IN PUNTA DI PIEDI IN EPISCOPIO
“SETE DI DIO”
RIFLESSIONI
DI S. E. MONS. ARTURO AIELLO
Vescovo della Diocesi di Teano-Calvi
Episcopio
Giovedì, 28 Febbraio 2008
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Amen.
Nostalgia
di una sorgente (G. Cento)
Vivremo la preghiera di stasera e anche quella Giovani di domani sera (alcuni di voi vengono anche ad orecchiare quello che il Vescovo dice ai giovani ) sullo stesso tema, ovviamente da angolazioni diverse, cioè sarà lo stesso brano del Vangelo di Domenica scorsa che adesso vi leggerò e che avete sul foglietto, che farà da motivo ispiratore, sia stasera, ovviamente in una dimensione più alta e più articolata, domani sera in una maniera un po' più immediata, e diciamo sbarazzina, per i nostri giovani. Leggo il testo e poi ascoltiamo già il primo brano. Per chi sia venuto la prima volta mettiamo insieme nella preghiera riflessioni e contemplazione artistica. Questa sera, oltre Maria Teresa che già conoscete tutti, c'è Gianfranco, come violinista, e quindi abbiamo la possibilità di gustare la musica e di pregare al tempo stesso, ascoltando e imbastendo contemporaneamente i nostri pensieri con questo duetto. Leggo il testo.
Dal Vangelo secondo Giovanni
In
quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al
terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c'era un pozzo di
Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era
circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice
Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista
di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: "Come mai tu, che sei
giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti
non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il
dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu avresti
chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore,
non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest'acqua
viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo
e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde:
«Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell'acqua che
io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l'acqua che io gli darò
diventerà in lui una sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna».
«Signore - gli dice la donna -, dammi quest'acqua, perché io non abbia più sete
e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va' a chiamare tuo
marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: "Io non ho marito". Le
dice Gesù: «Hai detto bene: "Io non ho marito". Infatti hai avuto
cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il
vero». Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! So che deve
venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa».
Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». Molti Samaritani di quella città
credettero in lui. E quando giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro
ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla
donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi
stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».
Parola del Signore
Lode a te, o Cristo
Già siete in movimento rispetto a
questa Parola, spero, perché era
***
Ho messo qui dei capoversi per avviare
delle riflessioni. Ripeto, questo testo ci trova già in qualche maniera in
ebollizione se, come dovrebbe accadere,
