PREGHIERA-GIOVANI

 

guidata da

 

S. E. MONS. ARTURO AIELLO

 

Voglia di vivere:

I am OK!”

 

Chiesa Cattedrale

 

Teano, 24 Aprile 2009

~

 

Aggiorniamoci sulla lunghezza d’onda: ricordiamoci perché siamo qui, dove siamo, cosa vogliamo fare, perché sono venuto all’Incontro-Giovani. Ho bisogno di riscaldare la Pasqua che è scoppiata in parrocchia, ma che dopo la Pasquetta (bagnata puntualmente), dopo la pioggia ininterrotta di questi giorni, rischia di naufragare. Allora ci ritroviamo insieme per rivivere, riprendere il senso dell’annuncio pasquale. Per chi abbia un’attenzione alla Liturgia, nelle parrocchie, come nella Chiesa Cattedrale, c’è il Cero Pasquale acceso, segno della presenza del Risorto; l’abbiamo acceso la notte di Pasqua a dire: nella notte del mondo c’è una luce che risplende.

 

Canto: Cantate al Signore

 

Nel nome del Padre…

Ringraziamo il Signore per essere qui. Come vi avrò già detto l’anno scorso, la Pasqua ha una grande difficoltà: la difficoltà a sorridere. Quando siamo invitati a piangere ci viene istintivo, tant’è che “Non ci resta che piangere”... Tutti sanno piangere, tutti sappiamo dire: il terremoto… le vittime… Se qualche ragazza, una tua amica, ha qualche problema, immediatamente fai la faccia seria e riesci a tirare fuori anche le lacrime – attenti! - senza fingere. Ma provate a condividere una gioia: un amico si è laureato, la mia migliore amica si è fidanzata con il ragazzo a cui avevo guardato anch’io… Prova a rallegrarti con uno che è contento. Si fa una fatica immensa e questo lo vediamo anche nella liturgia. Quando si tratta di morti, di funerali, di celebrazioni esequiali, di Venerdì Santo, siamo tutti compatti (rappresentazioni della Passione, sangue che gronda, “The Passion”, etc)… La Resurrezione in fondo che cos’è? Questa è la difficoltà che la Chiesa vive da 2000 anni, quindi non è di oggi: sono 2000 anni che la Chiesa fa fatica a trasmettere la gioia pasquale. Siamo qui stasera per questo, per dirci questo canto nuovo, come abbiamo cantato “il Paradiso canta con noi”. Ma voi l’avete sentito il Paradiso che cantava con noi?, gli angeli e tutti i defunti in festa che battevano le pentole, secondo le feste più semplici? No. Siamo cristiani da Venerdì Santo e allora chiediamo di entrare ancor più dentro alla gioia pasquale.

 

