ne ha l’autorità, nessuno sa leggerlo. Pensate se qualche volta un vostro amico vi ha dato un programma: lo avete inserito nel computer ma “Non lo legge”, diciamo. Ho la possibilità di fare questo gioco, di accedere a questo programma, ma il mio computer non lo legge. Quindi il disagio di avere il dischetto e sentire che il computer non lo legge: manca una password. Seconda immagine, che ci aiuta a capire il disagio: c’è uno spartito meraviglioso di un testo che io amo (in questo momento penso al Notturno di Chopin in Mib). Sai suonare? No. Allora che ci sia questo testo non serve: è come se non ci fosse, perché mi manca la possibilità di leggere quello che Chopin ha scritto. Sta qui, ma nessuno sa leggerlo. Oppure voi vivete un problema, c’è una soluzione, ma come in un incubo non riuscite a raggiungere la persona che vi aiuta, che ha la parola abracadabra, la parola magica per risolvere il mio problema. Vi ho fatto tre scene: il programma che il mio computer non legge; lo spartito che c’è ma non so suonare; la soluzione che è a portata di mano ma, come in un incubo, io cerco di camminare ma le gambe sono pesanti e non riesco a raggiungere la soluzione del problema. Questa è la scena e questo noi dobbiamo sentire, insieme con l’autore dell’Apocalisse, rispetto a quello che è scritto lì ma che ha bisogno di qualcuno che autorevolmente apra il libro, lo dissigilli, cioè rompa i sigilli, e lo legga. Allora capite la reazione dell’autore che piange. Piange perché dice: “Allora non c’è speranza! Non c’è soluzione! Non possiamo risolverla la felicità dell’uomo! Saremo sempre infelici? Saremo sempre sotto il gioco di problematiche e di divisioni?”. Ad un certo punto, un vegliardo si avvicina a lui che sta piangendo e dice: “Non piangere più: ha vinto il leone di Giuda”. Questa Parola a voi non dice niente. Dovreste conoscere testi dell’Antico Testamento dove Giuda è indicato come colui che vincerà, che è un simbolo, già nell’Antico Testamento, del Messia. “Ha vinto il leone di Giuda” significa: è arrivato il Messia e Lui può aprire il libro, può dissigillarlo e leggerlo, cioè Lui ha la chiave di lettura. Ma attenti: questa vittoria è avvenuta attraverso la croce. Nell’inno che segue, che tutti cantano con le arpe d’oro (nell’Apocalisse tutto è un luccichio, tutto è d’oro: le arpe d’oro, le coppe d’oro...), ha vinto con il Suo sacrificio: ha vinto l’Agnello a prezzo del Suo sangue. Quindi il libro c’è, c’è chi può leggerlo, chi può aprirlo e Colui che ha autorità di leggere il libro della storia, di capire io chi sono e di dirmelo: “Tu sei Arturo, tu sei Vescovo…” e così per voi qualsiasi sia il vostro nome, la vostra missione nel mondo. Questo me lo dice Lui che ha vinto a prezzo del Suo sangue, con il Suo sacrifico. Ecco allora si comprende l’esplosione di gioia che è anche danza da parte di tutti gli Spiriti Celesti una volta che si è trovato chi sa il senso della storia, chi sa quello che sta accadendo, quello che è accaduto, quello che accadrà e come le cose si connettono, come mio padre, io e mio figlio entriamo in una storia che è bella. Adesso detto così, vi sembrerà ancora un po’ astratto, ma pensatelo rispetto ad un problema che avete: c’è qualcosa che vi angustia?, che vi fa soffrire?, una divisione nella vostra parrocchia?, nel vostro gruppo?, una difficoltà a entrare in sintonia con i vostri compagni di scuola o di università?, o anche con la vostra ragazza?, una difficoltà a livello familiare? Allora capisco che questo grido di vittoria è anche il mio, rispetto a ciò che in questo momento mi fa soffrire. Qualcuno mi dice: “Non ti preoccupare, non piangere più! Questa cosa è risolta: ha vinto il leone di Giuda!”. Adesso riascoltiamo il brano - poi Maria Teresa ci fa un sottofondo (chiedo scusa al lettore perché lo mando avanti e indietro per la Cattedrale) – e lo personalizziamo a dire: “Anch’io ho una difficoltà, anch’io vorrei che Gesù mi leggesse: Gesù, leggimi nel cuore, aiutami a leggere la storia”. Senza Gesù quello che stiamo vivendo è assurdo: con Lui tutto si fa chiaro.