Perché crocevia di stanchezze? Perché è stanco Gesù, e anche se non lo dice, ma lo confesserà di qui a poco, è stanca anche la donna, anche lei, stanca e delusa, dirà: "Ho avuto cinque mariti, non mi hanno soddisfatto (e non pensiate soltanto all'aspetto meramente affettivo-sessuale ) , adesso sto con il sesto, ma neanche va bene". Quindi stanchezza di Gesù, stanchezza della donna, e dobbiamo aggiungere nostre stanchezze, perché immagino che anche voi non siate reduci da una vacanza, almeno presumo. Ma guardandovi e conoscendo alcuni di voi, conoscendo le storie, i dolori, le sofferenze, veniamo tutti da un lungo cammino nel deserto, e nel deserto l'acqua, il grido, l'esigenza, l'emergenza dell'acqua si fa ancora più forte, ancora più vitale. Ecco, in questo primo momento semplicemente accostiamo le stanchezze. È bello anche che non ci conosciamo, perché provenite da parrocchie diverse, da situazioni diverse. Conosciamo Gesù, Gesù conosce tutti noi e sa qual è la stanchezza di ciascuno o le stanchezze o la somma delle stanchezze; noi non sappiamo le stanchezze gli uni degli altri, ma siamo invitati, in silenzio peraltro, cioè nessuno deve raccontare la sua storia, siamo invitati a deporre vicino a questo pozzo, immaginate qui un pozzo, è il pozzo della preghiera, è il pozzo della Parola di Dio, è il pozzo di questo nostro convenire. Ma perché siamo venuti qui? Perché siamo stanchi, perché il dolore aggiunto al dolore a volte sembra insopportabile, perché, come a volte direi ai miei figli con una canzone di De Crescenzo, "Sembrava così facile e non è". Forse vi ricordate questa canzone di De Crescenzo di un po'..., è rivolta al padre, dice: "Padre, sembrava così facile quando eravamo piccoli, quando sognavamo la vita, quando ci siamo avventurati, siamo partiti per un matrimonio, per un lavoro, ci sembrava di avere in mano la bandiera della felicità, ma poi ci accorgiamo che la vita come non è stata facile per i nostri padri, così non ha sconti per noi". Adesso ci sono due possibilità: che le nostre stanchezze restino a parte, e la stanchezza di Gesù non abbia a toccarle, e allora staremo qui, assisteremo a un concerto, ma non avverrà quel tocco, quella scintilla di grazia che permetterà a ciascuno di noi di tornarsene alla sua tenda, alla sua casa, al suo dolore, rinfrancato. Se invece con semplicità... adesso immaginate che ciascuno di voi si tolga la giacca, il cappotto, così come facciamo entrando in casa, e si senta a suo agio, e a volte sentirsi a proprio agio è poter piangere. Qui non dice il testo che Gesù ha pianto, che abbia pianto la donna, ma tra le righe ci sono tante lacrime, ci sono anche le lacrime, e non sto qui ad aprire questa parentesi, altrimenti vi porterei lontano, anche del perché Giacobbe ha fatto qui questo pozzo e che cosa è accaduto a Sicar tanti secoli prima, sangue, violenze, non farei altro che aggravare il quadro, quello che è importante invece è accostare le vite, è accostare le stanchezze. Il pozzo crocevia di stanchezze, perché quando c'è una fontana ci si ritrova, quando c'è un fuoco acceso ci si ritrova e ci si avvicina, il fuoco lo si vede anche da lontano. "Ah, il Vescovo ha acceso un fuoco in Episcopio! Andiamoci a riscaldare", forse avrete pensato, e qui c'è un fuoco anche se non lo vedete. Ecco, venite, deponete i vostri fardelli, non sono io risolutivo, ma questa Parola che ci dice che forse è divina anche la stanchezza se il Figlio di Dio ha voluto essere stanco? E viene da lontano. Perché è stanco? È stanco di noi, è stanco dell'umanità, è stanco dei fallimenti, è stanco anche dei discepoli, che sembrano essere i primi della classe, ma non rendono, come direbbe un insegnante, non rendono per l'investimento che stiamo ponendo, che Gesù sta ponendo in essi, quindi è stanco di tante cose. Allora nella preghiera dico: "Gesù, sei stanco?". E Lui dice: "Sì, sono stanco". E io: "Anch'io". Mi sembra che questo dialogo non sortisca nulla, e invece è l'inizio di una redenzione di stanchezza. Cominciamo così. Il pozzo crocevia di stanchezze.
