PREGHIERA GIOVANI

 

guidata da

 

S. E. MONS. ARTURO AIELLO

 

Vescovo della Diocesi di Teano-Calvi

 

Mignano Monte Lungo, 19 Settembre  2008

 

“Capitano, mio capitano!”

 

~ ~ ~

 

 

Canto: Il disegno

Nel mare del silenzio una voce si alzò
da una notte senza confini una luce brillò
dove non c'era niente quel giorno


Avevi scritto già il mio nome lassù nel cielo
avevi scritto già la mia vita insieme a te
avevi scritto già di me.


E quando la tua mente fece splendere le stelle
e quando le tue mani modellarono la terra
dove non c'era niente quel giorno.

E quando hai calcolato la profondità del cielo
e quando hai colorato ogni fiore della terra
dove non c'era niente quel giorno.

Nel nome del Padre…

 

Ci introduciamo nella Preghiera con le parole di questo canto che ci fanno sentire attesi. Sei stato atteso? Sei stata attesa quando dovevi nascere? Sei nato per caso? Sei stato voluto? Sei stata voluta? A volte lo chiediamo ai nostri genitori, lo chiedono i bambini: “Dov’ero? – e si trova difficoltà a spiegarlo – Dov’ero prima di nascere?”. Questo canto, che esprime un pensiero che torna tante volte nella Bibbia, ci dice che eravamo nelle mani di Dio, nel suo cuore: “Avevi scritto già”. Quando in Scienze voi studiate che la Terra è venuta attraverso una grande evoluzione (la Chiesa non è contro l’evoluzione, come si crede) dovete pensare che mentre avvenivano queste grandi evoluzioni, la grande esplosione (il Big Bang), io c’ero già, non perché ho sulle spalle milioni e milioni di anni, ma perché ero già nel pensiero di Dio. Ecco, iniziamo così. A volte, non ci sentiamo riconosciuti dall’amico: “Non mi ha visto, non mi ha salutato…”. Diventano dei drammi e dimentichiamo che c’è Uno che ha pensato a noi quando non c’erano le stelle, quando la Terra era ancora un ribollire. Don Maurizio, facendo riferimento al sangue di San Gennaro che ancora bolle, ha parlato di questo sangue che ribolle, ma anche la Terra prima ribolliva, era in fermentazione, come le botti dopo la vendemmia. Quando la Terra era in fermentazione, quando c’era il ribollire delle energie o della energia, io c’ero già. Con questa consapevolezza, cantiamo le ultime due strofe.

E quando hai disegnato le nubi e le montagne
e quando hai disegnato il cammino di ogni uomo
l'avevi fatto anche per me.


Avevi scritto già il mio nome lassù nel cielo
avevi scritto già la mia vita insieme a te
avevi scritto già di me.

Se ieri non sapevo oggi ho incontrato te
e la mia libertà è il tuo disegno su di me

non cercherò più niente perché tu mi salverai.

 

Ti ringraziamo, Signore, perché la Preghiera-Giovani non riprende, ma continua. Grazie, perché anche se non con la presenza di tutti, anche durante l’estate abbiamo avuto possibilità di incontrarci. In particolare, vogliamo dirti “Grazie” per l’esperienza di Canneto: ci sono volti che ci sono diventati più noti e più appartenenti, perché con quei volti, con quelle persone abbiamo condiviso un tratto di strada importante. Quindi grazie, per questo discorso ininterrotto. Aiutaci a scrivere nuove pagine nel Tuo nome e nella Tua volontà. Per Cristo, nostro Signore.

 

***

 

Vi introduco brevemente il brano che farà da riferimento e che ha animato il Corso di Esercizi per gli adulti a Roccamonfina. Ovviamente, non starò a sintetizzarvi tutto quello che ho detto a loro (ai giovani si dice altro): i temi sono gli stessi, ma i linguaggi sono diversi. Voglio contestualizzare questo brano perché è particolarmente importante. È un brano di chiamata, è un brano riassuntivo di chiamate - nei Vangeli ne troviamo tante nei primi capitoli - e qui al Capitolo 3 del Vangelo di Marco, abbiamo una solenne convocazione. “Convocazione” ha al suo interno la parola “vocazione”: una con-vocazione, cioè una vocazione fatta per più persone che si trovano prima nell’assemblea, nella massa, nella nebbia, nell’anonimato e poi vengono chiamati. All’atto in cui sono chiamati fanno questo movimento, che nell’Ordinazione del 2 Ottobre (alla fine sarà Vitaliano stesso ad invitarvi) vedrete, come sempre drammatizzato dal fatto che la persona viene chiamata: sta al primo banco, e fa questi pochi passi, viene nel presbiterio e si avvicina. Ascoltiamo.