 

Cantavano un canto nuovo:

«Tu sei degno di prendere il libro

e di aprirne i sigilli,

perché sei stato immolato

e hai riscattato per Dio con il tuo sangue

uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione

 e li hai costituiti per il nostro Dio

un regno di sacerdoti

e regneranno sopra la terra».

 

Ripetiamo insieme il canto nuovo

 

«Tu sei degno di prendere il libro

e di aprirne i sigilli,

perché sei stato immolato

e hai riscattato per Dio con il tuo sangue

uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione

 e li hai costituiti per il nostro Dio

un regno di sacerdoti

e regneranno sopra la terra».

 

Solo le donne, ripetete:

 

«Tu sei degno di prendere il libro

e di aprirne i sigilli,

perché sei stato immolato

e hai riscattato per Dio con il tuo sangue

uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione

 e li hai costituiti per il nostro Dio

un regno di sacerdoti

e regneranno sopra la terra».

 

Gli uomini

 

«Tu sei degno di prendere il libro

e di aprirne i sigilli,

perché sei stato immolato

e hai riscattato per Dio con il tuo sangue

uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione

 e li hai costituiti per il nostro Dio

un regno di sacerdoti

e regneranno sopra la terra».

 

Immagino, a questo punto, una sorta di disagio, perché da un lato c’è questo messaggio così bello, come se al centro di un temporale si squarcia il cielo e tu vedi azzurro. Effettivamente Gesù ha vinto, Gesù ha aperto, Gesù tiene in mano il rotolo della mia vita e Lui sa più di me. Effettivamente Lui ha l’autorità di aprire questi sigilli e ogni sigillo che si apre è sangue che scorre dal Suo Corpo perché, mentre tiene il rotolo, è Lui, la Sua carne, il rotolo dove è scritta la storia del mondo nei suoi effetti benefici. Però dall’altro lato ognuno di voi dice: “Sì, voglio credere, voglio unirmi a questo canto nuovo, ma non vedo ancora la soluzione, ma non intravedo ancora l’alba, ma non sono ancora felice, ma non ho ancora trovato un ragazzo, una ragazza che fa per me, ma questa settimana a scuola o all’università (casomai ci siate andati con i tempi che corrono) non è andata bene…”. Questo “ma” come lo risolviamo? La gente continua a morire, i problemi continuano ad esserci ed è il vero dilemma del credente. E voi, che adesso vi affacciate su una fede più consapevole, dovete imparare a vivere anche questo disagio di chi vi dice: “Abbiamo vinto!”, però concretamente sperimenta ancora la sconfitta. Allora abbiamo vinto o abbiamo perso? Abbiamo vinto! Però stasera ho perso… La risposta, in qualche maniera, a questa domanda (“Com’è che tu, Gesù, hai vinto e noi siamo ancora perdenti?”) la troviamo nel testo: anche stasera è di scena De Crescenzo. Spero che non abbiate dimenticato il messaggio del mese scorso. Qualcuno - ho saputo - il granellino di senapa l’ha anche piantato ed è uscita una piantina piccola piccola: può darsi che ne verrà fuori un albero. Bene, la volta scorsa ci siamo lasciati con “Quantu tiempo ce vo’”, questa pazienza che i giovani (e non solo i giovani) fanno fatica ad avere. Adesso ci chiediamo: ma se abbiamo vinto, perché continuiamo a perdere? Ascoltate questo testo.