Faccio una piccola premessa alla lettura che ascolterete. È una lettera di Paolo a un suo discepolo, Timòteo. Innanzi tutto è bello questo brano di lettera perché è umano. Dice di un padre e di un figlio - non solo - ma rispetto a questo figlio, il “padre” Paolo si ricorda delle lacrime, la nostalgia di lui, vorrebbe rivederlo e poi fa memoria di sua nonna, di sua mamma, quindi delle radici di Timòteo. Poi gli affida un compito: quello di trasmettere la gioia pasquale e lo fa dal carcere. Questo è importante: è una lettera dal carcere. Voi vi aspettereste una lettera piena di lacrime, triste, e invece Paolo si gloria delle difficoltà che sta affrontando e utilizza un’espressione che poi riprenderemo: “Io so a chi ho dato fiducia”. Questa parola (fiducia), anche se non la troverete nella traduzione (la nostra traduzione dice: “So in chi ho creduto”), è una parola chiave della Pasqua. Facciamo difficoltà a sorridere: si dice che per il sorriso non so quanti muscoli facciali siano in movimento, invece per piangere bastano le lacrime che scendono, si può anche restare fermi, impietriti. Invece per il sorriso si mettono in moto una serie indefinita di muscoli facciali. La difficoltà sta anche in un’esperienza umana che è quella della fiducia: ci sono delle persone tra voi, giovani depressi o in odore di depressione, che davanti al primo ostacolo si fermano, che quando non va bene l’esame o la ragazza li lascia sono capaci di suicidarsi. Ce ne sono altri invece con una grinta… Gli psicologi hanno tradotto in un’espressione sintetica che conoscete, che è nel titolo della Preghiera di stasera, il modo con cui si esprime un senso positivo di sé: “I am OK”. “I am OK” è l’espressione che dice che una persona avverte una positività. Pensate a dirvelo: significa che io sono consapevole dei doni ricevuti, non sono uno sprovveduto, ho una base umana, soprattutto di affetti, solida. “I am OK” è di queste persone che riescono a fare tanto nella vita e – questo è il segreto - che hanno ricevuto fiducia, cioè sono persone ottimiste, perché hanno avuto una madre che cantava quando loro erano bambini, hanno incontrato degli insegnanti che anziché penalizzarli (“Sempre tu! Non capisci niente!”), hanno detto: “Bravo!” (fra voi c’è qualche insegnante sicuramente, ne vedo alcune). Ci sono delle frasi assassine e ci sono delle frasi che fanno nascere delle persone; “Bravo!” è una espressione che libera una positività nella persona; “Sciagurato! Non capisci niente! Sei sempre tu! Sei una frana!” sono espressioni assassine. Allora “I am OK” è l’indole positiva che certamente ha Paolo e che Paolo ha trasmesso anche a Timòteo, perché Paolo, per affrontare tutti i viaggi, tutte le difficoltà che hanno contraddistinto la sua vita – sapete che stiamo nell’Anno Paolino che ormai volge al termine – doveva avere una personalità forte. Adesso la personalità forte è frutto di un proprio impegno, ma è anche frutto di persone che ci hanno messo la mano sulla spalla e hanno detto: “Non ti preoccupare, va’ avanti. Tu ce la puoi fare”. “I am OK” è Paolo. “I am OK” è Paolo che educa un suo discepolo ad avere questa visione positiva. Allora, attenti a quelli fra voi che dicono: “No, ma io non sono ‘I am OK’. Io sono un perdente, io appartengo - per dirla col Verga (non so se mai vi siete imbattuti in questo signore) - al “ciclo dei vinti”, io sono uno che fa al massimo il gregario, ma non posso essere il presidente, non posso essere il sindaco, non posso essere un leader”. Quelli fra voi che stanno pensando questo, devono ricredersi, perché ciascuno di voi, dopo un tragitto, anche di fede, può dire “I am OK”. “I am OK” è il frutto della Pasqua, cioè ogni cristiano potrebbe dire “I am OK”, anche se sei uno scalognato, anche se tutte le disgrazie arrivano su di te, anche se ti senti perseguitato, perché la Pasqua è l’ottimismo per eccellenza: “I am OK” è il frutto della Pasqua. Adesso ascoltiamo questa lettera che, dal carcere (non dimenticate che Paolo è incatenato), un maestro scrive ad un discepolo: cosa gli dice?

 

Dalla seconda Lettera di San Paolo apostolo a Timòteo (2 Tm 1, 1-14)

1 Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, per annunziare la promessa della vita in Cristo Gesù, 2 al diletto figlio Timòteo: grazia, misericordia e pace da parte di Dio Padre e di Cristo Gesù Signore nostro. 3 Ringrazio Dio, che io servo con coscienza pura come i miei antenati, ricordandomi sempre di te nelle mie preghiere, notte e giorno; 4 mi tornano alla mente le tue lacrime e sento la nostalgia di rivederti per essere pieno di gioia. 5 Mi ricordo infatti della tua fede schietta, fede che fu prima nella tua nonna Lòide, poi in tua madre Eunìce e ora, ne sono certo, anche in te. 6 Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l`imposizione delle mie mani. 7 Dio infatti non ci ha dato uno Spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza. 8 Non vergognarti dunque della testimonianza da rendere al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma soffri anche tu insieme con me per il vangelo, aiutato dalla forza di Dio. 9 Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la sua grazia; grazia che ci è stata data in Cristo Gesù fin dall`eternità, 10 ma è stata rivelata solo ora con l`apparizione del salvatore nostro Cristo Gesù. Egli che ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l`immortalità per mezzo del vangelo, 11 del quale io sono stato costituito araldo, apostolo e maestro. 12 E` questa la causa dei mali che soffro, ma non me ne vergogno: so infatti a chi ho creduto e son convinto che egli è capace di conservare fino a quel giorno il deposito che mi è stato affidato. 13 Prendi come modello le sane parole che hai udito da me, con la fede e la carità che sono in Cristo Gesù. 14 Custodisci il buon deposito con l`aiuto dello Spirito santo che abita in noi.

