PREGHIERA GIOVANI

 

“Il marchio DOC dell’Amore: per sempre.”

 

RIFLESSIONI DI S. E. MONS. ARTURO AIELLO

 

Vescovo della Diocesi di Teano-Calvi

 

Cattedrale di Teano

 

Venerdì, 27 giugno  2008

 

~ ~ ~

 

Canto:

SAMUEL


Samuel ! Samuel ! Samuel ! Samuel !

La mia notte non finisce mai
e la luce non si spegne quasi mai:
non ti avevo conosciuto:
ma sentivo la tua voce
.

Ai miei sogni ho detto:"Siete voi
che turbate la mia vita inutilmente".
"Forse no, non siamo noi,
è un Altro che ti chiama".

Ho capito che eri tu, Signore
e ti ho detto:"Parla, ecco, io ti ascolto".
E così ti ho conosciuto,
ho sentito la tua voce.

"Tu sei mio da quando ti creai,
la mia luce già cammina insieme a te.
Va nel mondo con amore,
fai sentire la mia voce":

" Se dovrai soffrire in nome mio
ti darò la mia parola in quel momento,
il mio spirito ti guida,
io ti porto tra le mani".

Noi siamo gli irriducibili, quelli che non si fermano neanche col caldo, che ritengono la preghiera il respiro dell’anima e che, quindi, sia necessario respirare anche col caldo, anche in piena estate, anche quando ci sono difficoltà esterne. D’altra parte, se cercate un tempo ideale per la preghiera non lo troverete mai. Ora fa caldo, ora fa freddo, ora siete tristi, ora siete euforici, ora siete delusi. Tra l’altro, viviamo questa preghiera come una sorta di vigilia, di preghiera  vigiliare, preparandoci al miracolo che avverrà qui, lunedì sera: l’Ordinazione Presbiterale di Alessio. È un dono per la Chiesa, anche un dono per ciascuno di noi e, come sempre, in questi casi, ci chiediamo: ma, com’è? Come nascono queste cose così strane? Come ci si incammina per una strada così fuori del normale? Quello che abbiamo cantato ci ha già dato una risposta.

 

C’è Dio che chiama e c’è un uomo che va un po’ a tentoni, all’inizio (un uomo, una donna). Sulle prime, la voce di Dio si confonde con mille altre. “Ai miei sogni ho detto siete voi che turbate la mia vita inutilmente” e diamo colpa ai sogni, diamo colpa alle delusioni, diamo colpa alle feste che finiscono troppo presto, agli amori che ci abbandonano e non abbiamo chiaro, invece, che c’è un Altro che ti chiama.

Chiediamo anche che ci sia qualcuno nella nostra vita che ci indichi la strada. L’importante è che ci siano segnali stradali viventi. Samuele ha avuto Eli, Alessio avrà avuto altre persone, ciascuno di noi ha dei punti di riferimento, dei saggi, dei presbiteri da cui andare per dire: “Mi leggi la mano? Leggimi la mano. Leggimi la vita: com’è? Com’è che non è andata bene? Com’è che nonostante tutto, nonostante il mio voto di maturità eccellente, nonostante la mia laurea, nonostante il mio lavoro, nonostante la mia ragazza, io sono ancora insoddisfatto? Leggimi la mano, fammi capire. Leggimi la vita”. E allora Eli dice: “È il Signore. La prossima volta di’: parla Signore, che il tuo servo ti ascolta”. E anche noi questa sera siamo qui per ascoltare il Signore. Ascoltare Lui significa essere felici. Allontanarci dalla sua voce, dalla sua volontà, significa essere infelici anche con tanti averi.

Ripetiamo per l’ultima volta il ritornello.

 

Samuel ! Samuel ! Samuel ! Samuel !

Ho capito che eri tu, Signore
e ti ho detto:"Parla, ecco, io ti ascolto".
E così ti ho conosciuto,
ho sentito la tua voce.

Samuel ! Samuel ! Samuel ! Samuel ! Samuel !

Ci sediamo.

Ascoltiamo la Parola di Dio che è il punto di riferimento in ogni incontro e in ogni celebrazione. Magari qualcuno di voi viene qui pensando “Vediamo che canzone tira, stasera” e, invece, “tira” sempre la Parola. La canzone serve solo per creare un aggancio e la Parola di stasera è ricorsa qualche giorno fa, nella Liturgia della Parola, lo dico per qualcuno fra voi che abbia il vizio tremendo di andare anche alla Messa feriale e quindi si sarà già imbattuto in questo testo. Lo ascoltiamo con attenzione.

 

Dal Vangelo di Matteo    (7, 21-27)

 

21 Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. 22 Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? 23 Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità. 24 Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. 25 Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia. 26 Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. 27 Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande".