 

Danza danza

di De Crescenzo

Dietro un velo che ci nasconde
più di un muro che ci separa
nel silenzio di una candela
c’è l’amore che è un punto chiaro
cosa fai se aspetti domani
sei morto e nemmeno lo sai
Sotto il sole di questa vita
nell’orgoglio non c’è riparo
dietro maschere di cartone
siamo vecchi e non siamo nati
e se c’è un fuoco che brucia in te
è il tuo pensiero e nessuno mai lo fermerà
e se c’è grano germoglierà
come il mattino da una notte nera nascerà
Danza danza pioverà, danza danza con me
Danza danza pioverà, danza danza con me
Lo sciamano cattura il vento
con le grida della sua gente
con la sfida del suo dolore
può bagnare perfino il sole
cosa fai se aspetti domani
sei morto e nemmeno lo sai, nemmeno lo sai
e se c’è grano germoglierà
come il mattino da una notte nera nascerà
Danza danza pioverà, danza danza con me
Danza danza pioverà, danza danza con me
Non ti fermare mai, non ti fermare
Danza danza pioverà, danza danza con me,con me, con me
Danza danza pioverà
danza danza con me,con me, con me
Danza danza pioverà
danza danza con me,con me, con me
Danza danza, Danza danza
Danza danza, Danza danza

 