 

Che ne dite: Mario che ha letto, è uno che dice “I am OK” o è un depresso? Era un po’ emozionato, ma io lo conosco e devo dirvi che Mario ha una buona grinta, è uno di quelli “I am OK”. Mentre leggeva, mi sono ricordato che ero da pochi mesi qui (avevo appena conosciuto qualcuno) e  passeggiavo dicendo rosari a Roccamonfina. Si ferma un ciclista che io non conosco ovviamente e… “Eccellenza!”. Chi è? Chi mi ha riconosciuto in questo deserto? Era lui: si è tolto gli occhiali e ho conosciuto Mario che da Piccilli in bicicletta era arrivato a Roccamonfina. Ci vuole grinta, sapete, per andare in bicicletta: in auto sappiamo andarci tutti. Mario è iscritto a Ingegneria, si alza presto la mattina, alle sei, per seguire i corsi, torna tardi, fa l’educatore ACR a Piccilli. Poi qualche Preghiera fa è venuto a dirmi: “Eccellenza, vi presento la mia ragazza”. Questo avveniva dopo che era venuto a raccontarmi qualche pena d’amore (ma al Vescovo si vanno a  raccontare anche le pene d’amore? Ohibò! Un Vescovo è un padre e quindi…). Scusami, Mario, se ti ho tirato in ballo, ma non ho detto niente di segreto, l’ho detto per dirvi: Mario è uno “I am OK”. Io avrei letto, Mario, soltanto questa espressione con maggiore grinta, ma credo che sia dovuto all’emozione: Dio infatti non ci ha dato uno Spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza. Non vergognarti… A volte pensiamo che un giovane cristiano o anche un adulto cristiano debba essere il fantozzi della situazione. Il fantozzi è il timido per eccellenza, il timido imbranato, impacciato, che non sa parlare, che va in vacanza e ha la nuvoletta, e quindi piove sulla sua auto (solo sulla sua). A volte pensiamo ad un credente così e invece no: Dio non ci ha dato uno Spirito di timidezza, ma di forza ed è su questa forza che io vorrei portarvi a riflettere, stasera, come dono della Pasqua; la Pasqua deve farci sprizzare vita, anche perché, come avete ascoltato, dice Paolo: io so in chi ho creduto, so in chi ho riposto la mia fiducia. Quindi Paolo ha ricevuto fiducia dai suoi genitori, dai suoi maestri, è stato uno pimpante nella giovinezza, tanto che era un persecutore dei cristiani; adesso a conclusione della sua vita, facendo anche un bilancio, e queste sono le ultime battute della vita di Paolo, dice: “Io non mi dolgo, non mi addoloro d’essere in carcere, anzi questo fatto mi rallegra, perché so in chi ho creduto”, cioè Paolo ha messo le radici solide. Questo è il segreto di “I am OK”: mettere delle radici solide, non amicizie che cambiano ogni momento, non “credo/non credo, non so…, chissà…”, adesioni di fede nebulose, non relazioni affettive “come capita”, ma delle colonne, come le colonne della nostra cattedrale che stanno qui, solide, alcune sono antiche, vengono dalla cattedrale prima della distruzione, altre sono state fatte nuove, ma questi pilastri stanno a sostenere l’architettura romanica ridata dall’architetto Pane, che era anche, credo, l’architetto di Santa Chiara a Napoli. Queste sono colonne solide, non sono colonne finte, colonne decorative: stanno a sostegno. Se uno mette delle colonne su dei punti saldi, stabili, ecco che prende anche fiducia nella sua vita universitaria, nella sua vita affettiva, nella vita lavorativa, nella vita sociale, nella vita di fede, cioè non è un fantozzi che appena, all’università, qualcuno fa una battutina su Papa Benedetto si nasconde sotto al tavolo, ma sa anche tirar fuori il petto senza fare battaglie (le battaglie non appartengono al vocabolario della fede): è un giovane che sa anche affermare la sua fede, dicendo “io so in chi ho posto la mia fiducia”, cioè non è una cotta la mia fede, un amore passeggero, ma è una cosa solida che tra l’altro mi aiuta a vivere. “Vivere” è anche il titolo di questo nostro incontro. Vorrei stasera cancellare l’immagine che voi avete, che tutti noi abbiamo dei cristiani, come delle persone che vivono a metà, dei mezzi uomini, delle mezze donne, cioè non “I am OK”, ma gente piuttosto incurvata, piuttosto defilata, gente che sembra non vivere: ma sapete che noi siamo i cantori della vita? Prova ne è anche il fatto che tutto quello che è umano (“Questa è la mia ragazza”…) diventa bello, diventa fonte di energia, diventa canto. Tu vivi così la tua vita? Vivi una vita pasquale, cioè una vita “I am OK” o una mezza vita, una vita a metà, un quarto di vita aspettando il grande amore, il principe azzurro? “Eh sì, però poi quando arriverà il principe azzurro, allora risolverà tutti i miei problemi ed io diventerò una grande donna!”. No, non sarà il principe azzurro a renderti una grande donna; se tu sei una grande donna, lo sarai col principe azzurro, col principe grigio, col principe violetto, ma se tu sei una mezza donna, una donna a metà, un quarto di donna, non servirà il principe azzurro. Quindi anche se ti fidanzi con Mario che è “I am OK” sarai sempre con il complesso di inferiorità. Adesso questi temi che io ho già agitato li ritroviamo in questo testo: stasera abbiamo invitato nientemeno che Laura Pausini e Andrea Bocelli a cantarci “Vivere”.