 

Parola del Signore

Lode a Te, o Cristo

 

Approcciamo questa Parola di Gesù con una domanda. Tu stai costruendo la tua casa, un giovane è in fase progettuale, nella giovinezza si delineano le facciate, le volte, le stanze di una casa, di una vita. Questa casa (la tua vita), su che cosa la stai costruendo? Ci sono anche delle belle ville, belle a vedersi, ma senza solidità. Ci sono anche belle vite, belle a vedersi, tu vedi quella persona e dici “Vorrei essere come quel divo, come quell’uomo che ha sfondato nel mondo dello spettacolo, della finanza”, ma sono vite senza fondamento, perché il fondamento, e quindi la solidità di una casa, di una vita, la si scopre nella difficoltà. Se tu non hai avuto dolori, e i giovani, a volte, sono anche vergini rispetto a questo (ma questa è una verginità da superare al più presto, è l’unica verginità di cui liberarsi, ma ci penserà la vita, state tranquilli), quando non abbiamo attraversato un dolore, vissuto una sofferenza, una delusione, non possiamo dire “Io ho costruito la mia casa, la mia vita in una maniera solida” perché dice Gesù con questa immagine conclusiva del discorso della montagna che vennero le alluvioni, vennero i terremoti, vennero le tempeste, la prima casa restò salda, l’altra fu portata via dalla marea. La prima era costruita sulla roccia, l’altra era senza fondamento. La Chiesa ci dà la Parola, ci dà anche la grazia dei Sacramenti per costruire una casa solida perché voi non abbiate  a soccombere nelle difficoltà della vita che verranno. Alcuni di voi staranno pensando: “Le ho già attraversate. Ho già avuto una delusione affettiva, ho già vissuto la difficoltà entrando nel mondo del lavoro, ho avuto un lutto” e quindi alcune delle vostre vite sono già state saggiate, ma purtroppo questo è niente rispetto a quello che vi attende. Le difficoltà sono molto, ma molto più grandi di quelle che voi immaginate, e molto più forti di quelle che avete vissuto finora. Vi dico questo non per scoraggiarvi, è chiaro, ma per mettervi in guardia. Bisogna avere una casa solida, bisogna avere una personalità solida, bisogna avere una fede solida e perché questo possa accadere non bastano le chiacchiere. Semplifico così l’introduzione di Gesù: “Non chi dice Signore, Signore entrerà nel regno dei cieli” cioè non basta una adesione verbale, non basta neanche un canto, tantomeno una canzone. Non basta neanche dire: “Ma è successo questo miracolo, per mia mano”. Questa è una parola terribile nel Vangelo perché dice Gesù che alcuni che diranno “Signore, ma noi abbiamo scacciato i demòni nel tuo nome, noi abbiamo compiuto prodigi nel tuo nome”, a dire che non erano persone lontane, erano vicine, hanno partecipato all’Eucaristia, hanno avuto una militanza (come si diceva una volta) nei gruppi ecclesiali, cioè siamo stati vicino a te, abbiamo predicato nel tuo nome. E Gesù dice “Non vi conosco”, una cosa terribile, una parola tagliente che traduco in questa maniera così semplice, apparentemente semplicistica: non bastano le chiacchiere. Alcuni di voi sono bravi a parlare e imbastiscono gli esami universitari, soprattutto nelle materie umanistiche, dicendo: “Ma io so parlare, riesco sempre a tirarmi d’impaccio. L’insegnante, il docente, mi chiede una cosa e io rispondo su quello che so”. A volte riusciamo a ingannare anche un docente universitario. Non così col Signore. Non possiamo ingannarlo. Non possiamo trarci fuori di impaccio con le chiacchiere. E a volte le chiacchiere sono anche le preghiere che facciamo solo verbalmente, sono certe frequentazioni che non ci cambiano la vita. Sono adesioni di facciata. Io sono un giovane cristiano, io sono un buon cristiano, una brava cristiana, io partecipo a certi momenti, ho anche qualche tessera, ho fatto anche militanza di qua e di là, quindi sono a posto. C’è una sola possibilità per essere a posto ed è, dice Gesù, fare la volontà del Padre. “Non chi dice Signore, Signore, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli”. Chi fa la volontà è quello che costruisce sulla roccia. Chi invece pensa di salvarsi a chiacchiere, con un po’ di dimestichezza verbale, mettendo insieme un po’ di benemerenze è colui che ha costruito la sua casa sulla salvezza, sulla sabbia.