Brano musicale
***
Non vi preoccupate se questa
musica vi ha richiamato delle immagini. La musica ha questo grande potere
evocativo quando è unita, come nel caso, a delle scene, e la colonna sonora di
un film sottolinea certi momenti. Perché non vi preoccupate? Innanzi tutto non
erano immagini, non ho visto il film ma mi faccio sempre raccontare per essere
un tantino aggiornato, non erano immagini romantiche, ma era l'evocazione di
una pagina di storia tremenda. Forse Gesù quel giorno era stanco anche per quel
tempo che sarebbe venuto, non era il suo tempo, sarebbero accadute queste
atrocità dopo duemila anni, ma Dio vede tutto, e la sua stanchezza è
l'accumularsi dei peccati, dei drammi, delle violenze degli uomini di tutti i
tempi. "Dammi da bere!": un
Dio mendicante. È il secondo punto di questa imbastitura. È sempre per me
provocante questa pedagogia di Gesù che si avvicina chiedendo, che non si
presenta affermando. Anche
***
Cos'è un improvviso? Adesso ne
avete ascoltato uno. È un genere (ci sono i generi anche nella musica ), è una
cosa che nasce in un attimo e anche muore in un attimo, è come una tromba
d'aria che si forma e poi sbollisce. Quello di cui stiamo parlando invece non è
un improvviso, ma è un tema costante, è il tema della storia della salvezza, è
il tema del senso della vita, è il tema per cui stamattina ci siamo svegliati,
per cui valga vivere, per cui la vita può esser bella, anche una vita provata,
anche una vita piagata. Quando Gesù dice alla donna "Dammi da bere",
come avete ascoltato e sentito anche Domenica a Messa, la donna Gli risponde
con molta durezza nascondendosi dietro gli schemi, perché noi siamo bravi a
nasconderci dietro gli schemi: io sono uomo, tu sei donna, io appartengo a
questo partito, tu a quell'altro, io appartengo a questa schiera, a questo
club, tu all'altro, io seguo questo genere musicale, tu invece... E poiché a un
mendicante che ti chiede la carità di una goccia d'acqua tu se non vuoi rispondere
devi nasconderti, ecco che arrivano gli schemi dei Samaritani, degli Ebrei: chi
ha ragione, chi ha torto, dei partiti, delle divisioni, ci sono sempre delle
divisioni, perché le divisioni sono dentro di noi. Gesù, anche qui grande
pedagogo, non risponde alla provocazione, d'altra parte qui per far nascere nel
cuore di questa donna e in noi stasera una sorgente d'acqua viva, come abbiamo
cantato all'inizio, e allora esce in quest'espressione che mi ha sempre
commosso profondamente: "Se tu conoscessi il dono di Dio...", perché,
vedete, un dono per apprezzarlo bisogna conoscerlo. Se io non so proprio
niente, niente, niente di musica, sì, stasera avrò una qualche carezza uditiva,
ma non di più. Se io invece conosco gli autori è diverso, se io questi brani li
ho già sentiti... Voglio dire che il dono per essere apprezzato dev'essere
conosciuto, per cui Gesù si insinua con molta dolcezza e anche con un filo di
tristezza. Io ho sempre colto molta tristezza negli occhi di Gesù mentre dice
"Se tu conoscessi il dono di Dio...", cioè tu stai ad aggredirmi
mentre io ti ho chiesto semplicemente un po' d'acqua, ma se tu conoscessi...
Vedete è un'insinuazione, una santa bellissima insinuazione, che apre come uno
spiraglio nella chiusura di questa donna, che è chiusura di cuore, che è paura.
In fondo questa donna ha paura degli uomini, e ha ragione, ha ragione. Voi
starete pensando che forse anche gli uomini hanno paura di lei, mah, forse,
forse ha paura degli uomini, e Gesù, che le dice "Dammi da bere", forse,
che so, vuole altro, dice questa frase alludendo ad altre realtà, con doppi
sensi, e quindi si è chiusa, si è chiusa a riccio. "Se tu conoscessi il
dono di Dio...". Lasciatevi cullare, accarezzare da questa parola, perché
se tu lo conoscessi il dono di Dio, tu non lo lasceresti cadere. Penso a
Gianfranco, che forse tra noi è quello che, diciamo, è arrivato da Aversa
all'ultimo momento, tirato qui da Maria Teresa, che dice: "Mah!, mio
fratello stasera dirige l'orchestra a Sanremo, (cosa vera!) è direttore d'orchestra
a Sanremo, io sto qui a perder tempo in questo Episcopio, mi ci ha tirato Maria
Teresa". Può darsi che le mie parole,