 

Dal Vangelo di Marco   (3,13-19)

 

13 Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui. 14 Ne costituì Dodici che stessero con lui 15 e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demòni. 16 Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro; 17 poi Giacomo di Zebedèo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè figli del tuono; 18 e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananèo 19 e Giuda Iscariota, quello che poi lo tradì.

 

Come sempre, procediamo per gradi. Gesù chiama delle persone. Attenti! Chiama tutti. Per il fatto che io esisto, tu esisti, io respiro, tu respiri, io sono maschio, tu sei donna, per il fatto stesso che esistiamo, noi siamo stati oggetto di una chiamata e la chiamata esprime amore. Non si chiama una persona antipatica. Quando una persona ci è antipatica diciamo “Chella”, cioè “quella”, non le diamo neanche un nome, ma se una persona ci è simpatica, diciamo: come si chiama? Poi dopo chiediamo anche il numero del telefonino… Ci interessa che ci sveli il nome, cioè chiamare esprime amore. Lo sanno bene i bambini o quegli adulti che da bambini non hanno avuto amore. Non sono mai stati chiamati, allora rischiano di fuorviarsi nella psiche, rischiano la devianza, non sono mai stati chiamati, non sono mai stati amati. Quindi amare è chiamare e chiamare è amare. Questo è importante: io chiamo quelli che amo. Basterebbe solo questo messaggio, stasera, se si imprime nella vostra mente, per darci una grande grinta, cioè se Dio mi ha chiamato, io sono stato un pensiero d’amore. Per bocca di Geremia, Dio dice: “Ti ho amato di amore eterno”. Questo vale per tutti. Allora il testo di Marco dice: “Gesù salì sul monte e chiamò a sé quelli che Egli volle”. Non si dice che li ha amati, è sottinteso, ve lo sto snocciolando io, che questa chiamata, questo fatto che tu fai parte della mia ciurma, tu fai parte del mio gruppo, della mia famiglia, della famiglia umana, della Chiesa, è segno di amore. E questi chiamati “nascono”. Questo è un atto di nascita, è l’atto di nascita dei Dodici che è anche l’atto di nascita della Chiesa, perché i Dodici sono come le colonne della chiesa. Dov’erano prima? Dov’ero prima, io? Erano nella massa. Adesso un giovane ha difficoltà ad essere chiamato, perché potrebbe emozionarsi, perché vuole rimanere nella massa (sempre, ma oggi particolarmente, i giovani hanno paura a tirarsi fuori dal gruppo). Si è celebrato un meeting a Rimini: basta soltanto lo slogan che è sempre pensato in una maniera molto intelligente. Lo slogan di quest’anno era: “O protagonisti, o niente”. Provateci a utilizzarlo per voi, come motto. “O protagonisti, o niente”, a dire: se tu hai da girare un film, io la comparsa, non la faccio! Io, il secondo, non lo faccio. Vi sembrerà un po’ presuntuoso, invece utilizzatele queste dinamiche che sembrano nascondere dell’orgoglio, in realtà sono una possibilità di tirar fuori quello che di bello c’è in me: “O protagonisti, o niente”, cioè io una vita da gregario non la voglio fare. Anche quando fanno i cast, non so, per le grandi tournée, sia di musica lirica, ma anche nei grandi musical, c’è il cast numero uno e i cast numero due (perché d’altra parte, basta una influenza, basta un po’ di mal di gola per mandare in tilt un intero spettacolo) e allora c’è il cast numero uno che è il cast delle voci più belle e poi c’è quello di riserva: il cast numero due. Allora uno chiede, quando va a questi grandi musical (non so, penso a Cocciante): “Ma chi canta: la prima o la seconda? Quella che è stata scelta come la voce più bella, o quella che sta lì a fare da spalla?”