E allora cominciamo con un interrogativo: ma io su che cosa sto costruendo la mia vita? Sull’apparenza? Adesso siamo in estate, dobbiamo essere abbronzati, possibilmente in peso forma, sono andato in palestra in modo tale che adesso che vado in  spiaggia tutti possano guardarmi e dirmi “Ah, come è  fico questo ragazzo,ecc.”. Tutti ci giochiamo sull’apparire, oppure tutti ci giochiamo sui titoli, sul motorino più veloce o più alla moda o sull’auto più costosa. Sgommare con un’auto che tutti guardano come se si trattasse di un Dio che scende dalla sua carrozza, è una cosa che tutti desideriamo, ma questa è apparenza: stai investendo la tua vita su queste cose? Attento, rischi di non salvarti. Ma, non salvarti significa che starai anche infelice qui perché poi, questa è la cosa che dovete comprendere, che quelli che non si salvano, sono infelici qui e dall’altro lato; quelli che si salvano, saranno felici di là, ma sono felici anche qui, nonostante le difficoltà. Dicono: “Ma, la mia vita mi piace. È bella. Mi entusiasma”. Comincio le giornate gasato, in una maniera fortissima, e non perché mi sia fatto un training autogeno o mi sia autoconvinto davanti allo specchio di essere il più bello di tutto il reame, perché mi sento salvato, amato. Allora, se sto impiegando la mia vita per ciò che non vale, sto costruendo sulla sabbia e sto costruendo la mia infelicità futura e presente. Se invece, mi sforzo di fare la volontà di Dio, a volte esigente, sono felice qui, realizzato, contento, vado a letto sereno, come dice il Salmo 4 che ricorderanno quelli per i quali oggi sciogliamo il silenzio di Avezzano. “In pace mi corico e subito mi addormento”. Vado a letto tranquillo, mi sveglio con una voglia di affrontare il mondo con grinta e vivo bene qui e vivrò felice nell’eternità. Attenti quando vi dicono che qui bisogna soffrire ed essere infelici per essere felici dall’altro lato. Bisogna essere felici anche qui. È chiaro, non parliamo della felicità reclamistica, quella la troverete con la casa costruita sulla sabbia: promette, ma non mantiene. Qui devi pagare qualche pedaggio, ma cresci come uomo, come donna, cresci nello spessore umano e non ti arrampichi sugli specchi “Signore, Signore” per dire “Ti conosco!”: sono quelli che godono di conoscere questo e quello. Questa mattina è venuto in Episcopio un signore che incontro di tanto in tanto che fa la collezione della conoscenza dei vescovi. Lo trovo sempre dovunque, conosce tutti i vescovi e gli dico “Tu sai più del segretario della CEI”. Non so come faccia. Telefona… “Adesso, viene Monsignor Superbo! Poi …” . Alcuni…poi ci sono quelli che amano gli onorevoli: “Io conosco!” … Non andarsi ad arrampicare su “Io conosco”, ma sentire questa solidità di appartenere al Signore già adesso, pienamente, anche se costa.

E allora, la mia vita, la sto costruendo bene? Il fondamento è solido? Se ho già vissuto qualche difficoltà, la tenuta è stata buona? Se, invece, vi accorgete che siete usciti fuori strada, siete in tempo per tornare indietro e per assumere uno stile diverso, non di quelli che si salvano a chiacchiere, ma di coloro che scelgono d’ essere felici con le opere, già ora.

 

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Avrete notato questa vignetta che Liberato ha messo a sintesi del Vangelo. C’è questa casa salda sullo sperone della roccia e c’è questa casa tra i flutti di una tempesta, di una mareggiata, di uno tsunami, ormai distrutta.

La pioggia è anche nel testo della canzone che ci aiuta a pregare questa sera. Pioggia e sole cambiano la faccia alle persone, fanno il diavolo a quattro. Ascoltiamo Francesco De Gregori.

 

SEMPRE E PER SEMPRE

 

Pioggia e sole
cambiano
la faccia alle persone
Fanno il diavolo a quattro nel cuore e passano
e tornano
e non la smettono mai
Sempre
e per sempre tu
ricordati
dovunque sei,
se mi cercherai
Sempre e per sempre
dalla stessa parte mi troverai
Ho visto gente andare, perdersi e tornare
e perdersi ancora
e tendere la mano a mani vuote
E con le stesse scarpe camminare
per diverse strade
o con diverse scarpe
su una strada sola
Tu non credere
se qualcuno ti dirà
che non sono più lo stesso ormai
Pioggia e sole abbaiano e mordono
ma lasciano,
lasciano il tempo che trovano
E il vero amore può
nascondersi,
confondersi
ma non può perdersi mai
Sempre
e per sempre
dalla stessa parte mi troverai
Sempre e per sempre
dalla stessa parte mi troverai

 

Il nesso tra la Parola del Vangelo che abbiamo ascoltata e questo testo è “stabilità”. Stabilità. Perché la casa sulla roccia è stabile, non si muove, non si smuove. Non riescono a demolirla, anche ad abbatterla neanche i venti e le inondazioni e qui, in questa canzone d’amore di De Gregori, abbiamo la stabilità effettiva, di cui oggi c’è particolarmente bisogno. Ne hanno bisogno tutti: i bambini, i ragazzi, gli adolescenti, i giovani, gli anziani, perché oggi nulla sembra più stabile.

