PREGHIERA GIOVANI
guidata da
S. E. MONS. ARTURO AIELLO
Vescovo della Diocesi di Teano-Calvi
Mignano Monte Lungo, 19
Settembre 2008
“Capitano,
mio capitano!”
~ ~
~
Canto: Il disegno
Nel mare del
silenzio una voce si alzò
da una notte senza confini una luce brillò
dove non c'era niente quel giorno
Avevi scritto già il mio nome lassù nel cielo
avevi scritto già la mia vita insieme a te
avevi scritto già di me.
E quando la tua mente fece splendere le stelle
e quando le tue mani modellarono la terra
dove non c'era niente quel giorno.
E quando hai
calcolato la profondità del cielo
e quando hai colorato ogni fiore della terra
dove non c'era niente quel giorno.
Nel nome del Padre…
Ci
introduciamo nella Preghiera con le parole di questo canto che ci fanno sentire
attesi. Sei stato atteso? Sei stata attesa quando
dovevi nascere? Sei nato per caso? Sei stato voluto?
Sei stata voluta? A volte lo chiediamo ai nostri
genitori, lo chiedono i bambini: “Dov’ero? – e si trova difficoltà a spiegarlo
– Dov’ero prima di nascere?”. Questo canto, che esprime un pensiero che torna
tante volte nella Bibbia, ci dice che eravamo nelle mani di Dio, nel suo cuore:
“Avevi scritto già”. Quando in Scienze voi studiate che
E quando hai disegnato le nubi e le montagne
e quando hai disegnato il cammino di ogni uomo
l'avevi fatto anche per me.
Avevi scritto già il mio nome lassù nel cielo
avevi scritto già la mia vita insieme a te
avevi scritto già di me.
Se ieri non sapevo oggi ho
incontrato te
e la mia libertà è il tuo disegno su di me
non cercherò più
niente perché tu mi salverai.
Ti
ringraziamo, Signore, perché
***
Vi
introduco brevemente il brano che farà da riferimento e che ha animato il Corso
di Esercizi per gli adulti a Roccamonfina.
Ovviamente, non starò a sintetizzarvi tutto quello che ho detto a loro (ai
giovani si dice altro): i temi sono gli stessi, ma i linguaggi sono diversi.
Voglio contestualizzare questo brano perché è
particolarmente importante. È un brano di chiamata, è un brano riassuntivo di
chiamate - nei Vangeli ne troviamo tante nei primi capitoli - e qui al Capitolo
3 del Vangelo di Marco, abbiamo una solenne convocazione. “Convocazione” ha al
suo interno la parola “vocazione”: una con-vocazione, cioè una vocazione fatta
per più persone che si trovano prima nell’assemblea, nella massa, nella nebbia,
nell’anonimato e poi vengono chiamati. All’atto in cui
sono chiamati fanno questo movimento, che nell’Ordinazione del 2 Ottobre (alla
fine sarà Vitaliano stesso ad invitarvi) vedrete, come sempre drammatizzato dal
fatto che la persona viene chiamata: sta al primo
banco, e fa questi pochi passi, viene nel presbiterio e si avvicina.
Ascoltiamo.
Dal Vangelo di Marco (3,13-19)
13 Salì poi sul monte, chiamò a sé
quelli che egli volle ed essi andarono da lui. 14
Ne costituì Dodici che stessero con lui 15 e anche per mandarli a predicare e perché avessero
il potere di scacciare i demòni. 16
Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro; 17 poi Giacomo di Zebedèo
e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes,
cioè figli del tuono; 18 e Andrea, Filippo,
Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananèo 19 e Giuda
Iscariota, quello che poi lo tradì.
Come
sempre, procediamo per gradi. Gesù chiama delle persone. Attenti! Chiama tutti.
Per il fatto che io esisto, tu esisti, io respiro, tu respiri, io sono maschio,
tu sei donna, per il fatto stesso che esistiamo, noi siamo stati oggetto di una
chiamata e la chiamata esprime amore. Non si chiama una persona antipatica.