. E vorremmo partecipare allo spettacolo di quella del primo cast. Ecco. Anche a voi, cari giovani, si chiede questa scelta: “Vuoi far parte del primo cast o del secondo? Vuoi vivere da protagonista o gradisci rimanere nelle nebbie dell’anonimato?”. Stasera, venendo, avete trovato anche un po’ di difficoltà: grazie, per essere venuti, nonostante la pioggia e nonostante ci troviamo all’estremo nord della nostra Diocesi e dell’intera Campania. Avete incontrato anche della nebbia. Nella nebbia tutto diventa evanescente, non si distinguono i volti e allora Gesù chiama queste persone e queste persone accettano di vivere la loro vita da protagonisti. È molto bello. Attenti! Vive da protagonista, sulle prime, anche Giuda che poi lo tradì. Ad un certo punto, Giuda, non riesce più a tenere i riflettori. In questo momento, qualcuno di voi al mio posto potrebbe sentirsi imbarazzato: “Stanno guardando tutti me! Voglio mettermi…”. Nel momento in cui Giuda non sente più la forza d’esser protagonista, diventa un gregario, diventa quello del secondo cast e comincia il suo tradimento nei confronti del Maestro. Allora, stasera, innanzi tutto ci chiediamo: “Io, oggi, a 18 anni, a 16…”. Stefano è venuto? Ecco: Stefano è la mia mascotte. Mo’ guai a te se a ogni Preghiera… Stefano, devi stare al primo banco: vieni avanti… Stefano è stato la mascotte del Campo-Scuola; benché abbia solo 17 anni, è riuscito a tenere… Vedi? Ti sei seduto vicino a 1,2,3,4 ragazze. C’è anche Noemi? Ah, ci sta. Stai tranquilla, Noemi: sono fidate queste qua, c’è anche Dolores. Dunque, Stefano – ecco perché mi è venuto in mente che doveva esserci e  per fortuna c’è, pronto all’appello – a un certo punto della sua vita potrebbe dire: “No, ma io tutta questa attenzione non la voglio: grazie, datemi un posticino da comparsa. Voglio fare il gregario, non voglio arrivare primo, non voglio tagliare il traguardo” e allora, pian piano, si entra in questa zona d’ombra. Ci chiediamo in questo primo momento di riflessione musicale: sto vivendo così? Anche a 17, a 18, a 20, 25, 30, a 40 anni? “Sto vivendo da protagonista” significa che ho in mano la mia vita, non sto permettendo a un’altra, a un altro di dirigermi - perché alcuni sono diretti da altri o da altre situazioni o si lasciano trascinare - sto vivendo da protagonista o mi sto trascinando? Attraverso questa Parola, Gesù ti dice stasera: “Tu puoi vivere da protagonista. Tu puoi essere il primo ballerino. Tu puoi essere il primo attore (Stefano fa anche questo). Tu puoi essere il number one”. È bello, eh? Ed è bello che il Vangelo vi abitui a questo e non a fare i “fantozzi” della situazione. A volte, pensiamo che i cristiani siano i “fantozzi” della storia, quelli sempre tutti paurosi che hanno timore di dire una parola, di affermarsi, di essere protagonisti. No, i cristiani non sono “fantozzi”! I cristiani veri, i giovani che vogliono seguire Gesù e che sono chiamati, perché amati, sono chiamati ad una vita “super”, non ad una mezza vita. Sto vivendo così? Ce lo chiediamo in questa piccola prima pausa di riflessione.

