Rosario meditato
e presentazione del dipinto restaurato del secolo XVI
raffigurante la Madonna
del Rosario con Santi Domenicani
Meditazioni di S.E. Mons.
Arturo Aiello
Chiesa S. Maria del Monte
Marzanello, 5 Ottobre 2008
Recitiamo adesso un Rosario che
vuole essere l’inizio di una patinatura (per continuare l’opera di restauro),
perché le nostre statue, le immagini sacre, hanno un’opera artistica di origine
o di restauro, ma poi anche questa immagine, pensate, per tanti anni, per tanti
secoli, è stata patinata dalla preghiera del Rosario (perché è la Madonna del Rosario) di
tanti fedeli. Allora darò qualche brevissimo pensiero per ogni Mistero. Ricominciamo
questa patinatura, perché è importante che quest’opera d’arte sia nata per il
culto. Non è un museo. Ovviamente le stesse tecniche che la restauratrice ci ha
descritto, vengono messe in atto per opere da museo e
per opere esposte nelle chiese, ma ovviamente la sorte è diversissima:
diversissima, perché nel secondo caso si tratta di opere affidate allo sguardo,
alla fede, alla preghiera delle persone e quindi vive. È vero che sono vive anche
le altre opere d’arte, cioè c’è uno spirito anche nelle statue, anche nei
dipinti che noi contempliamo nei musei, ma l’incenso, lo sguardo, la preghiera,
i silenzi nelle chiese, realizzano una patinatura meravigliosa: è quello che
adesso cominciamo insieme e che voi continuerete, e speriamo i vostri figli, i
vostri nipoti. Ci sono anche le immagini, le piccole immagini, le piccole icone
dei Misteri: contempliamo, oggi, quelli Gloriosi.
***
Nel primo Mistero Glorioso contempliamo la Resurrezione di Gesù
che è il centro, la verità centrale della nostra fede. Dice Paolo: “Se Cristo
non fosse risorto, sarebbe vana la nostra fede”. La Resurrezione è oltre
la nostra immaginazione, ma è l’approdo vero della nostra vita di pene, di
difficoltà, di pianto, di morte. La Resurrezione di Gesù è anche speranza per noi,
speranza per i nostri defunti: è la vera ultima parola della vita. L’ultima
parola della vita non è la morte, ma è la Resurrezione.
Chiediamo d’essere confermati in questa fede.
Padre nostro…
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Nel secondo Mistero Glorioso contempliamo l’Ascensione di Gesù al
Cielo. Ci sono due leggi diverse. Quella di cui parla la scienza, ed è la
legge di gravità, che noi sentiamo molto bene, non solo quella fisica, ma anche
quella morale: è qualcosa che ci tiene con i piedi per terra. C’è un’altra
legge, meno conosciuta, che ci sorprende quando
vediamo un uccello, dalle mie parti un gabbiano, quando alziamo gli occhi al
cielo, ed è questo desiderio di volare: questa si chiama forza ascensionale.
L’arte ne è piena, perché l’arte è una forza ascensionale, ti porta in un’altra
dimensione. Mi piace citare queste due forze contrastanti della nostra vita,
per contemplare il Mistero dell’Ascensione, che null’altro è che voglia di
Cielo. Ogni tanto, anche girando per le parrocchie qui, trovo scritto (ma significa tutt’altro,
come sapete): “Io e te, tre metri sopra il cielo”. Quella non è una forza
ascensionale (per chi abbia letto il romanzo e per chi sa che cosa significa), ma colgo quello che di bello c’è anche in questa
espressione e cioè un amore che, anziché appesantirci, ci innalza, ci porta in
alto. Nella Messa, prima del Sanctus, il sacerdote dice: “In alto i nostri
cuori”. Questo è il riassunto del Mistero che adesso contempliamo. Anche se la
forza di gravità ci attira verso il centro della terra, c’è una forza
dell’anima che ci assolve, che ci attira, che vorrebbe farci volare: diamogli
voce, ascoltiamola, perché forse è più concreta della forza di gravità. Gesù
ascende al Cielo per portarci con sé, per renderci liberi da ogni gravame che
ci appesantisce. Chiediamo la Grazia
di sentire questa forza.