È difficile non farsi contagiare da questo invito alla danza, ma cerchiamo di leggere il testo con attenzione, prima di venire all’invito alla danza. “Dietro un velo che ci nasconde, più di un muro che ci separa”: tra quello che vediamo e quello che non vediamo c’è un velo; tra la realtà visibile dei giovani che affollano la Cattedrale di Teano e la gioia degli Angeli, dei Santi e i nostri parenti defunti c’è un velo; tra noi e Gesù - che è qui presente in tante maniere, nella Parola proclamata, nel fatto che siamo un’assemblea riunita nel Suo nome, perché qui c’è la Presenza Eucaristica, perché questo è il luogo della Parola, qui c’è l’altare (tanti segni della Sua Presenza) – tra noi e Lui c’è un velo. Ma questo velo – attenti! – può diventare un muro. Riuscirà il muro a diventare velo perché il velo non si amplii in un muro?, non diventi spesso come un muro? “Nel silenzio di una candela c’è l’amore che è un punto chiaro”: queste sono tutte immagini di preghiera. Se voi entrate in Chiesa - spero che qualche volta lo facciate - in tempi di tranquillità, cioè quando non ci sono celebrazioni, mi auguro che i giovani siano colpiti non tanto da questa o quella statua, ma da una candela, da una lampada eternamente, perennemente accesa, che ci dice: lì c’è Gesù vivo e vero. “Nel silenzio di una candela c’è l’amore che è un punto chiaro”: il velo può diventare un muro, il muro deve diventare un velo perché siamo vicini, perché la nostra storia e la storia sacra sono tutt’uno. L’importante è guardare questa candela silenziosa (perché una candela non fa rumore) “che è un punto chiaro” che è l’Amore, l’Amore di Colui che sta lì ad aspettare - dice Sant’Alfonso in una preghiera - quelli che vengono a visitarlo, l’Amore che è un punto chiaro nella storia. Ovviamente qui bisogna lanciarsi nella danza, altrimenti “cosa fai se aspetti domani? Sei morto e nemmeno lo sai”. E questo vorrei che vi ferisse, cari giovani, perché voi dite sempre: “E va be’, poi se ne parla!”. No, “se aspetti domani, sei morto e nemmeno lo sai”: hai questo momento, hai questo istante, questo giorno, questa giovinezza, questa occasione, questa opportunità per superare il muro, per trasformare il muro in velo e per guardare questa candela che silenziosamente ti testimonia un amore. E poi c’è questa immagine dell’orgoglio che è il nostro grande peccato, come dice un Salmo. Sotto il sole di questa vita nell’orgoglio non c’è riparo; dietro maschere di cartone siamo vecchi e non siamo nati: un’immagine di difficoltà. Sotto il sole di questa vita non riusciamo a sottrarci ai dardi dell’orgoglio, che è una difficoltà per rapportarsi a Dio, che è una difficoltà a credere che “ha vinto il leone di Giuda”, che è una difficoltà a lasciarsi prendere perché per pregare bisogna un po’ lasciarsi andare. Se uno pensa sempre, come quando io sto per addormentarmi e dico: “Adesso mi addormento”, se lo dici non ti addormenti più; devi lasciarti andare. Così è nella preghiera e l’orgoglio fa a pugni con la fede. L’orgoglio taglia le ali alla preghiera e allora ci nascondiamo dietro maschere di cartone – dice qui l’autore – siamo vecchi e non siamo nati: nuovamente questa immagine di una vita che passa ma inutilmente, perché non ci siamo accorti che dietro il velo c’era Lui, che dietro questo evento c’è un messaggio; non ci siamo accorti che l’Incontro-Giovani non era un incontro qualsiasi, ma era l’incontro decisivo della nostra vita. Allora viene la parte positiva, sperando che vi togliate queste maschere di cartone che vi fanno invecchiare: qualche volta le maschere di cartone sono anche quegli strati (uno, due, tre, dieci strati) di creme che le ragazze mettono. Alla fine uno non sa più: ma è bionda?, è bruna?, ha gli occhi verdi? Anche quelle sono maschere dietro cui ci nascondiamo. Un po’ di trucco va bene, ma non bisogna eccedere, altrimenti… ma dove è stata questa ragazza? Quanto tempo ci ha impiegato per mettere questi chili di creme, di fondotinta sul suo volto? Se tu riesci a togliere queste maschere, allora scopri che “se c’è un fuoco che brucia in te è il tuo pensiero e nessuno mai lo fermerà e se c’è grano germoglierà come il mattino da una notte nera nascerà”. Qui entra l’aspetto dirompente e positivo di questo testo: in tutta questa freddezza di maschere, di persone vecchie mai nate, di quelli che aspettano ma domani saranno morti e manco se ne accorgeranno, c’è qualcosa che brucia. È quel granellino di senapa di un mese fa, è la Parola di Dio, è questo cammino che si va facendo nelle parrocchie, questi gruppi che nascono, queste relazioni che anche il giornalino del Movimento Giovanile sta creando e quindi si sta muovendo qualcosa (“Eppur si muove!”). C’è qualcosa che brucia. “Se c’è un fuoco che brucia in te” a dire: non lo spegnere!, non lo mettere – direbbe Gesù – sotto il letto (oltre al fatto che ti brucia il letto), per dire che una lucerna si mette in alto, perché deve far luce a tutti, non la metti sotto la sedia. Questo fuoco che brucia in te, liberalo: fai in modo da non fermarlo. “E nessuno mai lo fermerà e se c’è grano, germoglierà, come mattino da una notte nera nascerà e allora danza”. Attenti: l’invito alla danza non è fatto ad una persona che sta bene al 100%, non è rivolta a un giovane che non ha problemi, non è l’espressione di una vita senza tristezze. Ma qui sta il gioco, il segreto di questo gioco: bisogna avere il coraggio di danzare anche quando il cielo è limpido perché capite che questo “Danza danza” è riferito alla pioggia, alla danza della pioggia. Se siamo in agosto, in luglio e fa un caldo terribile invece di dire: “E mo’ arriva ’sta pioggia!”, tu prova a danzare, perché danza chi aspetta la pioggia con un sole che dardeggia; danza chi aspetta la gioia in un problema, in una tristezza. Non danzano quelli che non hanno problemi: danzano quelli che, senza fermarsi, credono nell’impossibile. Riascoltiamo. Adesso questo testo vi sembrerà più bello perché rivestito di preghiera.