 

***

Probabilmente, se in questi due minuti avete pensato, vi sarà venuto l’interrogativo: “Sì, io vorrei essere protagonista, ma come si fa? Si va a scuola per fare il protagonista? Bisogna seguire semplicemente un istinto? È un dono? Io so fare il giullare e quindi attiro l’attenzione…”. Si va a scuola “da protagonisti” ed è questo l’aspetto che a voi giovani fa più problema, cioè che si possa imparare da qualcuno l’arte di vivere da protagonista – “o protagonista, o niente” - e cioè mettersi alla scuola di un maestro. Questa parola “maestro” fa venire la pelle d’oca ai giovani, perché subito pensate al vostro insegnante (a proposito, ho saputo che Don Luigi è il tuo insegnante di Religione, mi raccomando, fammi sapere cose buone sul tuo conto, glielo chiederò di tanto in tanto) e quindi qualsiasi insegnante… Così non vivrai mai da protagonista perché in ogni film c’è un regista, in ogni rappresentazione teatrale c’è uno che dice “Non va bene così, ripetiamo questa battuta! Hai fatto un passo falso! Hai, in questo passaggio, fatto una nota falsa”. Allora bisogna provare e riprovare, mettersi a scuola. Questo hanno fatto i Dodici con Gesù. Voi direte: “Beh, se Gesù fosse disponibile come maestro, niente da eccepire”, ma questo è accaduto 2000 anni fa, per i Dodici. E oggi, c’è qualcuno che può farmi da maestro? C’è qualcuno che può fare il mio – come dire? – allenatore? Passo dall’immagine teatrale a quella sportiva: se fate parte di una squadra, se giocate  a pallavolo, a basket, a calcio o a qualsiasi altra cosa, se anche andate in palestra, c’è uno che vi dà la scheda, che dice: “Devi fare 50 esercizi con questa macchina terribile”. Sono quei macchinari che si trovano adesso nelle palestre che sembrano degli oggetti da tortura - a me danno sempre questa impressione - dei mostri che ti tirano, ti stiracchiano, ti dividono in due. Ho bisogno di un allenatore. Allora, se voglio fare l’attore, ho bisogno di un regista. Se voglio partecipare alle Olimpiadi, ho bisogno di un allenatore. Tutte queste figure, sono figure alle quali dobbiamo riconoscere un’autorità su di noi. E questo è il motivo per cui tanti di voi, potrebbero essere dei bravi concertisti, dei bravi artisti, degli attori fenomenali, o partecipare alle prossime Olimpiadi, e invece continueranno a fare la corsa campestre, non so, della Stra…Pignataro Maggiore,  per esempio, cioè cose anche belle, ma che non sono le Olimpiadi (o la Stra-Calvi mi sembra ultimamente sia stata fatta a Calvi). Altro è la Stra-Calvi, altro è partecipare alle Olimpiadi. Se tu vuoi continuare a fare la corsa campestre tra Marzano Appio e Vairano, contento!, qui ti puoi autogestire: non hai bisogno di allenatori, basta che metti un paio di scarpe da ginnastica, una tuta e vai. Ma se devi partecipare alle Olimpiadi, hai bisogno di un maestro. Questo è quello che stasera chiediamo: la grazia di riconoscere che dobbiamo dipendere da un altro che è il maestro, che ci dice: “Non va. Stefano, non mi piace questa…”. A proposito, Don Luca, faglielo fare “Aggiungi un posto a tavola” a questi poverini perché, sì, non sarà un testo proprio… ma non è proprio anticlericale. Sì, ci sta Consolazione, ecc… ma devo riconoscere che l’ho fatto fare ai miei ragazzi, quand’ero parroco. Quindi se il Vescovo l’ha fatto fare ai suoi giovani, è possibile che a Caianello si faccia “Aggiungi un posto a tavola”. Vedete? In qualche maniera ti ho agevolato anche nella richiesta, che avevi timore di fare a Don Luca, di poter eseguire questo musical. Allora, il regista deve dirti: “Stefano, no, non mi piace come giri con la tonaca, oppure come confessi Clementina che dice: Peccato che sia peccato”, ma questo lo deve dire il regista e tu devi seguire le sue indicazioni, altrimenti diventa una confusione. Ed è sul maestro che vorrei invitarvi a pensare. Innanzi tutto: c’è una persona nella mia vita che io riconosco come maestro? A scuola… Attenti, che non tutti gli insegnanti voi li riconoscete come maestri, è una cosa diversa: altro è insegnare, altro è il maestro. Ci sono molti insegnanti, ma pochi insegnanti sono riconosciuti come maestri, oppure nel gruppo scout, nel gruppo AC, l’animatore potrebbe essere un maestro. Il tuo parroco lo riconosci come maestro? Ci sono altri maestri nella tua vita nei confronti dei quali vivi quel sentimento bello di attenzione, ma anche di santo timore di sbagliare: sbagliare battuta, sbagliare passo, sbagliare tonalità, sbagliare passaggio, schema, se stiamo facendo una partita e c’è il mio maestro che è il mister, l’allenatore… Ci aiuta questa canzone, che è nata per altro, come vi dirò tra poco, ma che mi ha sempre stuzzicato sul piano del “maestro”. Ascoltiamo De Gregori.

 

I muscoli del Capitano

(F. De Gregori)

 

Guarda i muscoli del capitano, tutti di plastica e di metano.
Guardalo nella notte che viene, quanto sangue ha nelle vene.
Il capitano non tiene mai paura, dritto sul cassero,
fuma la pipa, in questa alba fresca e scura che rassomiglia un alla vita.
E poi il capitano, se vuole, si leva l'ancora dai pantaloni
e la getta nelle onde e chiama forte quando vuole qualcosa o qualcuno
c'è sempre uno che gli risponde.
Ma capitano non te lo volevo dire,
ma c'è in mezzo al mare una donna bianca,
così enorme, alla luce delle stelle,
che di guardarla uno non si stanca.

Questa nave fa duemila nodi, in mezzo ai ghiacci tropicali,
ed ha un motore di un milione di cavalli
che al posto degli zoccoli hanno le ali.
La nave è fulmine, torpedine, miccia,
scintillante bellezza, fosforo e fantasia, molecole d'acciaio,
pistone, rabbia, guerra lampo e poesia.
In questa notte elettrica e veloce, in questa croce di Novecento,
il futuro è una palla di cannone accesa e noi la stiamo quasi raggiungendo.
E il capitano disse al mozzo di bordo
"Giovanotto, io non vedo niente.
C'è solo un po’ di nebbia che annuncia il sole.
Andiamo avanti tranquillamente".