dico a lui, ma ovviamente parlo di ciascuno di voi, sono ancora dei
suoni, non sono ancora una melodia, una sinfonia, perché, altro sono i suoni,
altro è la musica, la musica è fatta di suoni, ma i suoni per diventare musica
devono essere armonizzati. Ecco, vedete, perché dico di Gianfranco? Perché
quale, mi sono chiesto mentre sentivo,
lo vedevo suonare, chi dei due fratelli è più fortunato stasera? Mio fratello
che dirige a Sanremo sotto gli occhi , non so, dei tanti telespettatori, di
quelli delle signore impellicciate e ingioiellate all'Ariston ( si fa ancora
lì?, sono ricordi della mia adolescenza) o la mia condizione qui, che sono
stato catapultato in questo strano concerto dove non si applaude, dove tutti
sono presi da un silenzio così fuori del normale? "Se tu conoscessi il
dono di Dio...". Ecco, vorrei che questa parola bussasse al cuore di
ciascuno di voi, a dire: "Forse non lo conosco questo dono", e
ovviamente, se non lo conosco, lo sciupo, perché il dono non conosciuto è il
dono perduto, è il dono non valutato, non valorizzato, di cui non si percepisce
la preziosità. E allora dovremmo sempre dire nelle nostre chiese, nelle nostre
liturgie: "Se voi conosceste il dono di Dio..." non guardereste
l'orologio, non stareste a dire: Facciamo in fretta che devo andare a cucinare,
non avreste altri grilli per la testa, ma direste al vostro Parroco:
"Dicci, dicci ancora, non ti preoccupare, vai avanti, continua, perché
questo dono è preziosissimo, questo dono avvalora la mia vita, e senza questo
dono io muoio di sete, anche se ho
***
Facciamo l'intervallo qualche
istante dopo perché, a giudicare da come qualcuno di voi è vestito, presumo che
alle nove meno un quarto dobbiate trasferirvi all'Auditorium per Carlo Giuffrè,
e quindi vi vengo incontro allungando un po' questa prima parte, in modo tale
che non abbiate a perdere molto. Ovviamente non c'è paragone... Dunque,
approdiamo in questo nostro primo round alla Parola "Acqua viva",
acqua viva. "Acqua viva":
annunciare pienezza di felicità che diviene fecondità . Innanzitutto che
cosa significa nella esperienza? È un'acqua alla sorgente, un'acqua che scorre,
un'acqua che dà vita, un'acqua che canta. Certamente era acqua viva quella di
cui, non so,parla Petrarca in "Chiare, fresche e dolci acque…", era
acqua viva quella di cui narra Ungaretti quando, nella pausa dal fronte, si è
disteso nell'urna d'acqua. La storia della Letteratura è attraversata da versi
che cantano l'acqua, umile, casta, preziosa, dice S. Francesco nel Cantico, ma
ovviamente qui s'intende molto di più, cioè un'acqua che ti fa vivere, e che,
questo passaggio non sempre è messo sufficientemente in luce nell'economia del
brano quando lo si spiega , e che, una volta assunta, trasforma chi la beve a
sua volta in una sorgente. Non me lo sono inventato, eh, lo ha detto Gesù
quando ha affermato: "Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete, ma
chi berrà dell'acqua che io gli darò non avrà più sete in eterno, anzi, anzi
l'acqua che Io gli darò diventerà in lui una sorgente d'acqua che zampilla per
la vita eterna". C'è una forza in questo versetto enorme, anzi non solo
qui abbiamo l'annuncio che ogni tua sete troverà esaudimento, si placherà, in
fondo l'acqua placa la sete, ma abbiamo anche un diventare, da parte di questo
utente dell'acqua viva, sorgente egli stesso, è sottinteso per chi, per gli
altri, cioè chi acquisisce questo bene, chi entra in questa relazione, perché
in fondo è una relazione, non è una cosa, non è un'acqua da bere in senso
fisico, non è H2O ecco, tanto per intenderci, chi entra in questa
relazione non solo trova una pacificazione per sé ma diventa un elemento
positivo, creativo, risolutivo per tanti. E non è poco. Ecco, questi due
termini sono qui nel capoverso che io vi ho annotato. "Acqua viva":
annunciare pienezza di felicità che diviene fecondità. Purtroppo dobbiamo
ancora ammettere che l'annuncio del Vangelo non viene presentato, non lo si
porge come un annuncio di felicità, come un annuncio di vita vera. Questo è
importante, cari fratelli e sorelle, cioè non è, la fede non è solo la croce da
portare, non è solo la flagellazione ma è felicità. Gesù è venuto a salvarci.