"Dare to live"
di Andrea Bocelli e  Laura Pausini

Try looking at tomorrow not yesterday
And all the things you left behind
All those tender words you did not say
The gentle touch you couldn't find

In these days of nameless faces
There is no one truth but only pieces
My life is all i have to give

Dare to live until the very last
Dare to live forget about the past
Dare to live giving something of yourself to others
Even when it seems there's nothing more left to give

Ma se tu vedessi l'uomo
Davanti al tuo portone
Che dorme avvolto in un cartone,
Se tu ascoltassi il mondo una mattina
Senza il rumore della pioggia,
Tu che puoi creare con la tua voce,
Tu, pensi i pensieri della gente,
Poi, di Dio c'e solo Dio.

Vivere, nessuno mai ce l'ha insegnato,
Vivere, non si può vivere senza passato,
Vivere è bello anche se non l'hai chiesto mai,
Una canzone ci sarà, qualcuno che la canterà

Dare to live searching for the ones you love
(Perché, perché, perché, perché non vivi questa sera?)
Dare to live no one but we all
(Perché, perché, perché, perché non vivi ora?)
Dare to live until the very last
(Perché, perché, perché la vita non è vita)
Your life is all you have to give (Perché)
non l'hai vissuta
Vivere!

Dare to live until the very last
(Perché, perché, perché Ia vita non è vita)
Your life is all you have to give (Perché)
non l'hai vissuta mai