 

Sono molto legato a questa canzone. D’altra parte si riesce a trasmettere solo ciò a cui si è legati. Sulle prime, se non la conoscevate, non dice granché. Diciamo, innanzi tutto, qual è la matrice storica che ha originato questo testo sempre un po’ ermetico, come sono i testi di Francesco De Gregori: il naufragio del Titanic (1912). Dovete sapere che questa (dovreste saperlo) è una delle tragedie di mare più drammatiche mai accadute, perché nel naufragio del Titanic morirono più di 1500 persone in una notte. Cos’era il Titanic? Il Titanic era un grande transatlantico che doveva essere – siamo agli inizi del Novecento, la bell’epoque, eh? – lo splendore  della potenza dell’uomo che attraversa i mari, fende gli oceani e raggiunge le Americhe da trionfatore. Quindi pensate che nel 1912 avere a bordo 2000 persone era veramente una grande conquista e la cosa più strana è che, questo naufragio, questa tragedia, sia avvenuta nella luna di miele del Titanic, cioè nel primo viaggio, che era il viaggio del battesimo di questo transatlantico: avevano scritto tante cose, annunciando questa partenza che dall’Europa avrebbe unito il Vecchio al Nuovo Mondo. Tra l’altro avevano scritto: questo transatlantico è stato pensato in una maniera così potente, così forte che non lo potrà affondare nemmeno Dio. Fa parte della letteratura giornalistica dell’epoca. E quindi, tutti i nababbi del tempo si diedero da fare per procurarsi questo biglietto della prima del Titanic. Fu la prima e l’ultima, purtroppo. Qual è il riferimento storico, qui, in qualche maniera? Il mozzo ha visto quello che poi sarà fatale per questo transatlantico che sta navigando in acque tranquille: la temperatura è scesa sottozero e c’è un grande iceberg vagante. Hanno anche avvisato i responsabili della navigazione che c’è questo iceberg nella rotta. Si decide di cambiare leggermente rotta, e intanto, si è oltre la mezzanotte, l’orchestra suona, queste signore super imbellettate (immaginate è la prima di questo mega transatlantico: mi sono procurato il biglietto, l’ho pagato migliaia di dollari e quindi mi devo godere questa traversata)... Ebbene:     

Ma capitano non te lo volevo dire,
ma c'è in mezzo al mare una donna bianca,
così enorme, alla luce delle stelle,
che di guardarla uno non si stanca.

 

È questo iceberg che si avvicina, ma il capitano – questo non è il capitano di cui voglio parlarvi, ma tanto per dirvi l’origine del testo – è troppo preso dalla sua eleganza, perché è la sera dell’inaugurazione, perché da poco abbiamo lasciato l’Inghilterra e stiamo andando verso gli Stati Uniti, che dice: “Non è niente”. Questo iceberg finisce nella fiancata del transatlantico, lo divide in due: nel giro di due ore questo transatlantico affonda. Non so se sapete che lo scafo è stato ritrovato, ripreso, soltanto pochi anni fa (forse 1998 o ’94), quindi è stato a 3000 metri di profondità in tutti questi anni, dal 1912 a fine secolo. Poi per tirare fuori un reperto - ovviamente c’è sempre qualcuno che sponsorizza queste cose strane -  sono andati a riprendere dal fondo dei 3000 metri questo scafo diviso in due del Titanic. Questo è quello che ha originato questa canzone e se adesso De Gregori ascoltasse la mia versione direbbe: “Scandalo! Questo non l’ho voluto dire!”. Ma i testi, come ricordate, sono testi aperti. Anche i vostri temi di Italiano (se se ne fanno ancora) sono testi aperti, nel senso che voi avete inteso dire qualcosa, ma l’insegnante vi legge altro, ma il compagno di banco che sbircia e cerca di copiare vi troverà altro materiale. Questo testo mi interessa adesso in positivo. Quindi dimenticate – sicuramente vi ha commosso, perché le ragazze avranno pianto vedendo 50 volte il film “Titanic”, con la storia d’amore ovviamente inventata, ma l’evento invece, il quadro storico è autentico – dimenticate la commozione e il dispiacere che un mega transatlantico in luna di miele sia precipitato nel profondo degli abissi ingloriosamente, perdendo 1500 vite (è difficile in una tragedia di mare perdere tante persone in una volta) ed entrate adesso in questa nuova comprensione del testo in positivo, che è un modo in cui l’ho trasfigurato già da un po’ di anni:

 

Guarda i muscoli del capitano, tutti di plastica e di metano.
Guardalo nella notte che viene, quanto sangue ha nelle vene.
Il capitano non tiene mai paura, dritto sul cassero,
fuma la pipa, in questa alba fresca e scura che rassomiglia un po’ alla vita.