La salvezza significa felicità. E noi ce lo dobbiamo dire più volte, perchè
purtroppo ci sono tanti detriti che hanno ostruito l'accesso a questa fonte che
è felicità, per cui un giovane, ma anche un adulto, dovrebbe dire: "Ma io
voglio essere felice, ma io per essere felice non posso che passare per questa
via, non posso che rispondere a questo appello". Per me è una cosa così
chiara, ma vedo che anche nella catechesi è così disatteso questo annuncio. Voi
avete quest'idea quando andate nelle chiese, no? Che vi viene così, venite
inondati da questa marea di felicità, da questo annuncio: guarda che ho qui
proprio quello che ti serve, sono qui per dare una risposta alla domanda a cui
nessuno fino a oggi è riuscito a risponderti. Il Vangelo è buona notizia. Buona notizia significa una
notizia di felicità, cioè qualcosa che ti mette dentro un che di frizzante, non
che ti addormenta. E quindi non è oppio dei popoli. La fede vera è un
eccitante, non è un: "mo' ci addormentiamo e ci facciamo un pisolino,
perchè siamo stanchi"; è un eccitante nel senso bello del termine, non
della droga, ma di chi, come a volte avvertiamo a primavera, sente che gli si
rimescola di nuovo il sangue nelle vene, sente di nuovo che è bello vivere.
Ecco, l'acqua viva è l'acqua della felicità, non l'acqua di Lourdes, l'acqua
della felicità, cioè Gesù è qui per offrire la soluzione al tuo dramma. Questo
è importante. E quando una persona, fosse anche una sola fra noi, speriamo
tutti, (no?) una persona accede a questa verità, e l'assimila e la rende carne
della sua carne, in quello stesso istante questa persona diventa una fontana
eccedente, perché quest'acqua zampilla. Se un'acqua zampilla non la posso
tenere, insomma, come quando salta il tappo allo spumante, non è che uno può
frenarlo, no, zampilla, quindi tu se entri in questa ottica, e spero che tanti
di voi siano già in questa dimensione, diventi una persona positiva per tante
altre persone perse. Questo è fecondità. Allora è impossibile che una felicità
non divenga anche fecondità, per cui la conclusione che mi piace trarre, tanto
per farvi svegliare un po', altrimenti vi addormentate anche voi : Se due sono
felici, se due persone sono felici, non possono non generare un figlio. È
impossibile, è impossibile! Adesso non parlo del figlio generato fisicamente,
parlo della produttività della vita, della vita che spumeggia, spumeggia… Ma
tutto questo spumeggiare in giro non lo vedete, perché questo accesso alla
felicità non è utilizzato. Nessuno passa per questa porta della felicità, tanti
invece si avviano in processioni e pellegrinaggi attraverso le porte
dell'infelicità, tutti a passare per queste porte strette, mentre c'è una porta
come quella... no? Così maestosa, baroccheggiante, enorme, ma nessuno ci passa.
È la porta della felicità. Invece tutti a cercare di insinuarsi in questo buco
dell'infelicità e a farsi male gli uni con gli altri. Ma smettiamola! Tu hai
diritto ad essere felice, e Gesù non viene a tagliare le ali della tua felicità
ma a potenziarle. La fede è un potenziamento di felicità, e quando, e chiudo, e
quando io accedo, anche solo così come intuizione, a questa verità, io divento
un rivoluzionario in senso buono, in senso santo, rivoluziono il condominio,
rivoluziono la classe, rivoluziono la parrocchia, rivoluziono il posto di
lavoro, perché questa gioia è così eccedente che gli altri vengono a bere.