Padre nostro…
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Nel terzo Mistero Glorioso contempliamo la Pentecoste. Enuncio brevemente il Mistero e poi voglio applicarlo a
questo quadro: Pentecoste è il compimento della Pasqua, la discesa dello
Spirito Santo sui discepoli, è l’atto di nascita della Chiesa. In che maniera lo Spirito Santo ha agito su questo quadro? Mi
sembra un tema un po’ arduo. Dunque, questo quadro è una delle migliaia, delle miriadi
di opere dello Spirito Santo, innanzitutto, nel suo aspetto naturale. Cos’è?, faggio, restauratrice? Ecco, pioppo. Chi ha fatto crescere
i pioppi da cui sono state prese queste due tavole e poi messe insieme, che han costituito la materia prima di questa tavola? Noi
diciamo: Dio. Certamente, ma nella natura c’è un’azione dello Spirito di Dio.
Quindi, lo Spirito Santo è stato presente all’origine di questa tavola prima
ancora che fosse portata ad un artista e prima ancora
che fosse portata dal falegname, e prima ancora che fosse tagliato l’albero, quando
era un piccolo germoglio, poi è diventato un pioppo alto, poi è stato tagliato:
l’azione dello Spirito Santo sul legno. Poi l’azione dello Spirito Santo negli
elementi, nei colori, le resine che l’autore ha utilizzato: da dove venivano?
Non come oggi, prodotte chimicamente: erano colori e resine naturali, quindi
opera dello Spirito di Dio. Quindi già vedete una meravigliosa contemplazione
su questo lavorio dello Spirito Santo sul legno e sugli elementi, sulla materia
prima che il pittore ha utilizzato, ma adesso diventa più evidente l’azione
dello Spirito nella mente, nel cuore del committente di questo quadro,
sconosciuto (attenti che noi, stasera, stiamo facendo rivivere persone di
cinquecento anni fa, e stanno qui contenti, palpitanti!), quindi il
committente: chi ha messo nel cuore di questa persona il proposito “Voglio che
sia dipinta la Madonna
del Rosario”? Lo Spirito di Dio. Certamente c’è stata l’adesione della persona,
ma lo Spirito agisce in noi suggerendoci delle cose sante. E poi è cominciato
il parto artistico. Chi è artista – qui ce ne sono alcuni nell’ordine musicale
– sa che certamente uno mette a disposizione le corde vocali, l’arte di saper
suonare, ma non basta: c’è bisogno del soffio dello Spirito. Così anche un
pittore saprà dipingere, ma all’atto in cui si mette davanti alla tavola, può
vedere buio, può avere un momento di amnesia artistica, può per giorni e giorni
non riuscire a fare una pennellata. Poi viene un’ispirazione (non a caso si
dice “inspirazione” che è un riferimento al respirare,
al respiro e allo Spirito) e velocemente l’opera d’arte nasce. Come nasce?
Nasce grazie all’azione dello Spirito Santo. E poi ne ha fatto esperienza la
maestra restauratrice qui: certamente è brava e ha imparato l’arte di restaurare,
ma non basta, perché lei ha avuto percezione di mettere mano ad una cosa viva,
che viveva, che respirava, che diceva “Voglio nascere, voglio rinascere, voglio
avere ancora futuro” e quindi nelle sue mani si è realizzata un’ulteriore opera
di Spirito Santo. Vi ho detto in poche parole come questa tavola è un prodotto
di Pentecoste e continuerà ad esserlo nella misura in cui, come vi ho detto
all’inizio, noi ci poniamo davanti a questa immagine della Madonna del Rosario,
con fede: vi leggeremo cose nuove, perché l’opera d’arte è aperta, non è
chiusa, è aperta! E ognuno può dire: “La Madonna sorride”. Attenti, eh? Senza visioni. Questo
è frutto dell’arte, perché un’opera d’arte più la si
guarda (nel caso di un quadro), più la si esegue (nel caso di un canto), più
diventa grande, si amplia: è frutto dello Spirito. Come vedete, non c’è cosa
legata alla bellezza che non sia frutto di Spirito
Santo: lo invochiamo sulle nostre vite non sempre belle.