 

Qui non siamo - già capite - sul Titanic, c’è il cassero, quindi su una nave un po’ più vecchia, un modello di qualche decennio prima, ma c’è un capitano. Questi capitani io ne ho conosciuti, anche di anziani che avevano affrontato grandi tempeste, lupi di mare, veramente anche nel volto, corrosi dalla salsedine. I naviganti e i marinai, come nessun altro, sono pieni di rughe, perché la salsedine li ferisce, il vento crea dei volti che altrove non si trovano. Bene, il capitano non tiene mai paura, cioè devo aver fiducia in qualcuno che mi guida e sa dove bisogna andare, in qualcuno che mi guida e che quando chiama, “c’è sempre uno che gli risponde” (questo è il verso più bello). Poi c’è questa scena insomma un po’ diciamo erotico-poetica

 

E poi il capitano, se vuole, si leva l'ancora dai pantaloni
e la getta nelle onde e quando vuole qualcosa, qualcuno

c’è sempre qualcuno che gli risponde.

 

È un’autorità. È uno che conta. Forse non sapete che un capitano sulla propria nave ha anche poteri religiosi, ha anche poteri civili, può unire in nozze due persone perché ci si avventura sul mare, non si sa quando si torna, si potrebbe essere al largo: “Ho bisogno di sposarmi! C’è il capitano, allora vado a sposarmi dal capitano”. Voglio dire che è un’autorità, ed è un’autorità riconosciuta. Se non ci fosse questa autorità, il mozzo, il primo ufficiale, il secondo, il capo-macchinista, il cameriere, il ragazzo di cabina - sono tutte mansioni che ci sono sulle navi veramente -, ognuno andrebbe per i fatti suoi e la nave non approderebbe in nessun porto: è il primo responsabile, ma è anche un’autorità riconosciuta. A questo capitano forse bisogna dire qualcosa, anche quello che non vorremmo dire:

 

Ma capitano non te lo volevo dire,
ma c'è in mezzo al mare una donna bianca,
così enorme, alla luce delle stelle,
che di guardarla uno non si stanca.

Adesso riascoltiamo la canzone in questa versione positiva, dove il capitano non è il presuntuoso che guidava il grande, il mega esercito del Titanic, ma è il “Capitano, mio capitano!”: “Chiamò quelli che Egli volle ed essi andarono da Lui”. Il capitano è Gesù che tiene insieme questa nave che è la Chiesa e Gesù che chiama dice: “Tu vai a poppa, tu vai a prua, issa l’ancora” e noi ubbidienti, altrimenti questa nave non si muove. Allora riascolto, sentendo Gesù capitano. Vi farò anche qualche commento fra le righe, quindi seguite sul testo, ma un occhio anche al Vescovo.

 

I muscoli del Capitano

(F. De Gregori)

 

Guarda i muscoli del capitano, tutti di plastica e di metano.
Guardalo nella notte che viene, quanto sangue ha nelle vene.
Il capitano non tiene mai paura, dritto sul cassero,
fuma la pipa, in questa alba fresca e scura che rassomiglia un alla vita.
E poi il capitano, se vuole, si leva l'ancora dai pantaloni
e la getta nelle onde e chiama forte quando vuole qualcosa, o qualcuno
c'è sempre uno che gli risponde.
Ma capitano non te lo volevo dire,
ma c'è in mezzo al mare una donna bianca,
così enorme, alla luce delle stelle,
che di guardarla uno non si stanca.

( In questo intermezzo musicale, guardate questa donna così bianca: cos’è? Una fata? Una strega? Una tentazione? Qualcosa che attira: il marinaio non può non guardarla. Ma sarà vera? La vedo io solo, o c’è?)


Questa nave fa duemila nodi, in mezzo ai ghiacci tropicali,
ed ha un motore di un milione di cavalli
che al posto degli zoccoli hanno le ali.
La nave è fulmine, torpedine, miccia,
scintillante bellezza, fosforo e fantasia, molecole d'acciaio,
pistone, rabbia, guerra lampo e poesia.
In questa notte elettrica e veloce, in questa croce di Novecento,
il futuro è una palla di cannone accesa e noi la stiamo quasi raggiungendo.
E il capitano disse al mozzo di bordo
"Giovanotto, io non vedo niente.
C'è solo un po’ di nebbia che annuncia il sole.
Andiamo avanti tranquillamente".