Quando una persona ci è antipatica diciamo “Chella”,
cioè “quella”, non le diamo neanche un nome, ma se una persona ci è simpatica,
diciamo: come si chiama? Poi dopo chiediamo anche il numero del telefonino… Ci
interessa che ci sveli il nome, cioè chiamare esprime amore. Lo sanno bene i
bambini o quegli adulti che da bambini non hanno avuto amore. Non sono mai
stati chiamati, allora rischiano di fuorviarsi nella psiche, rischiano la
devianza, non sono mai stati chiamati, non sono mai stati amati. Quindi amare è
chiamare e chiamare è amare. Questo è importante: io chiamo quelli che amo.
Basterebbe solo questo messaggio, stasera, se si imprime nella vostra mente,
per darci una grande grinta, cioè se Dio mi ha chiamato, io sono stato un
pensiero d’amore. Per bocca di Geremia, Dio dice: “Ti ho amato di amore
eterno”. Questo vale per tutti. Allora il testo di Marco dice: “Gesù salì sul
monte e chiamò a sé quelli che Egli volle”. Non si
dice che li ha amati, è sottinteso, ve lo sto snocciolando io, che questa
chiamata, questo fatto che tu fai parte della mia ciurma, tu fai parte del mio
gruppo, della mia famiglia, della famiglia umana, della Chiesa, è segno di
amore. E questi chiamati “nascono”. Questo è un atto di nascita, è l’atto di
nascita dei Dodici che è anche l’atto di nascita della Chiesa, perché i Dodici
sono come le colonne della chiesa. Dov’erano prima? Dov’ero prima, io? Erano
nella massa. Adesso un giovane ha difficoltà ad essere chiamato, perché
potrebbe emozionarsi, perché vuole rimanere nella massa (sempre, ma oggi
particolarmente, i giovani hanno paura a tirarsi fuori dal
gruppo). Si è celebrato un meeting a Rimini: basta soltanto lo slogan che è
sempre pensato in una maniera molto intelligente. Lo slogan di quest’anno era:
“O protagonisti, o niente”. Provateci a utilizzarlo per voi, come motto. “O
protagonisti, o niente”, a dire: se tu hai da girare un film, io la comparsa,
non la faccio! Io, il secondo, non lo faccio. Vi sembrerà un po’ presuntuoso,
invece utilizzatele queste dinamiche che sembrano nascondere dell’orgoglio, in
realtà sono una possibilità di tirar fuori quello che di bello c’è in me: “O
protagonisti, o niente”, cioè io una vita da gregario non la voglio fare. Anche
quando fanno i cast, non so, per le grandi tournée,
sia di musica lirica, ma anche nei grandi musical, c’è il cast numero uno e i
cast numero due (perché d’altra parte, basta una influenza,
basta un po’ di mal di gola per mandare in tilt un intero spettacolo) e allora
c’è il cast numero uno che è il cast delle voci più belle e poi c’è quello di
riserva: il cast numero due. Allora uno chiede, quando va a questi grandi
musical (non so, penso a Cocciante): “Ma chi canta: la prima o la seconda? Quella che è stata
scelta come la voce più bella, o quella che sta lì a fare da spalla?”. E
vorremmo partecipare allo spettacolo di quella del primo cast.