I
will say no (I will say yes)
Say dare to live
Dare to live

Quando scelgo una canzone faccio riferimento a due cose (vi svelo un segreto): il testo innanzi tutto, ma poi anche l’orditura musicale, perché ci sono delle canzoni con testi bellissimi ma che non trasmettono adrenalina e ci sono belle musiche ma con testi banalissimi. Bisogna trovare - ed è anche il caso di stasera (almeno spero che mi diate ragione) - un testo interessante, un testo letterario, ma poi espresso da voci, ma anche con una melodia, con un’orditura musicale che trasmetta il senso delle parole. Per esempio, qualcuno di voi, per quanto abbiamo messo una traduzione non proprio letterale, anche se semplicemente sente, dice “Non ho capito niente della parte della Pausini”, ma c’è qualcosa che si trasmette anche semplicemente nell’ascolto. Cosa dice questa donna? Cosa dice la melodia? Dice voglia di vivere. Questo è un canto alla vita come dovrebbero cantarli i cristiani. Forse vi ho già citato qualche volta Nietzsche, il filosofo ateo che dice ai cristiani: sì, mi convertirò, ma cantatemi bei canti. “Dovreste cantarmi canti migliori” diceva Nietzsche e aveva ragione, perché i cristiani sono sempre piagnucolosi, sempre brutti: siamo “L’armata di Brancaleone”… Magari un bel giovane non può essere cristiano, una bellissima ragazza non può essere cristiana: “Quella è una bella ragazza, quello è un vip non può essere cristiano!”. “Dovreste cantarmi canti migliori”, cioè dovreste cantarmi la vita e allora mi convertirò. Purtroppo Nietzsche non aveva trovato chi gli cantasse, alla Laura Pausini, questa voglia di vivere per dire: questa è la nostra fede. Allora guardiamo brevemente il testo, ovviamente guardo la traduzione. Bisogna guardare avanti: tomorrow o yesterday? È vero che c’è la canzone dei Beatles che ha segnato la nostra generazione e anche la vostra, ma guardiamo avanti o ieri, il passato? E poi: tutte le cose che hai lasciato, le parole dolci che non hai detto, i gesti gentili che non hai posto, in questi giorni ancora senza nome che sono i vostri giorni: che farà questo giovane?, che farà Mario nella vita?, che farà Antonio?, si laureeranno?, riusciranno? I vostri sono giorni ancora senza nome, cioè una vita ancora tutta da dipingere. In questi giorni, che sono i vostri, “giorni senza nome”, dice: non c’è una verità, dammi una soluzione: “Eccellenza, datemi una soluzione: vado a casa e faccio quello che dite voi”. Sarebbe facile! Ognuno di noi deve sudare per cercarla questa verità. Sappiamo che questa verità è Gesù, ma poi va riedita tante volte, puntualmente, e allora non c’è una verità, ma solo ciò che puoi dare della tua vita. In effetti è il contrario di quello che fate, cioè prendere la paghetta… “Hai stirato la camicia?, è tutto pronto?”. E i genitori che fanno gli schiavetti: pare che voi dobbiate solo ricevere. Invece qui il testo dice non c’è una verità in questi giorni senza nome, che sono la tua giovinezza, ma c’è una cosa che puoi fare: puoi dare. E voi dite: ma che cosa? La risposta la troviamo qui: dare (sempre nella parte in inglese) anche se resti con le mani vuote. Ho tradotto io, questo è il senso, cioè non dare un’elemosina, dare quello che non mi serve. Spesso fanno così: facciamo la raccolta per i poveri! E allora la gente apre gli armadi, tira fuori i vestiti fuori moda, quelli che non servono. Magari quelli che fanno la raccolta, fanno due cose buone: aiutano i poveri e poi aiutano anche i ricchi a togliersi tutto quello che è inutile. Ma non serve così, cioè se tu dai tutto quello che non ti serve, tu non hai dato niente. Bisogna dare del proprio, bisogna dare – qui dice - anche restando a mani vuote. Quindi la voglia di vivere la si sperimenta e la si celebra non in questo lamento: non sono stato amato, ho ricevuto delle ingiustizie nella mia infanzia, sono stata violentata, etc… tutte cose che appartengono purtroppo ai nostri ricordi, ma la voglia di vivere la si celebra nel momento in cui io dico: nonostante tutto quello che è accaduto, io voglio dare. Questo è il messaggio della prima parte della canzone. Poi interviene Bocelli, non vedente: ma se tu vedessi (guardati un po’ intorno, ci sono delle povertà), se tu ascoltassi il mondo una mattina / senza il rumore della pioggia. Lo so che è difficile in questi giorni, perché è una vita che piove! Starete pensando: come si fa ad ascoltare una mattina senza il rumore della pioggia? Da quando abbiamo cantato quel benedetto “Danza, danza, pioverà!”, ha piovuto tutto l’inverno e tutta la primavera: l’anno prossimo troveremo un’altra canzone per aprire la stagione.

Ascolta quello che c’è intorno a te. E poi dice: Vivere, nessuno mai ce l'ha insegnato. È vero! Ma qualcuno vi ha mai insegnato a vivere? Facciamo lezione di vita: cos’è la vita?, come si vive? C’è un’espressione napoletana bellissima (imparare a “campare”): chesta non sape campa’! Sì, è anche un professore universitario, è anche un cervellone, è anche un riccone, ma non sa vivere, cioè non sa l’ABC della vita. A volte i nostri genitori, non ci hanno dato questo, non ci hanno insegnato l’arte di vivere, non le cose, non le nozioni… Anche a scuola, tante ore di studio, tante ore di lezioni ma nessuno dice: “Adesso vi dico la vita”. Cos’è?, che finalità ha?, come si vive? e come utilizzarla al meglio? Qui dice: fino all’ultimo istante (very last), fino all’ultimo momento, perché la mia vita può avere un risvolto meraviglioso anche nell’ultimo istante della mia esistenza: magari sto a piangere e diventerò un grande. Chiediamo al Signore stasera questa lezione sulla vita: insegnami come si vive, come vivere bene e come vivere nella gioia senza stare a piagnucolare (Non ho dato questo, non ho detto questa parola…). Allora mi chiedo: io sono sullo yesterday o sono sul tomorrow? Tu stai guardando indietro o sei uno che guarda avanti? Uno che dice “I am OK”, che affronta la giornata, costi quel che costi, anche se sto in carcere come Paolo? Riascoltiamo.