 

Sono reduce dalla Celebrazione a Presenzano del 65° di Ordinazione del Parroco. Quindi, pensate, questo Parroco ha fatto 65 anni e aggiungete gli anni che ci vogliono per esser prete, avrà quasi 90 anni anche lui. Ovviamente, il buon Don Mario che abbiamo festeggiato, non è che è un giovane aitante come 65 anni fa. Ha i suoi acciacchi, già che riesce a reggere alla sua età una parrocchia è un prodigio, e la tiene in pugno, eh? Non la regge soltanto, la tiene in pugno, come avveniva nell’Ottocento, insomma, e direbbe Bernanos nel Diario di un curato di campagna. Eppure, devo dirvi che questa immagine di un sacerdote anziano che per 65 anni è stato lì (sono cambiate le stagioni, è arrivato il Concilio, le rivoluzioni… sta lì, non s’è smosso più di tanto), fa nascere nel cuore una santa invidia e mette anche tanta tenerezza nel cuore del Vescovo nei confronti di questo sacerdote che gli può essere nonno, ma che, al tempo stesso, per la grazia sacramentale, in questo momento, gli è figlio, una tenerezza che nasce dal fatto che c’è una bellezza in don Mario che, mi scuserà Alessio, non troverete in lui lunedì. Ovviamente, il giorno dell’Ordinazione un prete è bellissimo: tutti se lo vorrebbero sposare un prete, il giorno dell’Ordinazione e non solo il giorno dell’Ordinazione, eppure c’è una bellezza in questo sacerdote anziano che è oltre le rughe, oltre quello che pioggia e sole hanno lasciato sul volto, cambiando anche i connotati della persona perché se noi guardassimo una foto di Don Mario giovane, 65 anni fa, e quella di oggi…“Ma è la stessa persona? Non è possibile”. Lì era un giovane pieno di speranze e qui sembra un vecchio cadente. Pioggia e sole cambiano la faccia alle persone. Attenti, non solo la faccia. Pioggia e sole rischiano di cambiare anche il cuore delle persone, anche i pensieri delle persone, anche le promesse che le persone fanno e quindi questo canto d’amore che è Sempre e per sempre è una sorta di assicurazione che lui dà a lei dicendole: ”Non ti preoccupare, mi troverai sempre dalla stessa parte, cioè dalla tua, a difenderti, a esserti fedele, anche se pioggia e sole batteranno e si alternano”.

Pioggia e sole consumano i tetti. Adesso, voi non la vedete ancora questa preoccupazione, ma i vostri genitori, quelli più adulti qui presenti, quando vedono queste giornate afose, pensano al tetto. Ma non ci pensate solo quando piove? No, ci pensiamo anche quando c’è questa calura perché le tegole si polverizzano, soprattutto poi quando c’è questa alternanza pioggia e sole, sole e pioggia che alla fine, dopo un po’ di tempo, cominci a vedere un po’ delle macchie: ah! Anche il tetto si è consumato. E se si consumano i tetti che per noi danno un senso di stabilità, tanto più le persone, tanto più i sentimenti, per cui oggi mi vai bene e domani no.

 

“Sono cambiato, sei cambiata, siamo cambiati, non ci vogliamo bene più”. Chissà quante volte avete già sentito questa frase e purtroppo chissà quante volte la sentirete. “Sì, è stato bello, quella vacanza, in quel momento d’entusiasmo, i primi mesi, ma adesso… siamo cambiati, sono cambiato, sei cambiata”. Questo è il dramma. La cosa più drammatica sarà se voi, uno di voi dovrà, domani, dire questo: sei cambiata, sono cambiato, basta, è finita. Finiscono così gli amori, finiscono così  anche storie bellissime, finiscono così anche le comunità, finiscono e spariscono delle intere comunità cristiane, sotto il battere… pioggia e sole, estate e inverno, caldo e freddo, muoiono anche delle comunità. I sacerdoti presenti sanno che ci sono in Turchia, per esempio, delle comunità che nell’antichità erano famosissime di cui adesso non ci sono che poche pietre, dei ruderi, le vai a  visitare come si visitano gli scavi di Pompei.

Ma è possibile allora rimanere? È possibile non cambiare? È possibile che tu mi trovi sempre dalla stessa parte? Ovviamente la risposta è sì, ma questo chiede una grinta, particolarmente oggi, una grinta che voi dovete assumere altrimenti nessuno vi reggerà, come persona, negli affetti, nella propria vocazione, nel lavoro, nelle amicizie, non rimane in piedi più niente se noi non ci sforziamo di vivere questa fedeltà che è solidità: una casa costruita su una roccia. Succeda quel che succeda: noi siamo sposati. Succeda quel che succeda: tu sei mio padre, io sono tuo figlio perché a volte anche i figli cercano i genitori e non li trovano più, forse anche qui fra voi, anzi, certamente, perché conosco le storie di alcuni di voi. Vanno a cercare i genitori e non li trovano.