Ecco. Anche a voi, cari giovani, si chiede questa scelta: “Vuoi far parte del
primo cast o del secondo? Vuoi vivere da protagonista o gradisci rimanere nelle
nebbie dell’anonimato?”. Stasera, venendo, avete trovato anche un po’ di
difficoltà: grazie, per essere venuti, nonostante la pioggia e nonostante ci
troviamo all’estremo nord della nostra Diocesi e dell’intera Campania. Avete
incontrato anche della nebbia. Nella nebbia tutto diventa evanescente, non si
distinguono i volti e allora Gesù chiama queste persone e queste persone
accettano di vivere la loro vita da protagonisti. È molto bello. Attenti! Vive
da protagonista, sulle prime, anche Giuda che poi lo tradì. Ad un certo punto,
Giuda, non riesce più a tenere i riflettori. In questo momento, qualcuno di voi
al mio posto potrebbe sentirsi imbarazzato: “Stanno guardando tutti me! Voglio
mettermi…”. Nel momento in cui Giuda non sente più la forza d’esser
protagonista, diventa un gregario, diventa quello del secondo cast e comincia
il suo tradimento nei confronti del Maestro. Allora, stasera, innanzi tutto ci
chiediamo: “Io, oggi, a 18 anni, a 16…”. Stefano è venuto? Ecco: Stefano è la
mia mascotte. Mo’ guai a te se a ogni Preghiera… Stefano, devi stare al primo
banco: vieni avanti… Stefano è stato la mascotte del Campo-Scuola; benché abbia
solo 17 anni, è riuscito a tenere… Vedi? Ti sei seduto vicino a 1,2,3,4
ragazze. C’è anche Noemi? Ah, ci sta. Stai tranquilla, Noemi: sono fidate
queste qua, c’è anche Dolores. Dunque, Stefano – ecco perché mi è venuto in
mente che doveva esserci e
per fortuna c’è, pronto all’appello – a un certo punto della sua
vita potrebbe dire: “No, ma io tutta questa attenzione non la voglio: grazie,
datemi un posticino da comparsa. Voglio fare il gregario, non voglio arrivare
primo, non voglio tagliare il traguardo” e allora, pian piano, si entra in
questa zona d’ombra. Ci chiediamo in questo primo momento di riflessione
musicale: sto vivendo così? Anche a
***
Probabilmente,
se in questi due minuti avete pensato, vi sarà venuto l’interrogativo: “Sì, io
vorrei essere protagonista, ma come si fa? Si va a scuola per fare il
protagonista? Bisogna seguire semplicemente un istinto? È un dono? Io so fare
il giullare e quindi attiro l’attenzione…”. Si va a scuola “da protagonisti” ed
è questo l’aspetto che a voi giovani fa più problema, cioè che si possa imparare da qualcuno l’arte di vivere da protagonista – “o
protagonista, o niente” - e cioè mettersi alla scuola di un maestro. Questa
parola “maestro” fa venire la pelle d’oca ai giovani, perché subito pensate al
vostro insegnante (a proposito, ho saputo che Don Luigi è il tuo insegnante di
Religione, mi raccomando, fammi sapere cose buone sul tuo conto, glielo
chiederò di tanto in tanto) e quindi qualsiasi insegnante… Così non vivrai mai
da protagonista perché in ogni film c’è un regista, in ogni rappresentazione
teatrale c’è uno che dice “Non va bene così, ripetiamo questa battuta! Hai
fatto un passo falso! Hai, in questo passaggio, fatto una nota falsa”. Allora
bisogna provare e riprovare, mettersi a scuola. Questo hanno fatto i Dodici con
Gesù. Voi direte: “Beh, se Gesù fosse disponibile come maestro, niente da eccepire”, ma questo è accaduto 2000 anni fa, per i Dodici.
E oggi, c’è qualcuno che può farmi da maestro? C’è qualcuno che può fare il mio
– come dire? – allenatore? Passo dall’immagine teatrale a quella sportiva: se
fate parte di una squadra, se giocate a pallavolo, a basket, a calcio o a
qualsiasi altra cosa, se anche andate in palestra, c’è uno che vi dà la scheda,
che dice: “Devi fare 50 esercizi con questa macchina terribile”. Sono quei
macchinari che si trovano adesso nelle palestre che sembrano degli oggetti da
tortura - a me danno sempre questa impressione - dei mostri che ti tirano, ti
stiracchiano, ti dividono in due. Ho bisogno di un allenatore. Allora, se
voglio fare l’attore, ho bisogno di un regista. Se voglio partecipare alle
Olimpiadi, ho bisogno di un allenatore. Tutte queste figure, sono figure alle
quali dobbiamo riconoscere un’autorità su di noi. E questo è il motivo per cui tanti di voi, potrebbero essere dei bravi
concertisti, dei bravi artisti, degli attori fenomenali, o partecipare alle
prossime Olimpiadi, e invece continueranno a fare la corsa campestre, non so,
della Stra…Pignataro Maggiore, per esempio, cioè cose anche belle, ma che
non sono le Olimpiadi (o
I muscoli del Capitano
(F. De Gregori)
Guarda i muscoli del capitano, tutti di
plastica e di metano.
Guardalo nella notte che viene, quanto sangue ha nelle vene.
Il capitano non tiene mai paura, dritto sul cassero,
fuma la pipa, in questa alba fresca e scura che rassomiglia un pò alla vita.