 

Danza danza

di De Crescenzo

Dietro un velo che ci nasconde
più di un muro che ci separa
nel silenzio di una candela
c’è l’amore che è un punto chiaro
cosa fai se aspetti domani
sei morto e nemmeno lo sai
Sotto il sole di questa vita
nell’orgoglio non c’è riparo
dietro maschere di cartone
siamo vecchi e non siamo nati
e se c’è un fuoco che brucia in te
è il tuo pensiero e nessuno mai lo fermerà
e se c’è grano germoglierà
come il mattino da una notte nera nascerà
Danza danza pioverà, danza danza con me
Danza danza pioverà, danza danza con me
Lo sciamano cattura il vento
con le grida della sua gente
con la sfida del suo dolore
può bagnare perfino il sole
cosa fai se aspetti domani
sei morto e nemmeno lo sai, nemmeno lo sai
e se c’è grano germoglierà
come il mattino da una notte nera nascerà
Danza danza pioverà, danza danza con me
Danza danza pioverà, danza danza con me
Non ti fermare mai, non ti fermare
Danza danza pioverà, danza danza con me,con me, con me
Danza danza pioverà
danza danza con me,con me, con me
Danza danza pioverà
danza danza con me,con me, con me
Danza danza, Danza danza
Danza danza, Danza danza

 