"Dare to live"
di Andrea Bocelli e  Laura Pausini


***

Questo è un luogo dove si insegna a vivere: abbiamo sempre pensato alle nostre chiese come luoghi funerei, funebri, tristi, ma c’è una vita che pulsa (penso all’Eucaristia che conserviamo nelle nostre chiese dove c’è una lampada anche di notte). Nelle chiese c’è la vita e le parrocchie devono tornare a insegnare l’arte di vivere. Andate dal vostro parroco: “Parroco, dimmi: come si vive? Dimmi… Insegnami a vivere, nessuno me lo ha mai insegnato”. Vivere - dice ancora il ritornello - non si può vivere senza passato. Certamente non dobbiamo dimenticare “yesterday” anche se siamo protesi verso il “tomorrow”, verso il domani. Questa è un’altra tentazione: tagliare, pensando che siamo i primi, mentre invece c’è stata una storia prima di noi che ci appartiene, dolorosa, bella, la storia dei nostri genitori, la storia dei nonni, dei bisnonni, la storia di Teano, di Mignano o di Pastorano, cinquant’anni fa, cent’anni fa, quando ancora tu non c’eri. Non si può vivere senza passato. E poi dice: vivere anche se non l’hai chiesto mai; una parola terribile, questa, ma che a volte sento soprattutto sulla bocca degli adolescenti. Gli adolescenti - non parlo di voi già diciottenni, diciannovenni ma dei quindicenni, quattordicenni - sono a volte di una crudeltà così forte da dire ai genitori: “Ma perché mi hai fatto nascere?”. Vivere anche se non l’hai chiesto mai perché la vita è un dono. Perché noi stiamo qui stasera? Perché due persone, i nostri genitori, si sono giocati tutto per noi, hanno dato tutto. Vivere è dare agli altri - dice la parte in inglese - è dare, è donare, anche quello che per te è essenziale, addirittura anche quello che non hai, barando. Allora anche se non lo hai chiesto, tu sei qui. E perché non vivi stasera? - dice nel duetto tra l’uomo e la donna, tra la Pausini e Bocelli - Perché non vivi ora? Magari sei ancora a recriminare quello che ancora non hai avuto o sei eccessivamente proteso verso un futuro da sogno in senso negativo? Vivi adesso; la vita è adesso diceva una vecchia canzone che forse i più avanti negli anni fra voi ricorderanno, ma vorrei anche commentarvi questa espressione che forse ad alcuni sarà sembrata blasfema e non è: poi di dio c’è solo Dio. All’interno del CD, dove ci sono queste arie di Bocelli, il primo “dio” è con la d minuscola. Liberato ha scaricato da Internet e qui hanno fatto un po’ di confusione, hanno messo tutte e due in maiuscolo: poi di Dio c’è solo Dio. Invece sul libretto che accompagna il CD: poi di dio c’è solo Dio; a dire anche: non chiedere troppo a te stesso. “Di dio c’è solo Dio” significa: tu fai tutto quello che è possibile, pianta fiori, metti alberi… Mi ha fatto piacere una cosa - apro una parentesi -: conoscete Claudio Abbado? Spero di sì, è un grandissimo direttore d’orchestra, è stato direttore alla Scala negli anni d’oro. Claudio Abbado ha chiesto un onorario per dirigere, credo, un concerto alla Scala. Pensate: avrebbe potuto chiedere delle cifre esorbitanti perché non è un direttore di provincia, è di fama internazionale. Ha chiesto 80000 alberi: una cosa bellissima! È vero, è una notizia. Cioè volete che io venga? Dovete piantare 80000 alberi a Milano. Ma io gli scriverei una lettera di ringraziamento!... Vieni a fare un concerto a Teano?... Questo grande è uno che si può anche permettere di fare queste richieste. Gliel’hanno accordato, cioè pur di averlo, si sono impegnati: mi sembra che varie migliaia le abbiano già piantate su una strada che lui ha indicato per dire “adesso però voglio vedere che mi pagate”. Queste sono persone produttive, sono “I am OK”. Se l’avete mai visto dirigere - io l’ho visto una volta dal vivo - sembra divino, però attenti: di dio c’è solo Dio. Vi ho citato, forse tempo fa, questo detto che ho trovato su una targhetta: Dio c’è e non sei tu, rilassati. A dire: Dio ci sta, ci sta sul serio e fa il suo mestiere. Non sei tu, quindi è inutile che ti preoccupi anche dei terremoti: cosa dico?, come spiego? Dio fa il suo mestiere; di dio c’è solo Dio, io non sono Dio, tu non sei Dio anche se abbiamo in noi una stilla di divino. Quindi è bello anche percepire che devo fare di tutto perché la mia vita sia bella, perché l’ambiente lo sia: pianto 80000 alberi  e lo chiedo come rimborso spese per la direzione di una serata alla Scala, però ricordati anche tu, Claudio Abbado, che di dio c’è solo Dio, perché se tu dirigi così bene con il tuo ciuffo - diceva don Tonino Bello perché mi sembra che sia pugliese - al vento come se tu fossi divino, ricordati però che questo lo hai ricevuto dall’alto. Allora anche voi fate tutto il possibile per darvi, per cambiare il mondo, ma senza assumervi responsabilità che non sono vostre. Questo ci libera, ci rende anche un po’ più leggeri. “Oggi ho fatto tutto quello che potevo, ma non sono riuscito in tutto: pazienza”. Ogni sera ognuno di noi chiude la sua giornata con, al suo attivo, vari fallimenti, anche morali, tanti peccati: “Sì, mi sono sforzato, ma non ce l’ho fatta”. Di dio c’è solo Dio, a dire: prendi, assumi il passato, guarda al futuro e proiettati verso il futuro, e in questi giorni senza nome da’ tutto quello che hai, da’ la tua giovinezza, poni la tua fiducia nell’unico Dio e quando hai fatto tutto questo vai a dormire tranquillo, perché il mondo non dipende da te. Alcuni, soprattutto adulti, assumono questa voglia di tenere tutto sotto controllo, ma finiscono nell’esaurimento nervoso, perché non sono come Dio e quindi devi anche dire: adesso mi posso addormentare perché il mondo va avanti anche senza di me. La Diocesi di Teano-Calvi, quando io non ci sto, va anche meglio. Don Tommaso dice: “Eccellenza, stiamo più tranquilli, non state continuamente a pungolarci…”. Ognuno di noi deve dire: la parrocchia, la Diocesi, la famiglia, va bene, va bene anche quando io non ci sto, perché “di dio c’è solo Dio”.