E poi il capitano, se vuole, si leva l'ancora dai pantaloni
e la getta nelle onde e chiama forte quando vuole
qualcosa o qualcuno
c'è sempre uno che gli risponde.
Ma capitano non te lo volevo dire,
ma c'è in mezzo al mare una donna bianca,
così enorme, alla luce delle stelle,
che di guardarla uno non si stanca.
Questa nave fa duemila nodi, in mezzo ai ghiacci tropicali,
ed ha un motore di un milione di cavalli
che al posto degli zoccoli hanno le ali.
La nave è fulmine, torpedine, miccia,
scintillante bellezza, fosforo e fantasia, molecole d'acciaio,
pistone, rabbia, guerra lampo e poesia.
In questa notte elettrica e veloce, in questa croce di Novecento,
il futuro è una palla di cannone accesa e noi la stiamo quasi raggiungendo.
E il capitano disse al mozzo di bordo
"Giovanotto, io non vedo niente.
C'è solo un po’ di nebbia che annuncia il sole.
Andiamo avanti tranquillamente".
Sono
molto legato a questa canzone. D’altra parte si riesce a trasmettere solo ciò a cui si è legati. Sulle prime, se non la conoscevate, non
dice granché. Diciamo, innanzi tutto, qual è la matrice storica che ha
originato questo testo sempre un po’ ermetico, come sono i testi di Francesco
De Gregori: il naufragio del Titanic (1912). Dovete
sapere che questa (dovreste saperlo) è una delle tragedie di mare più
drammatiche mai accadute, perché nel naufragio del Titanic
morirono più di 1500 persone in una notte. Cos’era il Titanic?
Il Titanic era un grande transatlantico che doveva
essere – siamo agli inizi del Novecento, la bell’epoque,
eh? – lo splendore della
potenza dell’uomo che attraversa i mari, fende gli oceani e raggiunge le
Americhe da trionfatore. Quindi pensate che nel 1912 avere a bordo 2000 persone
era veramente una grande conquista e la cosa più strana è che, questo
naufragio, questa tragedia, sia avvenuta nella luna di miele del Titanic, cioè nel primo viaggio, che era il viaggio del
battesimo di questo transatlantico: avevano scritto tante cose, annunciando
questa partenza che dall’Europa avrebbe unito il Vecchio al Nuovo Mondo. Tra
l’altro avevano scritto: questo transatlantico è stato pensato in una maniera
così potente, così forte che non lo potrà affondare nemmeno Dio. Fa parte della
letteratura giornalistica dell’epoca. E quindi, tutti i nababbi del tempo si
diedero da fare per procurarsi questo biglietto della prima del Titanic. Fu la prima e l’ultima, purtroppo. Qual è il
riferimento storico, qui, in qualche maniera? Il mozzo ha visto quello che poi
sarà fatale per questo transatlantico che sta navigando in acque tranquille: la
temperatura è scesa sottozero e c’è un grande iceberg vagante. Hanno anche
avvisato i responsabili della navigazione che c’è questo iceberg nella rotta.
Si decide di cambiare leggermente rotta, e intanto, si è oltre la mezzanotte,
l’orchestra suona, queste signore super imbellettate (immaginate è la prima di
questo mega transatlantico: mi sono procurato il
biglietto, l’ho pagato migliaia di dollari e quindi mi devo godere questa
traversata)... Ebbene:
Ma capitano non te lo volevo dire,
ma c'è in mezzo al mare una donna bianca,
così enorme, alla luce delle stelle,
che di guardarla uno non si stanca.
È
questo iceberg che si avvicina, ma il capitano – questo non è il capitano di
cui voglio parlarvi, ma tanto per dirvi l’origine del testo – è troppo preso
dalla sua eleganza, perché è la sera dell’inaugurazione, perché da poco abbiamo
lasciato l’Inghilterra e stiamo andando verso gli Stati Uniti, che dice: “Non è
niente”. Questo iceberg finisce nella fiancata del transatlantico, lo divide in
due: nel giro di due ore questo transatlantico affonda. Non so se sapete che lo
scafo è stato ritrovato, ripreso, soltanto pochi anni fa (forse 1998 o ’94),
quindi è stato a
Guarda i muscoli del capitano, tutti di
plastica e di metano.