Domanda: È così per voi? È così per noi? Sono così le nostre Parrocchie? Sono
così i nostri gruppi, le nostre associazioni? Cioè vedete quest'effervescenza
della Ferrarelle o piuttosto l'acqua stagnante di una fogna maleodorante, che
sta lì ferma, e marcisce? Anche l'acqua marcisce quando non è viva. Chissà,
forse Gesù mi ha convocato qui stasera perché io smetta di voler entrare
attraverso questa porta strettissima dell'infelicità, e mi avvii, a larghe
falde, larghe tese, verso la porta della felicità, che è Lui, che mi rende
anche apostolo di felicità.
***
Noi riprendiamo alle 20:35 e quindi tra dieci minuti. Quelli che passano da Giuffrè chiedano la bomboniera (ndr.: Il Vescovo intende per bomboniera un dono, donato dallo stesso a tutti i presenti, rappresentato da un libro a colori, bellissimo, sulla VIA CRUCIS, redatto dallo stesso Vescovo) in anticipo a Liberato[2]. C'è una bomboniera, così non ne siete privi anche voi che passate all'Auditorium, gli altri trovatevi un angolino in Episcopio, vi fermate in silenzio, ci vediamo qui tra dieci minuti.
***
In questa seconda parte, alterniamo riflessioni più brevi a qualche decade del Rosario. Iniziamo con Bach.
***
Quando la sete scava un pozzo. Vogliamo in questo momento sentire l'importanza della sete, perché non si scavano pozzi senza sete, e forse la sete come bisogno, la sete come simbolo di ogni bisogno può essere sottovalutata sul piano pedagogico e sul piano della fede, e invece deve essere valorizzata, utilizzata, perchè la sete è perforante. Per scavare un pozzo bisogna trivellare, e ciò che trivella la vita è la sete. E qui la sete è ogni bisogno, cari fratelli e sorelle, non esiste un bisogno, anche il più inconfessabile, che non possa scavare un pozzo, cioè che non possa tornare utile per arrivare a Dio. Il vero male è l'assenza della sete e delle seti, e se ci fate caso noi stiamo procedendo purtroppo verso un azzeramento dei desideri. Il vero dramma dei nostri giovani è che hanno azzerato i desideri, vivono nell'immediato, e non solo loro. Se qualcosa di buono siamo riusciti a realizzare nella vita è perché, da adolescenti, da giovani, abbiamo cercato e non cerca chi non ha sete, quindi la sete è stata il motore, ciò che ci ha fatti cercare, ciò che ci ha messi per strada. Dice il Piccolo Principe, che cerca un pozzo insieme con un aviatore nell'opera che conoscete di Saint Exupèry, ciò che rende bello il deserto è che da qualche parte ci sia un pozzo. Cioè questo pozzo, che sta da qualche parte che io non vedo e per cui devo camminare a lungo, riverbera, fa riverberare di bellezza l'intero deserto, e forse che tanti nostri bisogni non ci spingono a cercare questo pozzo e a sentirne il profumo, il canto, perché la fontana canta anche da lontano? Allora chiediamo a Gesù in questa decade per intercessione di Maria, gli chiediamo di non aver paura dei nostri bisogni, perché è la sete che scava il pozzo.
Padre Nostro...
Nuovo
Cinema Paradiso(E. Morricone)
Non so se qualche volta, vedendo
un violinista all'opera, vi siete chiesti: "E se finisse
l'archetto?", perchè ci sono dei suoni che finiscono all'ultima punta
dell'archetto, è come se quest'arcata fosse utilizzata nell'economia più
perfetta in modo tale che possa finire sul finire dell'archetto. Ovviamente è
frutto di esercizio, di fatica, di studio. A volte nella nostra vita la musica
dovrebbe continuare ma l'archetto è finito, e allora cominciano le stonature.
Questa donna,
Padre Nostro...