L’ultima annotazione è la scelta che dobbiamo fare in questo momento: I will say no (I will say yes), cioè cosa vuoi dire, alla fine, rispetto a questo progetto, a questa lezione di vita che viene dalla Pasqua? Puoi dire no: “No, il Vescovo come sempre ha tirato fuori dal cilindro le sue cose, ci ha fatto un po’ volare, poi torniamo fuori nelle nostre precarietà, nelle nostre famiglie, nelle nostre parrocchie... No, io dico no”. Ma spero che ci sia qualcuno fra voi che dica: “Io dico sì”, cioè io ci credo, voglio mettermi in questa sintonia, in questa novità pasquale dove so a chi ho dato fiducia. Questo sarà anche lo slogan della giornata per la preghiera per le vocazioni tra 15 giorni. Io so a chi ho dato fiducia, cioè ho posto la mia fiducia nel Signore e quindi in pace mi corico e subito mi addormento (Salmo 4) e si addormentano solo quelli che hanno posto la loro fiducia al sicuro. Paolo dice - lo avete ascoltato – “il mio deposito”, cioè è la vita di Paolo che sta depositata in Dio, quindi lui sta tranquillo e, benché carcerato, dice a Timoteo: “Coraggio, fa’ anche tu così, esponiti, dai anche quello che non hai, non ti limitare, non tenere per te”. Quello che tieni per te lo perdi. Quello che dai lo riavrai. Noi possediamo, cari giovani, solo quello che diamo.