Padre nostro…
***
Nel quarto Mistero della Gloria contempliamo l’Assunzione di Maria
e siamo all’ultimo quadro sulla vostra destra. L’Assunzione di Maria è la Pasqua di Maria, cioè Maria
viene sottratta alla corruzione del sepolcro per
essere innalzata. Avete ascoltato questa Ave Maria di Paolo
Tosti, un autore poco conosciuto, non scritta per la Liturgia, ma di uno
struggente senso liturgico. È un’invocazione a Maria, ma è anche un’invocazione
alla Madre. E quindi contempliamo, in questo Mistero, non solo la Gloria di Maria, la Pasqua di Maria, ma anche la Pasqua delle nostre mamme
defunte. Anche chi ha parlato all’inizio, organizzatore e ispiratore di questo
restauro, ha cominciato a farlo con voce rotta dalla commozione, perché c’è una
madre che non c’è più. Ma può una madre non esserci? Ecco, l’Assunzione di
Maria è ovviamente un mistero che riguarda tutti, anche gli uomini, ma in
questo momento la contempliamo come il destino delle mamme. Nell’iconografia
classica, che qui viene anche riportata, c’è la tomba di Maria vuota, dove
cresce un roseto e la madre che è portata in alto: perché una madre, quando è
autentica, è sempre al di sopra della volgarità, è sempre in alto, la madre. La
madre non si tocca. Vi consiglierei, per esempio, la
lettura di un testo di Erri De Luca: “Nel nome della madre”. Erri De Luca si
professa non credente, ma scrive delle cose bellissime. L’anno scorso ha
pubblicato questo testo “Nel nome della madre”, anche perché questo
giornalista, scrittore napoletano, è legato al ricordo di sua madre. “Nel nome
della madre” è una rivisitazione del mistero di Maria nella sua maternità, ma
più volte torna nella letteratura, negli scritti di Erri De Luca, la figura materna.
Ecco, contempliamo in questo Mistero le nostre mamme che sono già in Cielo, o
anche le nostre mamme, per voi che avete ancora la grazia di averle accanto, in
qualche maniera, sempre sollevate. Una madre solleva – ricordatevelo – perché è
sollevata, cioè vado da mia madre per essere consolato. Ma se tua madre ti
solleva, può sollevarti, è perché è sollevata, è in alto, oltre le banalità,
oltre il mercato, oltre certe prosaicità che ci appesantiscono. Ecco, contempliamo
così il Mistero dell’Assunzione di Maria, pensando alle nostre mamme portate in
alto: in alto, le madri.
Padre nostro…
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Nel quinto Mistero Glorioso contempliamo l’incoronazione di Maria e la Gloria degli Angeli e dei
Santi e qui sottolineiamo una particolarità di questa pala, a differenza di
altre (veramente ce ne sono tante in giro, per le nostre chiese), ed è il fatto
che adesso per il Quinto Mistero ci dobbiamo spostare sulla sinistra del quadro
e questa è una particolarità, perché normalmente ci sono i cinque Misteri
Gaudiosi, in alto i Misteri Dolorosi, e poi a scendere, quelli Gloriosi.
Domanda: come mai questo artista, che sta pregando con noi questa sera, ha
messo le cose cominciando con il primo Mistero Gaudioso dal secondo riquadro,
in modo tale d’aver bisogno poi di ritornare qui, per l’ultimo Mistero? È un
mistero, ma una risposta mi viene da darvi, ed è la circolarità. Da un lato, la
prima immagine che l’orante incontra è quella conclusiva, per dire: questa
storia, che ha reso i momenti dolorosi, sappi, prima ancora di cominciare, che finirà
nella gloria. Quindi è un incoraggiamento all’orante, a chi guarda. Poi, secondo,
non concludendo a destra, ma rimandando adesso nel primo riquadro a sinistra,
si vuole dire: questo Mistero è circolare, è tondo, quindi non c’è un punto di
partenza, un
punto d’arrivo, ma è un continuo girare nella vita tra i Misteri del Gaudio,
quelli del Dolore e quelli della Gloria. E poi c’è questa sorta di “vietato”
che il tempo ha scritto, perché qui la restauratrice, nonostante la sua bravura,
ha dovuto fermarsi, perché le immagini erano del tutto abrasate,
c’era un’abrasione generale, per cui a stento è venuto
fuori il Padre e forse lo Spirito: manca il Cristo, come ha detto, manca la Vergine, ma c’è la corona.