Guardalo nella notte che viene, quanto sangue ha nelle vene.
Il capitano non tiene mai paura, dritto sul cassero,
fuma la pipa, in questa alba fresca e scura che rassomiglia un po’ alla vita.
Qui non
siamo - già capite - sul Titanic, c’è il cassero,
quindi su una nave un po’ più vecchia, un modello di qualche decennio prima, ma
c’è un capitano. Questi capitani io ne ho conosciuti, anche di anziani che
avevano affrontato grandi tempeste, lupi di mare, veramente anche nel volto,
corrosi dalla salsedine. I naviganti e i marinai, come nessun altro, sono pieni
di rughe, perché la salsedine li ferisce, il vento crea dei volti che altrove
non si trovano. Bene, il capitano non tiene mai paura, cioè devo aver fiducia in
qualcuno che mi guida e sa dove bisogna andare, in qualcuno che mi guida e che
quando chiama, “c’è sempre uno che gli risponde” (questo è il verso più bello).
Poi c’è questa scena insomma un po’ diciamo erotico-poetica
E poi il capitano, se vuole, si leva l'ancora
dai pantaloni
e la getta nelle onde e quando vuole qualcosa, qualcuno
c’è sempre qualcuno
che gli risponde.
È
un’autorità. È uno che conta. Forse non sapete che un capitano sulla propria
nave ha anche poteri religiosi, ha anche poteri civili, può unire in nozze due
persone perché ci si avventura sul mare, non si sa quando
si torna, si potrebbe essere al largo: “Ho bisogno di sposarmi! C’è il
capitano, allora vado a sposarmi dal capitano”. Voglio dire che è un’autorità,
ed è un’autorità riconosciuta. Se non ci fosse questa autorità, il mozzo, il
primo ufficiale, il secondo, il capo-macchinista, il cameriere, il ragazzo di
cabina - sono tutte mansioni che ci sono sulle navi veramente -, ognuno
andrebbe per i fatti suoi e la nave non approderebbe in nessun porto: è il
primo responsabile, ma è anche un’autorità riconosciuta. A questo capitano
forse bisogna dire qualcosa, anche quello che non vorremmo dire:
Ma capitano non te lo volevo dire,
ma c'è in mezzo al mare una donna bianca,
così enorme, alla luce delle stelle,
che di guardarla uno non si stanca.
Adesso
riascoltiamo la canzone in questa versione positiva, dove il capitano non è il
presuntuoso che guidava il grande, il mega esercito
del Titanic, ma è il “Capitano, mio capitano!”:
“Chiamò quelli che Egli volle ed essi andarono da Lui”. Il capitano è Gesù che
tiene insieme questa nave che è
I muscoli del Capitano
(F. De Gregori)
Guarda i muscoli del capitano, tutti di
plastica e di metano.
Guardalo nella notte che viene, quanto sangue ha nelle vene.
Il capitano non tiene mai paura, dritto sul cassero,
fuma la pipa, in questa alba fresca e scura che rassomiglia un pò alla vita.
E poi il capitano, se vuole, si leva l'ancora dai pantaloni
e la getta nelle onde e chiama forte quando vuole
qualcosa, o qualcuno
c'è sempre uno che gli risponde.
Ma capitano non te lo volevo dire,
ma c'è in mezzo al mare una donna bianca,
così enorme, alla luce delle stelle,
che di guardarla uno non si stanca.
( In questo
intermezzo musicale, guardate questa donna così bianca: cos’è? Una fata? Una
strega? Una tentazione? Qualcosa che attira: il marinaio non può non guardarla.
Ma sarà vera? La vedo io solo, o c’è?)
Questa nave fa duemila nodi, in mezzo ai ghiacci tropicali,
ed ha un motore di un milione di cavalli
che al posto degli zoccoli hanno le ali.
La nave è fulmine, torpedine, miccia,
scintillante bellezza, fosforo e fantasia, molecole d'acciaio,
pistone, rabbia, guerra lampo e poesia.
In questa notte elettrica e veloce, in questa croce di Novecento,
il futuro è una palla di cannone accesa e noi la stiamo quasi raggiungendo.