“Mio padre si è risposato”.

“Dove vai?”

“Vado al matrimonio di papà”.

Non è una battuta, succede.

“Mio padre non sta più con… adesso è…”. E così, questi ragazzi crescono nel disorientamento più totale, perché se vengono meno i genitori allora è finita: dobbiamo chiudere baracca perché il genitore, da sempre, quasi naturalmente ha rappresentato la solidità. Cambiano i figli, non i genitori! Se ne vanno i figli, non i genitori! Adesso, se ne vanno anche i genitori e se se ne vanno i genitori, allora nulla qui è più (…). Stiamo sull’onda dell’oggi, dell’attimo fuggente. Sempre e per sempre è una grande provocazione, questo testo di Francesco De Gregori, perché dice: tu devi fare delle scelte e devi essere fedele, costi quello che costi (e costa sempre!). A don Mario, in 65 anni di pioggia… ci ha parlato di bombardamenti, di fughe, di… eppure è rimasto in piedi. Questa si chiama fedeltà. Sempre e per sempre dalla stessa parte mi troverai.

Questa è la fedeltà di Dio nei tuoi confronti perché questo canto, adesso lo riascoltiamo, lo leggi come una sorta di dichiarazione d’amore dove Dio ti dice: “Non ti preoccupare, io non cambio. L’amore a volte può disperdersi, confondersi, ma non può perdersi mai”. Qualche volta, anche nella vita spirituale abbiamo la percezione che Dio ci abbia abbandonati, che Dio non sia più dalla nostra parte, che non sia più a incoraggiarci, a fare il tifo per noi, ci sono i momenti di buio, dove dobbiamo dire: anche se in questo momento, Dio non lo sento  presente, Lui mi porta in braccio, mi guida, mi sorregge. “Sempre e per sempre dalla stessa parte mi troverai” è ciò che Dio ti dice. Ascoltalo.



SEMPRE E PER SEMPRE

 

Pioggia e sole
cambiano
la faccia alle persone
Fanno il diavolo a quattro nel cuore e passano
e tornano
e non la smettono mai
Sempre
e per sempre tu
ricordati
dovunque sei,
se mi cercherai
Sempre e per sempre
dalla stessa parte mi troverai
Ho visto gente andare, perdersi e tornare
e perdersi ancora
e tendere la mano a mani vuote
E con le stesse scarpe camminare
per diverse strade
o con diverse scarpe
su una strada sola
Tu non credere
se qualcuno ti dirà
che non sono più lo stesso ormai
Pioggia e sole abbaiano e mordono
ma lasciano,
lasciano il tempo che trovano
E il vero amore può
nascondersi,
confondersi
ma non può perdersi mai
Sempre
e per sempre
dalla stessa parte mi troverai
Sempre e per sempre
dalla stessa parte mi troverai

 

 

Attenti che dovete educarvi a questa solidità, a questa stabilità che si chiama fedeltà, già da adesso. Per esempio, bisogna essere fedeli nel fidanzamento e, ancor più, ancor prima e anche dopo, bisogna essere fedeli nelle amicizie. Bisogna essere fedeli nell’impegno scolastico. Pensate all’assenteismo, come facilmente dico: “Ah, oggi non vado a scuola…”. Adesso siamo fuori tempo, no? I genitori… “Va be’, non ti preoccupare”, cioè come se andare a scuola non fosse un compito, non fosse un dovere, non fosse un allenamento alla fedeltà. “Questo esame non lo faccio adesso, lo faccio più in là, adesso sono stanco, vado in vacanza. Se ne parla a settembre”. Fedeltà allo studio. Fedeltà alla propria comunità parrocchiale, direi anche. Questa gente che va vagando eccessivamente. Fedeltà all’impegno della Messa della Domenica, sono modi con cui ci alleniamo a dire: questa cosa va fatta sempre, costi quello che costi, anche se in questo momento, come diciamo noi, non ve ne tiene, cioè non ne ho voglia, non mi entusiasma, però vado lo stesso. Da sposati, se non sarete educati a questo, il vostro matrimonio durerà poco tempo perché sentirete nei confronti dell’altra, dell’altro, marito o moglie, una avversione (è vero voi che siete spostai?), un nervoso… Certi giorni, quelli che sono sposati si svegliano con una sola idea: “Devo strozzare mia moglie”, o il marito eh? No? Non dico niente di strano. Cioè, nasce una avversione nei confronti di questa che mi sta sempre tra i piedi, me la trovo nel letto, quando mi sveglio, ah! Che oppressione. Eh? Allora, se io non sono educato a voler bene a mia moglie e mio marito anche quando sento questa… l’ultima persona che vorrei vedere è mio marito, mia moglie; è la prima a cui dico:“Buongiooorno!”. E comincia così la giornata. Se non mi abituo a voler bene oltre il sentire immediato, i vostri matrimoni sono già falliti prima di cominciare. C’è una strofa, dei versi di questa canzone, un po’ strani, ma che ci aiutano ad entrare in questo senso della fedeltà