Oblivion(Piazzola)
Gli autori, come ho detto altre volte, esprimono l'aria che gira, l'aria che c'è nel secolo. Questo è un autore contemporaneo molto grande, ma che, avete visto, ha momenti di serenità, poi alterna questo accompagnamento movimentato e spesso un po' dissonante, che è l'ultimo accordo, si dice in termini tecnici, in diminuita, cioè non era un accordo pienamente armonico. Anche se forse i musicisti non concorderanno, è l'anima del secolo, è l'anima di questo momento, ed è anche bello aver ascoltato questo brano in margine a "Va' a chiamare tuo marito", dove ci sono sempre questi accordi un po' dissonanti. È la nostra vita. È così. Non ci dobbiamo rassegnare, ma dobbiamo anche riconoscere con molta semplicità. Voglio aggiungere un capoverso che qui non c'è, altrimenti il Rosario lo finiamo prima del tempo, ed è il fatto che la donna, andando a chiamare il marito, e non solo, perché chiamerà tutto il paese, lascia la brocca accanto al pozzo, accanto a Gesù, quella brocca con la quale era venuta abbracciata, quella brocca a cui non avrebbe rinunciato per nulla al mondo perché era ciò con cui attingere. Gesù è povero perché non ha la brocca, la donna invece la brocca ce l'ha, adesso l'abbandona. Voi starete pensando: "Eh, avrà pensato: Gesù è educato, non se la ruberà", e invece è un simbolo anche questo. Cioè ci sono dei momenti nella vita in cui quello che abbiamo ritenuto essenziale, importantissimo, diventa secondario. Questo è il frutto dell'incontro autentico con Gesù, cioè un capovolgimento dell'impostazione di vita. Se, come credo, alcuni di voi prima erano lontani e poi si sono avvicinati alla fede han visto cambiare l'ordine delle cose. Ma prima non ritenevi il sabato sera un dogma di fede, per cui se non c'era il sabato sera non esisteva settimana? Poi ne hai fatto a meno, e non perché sei maturato, è cambiato l'ordine, è cambiata la scala di valori, per cui ciò che forse prima non aveva senso, adesso ha senso, e io non posso fare a meno della Eucaristia domenicale, per esempio, ciò che prima era essenziale adesso l'ho abbandonato, le cose di prima le ho abbandonate. Dice Paolo: "Se uno è in Cristo è una creatura nuova, le cose di prima sono passate, ne sono nate di nuove". Ecco, poteva esser il commento a questa brocca lasciata lì abbandonata, non la prenderà più, non tornerà a riprendersela, perché appartiene alla vita di prima, perché è un oggetto transizionale, si sarebbe detto in psicologia, cioè quel bambolotto, quella bambola senza la quale il bambino non si addormenta, quel peluche che bisogna portare anche in vacanza, poi l'oggetto transizionale, come sapete, a un certo punto si abbandona, altrimenti si cade nell'immaturità. Spero non andiate ancora a letto col peluche, per farvi sorridere, c'è questo passaggio, quindi, quando il peluche non ha più quel valore, per cui senza peluche mi vengono gli incubi. Ecco, forse il peluche è quell'aspetto o anche quell'abitudine che per me era vitale, che era ciò senza di cui non potevo vivere, adesso è abbandonato. Chiediamo di poter abbandonare delle cose, ma con la gioia di abbandonarle senza rimpianti.
Padre Nostro...
Saltiamo Arcangelo Corelli, che ci avrebbe portato in epoca barocca, e per questa giara, lasciata vicino al pozzo, ascoltiamo "Serenata spagnola" di Buzzi - Peccia.