E il capitano disse al mozzo di bordo
"Giovanotto, io non vedo niente.
C'è solo un po’ di nebbia che annuncia il sole.
Andiamo avanti tranquillamente".
Ecco,
il problema è proprio questo: questa donna bianca che attira l’attenzione del
mozzo di bordo, c’è veramente? Nella storia del Titanic
c’era veramente, e fu fatale, ma nella lettura che io adesso vi sto dando,
spesso questa donna è un’illusione, è una tentazione. Ecco perché io bisogno
del mio capitano, perché se è solo nebbia – giustamente il capitano dice alla
fine: “Giovanotto, non è niente, è solo un po’ di nebbia che annuncia il sole.
Andiamo avanti tranquillamente”, cioè “questa è la tua strada, non ti
preoccupare, è inutile che ti fai prendere dall’ansia, stai tranquillo, no problem”. Questo è il compito del capitano, questo è il
compito del papà a casa quando si è piccoli, ma è
anche il compito del maestro che rassicura e dice: “Non vi preoccupate,
ragazzi”. Non so, Arnaldo sta lì. All’ultima uscita scout, i ragazzi: “Sta
piovendo!”, magari lui stesso avrà avuto paura. Si veste di forza e dice:
“Ragazzi, non vi preoccupate, cose da niente! Se la pioggia cadrà, più bello
renderà”, dice il canto scout. Ecco, e questo rassicura tutti i lupetti, non
so, e gli altri ragazzi, i quali si addormentano tranquilli, come se la
tempesta non ci fosse: potenza del maestro, forza di chi è riconosciuto come il
leader. Ma questo ve lo racconto, perché tante volte succede sul piano
spirituale: vedo una cosa, mi sembra vera, ne sono atterrito o attratto, magari
è niente. Il capitano dice: “No, non è niente, andiamo avanti. Non tornare
indietro”.
Adesso
do la parola a Vitaliano, che sarà ordinato Diacono il 2 Ottobre. Vitaliano ha
camminato per tanti anni per arrivare a questo momento importantissimo,
decisivo della sua vita. Non è ancora l’Ordinazione Presbiterale, che avverrà
di qui a un po’ di mesi, ma è la decisione definitiva. Quante volte - vorrei
chiedere a Vitaliano (non ci siamo messi d’accordo, non sapeva neanche che
***
Lo
faccio restare qui, perché adesso anche lui è sotto i riflettori, dovrà
cominciare ad abituarsi. Voglio sintetizzare quello che ha detto Vitaliano con
un aforisma. Cos’è un aforisma? Dunque, una frase lapidaria: di Marco Aurelio.
Non so se conoscete questo signore (non fa niente, non è il vicino di casa).
Marco Aurelio dice: “La grandezza di un uomo la vedi in ciò cui tiene”, cioè la
cosa che lo spinge, l’amore che lo anima. Credo che dalle parole, sia pure
emozionate di Vitaliano, ma non si può non essere emozionati alla vigilia del
Diaconato, abbiate intravisto un amore. Se questo amore non è un amore
qualsiasi, ma è l’amore per Dio, allora mi sembra che lui tenga a qualcosa di
enorme e uno che tiene a Dio è Dio, potremmo dire utilizzando anche
un’aggettivazione che sembra una bestemmia, che noi utilizziamo in napoletano.
Se uno tiene a Dio, è un dio. Vorrei che andassimo via stasera con
l’identificazione di un maestro, almeno uno. Però attenti, eh? Se lo riconoscete,
dovete essergli obbedienti. Quindi Stefano, se il maestro ti dice: “Non è
niente, è un po’ di nebbia. Andiamo avanti tranquillamente”, tu devi andare
dritto, anche se hai paura. E tante volte nella vita abbiamo paura. Paura delle
scelte che abbiamo fatte, che sono valide, che ci chiedono dei sacrifici - lo
dico soprattutto per quelli fra voi già sposati o già preti - o per scelte che
dobbiamo fare e che ci sembrano esorbitanti.
Capitano non te lo volevo dire,
ma c'è in mezzo al mare una donna bianca,
così enorme, alla luce delle stelle,
che di guardarla uno non si stanca.