 

"Dare to live"
di Andrea Bocelli e  Laura Pausini

 

***

Prima di concludere alcune note organizzative per questo nostro “fare i rivoluzionari”, perché io ho sempre questa idea: quando ci riuniamo qui, facciamo come un incontro di carboneria, mettiamo le “bombe di bene” nel cuore delle persone, facciamo esplodere certe situazioni. Innanzi tutto, quelli che erano presenti alla Messa Crismale, mercoledì, già lo sanno, ma lo diciamo per tutti: il 14 maggio Vitaliano è ordinato presbitero. È uno che dà anche quello che non ha e in questi “giorni senza nome” (la sua giovinezza) offre tutto quello che ha: il suo passato, il suo presente, il suo futuro… Quindi siamo invitati per quella sera. Per questo il prossimo Incontro lo faremo come preghiera della vigilia, quindi il 13 (come vedete sul vostro foglietto) alle ore 21:00 qui in Cattedrale. Questa sera vi sarà ridistribuito Ghibli: ringraziamo, non l’ho mai fatto pubblicamente, questo gruppo di rivoluzionari che riescono a mettere su questo foglio volante, fatto dai giovani per i giovani, di notizie che rimbalzano e di riflessioni che vanno da una parrocchia all’altra. C’è un luogo, un appuntamento dove imparare a vivere, ma so già che risponderanno fra voi forse 4, 5, 10 persone, ma non fa niente (i rivoluzionari come me vanno anche con un piccolo gruppo di rivoluzionari). Mi riferisco agli Esercizi Spirituali ad Avezzano, 4-7 Maggio. Chi fra voi stasera dice: “Ma a me nessuno ha mai insegnato a vivere”, venga. Bartolomeo potrebbe dire là in fondo: “Io l’anno scorso qualcosa ho imparato ad Avezzano” e quelli che hanno già fatto gli Esercizi mi dicono: “Vogliamo tornare!”. Ed io ho detto: “No, mi dispiace. Quest’anno diamo spazio solo a chi non l’abbia mai fatto”. Io vi augurerei una volta nella vita di fare questa esperienza: una volta, non bisogna ripeterla a iosa. Quindi se c’è qualcuno che, mosso a compassione da questo avviso, vuole unirsi al drappello, si riferisca a Dolores, a Carmen, a don Liberato, a chi volete, per dare il proprio assenso. Poi c’è un’altra iniziativa di ordine culturale di cui avrete sentito menzione su Presenza ed è una rassegna teatrale che è organizzata qui da noi a Teano. Sono quattro spettacoli teatrali a partire dall’11 Maggio: c’è nientemeno che “In nome della madre” di Erri de Luca, rappresentato. Ovviamente per questo ci sarà bisogno di un piccolo abbonamento, quasi simbolico, di 20 euro per chi lo volesse. Non sono ancora disponibili per la verità, saranno a disposizione in alcuni punti della Diocesi e certamente nell’ufficio della Pro Loco qui sul corso. Ho ricordato tutto? Ho dimenticato qualcosa? Ecco, benvenuti - quello è un gruppo di rivoluzionari – a quelli che vengono da Ischia e fanno questo tragitto: per me sono dei rivoluzionari. Metteranno una bomba da qualche parte sulla loro isola perché, vedete, non si può spiegare che questi fanno tutto questo tragitto e adesso si mettono in macchina, poi sul battello, poi arrivano al porto, poi devono risalire a Panza che non si trova giù, ma verso il monte Epomeo e Dio sa quando arriveranno. Io dico di nuovo “bravo” a Francesco e agli altri perché dicono: lì a Teano stanno organizzando una rivoluzione e vogliamo partecipare. Chiara mi ricorda che domani c’è una giornata regionale ad Aversa: si va in pullman, si incontrano giovani di tutta la regione; se qualcuno vuole occupare qualche posto ancora libero può farlo. Do il benvenuto anche a Peter che è venuto a sentire cosa si sta bruciando a Teano. Ci mettiamo in piedi, ci teniamo per mano e diciamo insieme: Padre nostro

 

Benedizione del Vescovo

 

Andate in pace e in guerra dopo aver ricevuto questa botta di vita che è la preghiera. Adesso concludiamo con il canto che spero abbia l’anima di quello che ho detto.

 

Canto: Resurrezione

Dimenticavo di dirvi che domenica le quattro parrocchie di Calvi superano tutta la Diocesi perché cominciano a mettere su un Centro Giovanile interparrocchiale: chi voglia partecipare all’inaugurazione può trovarsi a Petrulo dove c’è questa casa alle ore 20:00, domenica. Buona serata.

 

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Il testo, tratto direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.