La seconda strofa è quella centrale e dà il senso a questo “Danza, danza”: è quella dello sciamano. Chi è lo sciamano? Lo sciamano è, come sapete, il sacerdote di una tribù. “Lo sciamano cattura il vento con le grida della sua gente”: c’è questa liturgia in atto. Ovviamente ci troviamo in un paese caldo e non piove da tanto tempo, quindi ci sono queste grosse ferite nella terra che dicono “sofferenza” del terreno: ci vuole acqua e allora comincia questa liturgia. Il sacerdote è questo sciamano che comincia a gridare a Dio perché gli mandi l’acqua. Dice il testo: “Cattura il vento con le grida della sua gente”. È possibile catturare il vento? No. Sì! Perché nella preghiera quello che è impossibile diventa possibile, quindi è impossibile catturare il vento, ma lo sciamano ci riesce, con la fede di queste persone che con lui si mettono a invocare la pioggia, cominciando la “danza della pioggia”. Il verso più bello è “con la sfida del suo dolore può bagnare perfino il sole”: bellissimo questo verso. Con la sfida del suo dolore può bagnare perfino il sole”, cioè questo sciamano è addolorato per la sua gente, magari i bambini staranno morendo di inedia, perché non c’è acqua, quindi questo villaggio, questa tribù sta per essere decimata; alcuni sono già morti e lo sciamano, come i sacerdoti delle nostre parrocchie, portano sulle spalle, nel cuore, i drammi di tutti, quindi diventa il rappresentante di questa piccola comunità di naufraghi. “Con la sfida del suo dolore può bagnare perfino il sole”: si può bagnare il sole? No. Sì, nella preghiera. Con la sfida del suo dolore può bagnare perfino il sole perché è convinto che questa gente deve salvarsi, che l’acqua deve scendere. Allora comincia questa danza forsennata, che pian piano contagia tutta la tribù e dice De Crescenzo: “Non ti fermare mai!”, cioè “Danza!” anche se diranno: “È pazzo!”. Uno che danzi così nel centro di una piazza è pazzo. Invece quest’uomo, a nome della comunità, sta chiedendo qualcosa che deve nascere: deve piovere. Danza, danza: pioverà! Il vostro Vescovo danza, nel senso che sta facendo una “danza della pioggia” (una pioggia della Grazia, ben inteso!). Adesso non mi date la colpa se uscite fuori e piove: “Il Vescovo porta scarogna!”. No, il Vescovo sta danzando da due anni e un po’ di mesi a questa parte. Piove o non piove? Pioverà, pioverà! Capite che se si scoraggiasse, se si ritirasse (“No, non c’è niente da fare…”), sarebbe la fine per voi, per lui. Deve danzare con una forza, con una determinatezza, con una follia… (“Il Vescovo sta ancora a danzare? È proprio impazzito!”). I vostri parroci danzano, li avete visti danzare appena domenica scorsa, sperando che siate andati a Messa (non me lo dite che non ci siete andati). Andate a Messa per veder danzare il vostro parroco sull’altare (la liturgia è una danza): ma non si stanca questo parroco di dire sempre le stesse cose, di fare sempre gli stessi gesti? No, sta lì come lo sciamano – spero non si offendano i sacerdoti: è una bellissima immagine – come questo sacerdote della tribù che dice: “Oggi sono venuti in pochi ma la prossima domenica…”. Sono anni (anni!) che i vostri parroci si dicono questo ogni domenica sera: “Sì, oggi è andata male, ma domenica prossima… Adesso che cominciamo l’Avvento… Vedrete!” e si gasano per fortuna, perché se non si gasassero più, avremmo le chiese chiuse. I vostri genitori danzano, voi non ve ne accorgete. Tutte le persone che in qualche maniera fanno qualcosa di buono nella vita, per la società, per la Chiesa, sono questi folli che danzano, aspettando la pioggia che non viene. Ma pioverà! Pioverà! Pioverà nella tua parrocchia, Enzo! Dico Enzo, per dire Alessio… Pioverà! È chiaro che noi vorremmo che piovesse subito: “Ho fatto mezz’ora di danza e neanche una goccia…. Sono dieci anni…”. Continua, continua! Perché la vita è così. Così è la vita, così è la vita di fede perché in questa forza della danza qualcuno si coinvolgerà, perché la danza è contagiosa. Se voi vedete uno ballare, vi viene voglia di ballare. Magari non sapete farlo, in una maniera un po’ pedante vi inserite anche voi sulla pista. La danza coinvolge, la danza piace a Dio. A Dio piace la danza della nostra fede al buio, della nostra fede quando le cose non vanno bene, della nostra fede quando la parrocchia va a rotoli, della nostra fede quando avremmo tanti motivi per piangere: danza! Danza, danza: pioverà! Questo è il messaggio che colleghiamo al pianto dell’autore che dice: questo libro ci sta, ma nessuno sa leggerlo e comincia a piangere a dirotto. “Consolati! Ha vinto il leone di Giuda”. Ma vi dicevo: tra quella vittoria e le nostre vittorie passa del tempo che tu potresti vivere nello scoraggiamento e allora le maschere di cartone…, allora questi vecchi che non sono mai nati… “Sì, va be’, poi ci aggiorniamo la prossima volta”. “Cosa fai? Se aspetti domani sei morto e nemmeno lo sai”. Se tu hai il coraggio – è questa la sfida che vi lancio stasera – di continuare a danzare, magari facendo incontri anche se sono in pochi, organizzando questa cosa in parrocchia, anche se l’audience non è al top, se tu continui a pregare anche quando senti Dio lontano, perché il velo si è fatto un muro (nella tua percezione ovviamente: per Dio è solo un velo), tu hai fede, cioè la fede è questa danza. La fede è la danza dello sciamano che aspetta che piova quando dardeggia il sole in una maniera incandescente. La fede è Noè che costruisce l’arca e tutti lo prendono in giro: “Guarda quel vecchio bacucco! Si sta costruendo una barca qui e il mare è lontano centinaia di chilometri!”. Aspetta, che pioverà! Pioverà! Tu ce l’hai questa forza? Lo dico a voi giovani. Lo dico a quegli adulti che dicono: “Ma andiamo a sentire un po’ questi giovani che fanno, perché ne abbiamo bisogno anche noi” (e sono contento che veniate ad orecchiare). Ce l’hai questa forza di danzare per tuo figlio, per tuo marito, per tua moglie, per tuo padre, per tua madre, per il tuo ragazzo, per la tua ragazza, per la tua parrocchia? Ce l’hai questa forza? Io spero, stasera, di avervela trasmessa, almeno come messaggio. La forza non ve la devo dare io, ma ve la dà il Signore nel continuare con grinta, perché lo sciamano col suo dolore “può bagnare perfino il sole” che significa (fuori metafora): niente è impossibile a Dio! Niente è impossibile a chi crede! Se tu ci credi, nella tua parrocchia dove non c’è niente, può fiorire un giardino, ma devi crederci e devi danzare senza fermarti: non ti fermare mai! Ci fermiamo adesso, invece, un attimo in silenzio prima di chiudere, per dire: da quanto tempo non danzo? Ci sono tanti giovani rassegnati che non danzano più e ci sono anche tanti adulti rassegnati che non danzano più e pensano che la danza appartenga all’adolescenza, all’età dei sogni (adesso invece siamo nella prosaicità). Chiediamo al Signore che può aprire il libro e dissigillarlo di darci un motivo di vivere in una maniera piena. Chiediamogli stasera questa Grazia: di essere contagiati dalla danza della fede, dalla danza che è la Liturgia, da quella danza che si chiama preghiera.