Serenata
spagnola (Buzzi-Peccia)
Come avete sentito, le brocche si lasciano con gioia, se non altro la serenata spagnola vi avrà svegliati casomai qualcuno di voi si fosse nel mentre assopito. Mettiamo insieme gli ultimi due capoversi, così andiamo verso la conclusione, abbiamo già sforato di mezz’ora abbondante, e spero che per voi sia una gioia e non un peso, ed è la confessione della donna, che dice ai suoi compaesani: "Mi ha detto tutto quello che ho fatto", che non è "mi ha scoperto", cioè non è l'essersi sentita scoperta, colta in flagrante, ma è la gioia di Qualcuno che finalmente le ha detto, le ha raccontato di lei. Com'è bello questo! Cioè Gesù non sta a dirti quello in cui hai sbagliato per colpevolizzarti, il peccato è già di per sé un castigo, ma ti dà la possibilità, forse per la prima volta, di guardarti allo specchio, perché Gesù in questo brano è come se avesse fatto da specchio alla donna, adesso ti dico: "Guardati!", perché gli specchi nei quali ti sei specchiata erano specchi distorcenti, adesso ti do un'immagine autentica di te, ti racconto di te, vieni, ti racconto di te. La donna non sapeva di sé, come tanti di noi non sanno di sé finché non incontrano Dio, che rimette in ordine i tasselli, e quello che a noi sembra uno sgorbio, nelle Sue mani diventa un'opera d'arte. E quindi c'è questa confessione non di chi si è sentita scoperta ma di chi si è sentita letta per la prima volta. "Ha raccontato me a me".
Infine: La fede matura: “noi stessi abbiamo udito", dicono i
compaesani che sono un po' messi in subbuglio ovviamente da questa donna
focosa, come la danza spagnola che abbiamo ascoltato, movimentata, e tanto più
ora che ha incontrato l'Uomo della sua vita, il vero Uomo, l'Unico Uomo che
l'ha capita. E quindi li ha messi tutti in fila in processione verso il pozzo,
e poi ovviamente ciascuno realizza per sé quello che la donna in anteprima ha
vissuto, per cui poi le dicono: Guarda che adesso non abbiamo bisogno di te,
non abbiamo più bisogno della tua testimonianza, perché "noi stessi
abbiamo udito", non dicono "abbiamo visto", "abbiamo
udito", perché il verbo della fede è udire. Sarebbe bello che i vostri
parroci si sentissero dire da voi: non è più per le tue prediche, per le tue
catechesi, (magari sarebbe bello anche che lo diceste al Vescovo, così la
smette di opprimervi in questa maniera) non è più per quello che tu dici, che
ci hai raccontato, che noi crediamo, ma perché noi abbiamo udito, cioè il
passaggio dalla fede, che si appoggia sul prete, sul Vescovo, alla fede come
mia esperienza, e la fede viene dall'ascolto, dice S. Paolo. "Fides ex
auditu". La fede non si legge, per la fede non si fa uno spot
pubblicitario, come per l'otto per mille, non si divulga così la fede. La fede
bisogna ascoltarla, bisogna che qualcuno parli. Purtroppo stasera ho parlato
io, la prossima volta parlerete voi, ma la fede ha bisogno di qualcuno che
parli, perché bisogna ascoltarla, e per questo motivo qui i compaesani non
dicono "perché abbiamo visto", abbiamo visto Gesù, ci siamo convinti
perché Lui ha fatto un miracolo, ma perché abbiamo udito. Che cosa hanno udito?
Hanno udito
Padre Nostro...
Salve, o Regina...
Benedizione del Vescovo
Sedetevi per l'ultimo brano. Starete pensando: ma ce lo dovevi dire che non era in punta di piedi in Episcopio, ma la notte intera in Episcopio, perchè siamo arrivati a tre quarti d'ora oltre. Chiedo scusa. Innanzi tutto il prossimo appuntamento è tra quindici giorni, quindi non giovedì prossimo, l'altro, credo che sia il 13, è l'ultimo appuntamento prima di Pasqua alle ore 19:00. Ovviamente diciamo grazie e a conclusione lo direte anche voi personalmente a Gianfranco e a Maria Teresa. Gianfranco uscirà di qui carico di meraviglie, come si dice a Napoli, perché dice: "Mah, dove sono capitato!".
Succede anche questo, che la musica venga utilizzata per finalità e con modalità diverse da quelle per cui normalmente viene fruita. L'ultimo brano è "Topsy" di Billy. Anche qui ci troviamo in un confine di virtuosismo, dopo in silenzio potete ringraziarli per averci aiutato. Liberato vi darà la bomboniera come premio fedeltà per la sopportazione di tutto questo tempo. Ascoltiamo.
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