Ho visto gente andare, perdersi, tornare
 perdersi ancora
e tendere la mano a mani vuote
E con le stesse scarpe camminare
per diverse strade
o con diverse scarpe
su una strada sola

Come sempre, De Gregori ha dei versi un po’ enigmatici. Io leggo così: ci sono alcuni che camminano con diverse scarpe su una strada sola. I giovani sono particolarmente legati alle scarpe, tanto che un’ insegnante che ha scritto vari libri sulla scuola italiana dice che i ragazzi alle scuole medie, la prima settimana,  la passano a guardarsi l’uno le scarpe dell’altro per vedere ( è la Mastrocola che forse conoscerete) quello a che famiglia appartiene. Si guardano le scarpe così come i cani, ecc. si guardano altre cose… ma andiamo fuori tema. Va be’, si guardano le scarpe, dice la Mastrocola, cioè si guardano le scarpe per dire: vediamo un poco questo ragazzo com’è, perché le scarpe sono la cosa più importante. Bene. Il dilemma nella vita è camminare con diverse scarpe su una strada sola o con le stesse scarpe su diverse strade. È un testo che si presta a molte letture. Io ne leggo una. Questo camminare con diverse scarpe su una strada sola è la fedeltà. Perché diverse scarpe? Perché si consumano. Perché le scarpe che avevo da ragazzo oggi non le ho più, sono consumate, le mie, le vostre no perché sono in bella mostra, tutte belle lucide, voi, a stento a stento avete fatto 3 o 4 chilometri a piedi: tutti sul motorino, accompagnati all’asilo, in palestra, dai genitori che consumano invece le ruote, i copertoni delle auto. Quindi, con diverse scarpe su una strada sola: fedeltà. Con le stesse scarpe su diverse strade: è la condizione di oggi, cioè mentre sto con Maria, sto anche con Giovanna. Mentre esco con Luigi, giorni pari con Luigi e giorni dispari con Enrico. Accompagno la ragazza a casa alle dieci e mezza, poi comincia l’altra parte della vita, cioè queste ambiguità che al di là dell’aspetto morale, sono destrutturanti sul piano umano perché alla fine non lo sa più chi è. Con le stesse scarpe su diverse strade o con diverse scarpe su una strada sola, cioè la strada che percorrevo da ragazzo è anche quella che percorro oggi, la strada che percorrevamo da fidanzati è anche la strada che percorriamo da sposati, la strada che percorrevo da seminarista è anche la strada che ho percorso da prete. Domanda: tu cammini con le stesse scarpe su diverse strade o con diverse scarpe su una strada sola?

Riascoltiamo e poi diamo la parola, brevemente ad Alessio, in modo tale che cominciate a familiarizzare con la voce di questo prete nascente.

 

SEMPRE E PER SEMPRE

 

Pioggia e sole
cambiano
la faccia alle persone
Fanno il diavolo a quattro nel cuore e passano
e tornano
e non la smettono mai
Sempre
e per sempre tu
ricordati
dovunque sei,
se mi cercherai
Sempre e per sempre
dalla stessa parte mi troverai
Ho visto gente andare, perdersi e tornare
e perdersi ancora
e tendere la mano a mani vuote
E con le stesse scarpe camminare
per diverse strade
o con diverse scarpe
su una strada sola
Tu non credere
se qualcuno ti dirà
che non sono più lo stesso ormai
Pioggia e sole abbaiano e mordono
ma lasciano,
lasciano il tempo che trovano
E il vero amore può
nascondersi,
confondersi
ma non può perdersi mai
Sempre
e per sempre
dalla stessa parte mi troverai
Sempre e per sempre
dalla stessa parte mi troverai