 

***

 

Ti ringraziamo, Signore, per questa Parola forte. Ti chiediamo perdono per i tempi, le stagioni in cui non abbiamo danzato e se le cose non vanno bene nel mondo, è perché ci sono pochi che danzano chiedendoti l’impossibile che Tu rendi possibile. Grazie per averci convocato e averci dato l’intonazione della danza che dev’essere la nostra vita. Aiutaci ad immedesimarci nella musica, perché il danzatore non dev’essere altro dalla musica che danza. Fa’ che tra noi e la Parola che proclamiamo ci sia non solo vicinanza ma immedesimazione, in modo tale che la musica, la Parola ci risuoni dentro e ci scuota nella danza. E ora, con le parole che Tu ci hai insegnato, tenendoci per mano, ci rivolgiamo al Padre dicendo:

 

Padre nostro…

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Trovate sul foglietto la data del prossimo incontro, la data anche di “In punta di piedi” per gli adulti e anche la data dell’Incontro-Giovani, della Festa Giovani che si terrà in Auditorium, festa dell’adesione e della “passione” dell’Azione Cattolica. Stasera vi sarà fatto anche un dono che vi dovrebbe un po’ far sognare: uscendo riceverete in dono delle caldarroste, che stanno preparando, in modo tale che i rigori dell’inverno non abbiano a scoraggiarvi. È un simbolo, qualcosa di caldo che ci dice: “Sì, fa freddo, però posso sognare”. E i sogni grandi sono fatti di cose semplici. A volte i giovani cercano cose eclatanti. La caldarrosta che riceverete (non una sola, 4 o 5 credo a testa), le caldarroste che riceverete vogliono essere questo sentire il calore, perché bisogna custodire, coltivare i sogni che sono piccoli e poi diventano grandi: è uno che danza e poi si danza in tanti. Quindi vi ho offerto anche questo piccolo segno di maternità e di paternità.

 

Benedizione del Vescovo

 

C’è anche il secondo numero di Ghibli e poiché c’è pioggia, c’è anche un vento e spero che questo vento del Ghibli vi prenda pienamente. Chiudiamo con il canto: c’è un cantico nuovo – diceva il testo di Apocalisse – adesso questo cantico è l’Alleluia.

 

Cantate al Signore

Alleluia! Alleluia! Alleluia! Alleluia!
Alleluia! Alleluia! Alleluia! Alleluia!

Cantate al Signore un cantico nuovo,
tutta la terra canti al Signore.
Per tutta la terra s'è accesa una luce,
uomini nuovi cantano in cor:
un cantico nuovo di gioia infinita,
un canto d'amore a Dio fra noi.
Alleluia!

Un coro di voci s'innalza al Signore,
Re della vita, luce del mondo.
Discende dal Cielo un fuoco d'amore,
il Paradiso canta con noi:
un cantico nuovo di gioia infinita
un canto d'amore a Dio fra noi.
Alleluia!


Buona serata e buona danza! Le caldarroste vi aspettano.

 
 

 

Il testo, tratto direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.