 

Ecco, il problema è proprio questo: questa donna bianca che attira l’attenzione del mozzo di bordo, c’è veramente? Nella storia del Titanic c’era veramente, e fu fatale, ma nella lettura che io adesso vi sto dando, spesso questa donna è un’illusione, è una tentazione. Ecco perché io bisogno del mio capitano, perché se è solo nebbia – giustamente il capitano dice alla fine: “Giovanotto, non è niente, è solo un po’ di nebbia che annuncia il sole. Andiamo avanti tranquillamente”, cioè “questa è la tua strada, non ti preoccupare, è inutile che ti fai prendere dall’ansia, stai tranquillo, no problem”. Questo è il compito del capitano, questo è il compito del papà a casa quando si è piccoli, ma è anche il compito del maestro che rassicura e dice: “Non vi preoccupate, ragazzi”. Non so, Arnaldo sta lì. All’ultima uscita scout, i ragazzi: “Sta piovendo!”, magari lui stesso avrà avuto paura. Si veste di forza e dice: “Ragazzi, non vi preoccupate, cose da niente! Se la pioggia cadrà, più bello renderà”, dice il canto scout. Ecco, e questo rassicura tutti i lupetti, non so, e gli altri ragazzi, i quali si addormentano tranquilli, come se la tempesta non ci fosse: potenza del maestro, forza di chi è riconosciuto come il leader. Ma questo ve lo racconto, perché tante volte succede sul piano spirituale: vedo una cosa, mi sembra vera, ne sono atterrito o attratto, magari è niente. Il capitano dice: “No, non è niente, andiamo avanti. Non tornare indietro”.

Adesso do la parola a Vitaliano, che sarà ordinato Diacono il 2 Ottobre. Vitaliano ha camminato per tanti anni per arrivare a questo momento importantissimo, decisivo della sua vita. Non è ancora l’Ordinazione Presbiterale, che avverrà di qui a un po’ di mesi, ma è la decisione definitiva. Quante volte - vorrei chiedere a Vitaliano (non ci siamo messi d’accordo, non sapeva neanche che la Preghiera fosse su questo tema) - quante volte in questi anni avrà detto: “Ma no, non è per me. Ho commesso questo errore, ho avuto questa debolezza. Mi è venuta questa nostalgia. No, grazie. È stato bellissimo partecipare, ma io devo fare il gregario. Io non posso fare il protagonista”. Qualcuno, credo il suo padre spirituale, un maestro, gli avrà detto: “Sta’ tranquillo, Vitaliano, perché ti stai agitando? È solo un po’ di nebbia, andiamo avanti tranquillamente”. Forse anche adesso, a pochi giorni dall’Ordinazione, Vitaliano avrà cinquemila dubbi, tremila crisi: com’è possibile? Sì, è possibile. Va dal Vescovo e il Vescovo dice: “Questo è? Sta’ tranquillo. Ci vediamo il 2, sera”.

 

***

 

Lo faccio restare qui, perché adesso anche lui è sotto i riflettori, dovrà cominciare ad abituarsi. Voglio sintetizzare quello che ha detto Vitaliano con un aforisma. Cos’è un aforisma? Dunque, una frase lapidaria: di Marco Aurelio. Non so se conoscete questo signore (non fa niente, non è il vicino di casa). Marco Aurelio dice: “La grandezza di un uomo la vedi in ciò cui tiene”, cioè la cosa che lo spinge, l’amore che lo anima. Credo che dalle parole, sia pure emozionate di Vitaliano, ma non si può non essere emozionati alla vigilia del Diaconato, abbiate intravisto un amore. Se questo amore non è un amore qualsiasi, ma è l’amore per Dio, allora mi sembra che lui tenga a qualcosa di enorme e uno che tiene a Dio è Dio, potremmo dire utilizzando anche un’aggettivazione che sembra una bestemmia, che noi utilizziamo in napoletano. Se uno tiene a Dio, è un dio. Vorrei che andassimo via stasera con l’identificazione di un maestro, almeno uno. Però attenti, eh? Se lo riconoscete, dovete essergli obbedienti. Quindi Stefano, se il maestro ti dice: “Non è niente, è un po’ di nebbia. Andiamo avanti tranquillamente”, tu devi andare dritto, anche se hai paura. E tante volte nella vita abbiamo paura. Paura delle scelte che abbiamo fatte, che sono valide, che ci chiedono dei sacrifici - lo dico soprattutto per quelli fra voi già sposati o già preti - o per scelte che dobbiamo fare e che ci sembrano esorbitanti.