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Credo che Mission faccia parte dell’inconscio collettivo, in qualche maniera, e la scena che Alessio ci ha ricordato si concludeva così, che era un indigeno che ad un certo punto, impietosito di questo scalatore che si sta portando dietro questa zavorra-penitenza, va e taglia la corda e lui finalmente si sente libero. I preti servono a questo. Se tu vai da un prete con la tua zavorra, con le tue solitudini,  le tue delusioni, i tuoi peccati, i tuoi fallimenti, le tue perversioni, tah! Taglia il filo e tu sei libero. Allora, stasera, concludiamo chiedendo al Signore di darci questi testimoni e di darci testimoni solidi, perché sempre e per sempre almeno vorremmo che fossero i preti a testimoniarlo. Cioè che li troviamo là dove il Signore li ha posti e non altrove, e non snaturati, e non travestiti, e non … E’ una cosa terribile quando una comunità viene tradita dal suo prete, è molto più grave di quando va via il padre, di quando la madre si innamora di uno e se ne scappa. È molto più grave, perché il prete rappresenta Gesù. Allora i preti sono i nostri campanili: stanno lì a dire “Dio c’è”, anche quando tu scappi, anche quando in Chiesa non ci vai, il campanile sta lì,  d’inverno, d’estate, quando batte il sole, quando piove, sta lì, a dire: Dio c’è, sta qui, qui in questa chiesa Gesù ti aspetta quando ti decidi a tornare. I preti sono un po’così: sono stabili. E oggi, stasera, vi do (non io),  vi diamo (non noi) la Coldiretti, grazie all’intercessione di Gennaro, la possibilità di piantare un cipresso. Questa cosa ce l’ho in mente da molto tempo, poi ho messo in moto delle cose, per fortuna, finalmente siamo riusciti ad avere 1000 cipressi. Pensate tra vent’anni che saranno questi mille cipressi sul territorio della nostra Diocesi. Ma non è un fatto automatico che questi cipressetti adesso di 15 centimetri diventeranno cipressi di 20 metri: bisogna piantarli, bisogna, soprattutto, d’estate innaffiarli, per cui, chi tra voi dica, dice di sé “non ho il pollice verde” non è vero, basta un po’ di amore. Quando qualcuno viene in Episcopio e dice “Uh, Eccellenza, tutte queste piante, ma com’è ?... A me seccano sempre!”. “E non le vuoi bene”, io dico, “Non le ami”, perché se uno ama una pianta, non secca, perché la pianta sente se tu innaffi con rabbia o con amore, se tu la guardi e l’accarezzi, o la disprezzi. Se la disprezzi, si secca. Quindi “pollice verde” non significa “mi è andata male con i ciclamini lo scorso inverno”, ma voglia di piantare questo cipresso, di adottarlo per un po’ di tempo, diciamo per un po’ di anni. Quindi, non lo piantate per strada, bisogna piantarlo in un giardino. Io sogno sempre che qui, la collina di Casamostra, sarà piena di cipressi e noi faremo la nuova Toscana del Sud a Teano. Allora, abbiamo mille cipressi che sono un segno di stabilità perché se tu pianti un cipresso, dove lo pianti lo trovi dopo 20 anni, dopo 30 anni. I cipressi hanno una vita lunghissima se non incappano in qualche malattia speciale, per cui a fine celebrazione, chi vuole, farà un giro attraverso la sacrestia, passerà nel giardino dell’Episcopio e riceverà uno di questi alberelli da portare a casa con devozione; potete tenerli in un vaso magari questa estate, e piantarlo in autunno…L’importante è che abbia l’aria, la luce e l’acqua necessaria. Ed è bello che concludiamo stasera con “piantare un cipresso” che dice stabilità, perché gli alberi non se ne vanno girando, non vanno in vacanza, quando hai piantato un albero dici: “Sta lì, fisso come un albero”. Anche Rio Bo, per chi conosca questa poesia, aveva quel suo cipresso che ondeggiava e occhieggiava con la stella in una sorta di fidanzamento.  Sono belle queste immagini perché ci fanno capire come la fede ha bisogno anche di segni esterni come la vita ci parla e provoca la fede e come la fede deve anche cambiare la nostra geografia perché se la fede non cambia la geografia di Teano-Calvi, noi crack-crack, tra un po’ chiuderemo le chiese, perché significherà “Stiamo fallendo”. Se, invece, vedete che pian piano, e soprattutto questo deve venire da voi giovani, pian piano cambia il volto delle nostre parrocchie, le chiese diventano più belle, le strade più accoglienti, sui balconi ci saranno i gerani, non i sacchetti dell’immondizia appesi come una sorta di …ecco, allora significherà che noi stiamo agendo e la fede sta entrando. Se invece non cambia niente, noi dovremo chiudere baracca. Allora questo fatto di piantare un albero, mi intriga e mi entusiasma perché qui, stasera, piantiamo 1000 cipressi. Dico sul serio, eh? Mica sono solo questi che vedete qui? Di là ne troverete… Però guai a voi (me lo ascrivo a peccato)guai a voi, se fate seccare questi cipressi.  Preferisco che non li prendiate, penseremo noi a trovare sponsor, persone che amano, che c’hanno il pollice verde, il cuore verde, per piantare i cipressi che resteranno non consegnati. Va bene? Ci mettiamo in piedi.