“Non ti
preoccupare, è un po’ di nebbia”. Chiediamo al Signore che ci siano questi maestri nella nostra vita. Là in fondo vedo
Angelo, Angelo e Antonio – non c’è Antonio? Non c’è… – allora Angelo, vieni.
Angelo si vede bene perché è un armadio di giovane. Domenica, Angelo e Antonio
– c’è posto qui, dite: “Il Vescovo li ha messi ai suoi piedi” –, rientrano in
Seminario. Poi l’altra domenica i cinque, che l’anno scorso sono stati in prova,
perché c’è stata una sorta di … “vediamo se questi ragazzi fanno sul serio”, e
questo si chiama “anno previo”, quelli che hanno fatto l’anno scorso l’anno
previo, escono allo scoperto, perché finché si è in anno previo si è col
beneficio d’inventario… Prego, ubbidienti! Questi sono disubbidienti già prima
di entrare in seminario! Diciamo che questa – manca soltanto Antonio – è la
formazione seminaristica di quest’anno. Vitaliano non ne farà più parte perché
sarà Diacono, e quindi loro due e i cinque del primo anno. Ve li faccio vedere
perché questi hanno avuto paura. Ci buttiamo? Non ci buttiamo? Andiamo?
Sfogliamo le margherite? Alla fine, si sono fidati di qualcuno che diceva: “Non
ti preoccupare di questa donna enorme, di questa suggestione…”. Li ho fatti
sedere a terra perché si sentono ancora un po’ “fantozzi”,
poi piano piano, diventando grandi, riusciranno ad essere protagonisti appieno, ma sono la nostra speranza.
Ve li presento stasera, perché fissando lo sguardo su di loro, ne adottiate
uno, dicendo: “Voglio pregare, durante quest’anno, per Alfonso per esempio -
che è il primo qui alla mia sinistra – lo adotto, perché facendo le sue
traversate non si faccia prendere da qualche fantasma e sia docile”. Adesso
vanno in Seminario, avranno altri maestri, persone che si occuperanno di loro e
a cui dovranno rispondere con ubbidienza, perché il
maestro è la guida cui io devo essere ubbidiente. Ah, è arrivato anche Antonio!
Tardi, arriva… (Antonio ha i possedimenti e probabilmente sarà stato sotto la
pioggia a fare…). Adesso ci mettiamo tutti in piedi. Poi la canzone la riascoltiamo mentre ci salutiamo. Chiediamo la grazia di
incontrare un maestro, ma c’è una grazia più importante – attenti – quella di riconoscerlo, perché voi di maestri ne avete incontrati
già molti, ma purtroppo non li avete riconosciuti, e un maestro non
riconosciuto è un maestro inutile. Allora la grazia di incontrarne, che
certamente c’è, e la grazia di riconoscerlo. Spero che
qualcuno di voi vada dal suo parroco e dica: “Parroco, tu sei il mio capitano”,
vada dal suo confessore: “Sei tu il mio maestro, sei tu la mia guida, ti sarò
docile, d’ora in poi sarò ubbidiente”. Per Stefano c’è Don Luca: ho
risolto la difficoltà del musical, tutti i timbri stasera sono stati messi,
potete fare “Aggiungi un posto a tavola”, ma per altre
cose, ovviamente dipendi dal tuo parroco.
Ci
prendiamo per mano e diciamo insieme:
Padre nostro…
Benedizione del Vescovo
***
Canto: Dio Amore
Ho guardato
le stelle nel cielo:
mi hanno detto che tu sei la luce.
Ho incontrato i fiori in un prato:
mi hanno detto che tu sei bellezza.
Dio sei amore, Dio sei amore,
Dio sei amore, Dio sei amore.
Ho guardato
negli occhi dei bambini
e ti ho visto in quello sguardo puro.
Ho teso nel dolore la mia mano,
ti ho incontrato nel cuore di un fratello.
Dio sei amore, Dio sei amore,
Dio sei amore, Dio sei amore.
Ti ho
cercato, Signore della vita,
nella notte, nella mia paura:
ti ho scoperto compagno di cammino,
e la gioia è dentro me.
Dio sei amore, Dio sei amore,
Dio sei amore, Dio sei amore.
Il testo, tratto direttamente dalla
registrazione, non è stato rivisto dall’autore.