 

Capitano non te lo volevo dire,
ma c'è in mezzo al mare una donna bianca,
così enorme, alla luce delle stelle,
che di guardarla uno non si stanca.

“Non ti preoccupare, è un po’ di nebbia”. Chiediamo al Signore che ci siano questi maestri nella nostra vita. Là in fondo vedo Angelo, Angelo e Antonio – non c’è Antonio? Non c’è… – allora Angelo, vieni. Angelo si vede bene perché è un armadio di giovane. Domenica, Angelo e Antonio – c’è posto qui, dite: “Il Vescovo li ha messi ai suoi piedi” –, rientrano in Seminario. Poi l’altra domenica i cinque, che l’anno scorso sono stati in prova, perché c’è stata una sorta di … “vediamo se questi ragazzi fanno sul serio”, e questo si chiama “anno previo”, quelli che hanno fatto l’anno scorso l’anno previo, escono allo scoperto, perché finché si è in anno previo si è col beneficio d’inventario… Prego, ubbidienti! Questi sono disubbidienti già prima di entrare in seminario! Diciamo che questa – manca soltanto Antonio – è la formazione seminaristica di quest’anno. Vitaliano non ne farà più parte perché sarà Diacono, e quindi loro due e i cinque del primo anno. Ve li faccio vedere perché questi hanno avuto paura. Ci buttiamo? Non ci buttiamo? Andiamo? Sfogliamo le margherite? Alla fine, si sono fidati di qualcuno che diceva: “Non ti preoccupare di questa donna enorme, di questa suggestione…”. Li ho fatti sedere a terra perché si sentono ancora un po’ “fantozzi”, poi piano piano, diventando grandi, riusciranno ad essere protagonisti appieno, ma sono la nostra speranza. Ve li presento stasera, perché fissando lo sguardo su di loro, ne adottiate uno, dicendo: “Voglio pregare, durante quest’anno, per Alfonso per esempio - che è il primo qui alla mia sinistra – lo adotto, perché facendo le sue traversate non si faccia prendere da qualche fantasma e sia docile”. Adesso vanno in Seminario, avranno altri maestri, persone che si occuperanno di loro e a cui dovranno rispondere con ubbidienza, perché il maestro è la guida cui io devo essere ubbidiente. Ah, è arrivato anche Antonio! Tardi, arriva… (Antonio ha i possedimenti e probabilmente sarà stato sotto la pioggia a fare…). Adesso ci mettiamo tutti in piedi. Poi la canzone la riascoltiamo mentre ci salutiamo. Chiediamo la grazia di incontrare un maestro, ma c’è una grazia più importante – attenti – quella di riconoscerlo, perché voi di maestri ne avete incontrati già molti, ma purtroppo non li avete riconosciuti, e un maestro non riconosciuto è un maestro inutile. Allora la grazia di incontrarne, che certamente c’è, e la grazia di riconoscerlo. Spero che qualcuno di voi vada dal suo parroco e dica: “Parroco, tu sei il mio capitano”, vada dal suo confessore: “Sei tu il mio maestro, sei tu la mia guida, ti sarò docile, d’ora in poi sarò ubbidiente”. Per Stefano c’è Don Luca: ho risolto la difficoltà del musical, tutti i timbri stasera sono stati messi, potete fare “Aggiungi un posto a tavola”, ma per altre cose, ovviamente dipendi dal tuo parroco.

Ci prendiamo per mano e diciamo insieme:

 

Padre nostro…  

 

Benedizione del Vescovo

 

***

 

Canto: Dio Amore

Ho guardato le stelle nel cielo:
mi hanno detto che tu sei la luce.
Ho incontrato i fiori in un prato:
mi hanno detto che tu sei bellezza.

Dio sei amore, Dio sei amore,
Dio sei amore, Dio sei amore.

Ho guardato negli occhi dei bambini
e ti ho visto in quello sguardo puro.
Ho teso nel dolore la mia mano,
ti ho incontrato nel cuore di un fratello.

Dio sei amore, Dio sei amore,
Dio sei amore, Dio sei amore.

Ti ho cercato, Signore della vita,
nella notte, nella mia paura:
ti ho scoperto compagno di cammino,
e la gioia è dentro me.

Dio sei amore, Dio sei amore,
Dio sei amore, Dio sei amore.

 

 

Il testo, tratto direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.