 

Innanzitutto, gli appuntamenti. Il primo appuntamento è lunedì. Non possiamo essere assenti a questo momento particolarmente bello nella vita di una Chiesa che è la nascita di un prete. Alessio, l’avete visto qui, magro, smilzo, diventerà forte con la grazia dello Spirito Santo, lunedì, qui,alle ore 19:00. Quindi non posso non esserci. Gli altri due appuntamenti (li trovate sul foglietto) uno è regionale perché parallelamente all’incontro dei giovani a Sidney (ovviamente non tutti possono fare i voli intercontinentali) l’equipe regionale ha organizzato due giorni tra Castellammare e Pompei. Ci saranno tre catechesi in tre luoghi diversi e una delle tre la farà il sottoscritto e poi da queste tre chiese più o meno equidistanti, partiranno tre grossi cortei di giovani di tutta la Campania e confluiranno in Pompei, nel Santuario e nelle altre strutture dove si passerà la notte, non in bagordi, ma con animazione e preghiera, e il giorno dopo c’è la Celebrazione Eucaristica.

L’altro riguarda il nostro appuntamento-giovani, e sarà (adesso non vi convoco a Teano dove fa caldo) ma ci incontreremo, credo il primo luglio, se ricordo, no, il primo agosto, a Rocchetta, quindi scoprite dove si trova Rocchetta, mettete il Tom Tom e vedrete anche Rocchetta che è un posto freschissimo, è la Parrocchia di don Giadio, saremo ospiti per la Preghiera-Giovani e troveremo durante l’estate luoghi più ameni dove incontrarci e confrontarci. Vi ricordo anche che c’è l’impegno che dovrebbe essere un piacere  del campo-giovani a Canneto dal 5 al 9 di agosto, ma per questo c’è bisogno di prenotarsi, guidato dal qui presente sottoscritto Vescovo Arturo Aiello, ma c’è bisogno che dai preti di cui ci dicemmo la volta scorsa, o possibilmente  dai vostri parroci, vi prenotiate perché ci sono solo 70 posti, 70 possibilità di partecipazione. C’è un divieto ai minori di…dunque è dai 18 anni in su, diciamo dal 5° anno superiore all’arco universitario. Spero di avervi detto tutto, adesso ci teniamo per mano. Il Dio fedele che dice “Mi troverai sempre dalla stessa parte”, ci pone sulle labbra anche le parole per rivolgerci a questo Padre che mai, mai, mai ci abbandonerà.

 

Padre nostro…

 

È anche bello che stasera si chiude il veto per i giovani che hanno partecipato all’ultimo corso di Esercizi Spirituali , un veto di silenzio che avevo consegnato loro che si scioglie stasera. Ho detto: “Non mettete piede in Episcopio, non vi fate vedere che vi caccio via”, né potevano parlare con altri di quello che avevano vissuto. Hanno vissuto una esperienza molto forte, alcuni hanno sofferto, ma adesso li vedo sorridenti, e come dire, maturati. Affidiamo al Signore anche i frutti di quei giorni. Neanche loro sanno quello che è successo, tantomeno io. C’è una grossa ebollizione come nelle botti “il ribollir dei tini”, dice il poeta, e prima o poi stilleremo vino per tutti, e vino nuovo, e vino buono. Quindi da stasera voi potete salutare il Vescovo, e anche, se volete, possiamo incontrarci, quando e se lo riterrete opportuno.

 

Benedizione del Vescovo.

 

Facciamo il canto finale, dopo vi do le indicazioni per ritirare il vostro cipresso.

 

Canto:

Vieni e seguimi

Lascia che il mondo vada per la sua strada,
lascia che l'uomo ritorni alla sua casa,
lascia che la gente accumuli la sua fortuna.
Ma tu, tu vieni e seguimi
tu, vieni e seguimi.

 

Lascia che la barca in mare spieghi la vela,
lascia che trovi affetto chi segue il cuore,
lascia che dall'albero cadano i frutti maturi.
Ma tu, tu vieni e seguimi
tu, vieni e seguimi.

 

E sarai luce per gli uomini
e sarai sale della terra
e nel mondo deserto aprirai
una strada nuova. (2v)


E per questa strada va, va
e non voltarti indietro, va
e non voltarti indietro.

 

Ora, quelli che hanno il pollice verde e il cuore verde, possono fare questo giro, un piccolo pellegrinaggio, ovviamente in fila indiana, si passa di qui…

Se, tra vent’anni, non vedo mille cipressi (questi sono i primi mille, speriamo che ne arrivino altri) saranno guai, eh?   Attenti… il cipresso farà parte delle domande per entrare in Paradiso.

 

Il testo, tratto direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.

 



[1] Prende la parola il diacono Alessio Leggiero