Allora, questa è una particolarità. Adesso diventerà anche questa una particolarità,
perché anche gli errori del tempo, dell’incuria, come si è detto, rendono
questo quadro unico, perché negli altri, l’ultimo Mistero è visibile, qui è
invisibile, qui lo devi immaginare, qui devi chiudere gli occhi. Ecco, vedete
come un errore diventa un pregio, come un difetto diventa il motivo per cui ami quella persona. Molti di voi si sono innamorati
del marito, della moglie, del fidanzato, della fidanzata, non per un pregio,
per un difetto, un difetto di pronuncia, un naso all’insù e quel difetto è come
la Torre di
Pisa che pende: se fosse diritta, nessuno ci andrebbe. Ma pende, e se pende è
unica: è un errore, ma è un errore che è diventato Grazia. Allora vi invito a
recitare quest’ultima decade con gli occhi chiusi: lo farò anch’io, visto che ci
hanno vietato l’ultimo quadro. Ma questo divieto è una Grazia, a dire: immagina
quanto di più bello ci sia (e sei ancora lontano dalla visione di te
incoronato, perché anche tu sarai incoronato, anch’io sarò incoronato), come
Maria, il Padre, il Figlio e lo Spirito aspettano di coronare tutti coloro che
hanno girato continuamente attraverso questi Misteri e sono giunti a bussare alle porte
del Cielo, alle porte del cuore di Dio. Maria Teresa ci accompagna con un
sottofondo dolce: noi chiudiamo gli occhi e così, visto che la tavola di Marzanello non ci dà la possibilità di guardare, noi facciamo
di necessità virtù, chiudiamo gli occhi – spero che non vi addormentiate – e diciamo
quest’ultima decade ad occhi chiusi, immaginando la luce.
Padre nostro…
***
Ora ci mettiamo in piedi e recitiamo
la Supplica. Mi
raccomando di indicare questo quadro come il quadro della Madonna del Rosario,
perché la Madonna
di Pompei ha meno anni di questo quadro. Il quadro della Madonna di Pompei è
un’immagine della Madonna del Rosario, ma almeno nella devozione, ha poco più
di cento anni. Questo quadro è precedente, come ci ha ricordato nella sua
meravigliosa sintesi, la restauratrice: bisogna andare ai Domenicani e in
particolare alla battaglia di Lepanto, che è stata il grande grido per la
divulgazione del Rosario. Ma oggi si
recita la Supplica
alla Madonna di Pompei e quindi è giusto far riferimento a quel tempio, a
quella devozione e, ricordate, che se tra i fedeli di Marzanello,
c’è un uomo, una donna veramente credente… perché poi il quadro della Madonna
di Pompei non dice nulla di più di quanto non dica questo, ma il quadro della
Madonna di Pompei è diventato famoso e miracoloso perché c’è stato un grande
credente che si chiamava Bartolo Longo. Allora vedete
che sono gli occhi che fanno un quadro miracoloso, non è il quadro, è un credente, è un’anima,
è una comunità. Allora vi auguro, il vostro Vescovo vi augura di cuore, che
rimesso questo quadro al suo posto, nell’onore che egli merita, possa trovare
dei devoti che lo trasfigurino a tal punto da farlo
rivivere, da dargli quel lustro. Quindi la devozione alla Madonna di Pompei
nasce dal cuore di Bartolo Longo, null’altro.
O Augusta Regina delle Vittorie…
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Il testo, tratto direttamente dalla
registrazione, non è stato rivisto dall’autore.